REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale Sezione Quinta ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso n. 5406 del 2003, proposto dalla s.n.c. SCA.TER. SUD, rappresentata e difesa dagli avv.ti Francesco Saverio Mazzeo e Roberto Colagrande, elettivamente domiciliata presso il secondo in Roma, via Paisiello 55, (Studio Scoca);
contro
il Comune di Serrone, rappresentato e difeso dall’avv. Felice Spirito ed elettivamente domiciliato presso Giovanni Valeri in Roma, Via Pasubio 2
e Taddei Mauro presidente della gara e responsabile area tecnica
e Impresa Muccitelli Paolo non costituiti in giudizio
per l'annullamento
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, Sezione di Latina, 16 aprile 2003 n. 354, resa tra le parti.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Serrone;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti gli atti tutti della causa;
Relatore alla pubblica udienza del 27 gennaio 2004 il consigliere Marzio Branca, e uditi R. Colagrande e F. M. Spirito .
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.
FATTO
Con la sentenza in epigrafe è stato respinto il ricorso proposto dalla s.n.c. Sca.Ter. Sud, già aggiudicataria per sorteggio dell’appalto di lavori di sistemazione stradale in Comune di Serrone, avverso gli atti di riesame delle esclusioni già disposte e l’effettuazione di un nuovo sorteggio, che ha condotto all’aggiudicazione dell’appalto ad altra impresa.
Il TAR ha ritenuto che fosse in facoltà dell’Amministrazione ammettere alla valutazione, anche dopo l’aggiudicazione, le offerte in precedenza escluse per una irregolarità (domanda non in bollo) non sanzionata con l’esclusione, e che per conseguenza fosse legittimo effettuare un nuovo sorteggio tra le medesime società, già in precedenza classificate a pari merito.
La Sca.Ter. Sud ha proposto appello avverso la sentenza assumendone l’erroneità e chiedendone la riforma.
Il Comune di Serrone si è costituito in giudizio per resistere al gravame.
Con ordinanza 29 ottobre 2002 n. 4774 la Sezione, in riforma della decisione di rigetto emessa dal TAR, ha sospeso l’efficacia dei provvedimenti impugnati in primo grado.
Alla pubblica udienza del 27 gennaio 2004 la causa veniva trattenuta in decisione.
DIRITTO
L’appello concerne la decisione con la quale i primi giudici hanno ritenuto legittimi i provvedimenti di riapertura della gara per l’affidamento di lavori stradali, dopo che era intervenuta l’aggiudicazione, mediante sorteggio, ad una delle due imprese, che avevano presentato identica offerta risultata più vantaggiosa.
La commissione di gara, infatti, sebbene la procedura fosse conclusa, ha ritenuto di dover ammettere cinque concorrenti che erano state escluse per aver presentato offerte non in carta da bollo, benché tale irregolarità non fosse sanzionata dal bando con l’esclusione. Esaminate le cinque offerte, la graduatoria non è mutata, risultando nuovamente vincente l’offerta presentata dall’odierna appellante e dalla concorrente controinteressata. La Commissione di gara, peraltro ha ritenuto di ripetere anche il sorteggio tra le due vincitrici, che questa volta dava esito opposto al precedente.
L’appellante lamenta l’illegittimità della riapertura della gara, non perché sia da escludere in via di principio la potestà di autotutela in materia di pubblici incanti, ma perché tale potestà non è stata nella specie esercitata in conformità ai principi che ne regolano lo svolgimento, con particolare riguardo alla comunicazione dell’avvio del procedimento e all’apprezzamento del pubblico interesse.
La censura è fondata.
Va chiarito in linea preliminare che l’odierna appellante doveva essere considerata a tutti gli effetti la aggiudicataria definitiva dell’appalto.
Dopo che con verbale 23 aprile 2002 la Commissione di gara aveva proceduto alla aggiudicazione provvisoria, “fatta con riserva di approvazione da parte degli organi competenti del presente verbale”, come è scritto a conclusione del documento, l’approvazione intervenne con nota del successivo 24 aprile, a firma del Responsabile dell’Area Tecnica in tale sua qualità, e non nella veste, ricoperta dallo stesso soggetto, di Presidente della Commissione di gara.
Nella nota, proveniente dall’organo competente ad approvare le operazioni di gara, si dice a chiare lettere che l’Impresa appellante è risultata aggiudicataria. La procedura di scelta del contraente era, quindi, a tutti gli effetti conclusa. La circostanza che il contratto non fosse stato ancora stipulato, rilevante ai fini dell’inesistenza, allo stato, di obbligazioni di tipo civilistico in capo alle parti, non è influente per stabilire la consistenza della posizione soggettiva dell’appellante rispetto ai successivi comportamenti dell’Amministrazione.
