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TAR Puglia, Lecce, sez. II, 21/4/2004 n. 2549
Sulla legittimità dell'affidamento diretto di un servizio pubblico ad una società a totale partecipazione pubblica.

Sulla norma di salvezza ex art. 113 , comma 15 bis, TUEL.

Nel caso in cui, in una convenzione intercorrente tra una Amministrazione comunale e una società a capitale pubblico totalitario, vi sia una netta prevalenza dell'aspetto relativo alla gestione del servizio pubblico, rispetto alla realizzazione di opere portuali si applica l'art. 113 del t.u. 267/2000 .
Ne consegue la necessità di utilizzare le procedure di evidenza pubblica nella selezione delle società di capitali affidatarie del servizio pubblico così come disposto dal 5° comma dell'art. 113 del t.u. 267/2000 (nel testo antecedente alla riforma di cui al d.l. 269/03).
La necessità di utilizzare procedure ad evidenza pubblica sussiste anche ove il partner privato sia costituito da Sviluppo Italia o da società partecipate ai sensi dell'art. 1, 4° comma del d.lgs. 9.1.1999 n. 1, posto che la previsione dell'art. 2, 5° comma del cit. d.lgs. 1/1999, postula, comunque, il rispetto delle regole previste dalla normativa di settore.
Il nuovo testo dell'art. 113, comma 5, - a differenza dalla previgente disposizione, (che ammetteva solo procedure ad evidenza pubblica) - dispone, (lett. c) che l'erogazione possa avvenire anche a mezzo di "società a capitale interamente pubblico a condizione, però, che l'ente o gli enti pubblici titolari del capitale sociale esercitino sulla società un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi e che la società realizzi la parte più importante della propria attività con l'ente o gli enti pubblici che la controllano.
La fattispecie descritta non è destinata a valere soltanto per il futuro, ma viene presa in considerazione anche con riferimento al passato.
Il Consiglio di Stato ritiene che l'art. 113, comma 5 lettera c) così come modificato dall'art. 14 del d.l. 30.3.2003 n. 269, conv. in l. 24.11.2003 n. 326 costituisca "la norma di salvezza destinata a conferire legittimità a provvedimenti posti in essere sotto il vigore di una diversa disciplina"(Cons. St. Sez. V 19.2.2004 n. 679).
Ne consegue che la violazione delle norme in materia di evidenza pubblica implicita nell'affidamento diretto del servizio ad una società non selezionata attraverso una pubblica gara, può trovare legittimazione nel nostro ordinamento solo in virtù della norma di salvezza prevista dal comma 15 bis dell'art. 113 t.u. 267/2000, caratterizzata dal carattere retroattivo.

Materia: servizi pubblici / affidamento e modalità di gestione

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale amministrativo regionale della Puglia, II Sezione di Lecce, composto dai signori magistrati:

Dott. Antonio Cavallari            Presidente

Dott. Luigi Viola                      Componente relatore

Dott. Pasquale Mastrantuono   Componente

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

sul ricorso n. 1994/2003 proposto dal Consorzio Etruria s.c.a.r.l. in persona del legale rappresentante pro tempore Dott. Armando Vanni, in proprio e quale mandataria dell’A.T.I. costituita con la S.A.L.E.S. di Aurelio Zambernardi s.a.s, rappresentato e difeso dal Prof. Avv. Angelo Bracciodieta e dall’Avv. Flavio Fasano, come da mandato a margine del ricorso, presso lo studio del secondo in Lecce, via Leuca, angolo via degli Stampacchia n. 8, elettivamente domiciliato

contro

-il Comune di Gallipoli in persona del Sindaco in carica pro tempore, rappresentato e difeso, in virtù di mandato a margine dell'atto di costituzione in giudizio e di deliberazione della Giunta Municipale, dai Proff. Avv. Ernesto Sticchi Damiani e Pier Luigi Portaluri, presso lo studio del primo in Lecce, via  S. Francesco d’Assisi n. 33 elettivamente domiciliato;

-Italia Navigando s.p.a. (Gruppo Sviluppo Italia) in persona dell’Amministratore delegato Ing. Renato Marconi, rappresentata e difesa, in virtù di mandato a margine dell'atto di costituzione in giudizio, dal Prof. Avv. Ernesto Sticchi Damiani, presso lo studio dello stesso in Lecce, via  S. Francesco d’Assisi n. 33 elettivamente domiciliata;

