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Consiglio di Stato, Sez. V, 28/1/2005 n. 178
Sul carattere fiduciario delle nomine e delle designazioni di rappresentanti delle Amministrazioni locali presso altri Enti.

La norma contenuta nell'art. 50, c. 8 del d lgs. n. 267/00 definisce anche la regola, di portata generale secondo cui le nomine e le designazioni di rappresentanti delle Amministrazioni locali presso altri Enti, rispettivamente, di competenza del Sindaco e del Presidente della Provincia, devono considerarsi di carattere fiduciario, nel senso che riflettono il giudizio di affidabilità espresso attraverso la nomina, ovvero la fiducia sulla capacità del nominato di rappresentare gli indirizzi di chi l'ha designato, orientando l'azione dell'organismo nel quale si trova ad operare in senso quanto più possibile conforme agli interessi di chi gli ha conferito l'incarico.
Il fenomeno, è reso ancor più evidente da casi in cui la norma interna dell'Ente di destinazione richiede che, dei rappresentanti dell'Ente locale, uno costituisca espressione della minoranza consiliare, con ciò oscurando totalmente il requisito della capacità tecnica del designato, ed esaltando, al contrario quello della appartenenza politica ovvero della fiducia riposta in lui da una certa formazione politica, che non può non essere riguardata che con carattere di attualità, in rapporto alla composizione politica del Consiglio in carica.
Ciò risponde alle regole di diritto comune, le quali esigono non soltanto che i poteri del rappresentante siano conferiti dal rappresentato, ma anche che persista il rapporto fiduciario fra l'uno e l'altro.
Ne consegue che la cessazione del mandato del Sindaco e del Presidente della Provincia e lo scioglimento del Consiglio comunale finiscono con il travolgere tutte le nomine effettuate durante il mandato elettivo.

Materia: enti locali / sindaco

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il  Consiglio  di  Stato  in  sede  giurisdizionale - Quinta  Sezione

ha pronunciato la seguente

DECISIONE

sul ricorso in appello n. 547 del 2003, proposto dalla REGIONE PUGLIA, in persona del Presidente della Giunta regionale in carica, Dott. Raffaele Fitto, rappresentato e difeso dall’Avv. Costanzo De Michele, con domicilio, ai fini del presente giudizio, in Roma, Piazza Capo di Ferro, n. 13, presso la Segreteria del Consiglio di Stato,

 

contro

il COMUNE di SAN NICANDRO GARGANICO, in persona del Sindaco in carica, rappresentato e difeso dall’Avv. Enrico Follieri, con domicilio eletto in Roma, Viale Mazzini, n. 6 presso lo studio legale Lupis.

 

e nei confronti

dei Sigg. Giammarco ZACCAGNINO, Michele DI BARI, Gaetano MATURANTE, Andrea Pietro RICCIARDI, Giacinto LOMBARDI, non costituiti,

per l'annullamento

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale della Puglia, Sezione II, n. 4970/2002 del 15 novembre 2002, notificata in 25 novembre 1001, con cui è stato accolto il ricorso R.G.n. 1464/2002 del Comune di San Nicandro Garganico;

Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di San Nicandro Garganico;

Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;

Visti gli atti tutti della causa;

Relatore, alla pubblica udienza del 13 luglio 2004, il Consigliere Chiarenza Millemaggi Cogliani; uditi, altresì, l’Avv. De Michele per la Regione appellante e l’Avv. Lo Folco, in sostituzione dell’Avv. Follieri per il Comune resistente;

Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:

 

FATTO

1. Con sentenza n. 4970/2002 del 15 novembre 2002 - pronunciata in forma semplificata, immediatamente a conclusione del procedimento in Camera di consiglio fissato per la trattazione fissata per l’esame dell’istanza cautelare, con l’osservanza delle prescrizioni di cui all’art. 21, corrente testo della legge n. 1034 del 1971 - la Sezione Seconda del Tribunale Amministrativo Regionale della Puglia ha accolto il ricorso proposto dal Comune di San Nicandro Garganico per l’annullamento del decreto dell’Assessore ai Servizi sociali della Regione Puglia n. 8 dell’1 luglio 2002 - con cui si è proceduto alla nomina del Consiglio di amministrazione dell’IPAB Fondazione “Dr. Vincenzo Zaccagnino”, avente durata quinquennale, nelle persone, fra l’altro, dei soggetti designati dal Sindaco cessato dalla carica, quali componenti di nomina comunale -, nonché della deliberazione della giunta regionale n. 772 del 7 giugno 2002 - con la quale al Regione prendeva atto che per il quinquennio successivo, con decorrenza dalla data del suo insediamento, il Consiglio di amministrazione dell’IPAB in questione sarebbe stato costituito, fra gli altri, dai componenti indicati dal Sindaco del Comune di San Nicandro Garganico, non più in carica.   

