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Consiglio di Stato, Sez. V, 23/1/2007 n. 209
Sulla revoca dell'incarico di assessore comunale: non è necessaria la comunicazione di avvio del procedimento.

Non è necessaria la previa comunicazione dell'avvio del procedimento per la revoca dell'incarico di assessore comunale in considerazione della specifica disciplina normativa vigente in materia. Invero, le prerogative della partecipazione possono essere invocate quando l'ordinamento prende in qualche modo in considerazione gli interessi privati in quanto ritenuti idonei ad incidere sull'esito finale per il migliore perseguimento dell'interesse pubblico, mentre tale partecipazione diventa indifferente in un contesto normativo nel quale la valutazione degli interessi coinvolti è rimessa in modo esclusivo al Sindaco, cui compete in via autonoma la scelta e la responsabilità della compagine di cui avvalersi per l'amministrazione del Comune nell'interesse della comunità locale, con sottopozione del merito del relativo operato unicamente alla valutazione del consiglio comunale. Il relativo procedimento è perciò semplificato al massimo per consentire un'immediata soluzione della crisi intervenuta nell'ambito del governo locale, articolandosi nei seguenti passaggi: valutazione della situazione da parte del sindaco, scelta sindacale di modificare la composizione della giunta nell'interesse della comunità locale e comunicazione motivata di ciò al consiglio comunale, senza l'interposizione della comunicazione dell'avvio del procedimento all'assessore assoggettato alla revoca, la cui opinione è irrilevante per la normativa attuale salvo che non venga fatta propria dal consiglio comunale.

Materia: enti locali / ordinamento

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il  Consiglio  di  Stato  in  sede  giurisdizionale,  Sezione Quinta         

ha pronunciato la seguente

 

DECISIONE

sul ricorso in appello n. 366/2005, proposto dal COMUNE DI GRADO, rappresentato e difeso dagli avv.ti Caterina Belletti, Lorenzo Presot Roberto Adamo con domicilio eletto in Roma, viale Mazzini, n. 117 presso Roberto Adamo;

 

CONTRO

- il sig. POPAZZI GIOVANNI, rappresentato e difeso dagli avv.ti Andrea Scorsolini, Bruno Garlatti Mario Sanino con domicilio eletto in Roma viale Parioli, n. 180, presso Mario Sanino;

 

per la riforma

della sentenza del TAR FRIULI VENEZIA GIULIA n. 47/2004, resa tra le parti, concernente REVOCA DALLA CARICA DI ASSESSORE.

Visti gli atti e documenti depositati con l'appello;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del sig. POPAZZI, che ha proposto anche appello incidentale;

Vista l’ordinanza di questa Sezione n. 2369/2004, con la quale è stata accolta l’istanza cautelare proposta dal comune appellante;

Alla pubblica udienza del 24.10.2006, relatore il Cons. Aniello Cerreto e uditi, altresì, per le parti gli avv.ti Adamo e Sanino;

 

FATTO e DIRITTO

1. Con la sentenza in epigrafe, il TAR ha accolto il ricorso proposto dall’interessato, ravvisando fondato il vizio di violazione degli artt. 7 ed 8 L. L. 7.8.1990 n. 241 e successive modificazioni per mancata comunicazione dell’avvio del procedimento di revoca dell’incarico di assessore comunale e nel contempo ha rigettato la censura di mancanza di motivazione in relazione a quanto indicato nella nota sindacale in data 30.7.2003 di accompagnamento del provvedimento impugnato.

2. Avverso detta sentenza ha proposto appello il Comune, deducendo quanto segue:

- inammissibilità del ricorso originario, essendo l’atto di revoca di un assessore comunale inquadrabile negli atti politici di cui all’art. 31 T.U. sul Consiglio di Stato di cui al R. D. 26.6.1924 n. 1054, in quanto da una parte proviene dal massimo organo di indirizzo e direzione dell’Amministrazione comunale e dall’altra è rivolto, nell’esercizio del potere politico riconosciuto al Sindaco, alla tutela del regolare funzionamento dell’organo di governo Giunta comunale;

- contrariamente a quanto ritenuto dal TAR, la comunicazione di avvio del procedimento deve trovare applicazione solo nel caso in cui la partecipazione del cittadino all’iter procedimentale sia idonea astrattamente ad influire in qualche modo sulle determinazioni dell’amministrazione, risultando invece superflua quando l’opportunità offerta all’interessato sarebbe comunque inidonea ad apportare una qualsivoglia utilità all’azione amministrativa;