-Gallipoli Navigando s.u.r.l. in persona dell’Amministratore unico Ing. Renato Marconi, rappresentata e difesa, in virtù di mandato a margine dell'atto di costituzione in giudizio, dal Prof. Avv. Ernesto Sticchi Damiani, presso lo studio dello stesso in Lecce, via  S. Francesco d’Assisi n. 33 elettivamente domiciliata;

per l'annullamento

a) della delibera n. 36 del 24 giugno 2003 del Consiglio comunale di Gallipoli avente ad oggetto l’approvazione della convenzione con Italia Navigando s.p.a. <<per la costituzione di una società di scopo finalizzata alla realizzazione e gestione della portualità turistica>>;

b) dell’istanza del 25 giugno 2003 prot. n. 19303 con la quale il Comune di Gallipoli chiedeva alla Capitaneria di Porto di Gallipoli la concessione demaniale marittima quarantennale del sito da destinare a portualità turistica;

c) della delibera n. 39 dell’11 luglio 2003 del Consiglio comunale di Gallipoli avente ad oggetto: <<ordine del giorno sulle competenze del Comune in ordine alle funzioni di assetto, pianificazione ed utilizzazione del territorio>>;

d) della delibera n. 47 del 27 agosto 2003 del Consiglio comunale di Gallipoli avente ad oggetto: <<esame ed approvazione progetto preliminare per la realizzazione del porto turistico ai fini della concessione demaniale marittima ed in esecuzione della convenzione stipulata con Italia Navigando>>;

e) dell’ulteriore istanza 30 agosto 2003 prot. n. 25855 avente ad oggetto: <<integrazione richiesta di concessione demaniale marittima per la realizzazione di un approdo turistico nel porto commerciale di Gallipoli>>;

f) di ogni atto presupposto, connesso o comunque conseguenziale.

Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione dell’Amministrazione intimata e delle controinteressate;

Visti gli atti tutti di causa;

Data per letta alla pubblica udienza del 10 marzo 2004 la relazione del Consigliere Dott. Luigi Viola e uditi altresì, l’Avv. Flavio Fasano e il Prof. Avv. Angelo Bracciodieta per il ricorrente, i Proff. Avv. Ernesto Sticchi Damiani e Pier Luigi Portaluri per l’Amministrazione resistente e il Prof. Avv. Ernesto Sticchi Damiani per le controinteressate;

Ritenuto in fatto e in diritto quanto segue:

 

FATTO

Con delibera n. 36 del 24 giugno 2003, il Consiglio comunale di Gallipoli recepiva una lettera di intenti con Italia Navigando s.p.a. (facente parte del Gruppo Sviluppo Italia) prevedente:

1) la stipula di una convenzione, contestualmente approvata, con Italia Navigando s.p.a. destinata a regolamentare lo svolgimento dell’iniziativa;

2) la costituzione, da parte di Italia Navigando s.p.a., di una società, denominata Gallipoli Navigando, inizialmente interamente partecipata solo dalla società privata, ma con possibilità, per il Comune di Gallipoli di decidere successivamente di partecipare alla compagine sociale nella misura massima del 49 % del capitale sociale (art. 6 della convenzione);

3) la redazione, da parte della costituenda società (o di Italia Navigando s.p.a.) di un progetto tecnico, economico e gestionale a supporto dell’istanza per l’ottenimento delle occorrende concessioni demaniali marittime;

4) alla realizzazione degli interventi programmati, sostanzialmente costituiti dalla realizzazione e gestione di un nuovo porto turistico, su aree appositamente ottenute in concessione dall’autorità demaniale marittima ed a <<ogni iniziativa di animazione economica finalizzata alla creazione, nel tessuto imprenditoriale locale, di imprese della “filiera” nautica, ovvero al consolidamento o espansione>> (art. 2 della convenzione).

Con istanza del 25 giugno 2003 prot. n. 19303, il Comune di Gallipoli chiedeva alla Capitaneria di Porto di Gallipoli di <<voler disporre l’avvio delle procedure intese ad approvare variante al Piano regolatore portuale al fine di destinare parte del porto commerciale di Gallipoli a porto turistico>>; contestualmente si chiedeva la concessione demaniale marittima quarantennale dell’<<area che il progetto di variante.individuerà come area da destinare alla portualità turistica>>.