La giurisprudenza ammette, con orientamento condivisibile, che sussistendone le condizioni, l’Amministrazione possa procedere in via di autotutela a modificare le proprie precedenti determinazioni.
Nella specie, essendosi scoperta la violazione dell’art. 19 del d.P.R. n. 642 del 1972 sull’imposta di bollo, e valutato il vizio che poteva inficiare la procedura a causa della esclusione di cinque concorrenti le cui offerte non erano in regola con l’imposta di bollo, sebbene il bando non sanzionasse tale irregolarità con l’esclusione, si poneva il problema di eliminare il vizio.
Poiché la disposta aggiudicazione si era perfezionata ed era tuttora efficace, l’Amministrazione, innanzi tutto avrebbe dovuto procedere all’annullamento del provvedimento, con determinazione motivata circa le ragioni di pubblico interesse che la inducevano ad un atto pregiudizievole per l’aggiudicataria, non senza aver provveduto ad informarla dell’avvio del procedimento.
Tale essenziale passaggio non è stato compiuto, sicché la commissione di gara è stata investita del compito di ripetere un segmento della procedura senza che l’aggiudicataria sia stata posta nelle condizioni di far valere le proprie ragioni, come le sarebbe spettato in quanto titolare dell’interesse alla conservazione dell’aggiudicazione in proprio favore.
Né si può concordare con la tesi dei primi giudici, che la impresa è stata comunque in condizione di far conoscere i propri rilievi critici grazie alla convocazione il giorno 14 per il successivo 17 maggio per assistere al rinnovo delle operazioni di aggiudicazione. La funzione di cui all’art. 7 della legge n. 241 del 1990 non può dirsi adempiuta tutte le volte che in ogni modo l’interessato abbia avuto notizia dell’inizio del procedimento, occorrendo che il soggetto sia messo in condizioni di far valere le proprie ragioni prima che la determinazione in itinere sia assunta, come emerge inequivocabilmente dall’art. 10 della medesima legge n. 241/1990.
Nella specie l’aggiudicazione è stata annullata in violazione di tutti i principi tipici dell’autotutela.
Gli atti di riesame delle offerte escluse e di ricalcolo della media si palesano illegittimi già sotto tale profilo.
Ma egualmente fondata è la doglianza con specifico riguardo alla ripetizione del sorteggio.
Costituisce affermazione pacifica in giurisprudenza che l’esigenza di rinnovare gli atti di un procedimento a causa della loro invalidità deve essere contemperato con il principio di conservazione della attività legittimamente espletata, cioè non coinvolta dal vizio rilevato (Cons. St., Sez. VI, 11 dicembre 1998 n. 1668).
Nella specie, l’esito del riesame di tutte le offerte, effettuato includendo nel calcolo della media anche quelle in precedenza escluse, non ha modificato il risultato finale cui si era originariamente pervenuti: l’offerta migliore è rimasta quella presentata dall’appellante e dalla impresa odierna controinteressata. Tale esito offriva la prova che il vizio della precedente valutazione non aveva determinato il risultato, che si è dimostrato legittimo fin dall’inizio. Ne consegue che nessun vizio poteva addebitarsi al già eseguito sorteggio, venendo così a mancare la ragione giustificatrice della reiterazione.
In altri termini andava salvaguardata quella porzione della procedura legittimamente espletata, e con essa le posizioni di vantaggio attribuite al soggetto privato coinvolto dalla cura dell’interesse pubblico. La condotta seguita dall’Amministrazione, non sorretta da alcuna giustificazione di pubblico interesse, si risolve nel gratuito pregiudizio di una posizione soggettiva tutelata dall’ordinamento, perché legittimamente costituita dalla stessa Amministrazione.
L’appello va dunque accolto.
Le spese possono essere compensate.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, accoglie l’appello in epigrafe, e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, accoglie il ricorso di primo grado;
dispone la compensazione delle spese;
ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità Amministrativa.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 27 gennaio 2004 con l'intervento dei magistrati:
Agostino Elefante Presidente
Rosalia Bellavia Consigliere
Corrado Allegretta Consigliere
Goffredo Zaccardi Consigliere
Marzio Branca Consigliere est.
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
F.to Marzio Branca F.to Agostino Elefante
IL SEGRETARIO
F.to Gaetano Navarra
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
IL DIRIGENTE
F.to Antonio Natale
Il 15 marzo 2004
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