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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Quinta Sezione ha pronunciato la seguente
decisione
sul ricorso in appello n. 7425/2002 proposto da Toffano Ezio, Bacchiega Italo e Sartor Giovanni, rappresentati e difesi dall’Avv. Antonio Lirosi ed elettivamente domiciliati presso lo Studio Gianni, Origoni, Grippo & Partners in Roma, Via Quattro Fontane n.20;
CONTRO
il Comune di Montebelluna, in persona de Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli Avv.ti Massimo Malvestio e Luigi Manzi ed elettivamente domiciliato presso quest’ultimo in Roma, Via F. Confalonieri n.5;
E NEI CONFRONTI
di Bonan Geremia, Innocentin Maria, Poloni Antonio, e Cavallin Paolo, non costituiti;
per l’annullamento
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto, Sez. I, n.4127/02 in data 13.8.2002;
Visto l’atto di appello con i relativi allegati;
Visti l’atto di costituzione in giudizio e la memoria difensiva del Comune di Montebelluna;
Visti gli atti tutti della causa;
Alla pubblica udienza del 25 marzo 2003, relatore il consigliere Carlo Deodato, uditi, inoltre, gli avvocati Lirosi e Di Mattia, quest’ultimo per delega dell’avvocato Manzi;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:
FATTO
Con la sentenza appellata venivano dichiarati inammissibili, per difetto di giurisdizione, i ricorsi, proposti dai Sigg.ri Ezio Toffano, Italo Bacchiega e Giovanni Sartor dinanzi al T.A.R. del Veneto, intesi ad ottenere l’annullamento del provvedimento n.24067 in data 11.7.2002 con il quale il Sindaco di Montebelluna aveva revocato l’incarico dei ricorrenti di membri del consiglio d’amministrazione della Montepower s.r.l., società mista a capitale pubblico maggioritario, ed aveva nominato i nuovi amministratori, nelle persone dei controinteressati.
Avverso la predetta decisione proponevano rituale appello i Sigg.ri Toffano, Bacchiega e Sartor, denunciando l’erroneità del convincimento espresso dal Tribunale veneto circa l’insussistenza della giurisdizione amministrativa nella presente controversia e concludendo per l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata.
Resisteva il Comune di Montebelluna, contestando la fondatezza dell’appello e domandandone la reiezione.
Non si costituivano, invece, gli altri appellati.
Con ordinanza n.4351, resa nella camera di consiglio dell’11 ottobre 2002, veniva respinta l’istanza cautelare formulata dagli appellanti.
Alla pubblica udienza del 25 marzo 2003 il ricorso veniva trattenuto in decisione.
DIRITTO
1.- E’ dibattuta la sussistenza della giurisdizione amministrativa nella controversia, nella specie introdotta dagli odierni ricorrenti dinanzi al T.A.R. del Veneto, avente ad oggetto la revoca da parte del Comune degli amministratori di una società mista a capitale pubblico maggioritario, la cui nomina lo statuto riserva espressamente all’Ente.
Il Tribunale veneziano, adìto dagli amministratori revocati con il provvedimento impugnato, ha, infatti, declinato la propria giurisdizione, in favore di quella ordinaria, negando la riconducibilità della fattispecie controversa sia al novero delle controversie relative ai servizi pubblici, la cui cognizione è stata riservata in via esclusiva al giudice amministrativo dall’art.33 decreto legislativo 31 marzo 1998, n.80 (come modificato dall’art. 7 legge 21 luglio 2000, n.205), sia all’ambito della giurisdizione generale di legittimità degli atti amministrativi.
I giudici veneti hanno, in particolare, qualificato il provvedimento impugnato quale atto privatistico, adottato dal Comune nell’esercizio dei poteri, di natura societaria, attribuitigli dallo statuto della società Montepower s.r.l., e hanno coerentemente escluso sia la sua riferibilità alle controversie relative alla gestione dei servizi pubblici, seppur nella formulazione generale contenuta nell’art.33 d. lgs. n.80/98, sia la sua ascrivibilità alla categoria concettuale di atto amministrativo, che postula l’esercizio, nella specie giudicato inconfigurabile, di poteri pubblici.
Gli appellanti contestano tale ricostruzione, insistendo nella tesi della sussistenza della giurisdizione esclusiva e, comunque, della qualificabilità della revoca impugnata come atto amministrativo.
Il Comune appellato difende, di contro, il convincimento espresso dal T.A.R. e contesta la fondatezza degli argomenti addotti a sostegno del ricorso, del quale invoca la reiezione.
2.- La definizione della questione appena illustrata, già risolta da questa Sezione nel senso del riconoscimento della giurisdizione ordinaria in fattispecie identica alla presente (C.S., Sez. V, 11 febbraio 2003, n.708), esige una preliminare ricostruzione dogmatica della natura dell’atto controverso e del carattere del potere del quale costituisce esercizio.