In data 11 luglio 2003, il Consiglio comunale di Gallipoli adottava la delibera n. 39, avente ad oggetto: <<ordine del giorno sulle competenze del Comune in ordine alle funzioni di assetto, pianificazione ed utilizzazione del territorio>>; nella delibera citata, il Consiglio comunale affermava che <<l’interesse pubblico alla realizzazione di un porto turistico.pare maggiormente tutelato e suffragato nel momento in cui una Pubblica Amministrazione, come il Comune, fa parte di una società pubblica, con socio pubblico rispetto ad una società, con totale capitale privato>>.

In data 28 luglio 2003, il Comune di Gallipoli ed Italia Navigando s.p.a. stipulavano la convenzione approvata dal Consiglio comunale con la delibera n. 36 del 24 giugno 2003; in data 29 luglio 2003, Italia Navigando s.p.a. provvedeva quindi a costituire una società unipersonale a responsabilità limitata denominata Gallipoli navigando.

Con delibera n. 47 del 27 agosto 2003, il Consiglio comunale di Gallipoli approvava il progetto preliminare per la realizzazione del porto turistico; approvazione necessaria per il rilascio della concessione demaniale marittima delle aree necessarie per la realizzazione del porto turistico richiesta alla Capitaneria di porto di Gallipoli.

Di conseguenza, il progetto preliminare era trasmesso alla Capitaneria di porto di Gallipoli, con nota 30 agosto 2003 prot. n. 25855 del Dirigente comunale competente.

Gli atti indicati in epigrafe erano impugnati dal Consorzio ricorrente, con  motivi aggiunti ad un ricorso precedentemente proposto avanti alla Sezione (R.G. n. 861/2002), per: 1) eccesso di potere sotto il profilo della violazione di legge e dello sviamento in favore di soggetti privati, con violazione anche di norme costituzionali; 2) manifesta illogicità per grave e palese contraddittorietà di comportamento con il contenuto della del. G.M. n. 13 del 20.1.2002 e con la nota 25.6.2003 prot. n. 19303; 3) violazione dell’art. 17 commi 1, 2 e 8 della l. 109/1994, nonché del d.p.r. 509/1997 e del decreto ministeriale 14.4.1998; 4) violazione di legge per non aver rispettato le procedure previste per l’adozione di progetti che costituiscono variante essenziale sia al P.R.G. che al Piano generale del porto nonché violazione del d.p.c.m. 21.12.1995 e della l.r. Puglia n. 6/1982.

Si costituiva l'Amministrazione resistente, controdeducendo sul merito del ricorso e formulando eccezione preliminare di inammissibilità per omessa impugnazione della convenzione intercorrente tra il Comune di Gallipoli e Italia Navigando s.p.a..

All’udienza del 16.10.2003, la Sezione, con l’ordinanza n. 919/2003, rigettava l’istanza di tutela cautelare presentata da parte ricorrente e disponeva l’attribuzione di un nuovo numero di ruolo ai motivi aggiunti; di conseguenza il ricorso assumeva il numero di ruolo R.G. n. 1994/2003.

Con deliberazione 22 dicembre 2003 n. 67, il Consiglio comunale di Gallipoli disponeva l’autoannullamento d’ufficio della delib. C.C. 27.8.2003 n. 47; con successiva deliberazione 22 dicembre 2003 n. 68, il Consiglio comunale di Gallipoli procedeva all’approvazione <<in ratifica degli elaborati progettuali preliminari allegati dal Dirigente alla nota prot. n. 25855 del 30.8.2003 ai soli fini della richiesta di concessione demaniale marittima già inoltrata alla Capitaneria di porto, facendo salve  le decisioni in ordine alle scelte progettuali di cui all’art. 8 della convenzione con “Italia Navigando” s.p.a.>>.

Le deliberazioni n. 67 e 68 del 2003 del Consiglio comunale di Gallipoli erano impugnate dal Consorzio ricorrente, con motivi aggiunti depositati in data 27 dicembre 2003, per: 1) violazione e falsa interpretazione della l. 109/1994 e successive modifiche; 2) abnormità degli atti con violazione di legge, manifesta illogicità e stridente contraddizione in termini; 3) palese violazione delle norme sulle competenze funzionali dei dirigenti; illegittimità derivata per violazione dell’art. 113 del t.u. enti locali.

