REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE DI GENOVA
Il Giudice Monocratico di Genova - 5^ Sezione Civile del Lavoro in persona del dott. MARCO GELONESI
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa promossa da GENOVA AQUE S.p.A. residente in Genova ed elettivamente domiciliata in Genova via R. Ceccardi presso l’avv. Giuseppe Ferraris che la rappresenta per mandato a margine del ricorso
RICORRENTE
CONTRO
I.N.P.S. Sede in Roma ed elettivamente domiciliato in Genova via D’Annunzio 80 presso l’Avv. Lilia Bonicili che lo rappresenta per procura generale alle liti
CONVENUTO
NONCHE’ CONTRO
S.C.C.I. domiciliata in Genova Via D’Annunzio 80 presso l’Avv. Lilia Bonicioli Che la rappresenta per procura generale alle liti
CONVENUTA
E CONTRO
SAN PAOLO RISCOSSIONI
CONTUMACE-CONVENUTO
CONCLUSIONI
PER LA RICORRENTE:
piaccia all’Ill.mo Giudice adito, contrariis reiectis:
1) in via pregiudiziale , sospendere l’esecuzione del ruolo e dell’opposta cartella di pagamento;
2) nel merito:
- dichiarare l’insussistenza dell’obbligo della società ricorrente corrispondere i contributi per CIG,CIGS e mobilità;
- annullare e/o revocare e/o comunque dichiarare priva di efficacia confronti dell’opponente la predetta cartella di pagamento;
- per l’effetto, assolvere la Genova Acque spa avanzata nei suoi confronti dall’INPS.
Con vittoria di spese, competenze e onorari.
PER I CONVENUTI INPS e S.C.C.I.:
voglia l’Ill.mo Tribunale, contrariis reiectis, in via principale
1) respingere l’opposizione, confermando il ruolo.
In subordine:
2) dichiarare comunque dovute - in tutto o in parte - le somme contenute nel ruolo e nella cartella.
3) condannare il ricorrente - salvo gravame - al pagamento delle somme dovute, eventualmente anche nella vittoria di spese.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso depositato il 24/4/2003, presso la cancelleria del Tribunale di Genova, la SPA Genova Acque - società di servizi idrici per azioni - proponeva opposizione avverso la cartella esattoriale 048 2003 00048545 85, per la complessiva somma di euro 31.908,99, notificatale su istanza dell’INPS sede di Genova, ed a cura del concessionario San Paolo Riscossioni SPA. A sostegno dell’opposizione assumeva che la predetta somma, richiesta a titolo di contributi CIG, CIGS, e mobilità, non era dovuta, ai sensi dell’articolo 3 comma 1 del d.l.vo CPS 869 del 12/8/1947, poiché la ricorrente rivestiva natura di impresa pubblica.
Si costituivano l’INPS ed il cessionario SCCI che chiedevano il rigetto della domanda di cui contestavano la fondatezza per motivi che saranno esposti ed esaminati nella parte motiva.
Non si costituiva il concessionario, sebbene ritualmente chiamato in giudizio, sicché ne veniva dichiarata la contumacia.
Il 25/2/2004 la causa, sulle conclusioni specificate in epigrafe, veniva discussa e decisa mediante dispositivo letto in udienza.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il d.l.vo 869 del 1947 dispone che :“ sono escluse dall’applicazione delle norme sulla integrazione dei guadagni degli operai dell’industria: (…) le imprese industriali degli enti pubblici.”
La odierna ricorrente rientra fra le imprese industriali di cui alla predetta norma? In ordine a tale questione, che costituisce il nodo della presente controversia, è opportuno richiamare taluni dati pacifici in causa e relativi alla ricorrente. Il capitale della Genova Acque è stato dalla data di costituzione così ripartito: “fino al Novembre 2000: AMGA 95%, Idro Tigullio spa 5%; Dal 30/11/2000 al 7/1/2001 AMGA SPA 83,9568%;IDRO Tigullio 0,0024%, Vivendi Universal SA 16,9408%; dal giorno 8/1/2001 al 29/4/ 2001 AMGA SPA 83,0568%; Idro Tigullio spa 0,0024%; Compagnie generali des eaux 16,9408%, dal 30/4/2001 in poi AMGA 79,989%, Idro Tigullio 0,002% Compagnie generali des eaux 16,315%; Vivendi Universal SA 3,694%. Inoltre il 29/5/1995 l’AMGA, azienda speciale del comune di Genova è stata trasformata in società per azioni ai sensi della legge 142/1990; ed a norma dell’articolo 6 dello statuto dell’ AMGA “Il capitale sociale dovrà essere detenuto, per tutta la durata della società, in misura complessiva non inferiore al 51% dal Comune di Genova o da una società il cui capitale è posseduto in maggioranza dal Comune di Genova.” (nella specie trattasi della società per il patrimonio immobiliare spa, controllata dal comune di Genova al 100%.) Alla stregua dei dati appena esposti, e si ripete non contestati, si deve rispondere alla domanda sopra prospettata.