Era avvenuto che la Regione Puglia – dovendo ricostituire il consiglio di amministrazione dell’I.P.A.B. “Dr. Vincenzo Zaccagnino”, al tempo  sottoposta a gestione commissariale – aveva decretato, in data 1 luglio 2002, la composizione del consiglio di amministrazione della suddetta fondazione, sulla base (per la componente comunale) della designazione effettuata dal Sindaco in carica del Comune di San Nicandro Garganico alla data dell’11 giugno 2001, senza tenere conto del fatto che, nelle more, il Comune era stato commissariato, a seguito dello scioglimento del Consiglio comunale e della decadenza degli organi di governo e, successivamente, in forza delle elezioni amministrative del 26/27 maggio 2002, era stato eletto, unitamente al nuovo Consiglio Comunale, altro Sindaco che aveva assunto specifiche iniziative intese a rivendicare alla nuova formazione governativa ed agli indirizzi del neo insediato Consiglio comunale, la designazione delle componenti del consiglio di amministrazione dell’Ente, di rappresentanza comunale.

Precedentemente, con deliberazione n. 772 del 7 giugno 2002, la Giunta regionale aveva deliberato di prendere atto che per il quinquennio successivo, con decorrenza dalla data del suo insediamento (avvenuto in data 22 luglio 2002), il Consiglio di amministrazione dell’I.P.A.B.  “Dr. Vincenzo Zaccagnino” sarebbe stato composto, fra gli altri, dai consiglieri designati dal precedente Sindaco del Comune di San Nicandro Garganico, e aveva nominato il proprio rappresentante in seno al suddetto Consiglio di amministrazione.

Con decreto n. 5 del 24 luglio 2002 del 2002 il Sindaco del Comune di San Nicandro Garganico, ha, quindi, provveduto alla designazione dei tre componenti del Consiglio di amministrazione dell’IPAB in argomento, sulla base degli indirizzi del Consiglio Comunale: tali nominativi sono stati poi confermati con deliberazione del Consiglio comunale n. 9 del 9 agosto 2002.

Infine, rimaste senza esito le richieste alla Regione di rivedere la composizione dell’organo sulla base delle nuove designazioni, il Comune ha impugnato gli atti regionali sopra menzionati, con ricorso notificato il 21 settembre 2002, accolto dalla Sezione II del Tribunale Amministrativo Regionale della Puglia, con la sentenza oggetto dell’appello in esame, sulla base della violazione dell’art. 50, comma 8, del decreto legislativo n. 267/2000, e dei profili di eccesso di potere denunciati in ricorso.

2. Avverso l’anzidetta sentenza propone appello la Regione Puglia denunciando la violazione e falsa applicazione dell’art. 50 del D.Lgs. 18 agosto 2000 n. 267 e delle disposizioni di cui al Titolo II, capo I, dello Statuto della Fondazione “Dr. Vincenzo Zaccagnino”, sostenendo che erroneamente il giudice di primo grado avrebbe rinvenuto la norma applicabile al caso di specie nell’art. 50 del decreto legislativo n. 267 del 2000,  in quanto, al contrario,  troverebbero applicazione esclusivamente le norme statutarie che assegnano, fra l’altro, al Presidente della Giunta regionale, poteri sostitutivi nella ipotesi di persistente indugio da parte degli organi desiganti (art. 11) senza che le patologie proprie degli organismi chiamati a concorrere nelle nomine possano avere incidenza sulla regolare costituzione dell’organo e sulla durata della carica dei membri del Consiglio di amministrazione che è di cinque anni dall’insediamento dell’organo, coincidenti con la durata del Consiglio di amministrazione neo eletto. 

La correttezza del comportamento della Regione sarebbe ancor più evidente ove si ponga mente alla circostanza che, se pure è vero che le nuove elezioni si sono svolte in data 26/27 maggio 2002, tuttavia la proclamazione degli eletti è invece avvenuta soltanto in data 3 luglio 2002 e cioè successivamente alla adozione del decreto assessorile impugnato.

Di gran lunga posteriori sarebbero poi la convalida degli eletti e la nuova designazione dei componenti del consiglio di amministrazione da parte dell’Amministrazione comunale.

Infine, essendo la costituzione dell’organo anteriore alla formazione della nuova amministrazione comunale, neppure ricorrerebbero i presupposti per l’esercizio del potere di revoca ovvero, per tale profilo, l’illegittimità dei provvedimenti regionali impugnati. 