Si costituivano anche le controinteressate controdeducendo sul merito del ricorso e formulando eccezione preliminare di inammissibilità per omessa impugnazione della convenzione intercorrente tra il Comune di Gallipoli e Italia Navigando s.p.a..

All'udienza del 10 marzo 2004 il ricorso passava quindi in decisione

 

DIRITTO

In via preliminare, la Sezione ritiene necessario rilevare come l’infondatezza meritale del ricorso permetta di prescindere dall’esame dell’eccezione preliminare di inammissibilità per omessa impugnazione della convenzione intercorrente tra il Comune di Gallipoli e Italia Navigando s.p.a. sollevata dalla difesa dell’Amministrazione resistente e delle controinteressate.

Per quello che riguarda il merito del ricorso, la Sezione ritiene che la ricostruzione giuridica della fattispecie debba necessariamente passare attraverso l’individuazione del contenuto concreto e del valore economico delle  prestazioni che costituiscono oggetto della convenzione intercorrente tra l’Amministrazione comunale di Gallipoli ed Italia Navigando s.p.a.

A questo proposito, pur in presenza di una sostanziale difficoltà nell’esatta ricostruzione del contenuto concreto della previsione dell’art. 2 della convenzione 28 luglio 2003 (che contempla certamente alcune prestazioni, come l’<<animazione economica di imprese della “filiera” nautica>>, di difficile valutazione e quantificazione), la Sezione ritiene di poter utilizzare i dati offerti dalla difesa dell’Amministrazione resistente nella memoria dd. 15 ottobre 2003, desunti dalla documentazione allegata alla richiesta di concessione demaniale marittima (ed in particolare, dal <<Piano economico-finanziario-preliminare>> e dal <<Calcolo sommario della spese e quadro economico>>) e non contestati da parte ricorrente; in particolare, dall’esame dei detti dati risulta un quadro economico complessivo costituito:

1) da <<opere da realizzare per riconvertire le aree demaniali interessate da porto commerciale a porto turistico>> per l’importo complessivo, comprensivo di IVA, di € 5.895.733,00;

2) da <<servizi pubblici che verranno erogati dal gestore del porto turistico, nel corso della durata della concessione demaniale richiesta per anni 40>> per un fatturato stimato in annui € 740.000,00, corrispondenti ad un fatturato complessivo stimato di € 28.000.000, relativamente all’intera durata (quarantennale) della concessione demaniale.

È quindi evidente come l’esame complessivo delle prestazioni oggetto di convenzione evidenzi un quadro complessivo caratterizzato dall’assoluta prevalenza dei servizi pubblici rispetto alle opere da realizzare; del resto, una simile conclusione è del tutto evidente, ove si proceda all’esame complessivo dell’art. 2 della convenzione, sia sotto il profilo funzionale (in questa prospettiva, è infatti impossibile negare come la realizzazione delle opere sia meramente accessoria alla gestione del servizio, che costituisce l’oggetto principale della concessione), sia sotto il profilo della prevalenza economica (ed in questa prospettiva, i dati sopra richiamati sono fin troppo eloquenti).

Per mera completezza, la Sezione deve poi rilevare come non possa trovare applicazione alla fattispecie la previsione dell’art. 4, 5° comma lett. b) del d.lgs. 17.3.1995 n. 157 (che, nel caso di appalti di durata indeterminata o superiore a quarantotto mesi, individua il valore rilevante, ai fini dell’applicazione delle previsioni del decreto legislativo, nel <<valore mensile moltiplicato per quarantotto>>), trattandosi di servizi non compresi nell’Allegato 1 al d.lgs. 157/1995; la problematica della qualificazione della prestazione dedotta in convenzione deve pertanto essere risolta sulla base dei principi generali di accessorietà/prevalenza propri, sia dell’ordinamento comunitario che dell’ordinamento interno, piuttosto che delle previsioni specifiche del d.lgs. 157/1995, inapplicabili ai servizi portuali che costituiscono oggetto della presente vicenda.

In definitiva, la ricostruzione complessiva del contenuto della convenzione intercorrente tra l’Amministrazione comunale di Gallipoli e Italia Navigando s.p.a evidenzia una netta prevalenza dell’aspetto relativo alla gestione del servizio pubblico, rispetto alla realizzazione delle opere portuali (che, come già rilevato, costituiscono una prestazione accessoria alla prestazione principale costituita dalla gestione quarantennale del porto turistico).