2.1- Com’è noto, l’elezione dei membri del consiglio di amministrazione compete, in via ordinaria, all’assemblea, ai sensi del combinato disposto degli artt.2364 e 2383 c.c., mentre l’art.2458 c.c., in deroga al regime generale, attribuisce allo Stato o ad altri enti pubblici che hanno partecipazioni in una società per azioni, previa conforme previsione nell’atto costituivo, la facoltà di nominare uno o più amministratori.
Il potere di nomina degli amministratori risulta, pertanto, assegnato, dal combinato disposto dell’art.2458 c.c. e della coerente previsione statutaria, agli enti pubblici soci di una società di capitali in sostituzione della generale competenza dell’assemblea ordinaria ed in ragione della peculiarità di quella tipologia di soci che, per le implicazioni pubblicistiche della loro partecipazione, postulano un regime differenziato in tema di selezione dei membri dell’organo gestorio.
Ne consegue che la facoltà in oggetto deve intendersi attribuita agli enti pubblici nella loro qualità di soci, risolvendosi nell’esercizio diretto di un potere altrimenti riservato all’assemblea (pure formata dai soci), e non nella loro veste di pubbliche amministrazioni, il cui solo carattere soggettivo di organismi preposti alla cura dell’interesse pubblico resta del tutto irrilevante ai fini della configurazione normativa delle modalità di esercizio dei diritti del socio (quando questo sia anche un ente pubblico).
2.2- Ulteriori corollari di tale ricostruzione sono costituiti dalla qualificazione del potere considerato come facoltà inerente alla qualità di socio di una società privata e non come estrinsecazione di un potere pubblico (nella specie inconfigurabile), dalla conseguente definizione della nomina (o della revoca) come atto essenzialmente privatistico (in quanto espressivo di una potestà attinente ad una situazione giuridica societaria) e dall’esclusione di qualsiasi sua valenza amministrativa (non realizzando la cura di un interesse pubblico).
2.3- L’inconfigurabilità nella specie di un potere pubblico si fonda, inoltre, sul rilievo che, mentre quest’ultimo postula la sua diretta derivazione da una disposizione legislativa, la facoltà di nomina degli amministratori non risulta costituita in capo agli enti pubblici direttamente dall’art.2458 c.c. (che contempla la sola possibilità che tale potestà venga attribuita a quel tipo di soci in sede statutaria) ma dalla conforme (e libera) determinazione costitutiva della società.
La genesi pattizia e convenzionale del potere nella specie esercitato impone, in definitiva, di negare qualsiasi suo carattere pubblicistico ed impedisce, al contempo, di ravvisare nella relativa determinazione gli estremi della cura dell’interesse generale, che esigono la diretta finalizzazione del provvedimento al perseguimento di un bisogno pubblico.
3.- Così ricostruiti fondamento e natura della facoltà in questione, occorre procedere alla disamina della questione di rito relativa alla sussistenza della giurisdizione amministrativa in ordine alle controversie aventi ad oggetto la validità degli atti di nomina e di revoca degli amministratori di una società mista.
4.- Va, in proposito, rilevato, invertendo l’ordine degli argomenti dedotti dagli appellanti, che alla qualificazione dell’atto controverso come espressione di una facoltà inerente alla qualità di socio del Comune e, quindi, come manifestazione di una volontà essenzialmente privatistica (piuttosto che come esercizio di una potestà pubblica) consegue la negazione della giurisdizione generale di legittimità.
4.1- Mentre, infatti, quest’ultima postula che sia controversa la legittimità di un provvedimento amministrativo e che si lamenti la corrispondente lesione dell’interesse legittimo del destinatario dell’atto impugnato, nel caso di specie, come già visto, si verte in merito al corretto esercizio di una facoltà del socio di una società di capitali e, quindi, alla validità di una determinazione per molti versi assimilabile, nel suo contenuto dispositivo, alla delibera dell’assemblea dei soci e, quindi, ad un atto tipicamente societario.
4.2- Né rileva, in senso contrario, che il regime speciale della nomina degli amministratori da parte degli enti pubblici trovi il suo fondamento nelle finalità pubblicistiche comunque ravvisabili nella partecipazione di quelli a società destinate allo svolgimento di un servizio pubblico e nella connessa esigenza di un controllo più pregnante degli amministratori che, secondo l’atto costitutivo, rappresentano la quota partecipativa dell’ente socio.
