REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Quinta Sezione ha pronunciato la seguente
DECISIONE
sul ricorso in appello n. 4766/2003 del 03/06/2003, proposto dalla Societa' “Antonino Ciampa” a r.l., in persona del legale rappresentante, rappresentato e difeso dall’avv. Antonio Palma, con domicilio eletto in Roma, via E.Q. Visconti 99, presso Edmondo Capecelatro;
contro
il Comune di Massa Lubrense, in persona del Sindaco in carica, rappresentato e difeso dagli avv.ti Ferdinando Pinto, Giulio Renditiso e Rosa Persico, con domicilio eletto in Roma, via Vittorio Veneto, 7, presso Giovanni Serges;
per la riforma
della sentenza del Tar Campania - Napoli: Sezione I n. 1824/2003, resa tra le parti;
Visto l’atto di appello con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Massa Lubrense;
Viste le memorie difensive;
Visti gli atti tutti della causa;
Visto l’art.23 bis comma sesto della legge 6 dicembre 1971, n.1034, introdotto dalla legge 21 luglio 2000, n.205;
Visto il dispositivo di decisione n. 54/2004 pubblicato il 29 gennaio 2004;
Alla pubblica udienza del 27 Gennaio 2004, relatore il Consigliere Goffredo Zaccardi ed uditi, altresì, gli avvocati M. Verrusio per delega di A.Palma ed A.A. Abbamonte per delega dell’avv. F.Pinto;
FATTO E DIRITTO
1) La decisione appellata ha respinto il ricorso proposto in primo grado dalla “ Antonino Ciampa s.r.l.” per l’accertamento della decadenza, a decorrere dal 1° maggio 1997, del contratto intercorso con il Comune di Massa Lubrense avente ad oggetto il servizio di raccolta, trasporto e smaltimento dei rifiuti urbani e per la condanna del medesimo Comune al pagamento, a decorrere dalla data di decadenza del contratto, dell’importo contrattuale aumentato della somma di £ 107.906.203 più IVA,a titolo di revisione prezzi,e dei maggiori costi quantificati in £ 220.000.000 annui per la raccolta ed il trasporto dei rifiuti ed in £ 44 al Kg più IVA per il loro smaltimento.
Va chiarito in punto di fatto che il Comune di Massa Lubrense, con deliberazione di Giunta del 24 marzo 1997 n 103, ha invitato la Società attuale appellante ad assicurare la continuazione del servizio di raccolta, trasporto e smaltimento dei rifiuti solidi urbani, a tenore degli articoli 3 e 27 del Capitolato d’oneri allegato al contratto REP. 893/1995, per un periodo di dodici mesi oltre il termine di scadenza fissato al 1° maggio 1997 ed alle stesse condizioni previste nel contratto REP 893/1995.
La Società appellante con due note (nn. 01239 e 01302, rispettivamente del 3 e del 30 aprile 1997 ) aveva contestato la legittimità di tale richiesta confermando,tuttavia, che avrebbe proseguito nell’espletamento del servizio, anche in relazione alla eventualità di una denuncia per interruzione di pubblico servizio prospettata dagli organi comunali, fino al definitivo chiarimento della situazione.
Il servizio è stato espletato, quindi, fino al 1° maggio 1998 mentre una ulteriore richiesta di prosecuzione fino al 31 ottobre del 1998 (disposta con deliberazione n.213 del 14 aprile 1998) non ha avuto seguito per il rifiuto della Società appellante cosicchè il Comune ha provveduto ad aggiudicare temporaneamente, ed in via di urgenza, lo svolgimento del servizio dopo avere accertato, in data 1° maggio 1998 il mancato espletamento delle attività previste in contratto da parte della Società appellante.
Sulla base di tali presupposti di fatto il primo giudice ha rilevato la mancata impugnazione della deliberazione n. 103/1997 facendone conseguire la inammissibilità della domanda diretta ad accertare la intervenuta scadenza del contratto in questione ed, inoltre, ha ritenuto infondata nel merito la pretesa di parte ricorrente perché il sopravvenire dell’ art . 44 della legge 24 dicembre 1994 n.724 (724/1994), che ha previsto il divieto del rinnovo tacito dei contratti di fornitura di beni e prestazioni di servizi stipulati da parte di Pubbliche Amministrazioni sanzionandone con la nullità le relative previsioni, non avrebbe inciso la facoltà di prorogare i medesimi contratti, facoltà che dovrebbe essere riconosciuta anche nella vigenza della disposizione richiamata posto che non si tratta, in queste ipotesi, di sostituire il contratto con un altro nuovo ma solo di proseguirne l’esecuzione alle stesse condizioni per un determinato periodo di tempo..
