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TAR Lazio, Sez. III ter, 8/3/2004 n. 2159
Sulla pubblicità del bando di gara mediante l'uso del sito internet.

Il principio della "pubblicità adeguata" può dirsi legittimamente assicurato dall'uso del sito internet, dato che il rinvio ad atti, liberamente consultabili sulla rete informatica, di per sé, non costituisce una fattore di diminuzione delle garanzie procedimentali.
L'onere di pubblicità del procedimento di cui all'art. 12 della L. n. 241/1990 é legittimamente assolto con la pubblicazione sulla G.U. di un avviso diretto a rendere nota l'esistenza di un procedimento per la concessione di benefici di carattere finanziario, se tale avviso è accompagnato con la messa in libera consultazione sul sito elettronico del bando integrale, delle istruzioni applicative e dei modelli da compilare.

Materia: appalti / bando di gara

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

 

Il Tribunale Amministrativo Regionale del LAZIO, Sez. III-ter

composto da

dr. Francesco Corsaro - Presidente

dr. Umberto Realfonzo - Consigliere-rel.

dr. Silvestro Maria Russo - Consigliere

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

sul ricorso n. 1353/2003 R.G. proposto dal GRUPPO FRATERNITA Consorzio di Cooperative Sociali - Società Cooperativa Sociale a responsabilità limitata in persona del legale rappresentante; da FRATERNITÀ CREATIVA Cooperativa Sociale a responsabilità limitata Onlus, in persona del legale rappresentante; da VALLE TROMPIA SOLIDALE Cooperativa Sociale a responsabilità limitata Onlus, in persona del legale rappresentante; da FRATERNITA’ SEBINO Cooperativa Sociale a responsabilità limitata Onlus, in persona legale rappresentante pro-tempore tutti rappresentati e difesi dagli Avv.ti Dario Meini ed Alfonso Vasile, ed elettivamente domiciliati presso lo studio di quest’ultimo in Roma, Via  S. Tomaso D’Acquino n. 108;

 

contro

- la Società Sviluppo Italia S.p.A in persona del rappresentante legale; costituitosi in giudizio a mezzo dell’Avv. Piero d’Amelio;

- il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, nella persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dalla Avvocatura Generale dello Stato;

 

e nei confronti

del Consorzio Solaris S.c.r.l, non costituitosi in giudizio;

 

per l’annullamento

I. del provvedimento del 30 luglio 2002, con cui Sviluppo Italia S.pA. ha decretato la non accoglibilità della richiesta di finanziamento del progetto "Un grappolo bresciano";

II. del Bando recante “Invito a presentare proposte progettuali a valere sulle risorse assegnate per l'attuazione del Progetto Fertilità dalla delibera CIPE DEL 4 agosto 2000” pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana n. 170, parte Il, del 24 luglio 2001;

III. delle “Modalità di presentazione dei progetti” pubblicato sul sito internet di Sviluppo Italia;

 

Visto il ricorso con i relativi allegati;

Viste le memorie prodotte dalla parte ricorrente;

Visti gli atti di costituzione dell’Amministrazione intimata;

Visti gli atti tutti della causa;

Nominato relatore alla pubblica udienza del 13 ottobre 2003 il Consigliere Umberto Realfonzo; l’Avv. Dei Rossi e l’Avv. dello Stato Salvatorelli.

Ritenuto e considerato, in fatto e in diritto, quanto segue:

 

FATTO

Con il presente gravame il Consorzio Fraternità e le Cooperative ricorrenti, impugnano il rigetto della domanda diretta ad ottenere il finanziamento di un progetto; nonché il relativo Bando e le “Modalità di presentazione dei progetti”, per l'attuazione del “Progetto Fertilità”.

Il ricorso, con tre rubriche di gravame, è affidato alla denuncia della violazione degli artt.2 - 12 della L. n. 241/1990 e dell’art. 5 del d. lgs. n. 123/1998.

La Società Sviluppo Italia S.p.A costituitosi in giudizio il 20 febbraio 2003, in data 24 febbraio 2003 ha versato alcuni atti del provvedimento ed una memoria con cui ha confutato analiticamente i motivi di ricorso.

Il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, si è solo formalmente costituito in giudizio.