Anche prescindendo, infatti, dall’esame delle contestazioni svolte dal Comune appellato in merito all’effettiva gestione di un servizio pubblico da parte della Montepower, si deve rilevare che i provvedimenti che, per la loro finalizzazione alla cura dell’interesse pubblico e per la loro conseguente natura amministrativa, rilevano, nella materia e ai fini che qui interessano, sono solo quelli che dispongono autoritativamente in merito alla gestione del servizio od alle attività direttamente strumentali al suo espletamento, quali ad esempio le determinazioni che incidono immediatamente sulla relazione tra l’ente ed il soggetto gestore, e non anche quelli che solo indirettamente, quali la revoca degli amministratori della società titolare del servizio, si riflettono sulla vita di quest’ultima, non condizionandone l’operatività e non modificando il presupposto rapporto convenzionale.
Tale ultima categoria di atti risulta, in sintesi, priva della necessaria preordinazione, per la loro catalogazione come provvedimenti amministrativi, alla realizzazione dell’interesse pubblico, che, nella presente materia, coincide con la selezione delle modalità gestionali maggiormente utili al soddisfacimento dei bisogni cui risulta finalizzato il servizio e con l’efficiente amministrazione del modulo prescelto.
4.3- La conclusione appena raggiunta non risulta, da ultimo, inficiata dalla possibile obiezione dell’inconfigurabilità dei caratteri del diritto soggettivo (propria della situazione normalmente interessata dagli atti paritetici) nella posizione asseritamente lesa dall’atto di revoca ed azionata in giudizio.
E’ sufficiente, al riguardo, rilevare che, a fronte della riscontrata natura privata del potere nella specie esercitato, la posizione di soggezione del soggetto che subisce gli effetti dell’esercizio di quella potestà (in qualche modo assimilabile a quella dell’interesse legittimo), pur non essendo qualificabile come diritto soggettivo, non vale ad escludere, di per sé, la sussistenza della giurisdizione ordinaria, non potendosi dubitare di quest’ultima in tutte le ipotesi (quali, ad es., quella del lavoratore soggetto al potere disciplinare del datore di lavoro o quella del socio nei riguardi delle delibere assembleari) in cui il rapporto controverso si caratterizza per l’esistenza di una potestà privata in capo ad una parte e per la relativa posizione passiva dell’altra (che si risolve, sul piano della tutela, nella possibilità di denunciare lo scorretto esercizio di quel potere, in analogia solo schematica con il giudizio amministrativo impugnatorio).
4.4- Va, quindi, negata la sussistenza della giurisdizione generale di legittimità, per il dirimente rilievo che l’oggetto della lite non è qualificabile come un atto amministrativo.
5.- Pone, invece, maggiori difficoltà il problema della riconducibilità della fattispecie controversa entro l’ambito applicativo dell’art.33 d.lgs. n.80/98, che assegna al giudice amministrativo la cognizione esclusiva delle controversie relative ai servizi pubblici.
5.1- Trascurando l’analisi della complessa questione della definizione del concetto di servizio pubblico, può, tuttavia, affermarsi che l’ambito della giurisdizione esclusiva in esame deve intendersi circoscritto alle sole controversie relative all’attività istituzionalmente e direttamente finalizzata a soddisfare i bisogni della collettività (Cass., SS. UU, 30 marzo 2000, n.71), con la conseguenza che la materia dei servizi pubblici comprende l’erogazione delle prestazioni in favore degli utenti e la stessa gestione del servizio, ma non anche, a meno di non voler estendere indebitamente la nozione in discorso, le attività strumentali al servizio (Cass., SS. UU., Ord.za 22 luglio 2002, n.1076), e cioè quelle che, in quanto estranee alla diretta finalizzazione del servizio al pubblico, esulano dalla categoria concettuale in questione.
Accedendo, in sintesi, all’interpretazione più restrittiva del dettato dell’art.33 c.1 d. lgs. n.80/98, prescelta dalla Corte regolatrice della giurisdizione (ma si veda anche C.S., Sez. V, 10 aprile 2000, n.2078, che ha negato l’ammissibilità di una sua lettura estensiva), deve, quindi, escludersi che rientrino nel novero delle controversie riservate in via esclusiva dalla citata disposizione alla cognizione del giudice amministrativo quelle relative a rapporti funzionali all’espletamento del servizio pubblico e che assumono, quindi, rilevanza meramente interna o anche valenza presupposta e condizionante rispetto all’erogazione della prestazione finale in favore della collettività (Cass. SS. UU., 3 agosto 2000, n.532).
5.2- Risulta, allora, agevole, in coerenza con tali principi, negare che la controversia relativa alla nomina degli amministratori di una società che gestisce un servizio pubblico (secondo la prospettazione, peraltro contestata, dei ricorrenti) possa ascriversi alla materia in questione.
Trattandosi, invero, di lite che riguarda rapporti neanche indirettamente pertinenti alla gestione del servizio pubblico (investendo la permanenza del mandato degli amministratori della società) ed estranei anche ad un vincolo di strumentalità con l’erogazione delle prestazioni (restando a quel fine indifferente l’identità delle persone fisiche che ricoprono l’incarico di membri del consiglio d’amministrazione), va esclusa qualsiasi possibilità di sua catalogazione nel novero delle controversie attribuite alla giurisdizione esclusiva amministrativa in materia, per come definita dall’art.33 c.1 d. lgs. n.80/98 ed interpretata dal menzionato orientamento giurisprudenziale.