2) Nell’appello la tesi è confutata con articolate motivazioni, in particolare, si sostiene che una prima formulazione del contratto allegata al bando di gara dell’undici novembre 1993 conteneva,in effetti,una disposizione che conferiva al Comune la facoltà di prorogare il contratto stesso per un periodo non superiore a 24 mesi dopo la scadenza del triennio previsto come durata naturale del contratto (cfr. art. 3 del doc. 2 allegato al ricorso introduttivo del giudizio di primo grado), ma dopo l’entrata in vigore dell’art. 44 della legge 724/1994, il contratto, nella sua formulazione definitiva (di cui all’allegato alla deliberazione della Giunta n.635 del 6 luglio 1995 ), era stato modificato sul punto per adeguarlo alle disposizioni sopravvenute e, quindi, proprio nel senso che la durata triennale doveva ritenersi fissa con l’unica possibilità del rinnovo del contratto alle condizioni espresse nel ripetuto art.44 della legge n. 724 /1994.
In tal senso sono espliciti i punti 4,5,6 e 7 della delibera da ultimo richiamata che, oltre alla prescrizione suddetta, prevedono l’obbligo di inserire una clausola revisionale in tutti i contratti ad esecuzione periodica e l’adeguamento del contratto e del Capitolato d’oneri alle disposizioni dell’art. 44 della legge 724/1994.
Il Comune appellato, di contro, osserva che l’istituto della proroga è diverso dal rinnovo contrattuale e che il richiamo contenuto negli articoli 3 e 27 del Capitolato d’oneri, rimasti in vita nel loro testo anche dopo la modifica del contratto che ha portato alla sua versione definitiva ed, inoltre, a perfetta conoscenza della parte privata per essere stati sottoscritti in adempimento di un obbligo previsto nell’art. 5, secondo comma, del contratto, lo si ribadisce nella sua formulazione definitiva, giustifica ampiamente il ricorso dell’Amministrazione comunale alla facoltà di chiedere,e di ottenere a sua discrezione, la prosecuzione dell’espletamento del servizio alle stesse condizioni per un periodo non superiore a 24 mesi.
In effetti le due disposizioni qui richiamate consentono la facoltà di prorogare l’esecuzione del contratto nei termini suddetti ( art. 3) e fissano le modalità per l’esercizio di tale facoltà: invito scritto dell’Amministrazione previa deliberazione degli organi comunali ( art.27).
3) La questione di diritto sottoposta al Collegio verte essenzialmente sulla sopravvivenza, o meno,delle clausole contrattuali che prevedono una facoltà di proroga della esecuzione dei contratti di prestazioni di beni e servizi alle Pubbliche Amministrazioni dopo l’intervento dell’art.6 della legge 24 dicembre 1993 n. 537 nel testo risultante dalle modifiche introdotte con l’art. 44 della legge n. 724 /1994.
Al quesito si deve dare risposta positiva, confermando, quindi, l’orientamento assunto dal giudice di primo grado, con le seguenti osservazioni e precisazioni.
Un primo elemento a conforto di tale tesi,di carattere testuale, deriva dallo stesso art. 44 qui in esame che fa espresso divieto” del rinnovo tacito dei contratti delle pubbliche amministrazioni per la fornitura di beni e servizi” .
Da tale formulazione discendono due distinte conseguenze : che il divieto coinvolge solo le manifestazioni di volontà espresse in modo non formale dalle Pubbliche Amministrazioni, ovvero tacitamente, ed, inoltre, che riguarda il rinnovo di tali contratti, vale a dire la loro sostituzione con altri contratti che, per contenuto della prestazione, modalità di esecuzione, entità del corrispettivo, durata contrattuale etc., presentino elementi e caratteristiche diversi dal contratto in essere che deve,appunto, essere rinnovato.
Il divieto in parola, a ben vedere, tende principalmente a prevenire e reprimere, con la comminatoria di nullità degli atti posti in essere in violazione della norma che lo prevede, la persistente validità di clausole contrattuali, tipiche nei rapporti interprivati,ma presenti anche in molti contratti di soggetti pubblici per una prassi di comodo diretta ad evitare il ripetersi di procedure ad evidenza pubblica a fronte della possibilità di proseguire rapporti contrattuali di reciproca soddisfazione, secondo cui in mancanza di una esplicita manifestazione di volontà di una delle due parti nel senso di sciogliersi dal vincolo contrattuale lo stesso si intende prorogato per un determinato periodo di tempo, annuale ovvero, in ipotesi, anche di pari durata rispetto al contratto prorogato.
Tale prassi evidentemente incisiva sia delle regole di trasparenza nella aggiudicazione che, in particolare, delle norme sulla pubblicità e dei principi di affidamento dei partecipanti alle gare pubbliche sulla effettiva consistenza dell’ oggetto contrattuale messo in gara, è stata giustamente colpita dal legislatore nel rispetto rigoroso dei principi di tutela della concorrenza.
Del tutto diverso è, invece, l’istituto,individuato comunemente come proroga dei contratti in corso,ma che più correttamente potrebbe definirsi come prosecuzione dell’efficacia degli stessi, che si sostanzia nella facoltà (in termini civilistici in un diritto potestativo) di richiedere un prolungamento della prestazione al contraente privato, beninteso nel limite massimo novennale previsto per la durata dei contratti degli Enti Pubblici che prevedano “ spese ordinarie “ (cfr. art. 12, secondo comma del R.D. 18 novembre 1923 n. 2440), e che abilita l’Ente pubblico alla mera prosecuzione dei contratti alle stesse condizioni e per i periodi indicati in specifiche clausole contrattuali da attivare con atti formali .