La conclusione in ordine alla prevalenza dei servizi nel contenuto della convenzione non è poi neutra ai fini della presente controversia, ma importa, almeno, una conseguenza importante costituita dall’impossibilità di applicare alla fattispecie la previsione dell’art. 116 del t.u. 18 agosto 2000 n. 267 (che prevede la possibilità, per gli enti locali, di costituire società per azioni senza il vincolo della proprietà pubblica maggioritaria <<per la realizzazione delle opere necessarie al corretto svolgimento del servizio, nonchè per la realizzazione di infrastrutture ed altre opere di interesse pubblico>>) e dalla necessità di operare un riferimento esclusivo alla previsione dell’art. 113 del t.u. 267/2000 (espressamente destinata all’esercizio dei <<servizi pubblici locali di rilevanza economica>>, come quelli previsti dall’art. 2 della convenzione).

In altre parole, l’individuazione della prevalente caratterizzazione a servizi pubblici delle prestazioni previste dall’art. 2 della convenzione importa la necessità giuridica di applicare alla fattispecie la previsione del t.u. unico enti locali destinata all’esercizio dei servizi pubblici, e non altre disposizioni (come l’art. 116) espressamente destinate alla realizzazione di opere pubbliche ed infrastrutture.

Venendo poi all’interpretazione della previsione legislativa, la Sezione deve rilevare come la necessità di utilizzare le procedure di evidenza pubblica nella selezione delle società di capitali affidatarie del servizio pubblico sia chiaramente evidenziata dalla previsione del 5° comma dell’art. 113 del t.u. 267/2000 (ovviamente, nel testo vigente alla data di emanazione dell’atto impugnato, comprensivo, quindi, delle modifiche disposte dall’art. 35 della l. 28 dicembre 2001 n. 448); del resto, la necessità di applicare la previsione dell’art. 113, 5° comma t.u. 267/2000, nel testo modificato dalla l. 448/2001, anche all’affidamento del servizio pubblico locale a <<società miste a prevalente capitale pubblico o privato, al fine di acquisire sul mercato l’offerta qualitativamente migliore ed al prezzo più vantaggioso>> è stata già affermata dalla Sezione in una precedente decisione (e, precisamente, in T.A.R. Puglia Lecce Sez. II, sent. n. 486/2003) da intendersi richiamata in questa sede anche in funzione motivazionale delle presente decisione.

Per completezza, deve poi rilevarsi come la conclusione in ordine alla necessità di utilizzare le procedure di evidenza pubblica anche ove il partner privato sia costituito da Sviluppo Italia o da società partecipate ai sensi dell’art. 1, 4° comma del d.lgs. 9.1.1999 n. 1, non sia certamente infirmata dalla previsione dell’art. 2, 5° comma del cit. d.lgs. 1/1999 che, a dire della difesa dell’Amministrazione resistente e delle controinteressate, non verrebbe ad integrare altro che <<un’applicazione della norma generale di cui all’art. 15 della l. n. 241/90>>.

Al contrario, è opinione della Sezione che, proprio il generico riferimento, presente nel testo dell’art. 2, 5° comma del d.lgs. 1/1999, all’affidamento a Sviluppo Italia di attività, anche strumentali, rientranti nel campo di operatività della società, importi un sostanziale rinvio, proprio alle modalità di affidamento previste dai singoli settori normativi e, quindi, anche alla previsione dell’art. 113, 5° comma del d.lgs. 1/1999; sostanziale rinvio che, per di più, non è accompagnato, da nessun “indizio normativo” della volontà di considerare le dette convenzioni in termini di accordi ex art. 15 l. 241/90 o di prevedere comunque una qualche deroga alle procedure di evidenza pubblica.

La previsione dell’art. 113 t.u. 267/2000 è stata però al centro di nuovi sviluppi normativi che hanno portato ad una nuova formulazione della disposizione (per effetto dell’art. 14 del d.l. 30.3.2003 n. 269, conv. in l. 24.11.2003 n. 326) e che, soprattutto, hanno dato vita ad un nuovo orientamento del Consiglio di Stato (si tratta di Cons. St. Sez. V 19.2.2004 n. 679) che la Sezione ritiene di poter condividere.