L’ordinanza della Sezione n. 1057/2003 di rigetto dell’istanza cautelare è stata riformata in appello (ord. n. 3149/2003) della Sesta Sezione che, “sulla scorta di una prima delibazione, attenta in particolare al profilo del periculum", ammetteva con riserva l’istanza del Consorzio alla successiva fase procedimentale.

Con memoria per la discussione del 30 ottobre 2003 Sviluppo Italia ha ribadito la richiesta di rigetto del ricorso.

La parte ricorrente con memoria del 31 Ottobre 2003, ha insistito nelle proprie argomentazioni.

All'udienza del 13 novembre 2003, uditi i patrocinatori delle parti, la causa è stata trattenuta per la decisione.

 

DIRITTO

Il Consorzio Fraternità Creativa e le Cooperative indicate in epigrafe, in via principale, impugnano il provvedimento ed i relativi atti presupposti, con cui Sviluppo Italia S.pA. ha deliberato la “non accoglibilità” della richiesta di finanziamento del progetto "Un grappolo bresciano" .

In particolare il rigetto dell’istanza è affidato alla duplice considerazione che:

- non sussistevano “i requisiti di cui all'art. 4, relativamente alla non prevedibilità, se non per un consorzio, di essere tutorato da un altro consorzio" avendo il Consorzio di cooperative sociali previsto di svolgere attività di tutoraggio di una cooperativa sociale;

- il progetto difettava anche dei requisiti "di cui all'art. 5 del Bando, relativamente alla operatività integrata delle iniziative".

1. Deve preliminarmente d’ufficio rilevarsi, quanto alla giurisdizione, che con sentenza n. 6412 del 25 luglio 2000 (integralmente confermata dal C.d.S. - Sesta Sez. con decisione n. 192 del 22 gennaio 2001), la Sezione ha già ritenuto la propria giurisdizione - sia pure nei riguardi della Società formalmente dante causa di Sviluppo Italia S.p.A. - in relazione alla natura di “organismo di diritto pubblico” in senso tecnico.

La Società resistente infatti svolge, sia pure nelle forme di persona giuridica privata, funzioni di sostegno all’economia (selezione e l'incentivazione dell'attività produttiva con contribuzione nazionale e comunitaria) che hanno natura squisitamente pubblicistica a nulla rilevando che la soddisfazione di bisogni generali non esaurisca l'ambito di attività della stessa. 

Per tale ragione, anche quando la distribuzione di risorse erariali avvenga con la formula del prestito (modalità del resto utilizzata dal Tesoro fin dagli anni trenta del secolo scorso) tali funzioni non possono essere assolutamente equiparate ad un’attività finanziaria e bancaria (che è invece connotata dall’esclusivo rilievo del conseguimento del profitto) per cui anche l’ottenimento dell’autorizzazione ad operare ai sensi del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia emanato con d.lg. 1 settembre 1993 n. 385, è irrilevante ai fini del radicamento della giurisdizione.

2. Nel merito, il ricorso è infondato.

Con il primo motivo di gravame si deducono due differenti profili di ricorso che vanno partitamene confutati.

Viene lamentata innanzitutto la violazione dell’art. 2, II° della L. n. 241/1990 che impone la fissazione del termine di conclusione del procedimento.

La censura è inconferente sul piano della legittimità per provvedimento di non ammissione al contributo. Come la giurisprudenza ha da tempo chiarito, il mancato rispetto del termine previsto dall'art. 2, comma 3, l. 7 agosto 1990 n. 241 per la conclusione dei procedimenti amministrativi determina solo l'illegittimità del silenzio mantenuto dalla p.a. e non anche l'illegittimità del provvedimento tardivamente assunto. E ciò perché il termine per la definizione del procedimento ha carattere meramente acceleratorio, non recando la predetta legge alcuna prescrizione sulla perentorietà del temine, sulla decadenza della potestà amministrativa, o sull'illegittimità del provvedimento adottato (cfr. T.A.R. Lazio, sez. III, 15 gennaio 2003, n. 128; T.A.R. Veneto, sez. I, 20 gennaio 2003, n. 529; T.A.R. Liguria, sez. II, 5 luglio 2002, n. 801, Consiglio Stato, sez. V, 3 giugno 1996, n. 621).

Si sostiene poi l’illegittimità dell’intera procedura, in quanto sulla G.U. parte II° n. 170 del 24 luglio 2001, in luogo del Bando vero e proprio era stato pubblicato un “avviso” il quale rinviava ad un documento “Modalità di presentazione dei progetti” consultabile sul sito internet di Sviluppo Italia.