- l’atto di revoca dell’incarico di assessore comunale si configura come atto della massima espressione della discrezionalità amministrativa, per la quale unico criterio di riferimento rimane il programma politico amministrativo a cui il sindaco eletto si è autovincolato nei confronti degli elettori e la cui attuazione è l’unico parametro cui deve uniformarsi l’azione del Capo dell’Amministrazione e dei suoi collaboratori;

- di conseguenza non poteva avere alcuna incidenza l’eventuale partecipazione dell’interessato al relativo procedimento, dal momento che il provvedimento di revoca trova la sua motivazione in un palese contrasto politico amministrativo che aveva portato al venir meno del rapporto fiduciario, la cui valutazione è di competenza esclusiva del Sindaco che ne assume la responsabilità politica davanti al Consiglio comunale, come del resto statuito dal TAR Sicilia, Sez. I, con sentenza n. 146 del 5.3.2004.

Infine, l’appellante ha fatto presente che nel frattempo, senza porre acquiescenza alla sentenza del TAR, il Sindaco aveva dovuto procedere all’adozione di un nuovo provvedimento di revoca al fine di non paralizzare l’attività della Giunta comunale.

3. Costituitosi in giudizio, il sig. Popazzi ha chiesto il rigetto dell’appello, ribadendo l’utilità della comunicazione di avvio del procedimento, essendogli stato imputato un comportamento scorretto per non essersi presentato ad una riunione di Giunta e per essersi autosospeso dall’incarico di assessore. Ha inoltre, in via subordinata, proposto appello incidentale nei confronti della sentenza del TAR nella parte in cui aveva rigettato la censura di difetto di motivazione, rilevando che il provvedimento di revoca dell’incarico di assessore era privo di qualsiasi motivazione e la nota sindacale in data 30.7.2003 (inviata successivamente a mezzo posta) costituiva soltanto un tentativo di fornire a posteriori una giustificazione ad un provvedimento finale immotivato.

4. Con ordinanza n. 2369/2004, questa Sezione ha accolto l’istanza cautelare proposta dal Comune appellante considerando che “sembra da approfondire la questione concernente l’obbligo di fornire comunicazione di avvio del procedimento di revoca dell’incarico di assessore, tenuto conto del tipo di rapporto intercorrente fra sindaco ed assessori a norma dell’art. 46 d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267”.

In prossimità dell’udienza pubblica di discussione del ricorso, entrambe le parti hanno depositato memoria conclusiva.

Alla pubblica udienza del 24.10.2006 il ricorso è stato trattenuto in decisione.

5. Priva di pregio è l’eccezione di inammissibilità del ricorso originario, sollevata dal Comune in base al rilievo che l’atto di revoca dell’incarico di assessore comunale sarebbe inquadrabile tra gli atti politici e perciò non impugnabile davanti al giudice amministrativo alla stregua dell’art. 31 T.U. sul Consiglio di Stato di cui al R. D. 26.6.1924 n. 1054, in base al quale “il ricorso al Consiglio di Stato in sede giurisdizionale non è ammesso se trattasi di atti o provvedimenti adottati dal Governo nell’esercizio del potere politico”.

5.1. Come è noto, fino ad epoca recente la categoria degli atti politici è stata individuata con criteri restrittivi, sia prima dell’entrata in vigore della Costituzione del 1948, evidenziandosi che essi debbono trovare causa obiettiva nella ragione di Stato indipendentemente dai motivi specifici che ne abbiano in concreto determinato l’emanazione (V. la decisione di questo Consiglio, Sez. IV n. 351 del 20.1.21946), sia principalmente dopo il 1948 in ossequio al principio della indefettibilità della tutela giurisdizionale ai sensi degli artt. 24 e 113 della Costituzione, e sono stati inclusi in essa generalmente gli atti che attengono alla direzione suprema e generale dello Stato considerato nella sua unità e nelle sue istituzioni fondamentali (V. l’accenno fatto in Corte cost. n. 103 del 19.3.1993).

E’ stato al riguardo precisato che gli atti politici costituiscono espressione della libertà (politica) commessa dalla Costituzione ai supremi organi decisionali dello Stato per la soddisfazione di esigenze unitarie ed indivisibili a questo inerenti (V. la decisione di questo Consiglio, sez. IV n. 340 del 14.4.2001) e che essi sono liberi nella scelta dei fini, mentre gli atti amministrativi, anche quando sono espressione di ampia discrezionalità, sono comunque legati ai fini posti dalla legge (V. Cass. S. U. n. 1170 del 13.11.2000).