Sarebbe d’altra parte erronea l’affermazione contenuta nella sentenza appellata, secondo cui la disposizione contenuta nell’art. 50 del decreto legislativo n. 267 del 2000 e la pretesa che la norma sia espressione di un principio generale volto a garantire, in seno ai consigli di amministrazione ed agli organi di governo di enti, aziende ed istituzioni, “una reale, concreta ed effettiva rappresentanza dell’orientamento politico-amministrativo dell’amministrazione locale”, in quanto, al contrario, la norma in esame si limiterebbe a individuare le competenze del Sindaco e del Presidente della Provincia, quali organi responsabili dell’Amministrazione locale, ed avrebbe piuttosto la finalità di evitare ritardi nella ricostituzione degli organi amministrativi scaduti o in scadenza, la cui nomina è riservata alla competenza comunale o provinciale, al fine di evitare le note problematiche della prorogatio, come sarebbe agevole evincere dal comma 9 dell’art. 50 del D.Lgs. che si pretende violato e dal testo del comma 8 dello stesso articolo, che sembrerebbe escludere, nel caso in esame, la possibilità di esercitare il potere di revoca.

In definitiva, la sentenza appellata dovrebbe essere riformata nel senso della reiezione del ricorso proposto in primo grado.

2. Costituitisi in giudizio il Comune che, oltre a resistere all’appello, ha proposto a sua volta appello incidentale con riguardo a motivi assorbiti dal giudice di primo grado con la sentenza impugnata, la Sezione, con due successive ordinanze (la n. 335 del 4 febbraio 2003 e la n. 3047 dell’11 luglio 2004), ha respinto l’istanza cautelare proposta dalla Regione per la sospensione dell’efficacia della sentenza appellata, e la successiva istanza di revoca della prima delle ordinanze indicate e di riproposizione della istanza cautelare.

Infine la causa, chiamata alla pubblica udienza del 13 luglio 2004, è stata trattenuta in decisione.

 

DIRITTO

1. L’appello è infondato.

2. La Sezione deve condividere l’orientamento espresso dal giudice di primo grado, secondo cui la norma contenuta nell’art. 50, comma 8 del decreto legislativo 8 agosto 2000 n. 267 – in forza del quale “sulla base degli indirizzi stabiliti dal consiglio il sindaco e il presidente della provincia provvedono alla nomina, alla designazione e alla revoca dei rappresentanti del comune e della provincia presso enti, aziende ed istituzioni– non si limita a fissare, nella materia, le attribuzioni del Sindaco e del Presidente della Provincia  (come preteso dall’attuale appellante), ma definisce anche la regola, di portata generale (e prevalente sulle norme statutarie anteriori dei diversi enti, aziende e istituzioni, che eventualmente stabilissero in senso difforme), secondo cui le nomine e le designazioni di rappresentanti delle Amministrazioni locali presso altri Enti, rispettivamente, di competenza del Sindaco e del Presidente della Provincia, devono considerarsi di carattere fiduciario, nel senso che riflettono il giudizio di affidabilità  espresso attraverso la nomina, ovvero la fiducia sulla capacità del nominato di rappresentare gli indirizzi di chi l'ha designato, orientando l'azione dell'organismo nel quale si trova ad operare in senso quanto più possibile conforme agli interessi di chi gli ha conferito l'incarico.

Il fenomeno, molto chiaramente illustrato dal Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione Siciliana nel parere n. 290 del 2 maggio 2001 (sia pure in rapporto ad una differente base normativa) è reso ancor più evidente da casi in cui (come nella specie) la norma interna dell’Ente di destinazione richiede che, dei rappresentanti dell’Ente locale, uno costituisca espressione della minoranza consiliare, con ciò oscurando totalmente il requisito della capacità tecnica del  designato, ed esaltando, al contrario quello della appartenenza politica ovvero della fiducia riposta in lui da una certa formazione politica, che non può non essere riguardata che con carattere di attualità, in rapporto alla composizione politica del Consiglio in carica.

Ciò risponde alle regole di diritto comune, le quali esigono non soltanto che i poteri del rappresentante siano conferiti dal rappresentato, ma anche che persista il rapporto fiduciario fra l’uno e l’altro.

Ne consegue che la cessazione del mandato del Sindaco e del Presidente della Provincia e lo scioglimento del Consiglio comunale finiscono con il travolgere tutte le nomine effettuate durante il mandato elettivo.

La norma in esame è, dunque, espressione, nell’ambito dell’ordinamento degli enti locali, anche del principio della revocabilità dei rappresentanti dell'Amministrazione comunale e provinciali, che trova conferma, nel sistema delineato dal decreto legislativo n. 267 del 2000, nelle disposizioni di cui agli artt. 99 e 100 riguardanti la nomina e la revoca dei Segretari comunali e provinciali, strettamente correlate al rapporto fiduciario che deve intercorrere fra gli stessi e, rispettivamente, il Sindaco ed il Presidente della Provincia, quanto meno all’atto del loro insediamento, innovando profondamente il sistema precedente, nel quale il segretario (comunale o provinciale) era un funzionario statale destinato a prestare servizio presso l'Ente locale sulla base sola base delle determinazioni di un organo dello Stato,  e ciò pur non essendo tuttora libera la scelta dell'Ente  (per essere ristretta fra i nominativi di coloro che sono iscritti nell'albo nazionale dei segretari comunali o provinciali gestito da un'agenzia autonoma avente personalità giuridica di diritto pubblico il cui consiglio d'amministrazione è nominato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri ed è sottoposta alla vigilanza del Ministero dell'interno) e permanendo, in capo alla figura professionale, funzioni di garanzia, in vista del perseguimento di interessi generali (sul punto, significativa, TAR Sardegna, n. 311 del 19 marzo 2003).