Tale modalità procedimentale, ad avviso dei ricorrenti, avrebbe violato il combinato disposto dell’art. 12 della L. n. 241/1990 in base al quale l’amministrazione deve predeterminare e pubblicare i criteri per l’erogazione dei contributi; e dell’art. 5 del d.lgs. n. 123/1998 che pone il principio generale dell’ordinamento per cui i requisiti, le modalità e le condizioni concernenti gli interventi attuati con procedimento valutativo debbono esser resi noti con pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale. Il rinvio al sito internet non poteva quindi esser legittimamente sostitutivo della sua integrale pubblicazione, non potendo il supporto elettronico garantire i profili di diffusione e di pubblica accessibilità tipici della Gazzetta Ufficiale né tantomeno il carattere dell’ufficialità e della immodificabilità che la pubblicazione conferisce, specialmente con riguardo alle predeterminazione dei criteri di valutazione. 

L’assunto non merita adesione.

a) Il principio della “pubblicità adeguata” può dirsi legittimamente assicurato dall’uso del sito internet, dato che il rinvio ad atti, liberamente consultabili sulla rete informatica, di per sé, non costituisce una fattore di diminuzione delle garanzie procedimentali.

L’art. 9 del d.P.R. 28 dicembre 2000 n. 445 concernente il Testo Unico in materia di documentazione amministrativa,infatti, dispone:

- al primo comma, che gli atti amministrativi informatici “costituiscono informazione primaria ed originale", sancendo così il principio di piena equiparazione sul piano giuridico tra atti amministrativi cartacei e degli atti amministrativi elettronici (la cui accessibilità sulla rete web consente anzi agli interessati sia di conoscere direttamente, ed in tempo reale, tutti i provvedimenti di loro interesse, che di poter gestire i relativi procedimenti);

- al terzo comma, il principio, di carattere funzionale ed organizzatorio, per cui  le pubbliche amministrazioni provvedono a definire, ed a rendere disponibili, per via telematica “moduli e formulari”.

Non essendo poi stata allegata dal Consorzio ricorrente alcuna concreta impossibilità, nemmeno temporanea, di loading delle informazioni del bando e delle istruzioni applicative, non ha alcun fondamento giuridico la pretesa mancanza di garanzie di accessibilità al sito internet di Sviluppo Italia non sovvenendo ragioni per ritenere che la gestione di detto sito non abbia rispettato le modalità di cui alla Direttiva del 09/12/2002 sulla “Trasparenza dell'azione amministrativa e gestione elettronica dei flussi documentali” del Ministero per l’Innovazione Tecnologica.

Neppure le generiche affermazioni circa la mancanza di garanzie dei documenti pubblicati, possono aver rilievo giuridico, non avendo la parte ricorrente al riguardo indicato alcuna modifica in concreto degli atti pubblicati sul sito.

Perde, pertanto consistenza l’obiezione che nell’avviso pubblicato nella Gazzetta Ufficiale fossero assenti i criteri di valutazione dato che tali elementi erano puntualmente contenuti negli atti pubblicati sul sito (cfr. art. 8 del bando di gara, e le pagg. 14 e segg. della Guida esplicativa: all. 3 al deposito Sviluppo Italia del 24 febbraio 2003).

L’onere di pubblicità del procedimento di cui all’art. 12 della L. n. 241/1990 é legittimamente assolto con la pubblicazione sulla G.U. di un avviso diretto a rendere nota l’esistenza di un procedimento per la concessione di benefici di carattere finanziario, se tale avviso è accompagnato con la messa in libera consultazione sul sito elettronico del bando integrale, delle istruzioni applicative e dei modelli da compilare.

b) Del tutto inconferente è poi, la denunciata violazione dell’art. 5 del Decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 123.

In assenza di un diretto e specifico richiamo nel bando, deve escludersi la diretta ed immediata applicabilità alla procedura in questione del d.lgs. n. 123/1998, il quale concerne esclusivamente gli ausili finalizzati al sostegno economico delle "imprese” da parte del Ministero delle Attività Produttive.

Invece il Bando in questione aveva come finalità il sostegno delle attività di inserimento sociale delle persona svantaggiate, da parte del Ministero del Wellfare e non dell’incentivazione delle attività economiche delle imprese,. 