In particolare, il Consiglio di Stato, nella decisione citata,  ha ritenuto di poter attribuire alla nuova formulazione dell’art. 113 t.u. 267/2000 una portata retroattiva che porta ad una sostanziale “sanatoria” anche degli affidamenti precedentemente disposti in violazione delle norme di evidenza pubblica: <<l’’art. 14 del d.l. 30 settembre 2003 n. 269, convertito nella legge 24 novembre 2003 n. 236, infatti ha apportato importanti modifiche all’art. 113 del d.lgs n. 267 del 2000, come modificato dal comma 1 dell’art. 35 della legge n. 448 del 2001, dettando una disciplina nuova in materia di affidamento dei servizi pubblici locali.

Con particolare riferimento ai servizi di rilevanza industriale, che assumono la nuova denominazione di servizi di “rilevanza economica”, il nuovo testo dell’art. 113, comma 5, - a differenza dalla previgente disposizione, che ammetteva solo procedure ad evidenza pubblica - dispone (lett. c) che l’erogazione possa avvenire anche a mezzo di “società a capitale interamente pubblico a condizione che l’ente o gli enti pubblici titolari del capitale sociale esercitino sulla società un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi e che la società realizzi la parte più importante della propria attività con l’ente o gli enti pubblici che la controllano.”

La fattispecie descritta, che si attaglia alla vicenda oggi in esame, non è destinata a valere soltanto per il futuro, ma viene presa in considerazione anche con riferimento al passato.

La novella introduce infatti nell’art. 113 del d.lgs n. 267/2000 un comma 15-bis del seguente tenore:

“Nel caso in cui le disposizioni previste per i singoli settori non stabiliscano un congruo periodo di transizione, ai fini dell’attuazione della disposizioni previste dal presente articolo, le concessioni rilasciate con procedure diverse dall’evidenza pubblica cessano comunque entro e non oltre la data del del 31 dicembre 2006, senza necessità di apposita deliberazione dell’ente affidante. Sono escluse dalla cessazione le concessioni affidate a società a capitale misto pubblico privato …., nonché quelle affidate società a capitale interamente pubblico a condizione che gli enti pubblici titolari del capitale sociale esercitino sulla società un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi e che la società realizzi la parte più importante della propria attività con l’ente o gli enti pubblici che la controllano.”

Si tratta, al di la di ogni ragionevole dubbio, di una norma di salvezza destinata a conferire legittimità a provvedimenti posti in essere sotto il vigore di una diversa disciplina. Ne consegue che appare irrilevante, nella specie, l’approfondimento circa la fondatezza dei motivi di appello, posto che l’efficacia retroattiva della richiamata normativa obbligherebbe comunque all’accoglimento del gravame>> (Cons. St. Sez. V 19.2.2004 n. 679).

Nel caso di specie, è indubbio come Italia Navigando (come pure Gallipoli Navigando) rientri esattamente nella previsione della lettera c) del nuovo 5° comma dell’art. 113 t.u. 267/2000 (siamo infatti in presenza di una società a capitale interamente pubblico, caratterizzata da un controllo da parte dell’ente pubblico titolare del capitale sociale analogo a quello esercitato sui propri servizi e che realizza la parte più importante della propria attività con l’ente o gli enti pubblici che la controllano) e come quindi possa trovare applicazione <<la norma di salvezza destinata a conferire legittimità a provvedimenti posti in essere sotto il vigore di una diversa disciplina>> (Cons. St. Sez. V 19.2.2004 n. 679) prevista dal nuovo comma 15 bis dell’art. 113 t.u. 267/2000.

In altre parole, la violazione delle norme in materia di evidenza pubblica implicita nell’affidamento diretto del servizio ad una società (Gallipoli navigando) non selezionata attraverso una pubblica gara (o, meglio, attraverso l’individuazione del socio maggioritario della costituenda società per la gestione del servizio pubblico locale in Italia Navigando, in mancanza di gara), può trovare legittimazione nel nostro ordinamento solo in virtù della norma di salvezza prevista dal comma 15 bis dell’art. 113 t.u. 267/2000, come già detto caratterizzata dal carattere retroattivo.

Rimane, a questo punto, solo da affrontare la problematica della possibile incostituzionalità o illegittimità comunitaria delle norme (in questo caso, individuabili nel combinato disposto dei commi 5, lett. c) e 15 bis dell’art. 113 t.u. 267/2000) che prevedono l’affidamento diretto del servizio, in mancanza di una procedura di gara, a società in possesso di determinati requisiti.