3. La natura fiduciaria della designazione e l’immanenza del potere di revoca al rapporto che lega il rappresentante all'Ente locale che lo ha nominato costituiscono gli  anelli del sistema che evidenziano l’illegittimità dell’operato della Regione che ha provveduto alla presa d’atto della designazione (deliberazione della Giunta regionale n. 772 del 7 giugno 2002) allorché non soltanto il Sindaco designante era decaduto dalla carica, ed il Consiglio comunale era stato sciolto, con conseguente commissariamento, ma erano già state svolte le elezioni amministrative per il rinnovo del Sindaco e del Consiglio comunale (in data 26/27 maggio 2002) ed ha persistito nel proprio comportamento illegittimo, provvedendo alla nomina del Consiglio di amministrazione della fondazione “Zaccagnino” (decreto assessoriale dell’1 luglio 2002) sulla base della designazione in parola, quando già l’elettorato aveva espresso il nuovo Sindaco ed il nuovo Consiglio comunale.

In tale contesto, è di nessun rilievo che la nota 24 giugno 2002 (con la quale il Sindaco comunicava di voler provvedere alla designazione dei componenti del Consiglio di amministrazione della fondazione sulla base degli indirizzi da darsi dal nuovo consiglio comunale) sia pervenuta alla Regione successivamente alla adozione della decreto di nomina del Consiglio di amministrazione (del 1° luglio) o che  la stessa proclamazione degli eletti sia successiva al suddetto decreto (3 luglio 2002), così come il loro insediamento (22 luglio 2002).

Ciò che infatti concreta l’illegittimità degli atti oggetto di impugnazione è la circostanza che, già al momento della presa d’atto e, successivamente, al momento della costituzione del Consiglio di amministrazione, i nominativi indicati dal sindaco decaduto avevano cessato di esprimere la relazione di rappresentatività, che doveva essere alla base della presa d’atto, da un lato e della nomina, all’atto della costituzione dell’organo.

E’ del tutto estraneo alla fattispecie il ragionamento che la designazione originaria avrebbe costituito titolo valido per la costituzione del Consiglio di amministrazione secondo le regole proprie sia dell’art. 50 del decreto legislativo n. 267 del 2000, sia delle norme statutarie applicabili alla fattispecie (salvo, poi, il potere di revoca del nuovo governo locale).

A parte le considerazioni esposte nel motivo assorbito, in ordine alla mancata individuazione del designato dalla minoranza consiliare (che non devono costituire oggetto di esame, in questa sede, attesa la mancanza di fondamento dell’appello principale), è il dato storico che risolve a monte il problema, essendo fuori discussione che presa d’atto e provvedimento finale sono intervenuti allorché mancava in radice la relazione di rappresentanza che doveva essere alla base della nomina.

4. La sentenza appellata deve dunque essere confermata sia nel dispositivo sia anche, nella motivazione, sussistendo la violazione di legge ed i vizi di eccesso di potere sulla cui base i provvedimenti impugnati sono stati ritenuti illegittimi ed annullati dal giudice di primo grado.

L’appello, pertanto, deve essere respinto.

Tuttavia, in considerazione della mancanza di casistica giudiziaria sulla specifica questione e, dunque, della sua novità, le spese del giudizio possono essere interamente compensate fra le parti. 

 

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando, respinge l’appello in epigrafe;

Compensa interamente fra le parti le spese del giudizio;

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.

Così deciso in Roma, addì, 13 luglio 2004 dal Consiglio di Stato in s.g. (Sez. V) riunito in camera di consiglio con l'intervento dei seguenti Magistrati:

Emidio FRASCIONE  PRESIDENTE

Rosalia M.P. BELLAVIA        CONSIGLIERE

Chiarenza MILLEMAGGI COGLIANI –Est. CONSIGLIERE

Cesare LAMBERTI    CONSIGLIERE

Claudio MARCHITIELLO      CONSIGLIERE

 

 

L’ESTENSORE                                             IL PRESIDENTE

f.to Chiarenza Millemaggi Cogliani                   f.to Emidio Frascione

 

IL SEGRETARIO

f.to Agatina Maria Vilardo

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 28 gennaio 2005

(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)

 

p. IL  DIRIGENTE

f.to Livia Patroni Griffi

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