Non vi è lesione dell’affidamento del partecipante alla gara che sia poi aggiudicatario posto che la conoscenza di tale facoltà e la sua accettazione sono dimostrate dalla sottoscrizione ovvero dalla pubblicità degli atti di gara che tale facoltà prevedono.
Né vi è incisione dei principi di trasparenza e di concorrenza in quanto a tutti i partecipanti alla gara è reso noto che un determinato contratto è esposto ad prolungamento della sua durata e, quindi, tutti possono tenerne conto ai fini della partecipazione alla gara e della formulazione delle proprie offerte.
L’autonomia dell’Ente aggiudicatore, che nel definire l’oggetto contrattuale è assimilabile a quella propria dei soggetti privati discendente dall’art. 1322 del codice civile, è rispettata appieno posto che, come si è detto nel limite di durata massima consentito per i contratti a prestazioni continuative o periodiche che prevedono spese ordinarie, l’Ente può scegliere legittimamente,così come è avvenuto nel caso in esame, se fissare una durata quinquennale, ovvero triennale con facoltà di espansione del termine di scadenza al quinto anno, previo gradimento dell’esecutore e verifica dell’interesse pubblico a proseguire nello svolgimento del servizio alle condizioni in atto.
Né,oggettivamente, vi sarebbe ragione di restringere l’ambito delle scelte di autonomia privata dell’Ente che come si è visto sono compatibili con la cura degli interessi pubblici fondamentali coinvolti nei procedimenti di aggiudicazione ad evidenza pubblica .
4) E’ alla stregua di tali considerazioni che la tesi difensiva della Società appellante va disattesa con l’unica ulteriore precisazione che la perdurante validità delle norme del Capitolato d’oneri suindicate (articoli 3 e 27), entrate a far parte del contenuto del contratto per espressa previsione dello stesso, consente nel caso di specie di ritenere che le clausole previste in tali disposizioni abbiano conservato la loro piena efficacia anche dopo l’intervento dell’art. 44 della legge 724/1994 e che, pertanto, legittimamente l’Amministrazione appellata vi ha fatto ricorso.
5) Anche l’altra domanda avanzata con l’atto introduttivo del presente giudizio e diretta al riconoscimento della revisione prezzi secondo i principi validi nei rapporti interprivati è infondata.
Il Comune di Massa Lubrense ha applicato correttamente nel caso in esame l’art.6, quarto comma, della legge 537/1993 che attribuisce ai dirigenti degli Enti Pubblici responsabili dell’acquisizione di beni e servizi la determinazione degli importi revisionali dovuti sulla base dei dati forniti dall’ISTAT ed in esito ad una specifica istruttoria.
Agli atti di causa è stata acquisita la relazione dell’ufficio competente, fatta propria dal responsabile del settore e deliberata dalla Giunta con provvedimento n. 415 del 29 settembre 1997.
Non vi è dubbio ad avviso del Collegio che nella specie ci si trovi di fronte ad un istituto di diritto privato speciale concernente i soli contratti della pubbliche amministrazioni e, quindi, insuscettibile di integrazione con le norme del codice civile cui ampiamente si richiama parte appellante.
In particolare il procedimento seguito (richiesta di elementi informativi all’ISTAT ed, a fronte della mancanza di una risposta formale,elaborazione diretta delle informazioni disponibili presso il Centro informazioni statistiche dell’ISTAT) appare al Collegio ragionevole e corretto.
Anche il sistema di calcolo, contestato da più angolazioni da parte appellante, è immune dalle censure proposte. Invero si è tenuto conto degli incrementi dei costi intervenuti nel triennio di durata ordinaria del contratto, e non solo di un anno, come sostiene parte appellante, ed anche il computo della revisione riconosciuto in percentuale è stato correttamente riferito all’importo contrattuale effettivo risultante anche dalla valutazione del ribasso d’asta.
Semmai vi è da precisare che detto importo andrà riconosciuto anche per l’anno di prosecuzione ulteriore del contratto con corresponsione di interessi nella misura legale per il ritardo ma l’Amministrazione comunale potrà provvedere in tal senso in applicazione del ripetuto art. 6, quarto comma della legge 537/1993 .
L’appello va pertanto respinto con compensazione delle spese di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, definitivamente pronunciando sul ricorso in appello di cui in epigrafe lo rigetta con conferma della sentenza appellata.
Spese compensate.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella Camera di Consiglio del 27 Gennaio 2004 con l’intervento dei Sigg.ri:
Agostino Elefante Presidente
Rosalia Maria Pietronilla Bellavia Consigliere
Corrado Allegretta Consigliere
Goffredo Zaccardi Consigliere, est.
Marzio Branca Consigliere
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
F.to Goffredo Zaccardi F.to Agostino Elefante
IL SEGRETARIO
F.to Gaetano Navarra
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 11 MAGGIO 2004 |