Il punto di partenza per la disamina è, ad avviso del decidente, la sentenza della S.C. n. 4600 del 1993. La Cassazione ha affermato che deve ritenersi impresa pubblica, ai sensi del più volte menzionato articolo 3, non solo la impresa direttamente gestita dallo Stato o da un ente pubblico, ma anche la impresa gestita da una società il cui capitale sia in mano pubblica. La motivazione che sorregge siffatta conclusione si articola nei seguenti passaggi: “Il legislatore ha voluto che l’esercizio dell’attività industriale come fattore di. gestione e di sviluppo dell’economia nazionale, avesse il supporto della mano pubblica (…) Gli strumenti legislativi per la realizzazione di tale progetto di industrializzazione sono stati di volta in volta, secondo le opportunità, le aziende autonome e gli enti pubblici economici, nel campo giuspubblicistico, e le società per azioni in quello del diritto privato”, e più oltre “Il legislatore nell’aver voluto la equiparazione delle società anonime costituite dallo Stato agli enti pubblici economici ha posto l’accento sull’identità degli scopi che con tali strumenti giuridici lo Stato intende perseguire (…) onde si comprende chiaramente che si è avuto riguardo alla sostanza degli obiettivi prefissati non già alla forma giuridica degli strumenti di realizzazione, quali veri e propri accidentalia negotii scelti in base a situazioni peculiari imponderabili in astratto (…)”.
La sentenza della S.C., per ravvisare la natura di impresa pubblica ai sensi del più volte richiamato articolo 3, mette dunque l’accento su un criterio non formalistico, ma di sostanza che consente di individuare nello Stato o nell’ente pubblico colui che decide circa la organizzazione o l’indirizzo aziendali. E proprio siffatto criterio induce ad equiparare la situazione della società il cui capitale sia interamente in mano pubblica a quella in cui il capitale sia in maggioranza in mano pubblica. Infatti in entrambi i casi il controllo e la direzione della società è nelle mani dello Stato o dell’ente pubblico.
Né può indurre in contrario avviso, un ulteriore passo della decisione della S.C. del seguente tenore: “Da quanto fin qui esposto consegue che nel nostro sistema assistenziale e previdenziale, la locuzione - imprese industriali degli enti pubblici - di cui alla norma in esame, deve essere interpretata non già con criterio formalistico, bensì riguardando la natura della persona giuridica considerata e, quindi, nel caso di società per azioni, se il capitale versato sia interamente di proprietà di enti pubblici...” La difesa dell’INPS e della SCCI, sia nella memoria di costituzione, sia in sede di discussione orale, ha insistito su questo passo ed in particolare sull’avverbio “interamente” per concludere che nella specie la SPA Genova Acque non si annovera fra le imprese industriali ex articolo 3 del d.lvo. 869/1947 perché il capitale sociale non è interamente nelle mani pubbliche, che ne detengono solo la maggioranza.
Le obiezioni delle convenute non sono pertinenti.
La decisione della SC si riferisce espressamente all’ipotesi del capitale interamente in mano pubblica non per limitare a questa ipotesi il principio che andava affermando, e di cui si è detto, ma perché questa era la ipotesi dedotta in giudizio. In altri termini la SC era stata chiamata a decidere se potesse considerarsi impresa industriale, ai sensi del più volte menzionato articolo 3, una impresa gestita non direttamente dallo Stato o da un ente locale, ma da una società di cui un ente pubblico deteneva interamente il capitale, ed a questo interrogativo ha risposto, senza considerare, semplicemente perché non le era stata prospettata, l’ipotesi che oggi ci occupa.
Si deve quindi concludere che costituisce impresa pubblica, ai sensi dell’articolo 3 del d.l.vo 869/1947, anche la impresa il cui capitale sia, se non interamente, almeno per la maggioranza detenuto dallo Stato o da ente pubblico.