Per quello che riguarda la possibile incostituzionalità delle disposizioni (derivante dalla possibile <<creazione di soggettività imprenditoriali al di fuori del principio di uguaglianza rispetto ad altri soggetti imprenditoriali operanti nell’ordinamento, nonché rispetto al principio di libertà dell’iniziativa economica che verrebbe compresso in ipotesi non consentita dalla legge fondamentale dello Stato>>), è sufficiente rilevare come le finalità proprie di Sviluppo Italia e delle società controllate, individuate dall’art. 1, 2° comma del d.lgs. 1/1999 (che non è inutile riportare integralmente: <<la società di cui al comma 1 ha per scopo, attraverso l'erogazione di servizi e l'acquisizione di partecipazioni, di promuovere attività produttive, attrarre investimenti, promuovere iniziative occupazionali e nuova imprenditorialità, sviluppare la domanda di innovazione, sviluppare sistemi locali d'impresa, anche nei settori agricolo, turistico e del commercio, purché le predette attività siano sempre correlate a iniziative d'impresa concorrenziali; dare supporto alle amministrazioni pubbliche centrali e locali per la programmazione finanziaria, la progettualità dello sviluppo, la consulenza in materia di gestione degli incentivi nazionali e comunitari, in base alle disposizioni del presente decreto e con particolare riferimento per il Mezzogiorno e le altre aree depresse, come definite ai sensi della normativa comunitaria>>) individuino già lo stretto rapporto esistente con la previsione dell’art. 41, 2° comma (l’attività economica <<non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale..>>) e 3° comma (<<la legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l'attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali>>) della Costituzione; ed è assolutamente indubbio come la costituzione di società caratterizzate dai requisiti propri di Sviluppo Italia e delle controllate costituisca una delle forme di intervento nell’economia legittimate, proprio, dalla previsione dell’art. 41, 2° e 3° comma Cost.

Discorso sostanzialmente analogo per quello che riguarda la possibile illegittimità comunitaria della disposizione per contrasto con la previsione dell’art. 86 del Trattato CE (nella versione consolidata vigente dopo il recepimento del Trattato di Amsterdam).

Anche in questo caso, il riferimento alle finalità previste dall’art. 1, 2° comma del d.lgs. 1/1999 (sopra integralmente richiamato) evidenzia chiaramente come si sia indubbiamente in presenza di impresa incaricata <<della gestione di servizi di interesse economico generale>>, da ritenersi quindi, sottoposta <<alle norme del presente trattato, e in particolare alle regole di concorrenza, nei limiti in cui l'applicazione di tali norme non osti all'adempimento, in linea di diritto e di fatto, della specifica missione loro affidata>> (art. 86, 3° comma Trattato CE); ed è di tutta evidenza come la deroga alle procedure di evidenza pubblica desumibile dalle previsioni dei commi 5 e 15 bis dell’art. 113 t.u. 267/2000 trovi una giustificazione nella necessità di perseguire la specifica missione affidata alla società (analiticamente individuata nelle finalità previste dall’art. 1, 2° comma d.lgs. 1/1999) e come, quindi, la deroga alle norme del Trattato sia giustificata dalla previsione dell’art. 86, 2° comma del Trattato.

Del tutto irrilevante ai fini della presente controversia è poi il riferimento alle previsioni degli artt. 4, 1° comma (che prevede genericamente il coordinamento delle politiche degli Stati membri, anche relativamente al funzionamento del mercato interno),  81 (accordi fra imprese restrittivi della concorrenza), 82 (sfruttamento abusivo da parte di una o più imprese di una posizione dominante sul mercato comune), 87 (aiuti di Stato) e 295 (garanzia del regime di proprietà esistente negli Stati membri) del Trattato CE.

In definitiva, il motivo di ricorso (punto A) relativo alla violazione delle procedure di evidenza pubblica deve essere respinto.

Per quello che riguarda il successivo motivo di ricorso di cui al punto B (contraddittorietà di comportamento rispetto all’annullamento di una precedente procedura di project financing disposto con la delibera G.C. n. 13 del 20.1.2002) è sufficiente rilevare come, indipendentemente dalla verifica dell’interesse della ricorrente a sollevare una simile censura, il motivo di ricorso sia del tutto infondato; l’annullamento di una procedura caratterizzata da scansioni e vicende del tutto diverse e autonome non può infatti giocare un ruolo in una procedura di affidamento in favore di un soggetto in possesso di requisiti soggettivi del tutto diversi e sulla base di un progetto gestionale differente.