Peraltro, si deve rilevare che l’art. 5, erroneamente invocato dalla parte ricorrente, non impone assolutamente l’integrale pubblicazione di tutti gli elementi rilevanti ai fini della selezione nella G.U.  ma invece prescrive proprio che “Il soggetto competente comunica i requisiti, le modalità e le condizioni concernenti i procedimenti di cui ai commi 2 e 3, con avviso da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana almeno novanta giorni prima dell'invio delle domande, e provvede a quanto disposto dall'art. 2, comma 3".

Il riferimento alla pubblicazione di un “avviso" e non di un “bando" non consente di poter condividere l’assunto di parte ricorrente circa la necessità di una pubblicazione integrale del bando.

Quando il legislatore utilizza il termine “bando” vuole che debbano esser resi noti tutti gli elementi fondamentali del procedimento (e questo il caso ad esempio dell’art. 8 secondo comma d.lgs. n. 157/1995); mentre ricorre alla locuzione “avviso” quando ritiene sufficiente che venga data pubblica notizia del procedimento, rinviando ad altri atti per i dettagli (cfr. ad es. art. 5 primo comma d.lgs. n. 358/1995; art. 8 primo e  secondo comma del d.lgs. n. 157 cit.).

L’obbligo procedimentale di pubblicità del procedimento, è esclusivamente limitato alla pubblicazione di una comunicazione (circa l’esistenza e la scadenza del bando per il finanziamento delle iniziative) che assicuri la conoscibilità del procedimento e quindi la par condicio di tutti i soggetti potenzialmente interessati all’inserimento in graduatoria.

In conclusione il motivo è complessivamente infondato e deve essere respinto.

3. Parimenti privo di pregio giuridico appare il secondo motivo con cui il Consorzio ricorrente lamenta che, incongruamente, la S.I. avrebbe ritenuto la pretesa inidoneità di un consorzio a svolgere il tutoraggio di una cooperativa, in quanto:

- l’art. 4 del Bando, imponeva che il “tutoraggio” di ogni nuova realtà avrebbe dovuto “essere affidata ad un soggetto dotato di adeguata esperienza e di adeguati livelli dimensionali e di efficienza" quale proprio il ricorrente Consorzio;

- non vi sarebbe alcuna ragione logica dell’affermazione per cui un consorzio (come quello ricorrente, con un’esperienza imprenditoriale più che triennale) non sarebbe stato in grado di esercitare il trasferimento di capacità, esperienza progettuale, e Know-how organizzativo e gestionale nei riguardi di una sola cooperativa.

Irragionevolmente si sarebbe adottato un criterio meramente formale per poter aprioristicamente escludere il progetto “Un Grappolo Bresciano”. 

L’assunto non ha complessivamente pregio.

In primo luogo l’inequivoca espressione della "lex specialis" del procedimento era tale da ingenerare, nei partecipanti, un assoluto convincimento sulla necessità di redigere le offerte secondo la precisa formulazione dell’art. 4 del bando, che imponeva ad un consorzio di tutelare un altro consorzio e non anche delle cooperative. 

La prescrizione era tale da non consentire margini interpretativi nè per Sviluppo Italia che - una volta posta la norma - non avrebbe comunque potuto discostarsene; e neppure per gli interessati i quali avrebbero dovuto: o adeguare il progetto alla regola (per esempio indicando, quali tutor delle cooperative sociali, alcune delle imprese costituenti il consorzio delle cooperative sociali); ovvero previamente impugnare una clausola che influiva direttamente sulla ammissibilità stessa del progetto.

Del tutto erroneamente il consorzio - sulla base di una sua autonoma, soggettiva, valutazione di illogicità della prescrizione - ha ritenuto di poter del tutto prescindere da una disposizione cogente sulla strutturazione del progetto.

Sul piano della ragionevolezza delle scelte, peraltro, la valutazione circa la maggiore efficacia dell’azione di supporto all’avvio di una cooperativa sociale operata da un tutor costituito in forma di cooperativa sociale, afferisce a valutazioni di amplia discrezionalità amministrativa, ma non pare violi manifestamente i precetti della logica e della razionalità.