La conclusione trova una puntuale conferma normativa nel d. lgs. 158/1995, emesso in attuazione delle direttive 90/531/CEE e 93/38/CEE, che, in tema di opere pubbliche, dispone all’articolo 2: “Sono soggetti aggiudicatari:
A) le amministrazioni dello Stato, le regione, le province autonome di Trento e Bolzano, gli enti territoriali e locali, gli altri enti pubblici non economici, gli organismi di diritto pubblico comunque denominati e le loro associazioni (…) si considerano imprese pubbliche le imprese sulle quali i soggetti di cui al comma 1 lettera a) possono esercitare, direttamente o indirettamente, un’influenza dominante perché ne hanno la proprietà, o hanno in esse una partecipazione finanziaria oppure in conseguenza delle norme che disciplinano le imprese in questione; l’influenza dominante su una impresa è presunta quando, rispetto ad essa, i soggetti anzidetti, direttamente od indirettamente, ne detengono la maggioranza del capitale sottoscritto, oppure controllano la maggioranza dei voti cui danno diritto le azioni emesse dall’impresa, o hanno il diritto di nominare più della metà dei membri del consiglio di amministrazione, del comitato esecutivo o del collegio sindacale della stessa.” La norma appena trascritta puntualmente conferma quel criterio “sostanzialistico” che ispira la decisione della S.C. di cui si è detto.
Attese le considerazioni svolte la SPA Genova Acque deve ritenersi impresa industriale cui non si applica, ai sensi dell’articolo 3 del d. l.vo 869/1947, la disciplina in tema di cassa integrazione guadagni e di mobilità.
La difesa dell’INPS ha contestato siffatta conclusione anche sotto un diverso profilo con una motivazione di questo testuale tenore:
3. Nel caso di specie, la natura non pubblicistica della Genova Acque Spa emerge ictu oculi dallo statuto della Società per Azioni A.M.G.A.(dalla quale l’odierna opponente deriva).
All’art. 3, lo statuto prevede che la Società ha per oggetto:
1) la gestione di servizi pubblici di distribuzione del gas per usi civili ed industriali;
2) la raccolta, il trattamento e la distribuzione di acqua;
3) la raccolta, il trattamento e lo smaltimento di acque reflue e/o metoriche.
Accanto a tali funzioni, chiaramente derivate da quelle tipiche delle municipalizzate nel settore, l’art. 3 dello statuto prevede, poi, che la società possa svolgere attività complementari, accessorie ed ausiliarie alle attività istituzionali, nel settore idrico, ambientale ed energetico.
In particolare, la società può fra l’altro:
- svolgere attività e servizi di produzione-distribuzione di energia/calore, mediante utilizzazione di vettori energetici anche diversi dal metano;
- realizzare e/o gestire centrali termiche ed impianti di condizionamento;
- realizzare e/o gestire impianti di cogenerazione energia-calore;
- omissis;
- omissis;
- fornire consulenza, assistenza e servizi nel campo energetico, idrico ed ambientale;
- fornire consulenza, assistenza e servizi nel campo delle analisi di laboratorio;
- fornire servizi in campo ambientale, della difesa del suolo e della tutela delle acque, anche attraverso l’elaborazione, realizzazione e gestione di progetti a ciò finalizzati;
- organizzare e gestire corsi per la diffusione ed applicazione delle conoscenze scientifiche, tecnologiche, gestionali ed organizzative nei campi di proprio interesse.
Ma tale contestazione non coglie nel segno perché il summenzionato articolo 3, come si è visto, connota la impresa industriale, nel senso che si è detto, avendo riguardo al profilo soggettivo, non a quello oggettivo concernente il tipo di attività svolta dall’impresa.
Si deve quindi ribadire che la ricorrente non è tenuta al pagamento dei contributi portati nella cartella esattoriale opposta.
E’ opportuno aggiungere, per completezza di indagine, che lo esonero dai contributi relativi alla cassa integrazione guadagni, nonché alla mobilità, non è in contrasto con la normativa comunitaria nella parte in cui vieta gli aiuti di Stato. Lo esonero dal pagamento dei suddetti contributi non può considerarsi sovvenzione che alteri la concorrenza perché le imprese industriali pubbliche sono escluse dalla intera disciplina sulla cassa integrazione e sulla mobilità, sicché il mancato versamento dei relativi contributi comporta la mancata fruizione delle prestazioni coperte dalla contribuzione stessa.
Attese le considerazioni svolte la opposizione deve essere accolta.
L’INPS e la SPA SCCI, secondo il principio della soccombenza, vanno condannate alla rifusione delle spese di lite come sotto liquidate.
Poiché la opposizione è stata accolta per motivi attinenti al merito della pretesa, vanno compensate le spese nei rapporti fra l’opponente e il concessionario.
P.Q.M.
Il giudice pronunciando sentenza definitiva così decide:
1) dichiara la illegittimità della cartella esattoriale opposta;
2) condanna l’INPS e la SCCI a rifondere all’opponente le spese di lite che liquida in complessivi euro 3.000,00 (oltre CPA ed IVA) di cui euro 5,00 per esborsi;
3) compensa le spese di lite nei rapporti fra l’opponente e la Riscossioni SPA.
Genova, 25/2/2004
DEPOSITATA IN CANCELLERIA
il 17 maggio 2004
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