Analogo discorso per quello che riguarda la presunta contraddittorietà rispetto all’inclusione, nel piano delle opere pubbliche, di uno studio di fattibilità relativo alla possibilità di portare a conclusione il precedente progetto di porto turistico oggetto della procedura di  project financing; anche in questo caso, la presenza di un precedente progetto non esclude la possibilità, per l’Amministrazione, di aderire a diversi progetti gestionali, soprattutto quando, come nel caso di specie, il precedente progetto di realizzazione di un porto turistico non è, allo stato, realizzabile per effetto dell’annullamento, da parte di Cons. Stato sez. VI 5.3.2002 n. 4368, della strumentazione urbanistica presupposta.

Per quello che riguarda, poi gli ulteriori motivi di ricorso (punti C e D), deve rilevarsi come la ricorrente agisca in giudizio esclusivamente a tutela del proprio interesse alla partecipazione a <<qualsiasi procedura di gara ad evidenza pubblica in materia di portualità turistica>>; interesse leso dall’Amministrazione che, <<escludendo ogni tipo di concorrenza sull’appalto ha proceduto ad una sorta di affidamento diretto>>.

Una volta ricostruito l’interesse dedotto in giudizio nella tutela dell’interesse a  partecipare alle procedure di evidenza pubblica per la selezione del socio privato della società di gestione, è del tutto evidente come la ricorrente non abbia alcun interesse a contestare gli atti relativi alla richiesta di concessione demaniale marittima, del tutto sforniti di idoneità lesiva della posizione soggettiva tutelata con il ricorso.

Limitatamente a questo aspetto, l’impugnazione deve quindi essere dichiarata inammissibile per difetto di interesse.

Analogamente, devono essere dichiarati, in parte, inammissibili per difetto di interesse i motivi aggiunti depositati in data 27 dicembre 2003 e tesi a contestare le deliberazioni C.C. 22 dicembre 2003 n. 67 e 68; anche in questo caso, infatti, la ricorrente non ha certo interesse a contestare atti che ineriscono alla richiesta di concessione demaniale e che non si appalesano come lesivi di propri interessi giuridici protetti.

Per quello che riguarda, poi, il punto n. 4 dei motivi aggiunti depositati in data 27 dicembre 2003, è sufficiente rilevare come la nuova previsione dell’art. 113, comma 5 ter del t.u. 267/2000 (che prevede l’obbligo per il gestore del servizio pubblico, nei casi in cui <<la gestione della rete, separata o integrata con l’erogazione dei servizi, non sia stata affidata con gara ad evidenza pubblica>>, di realizzare le opere necessarie per l’esecuzione del servizio, esclusivamente <<mediante contratti di appalto o di concessione di lavori pubblici aggiudicati a seguito di procedura di evidenza pubblica>>), introdotta nell’ordinamento dalla l. 350/2003 (l. finanziaria per il 2004) sia del tutto inconferente ai fini che ci occupano; l’obbligo, per il gestore della rete, di affidare la realizzazione delle opere ad un soggetto esterno selezionato mediante procedure di evidenza pubblica, assume infatti un ruolo nella fase dell’esecuzione della convenzione intercorrente tra il Comune di Gallipoli e Italia Navigando s.p.a. e non può certo rendere illegittima una procedura di affidamento (in un certo senso, presupposta dalla disposizione) regolamentata da altre previsioni del cit. art. 113 del t.u. 267/2000.

In definitiva, il ricorso deve pertanto essere, in parte, rigettato ed in parte dichiarato inammissibile per difetto di interesse; sussistono motivi per disporre l’integrale compensazione tra le parti delle spese di giudizio.

 

P.Q.M.

Il Tribunale amministrativo regionale della Puglia, II Sezione di Lecce, definitivamente pronunciando sul ricorso in premessa, in parte, lo rigetta ed in parte, lo dichiara inammissibile per difetto di interesse, come da motivazione.

Compensa le spese di giudizio tra le parti.

Così deciso in Lecce, in camera di consiglio, il 10 marzo e il 14 aprile 2004.

Antonio Cavallari – Presidente

Luigi Viola - Estensore.

 

DEPOSITATO IN SEGRETERIA IL

21 APRILE 2004

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