Appare ragionevole che, i consorzi di cooperative sociali facciano da tutor solo ed esclusivamente ad un altro “consorzio di cooperative” (cioè ad un omologa struttura interorganizzativa diretto alla fornitura di servizi consulenziali e di promozione imprenditoriale a favore delle cooperative aderenti); e non possano supportare le "cooperative sociali", che sono tipologie organizzative differenti e distinte (che gestiscono in prima persona servizi socio-sanitari educativi, ed attività finalizzate all'inserimento lavorativo di particolari soggetti "svantaggiati").

Del resto, il fatto che le specifiche criticità organizzative e gestionali che una cooperativa è chiamata ad affrontare siano assolutamente diverse da quelle dei consorzi, è nella specie provato (cfr. pag. 271 e segg. dell’all. 2 al deposito di parte ricorrente del 21 ottobre 2003) dallo stesso Atto costitutivo del Consorzio ricorrente che, tra gli scopi sociali, elenca tutte attività di carattere strumentale e non direttamente operativo (es. stimolare la collaborazione tra le cooperative; realizzare l’inserimento di persone svantaggiate; formazione; commercializzazione dei prodotti, ecc.; informazione sociale; rapporti con il mondo imprenditoriale; promozione di nuove cooperative sociali; fornitura di beni e servizi ai soci; partecipazione agli appalti; ecc. ).

Come si vede le attività del Consorzio sono certamente connesse, ma sostanzialmente estranee alla produzione vera e propria dei beni e dei servizi delle cooperative sociali.

In conclusione sul punto, il provvedimento appare del tutto esente dalle dedotte censure di eccesso di potere.

4. Deve infine essere disatteso il terzo motivo di gravame con cui il Consorzio ricorrente lamenta, che Sviluppo Italia avrebbe, erroneamente ed immotivatamente, ritenuto non garantito il rispetto della “operatività integrata delle iniziative”.

Al riguardo la giurisprudenza ha costantemente affermato che, in materia di concessione di contributi economici, le valutazioni istruttorie effettuate su base tecnica, comportano scelte tipicamente discrezionali che, come tali, sono sindacabili in sede di legittimità solo per manifesti vizi logici, per errore di fatto, per travisamento dei presupposti, per difetto di istruttoria e, infine, per erronea applicazione delle regole tecniche (Cons. Stato, Sez. VI, 1 marzo 2002, n. 259).

Ciò posto, la motivazione relativa all’assenza di un requisito essenziale espressamente previsto dall’art. 5 u.c., non poteva che essere ricognitiva di tale accertamento negativo.

Al riguardo la parte ricorrente erroneamente assume che l’art. 5 introduceva un criterio che non consentiva a Sviluppo Italia di valutare l’intensità o la qualità dell’integrazione operativa: al contrario Sviluppo Italia doveva puntualmente verificare non solo la completezza della documentazione e dei requisiti per l’ammissione alle agevolazioni ma doveva esercitare una valutazione discrezionale di merito sulla esistenza o meno del requisito della operatività integrata.

In ogni caso la mancata indicazione, da parte dei promotori del progetto, degli elementi dai quali poter ricavare le utilità di scala connessa con l’operatività integrata non può essere supplita con il successivo apodittico, inconferente, e generico richiamo in questa sede al masterplan complessivo del progetto.

Quindi neanche in ricorso, a dimostrazione dell’esattezza dell’assunto, la parte ricorrente ha introdotto riferimenti e particolari, in grado di dimostrare in base a quali elementi concreti potevano ravvisarsi i vantaggi e gli svantaggi derivanti dall’operatività integrata.

Le censure, meramente formali del Consorzio ricorrente sul punto, sono del tutto inconsistenti ad inficiare, sul piano della logica e della razionalità, il provvedimento impugnato.

5. Il ricorso è infondato in tutti i suoi profili e deve in conclusione essere respinto.

In relazione alla novità delle questioni può disporsi l’integrale compensazione delle spese del presente giudizio.

 

P.Q.M.

il Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio – Sez. III^-ter :

1) respinge il ricorso di cui in epigrafe.

2) Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità Amministrativa.

Così deciso dal Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio – Sez. III^-ter, in Roma, nella Camera di Consiglio del 13.11.2003.

 

IL PRESIDENTE

dr. Francesco Corsaro

IL CONSIGLIERE-EST.

dr. Umberto Realfonzo

 

Depositata in Segreteria

il 8 marzo 2004

 

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