6.- Resta, in ogni caso, da esaminare la riconducibilità della presente controversia entro l’ambito applicativo delle singole ipotesi indicate, peraltro a titolo meramente esemplificativo, dal II comma della disposizione menzionata.
6.1- Va, anzitutto, negata la riconducibilità della presente controversie al novero di quelle catalogate alla lettera a), concernenti la istituzione, modificazione o estinzione di soggetti gestori di pubblici servizi.
Nonostante, infatti, la formulazione letterale della disposizione sembri autorizzare, per l’ampiezza e l’apparente onnicomprensività dell’indicato oggetto delle controversie in questione, un’interpretazione che estenda la cognizione del giudice amministrativo anche alle questione inerenti alla vita ed all’organizzazione delle società miste (affidatarie di pubblici servizi), deve circoscriversi il suo ambito applicativo (come già ritenuto da C.S., Sez. V, 3 settembre 2001, n.4856) alle sole procedure pubblicistiche che determinano la genesi o che incidono direttamente sull’operatività delle persone giuridiche che gestiscono il servizio, con conseguente esclusione di quelle inerenti alle vicende del contratto sociale ed al funzionamento od alla composizione dei suoi organi.
Esulano, pertanto, dalla sfera di giurisdizione riservata in via esclusiva al giudice amministrativo dall’art.33 c.2 lett. a) le controversie (quali la presente) aventi ad oggetto l’estinzione del rapporto di mandato di membri del consiglio d’amministrazione, in quanto prive di riflessi immediati e diretti sulla costituzione o sull’organizzazione di soggetti preposti alla gestione del servizio pubblico.
6.2- Non risultano ravvisabili neanche gli estremi per l’applicabilità alla fattispecie controversa della lettera b), che attribuisce alla giurisdizione esclusiva amministrativa le controversie tra amministrazioni pubbliche ed i gestori di pubblici servizi.
E’ sufficiente, al riguardo, osservare che, mentre la disposizione richiamata esige espressamente che la controversia opponga l’amministrazione pubblica al gestore (e concerna, quindi, essenzialmente il rapporto giuridico costituito dalla concessione o dall’affidamento del servizio), nel caso di specie la lite si è instaurata esclusivamente tra il Comune e gli amministratori revocati (senza alcuna partecipazione, neanche in via sostanziale, della società).
Né vale, di contro, sostenere che la revoca degli amministratori colpisce anche la società, in virtù del rapporto di immedesimazione organica dell’organo amministrativo, posto che gli odierni ricorrenti lamentano la violazione di una posizione soggettiva personale (e non della persona giuridica che concorrevano ad amministrare) e non agiscono, né avrebbero potuto, in nome della Montepower, che è, infatti, correttamente rimasta estranea alla controversia.
6.3- Non possono, da ultimo, riconoscersi nella presente fattispecie i caratteri delle controversie in materia di vigilanza e di controllo nei confronti dei gestori dei pubblici servizi, assegnate alla cognizione esclusiva del giudice amministrativo dall’art.33 c.2 lett.c).
Il potere di vigilanza e di controllo il cui esercizio radica la giurisdizione amministrativa consiste, infatti, nell’attività di verifica della correttezza dell’espletamento del servizio e si rivolge, pertanto, all’operato del gestore (e, quindi, nella fattispecie, della società).
Non possono, pertanto, ascriversi alla nozione di vigilanza e di controllo le determinazioni relative alla nomina (od alla revoca) degli amministratori della società che, ancorchè fondate su una valutazione di merito delle capacità della persona fisica interessata, non risultano adottate nell’esercizio di una specifica funzione di revisione della regolarità ed efficacia della gestione del servizio e, soprattutto, non risultano rivolte a verificare e sindacare l’operato del gestore (quale soggetto giuridico autonomo e distinto dai membri del suo organo amministrativo).
7.- Alle suesposte considerazioni conseguono la reiezione dell’appello e la conferma della decisione impugnata.
8.- La natura della pronuncia giustifica la compensazione delle spese processuali.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, respinge il ricorso indicato in epigrafe e dichiara compensate le spese processuali;
ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 25 marzo 2003, con l'intervento dei signori:
EMIDIO FRASCIONE - Presidente
GIUSEPPE FARINA - Consigliere
PAOLO BUONVINO - Consigliere
CLAUDIO MARCHITIELLO - Consigliere
CARLO DEODATO - Consigliere Estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
IL SEGRETARIO
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
il.......................13/06/2003..........................
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
IL DIRIGENTE |