Si è sottolineato inoltre che essi sono caratterizzati da due profili: l’uno soggettivo, dovendo provenire l'atto da organo di pubblica amministrazione, seppure preposto in modo funzionale e, nella specifica vicenda, all'indirizzo e alla direzione al massimo livello della cosa pubblica, e l’altro oggettivo, dovendo riguardare la costituzione, la salvaguardia e il funzionamento dei pubblici poteri nella loro organica struttura e nella loro coordinata applicazione (V. le decisioni di questo Consiglio Sez. IV, n. 1397 del 12.3.2001 e n. 217 del 29.9.1996).

5.2. La categoria degli atti politici è stata recentemente sottoposta a rivisitazione a seguito delle modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione di cui alla legge costituzionale 18.10.2001 n. 3, che ha fatto venir meno la struttura verticale delle autonomie, con al vertice lo Stato, che era proprio della Costituzione del 1948, essendosi previsto che "la Repubblica è costituita dai Comuni, dalle Province, dalle Città metropolitane, dalle Regioni e dallo Stato", e che "i Comuni, le Province, le Città metropolitane e le Regioni sono enti autonomi con propri statuti, poteri e funzioni secondo i principi fissati dalla Costituzione" (nuovo art. 114 Cost.).

Per cui è stata riconosciuta la presenza ormai di "un sistema istituzionale costituito da una pluralità di ordinamenti giuridici integrati, ma autonomi, nel quale le esigenze unitarie si coordinano con il riconoscimento e la valorizzazione delle istituzioni locali" (V. Cass. S. U. sentenza n. 12868 del 16 giugno 2005).

Peraltro, pur nell’ambito di una pluralità di ordinamenti giuridici integrati, ma autonomi, è stato ribadito che il principio della tutela giurisdizionale contro gli atti della Amministrazione pubblica (art. 113 Cost.) ha portata generale e coinvolge, in linea di principio, tutte le Amministrazioni anche di rango elevato e di rilievo costituzionale. Per cui le deroghe a simile principio debbono essere ancorate a norme di carattere costituzionale. Tanto è vero che nel nostro attuale sistema di garanzie persino gli atti legislativi del Parlamento nazionale e delle Regioni sono soggetti ad un sindacato giurisdizionale, sia pure circoscritto e riservato ad un Giudice di particolare natura quale la Corte Costituzionale.

Non sono quindi, per i loro caratteri intrinseci, soggetti a controllo giurisdizionale solo un numero estremamente ristretto di atti in cui si realizzano scelte di specifico rilievo costituzionale e politico; atti che non sarebbe corretto qualificare come amministrativi e in ordine ai quali l'intervento del Giudice determinerebbe un'interferenza del potere giudiziario nell'ambito di altri poteri (V. Cass. S. U. sentenza n. 11623 del 16 maggio 2006).

5.3. Per quanto riguarda in particolare l’autonomia dei comuni, è da far presente che il nuovo art. 117 Cost., nel ripartire la competenza legislativa tra Stato e Regioni, attribuisce alla competenza legislativa esclusiva dello Stato la materia "legislazione elettorale, organi di governo e funzioni fondamentali dei Comuni, Province e Città metropolitane".

Con la conseguenza che la determinazione degli organi di governo dei Comuni, con le connesse sfere di competenza, appartiene in via esclusiva alla legislazione statale, la quale delinea il riparto di competenze tra consiglio comunale e giunta nel senso che l'organo elettivo è chiamato ad esprimere gli indirizzi politici ed amministrativi di rilievo generale, che si traducono in atti fondamentali, ai sensi dell'art. 42 D. L.vo 18.8.2000 n. 267, mentre la giunta municipale, che è l’organo chiamato a collaborare con il sindaco nel governo del Comune, ha una competenza residuale in quanto compie tutti gli atti non riservati dalla legge al consiglio o non ricadenti nelle competenze, previste dalle leggi o dallo statuto, del sindaco o di altri organi di decentramento (V. la decisione di questa Sezione n.832 del 3.3.2005).

5.4. Ne discende da un lato che il sindaco del comune ( come del resto il consiglio e le giunta comunale), non è un organo di rilievo costituzionale (V. art.121 Cost., che invece per le regioni ne stabilisce direttamente gli organi e relativi compiti) e che la giunta comunale non è di per sé abilitata alla direzione al massimo livello dell’Amministrazione comunale (V. il parere di questo Consiglio sez. 1° n. 4391/2005 del 12.4.2006), mentre l’atto sindacale di revoca di un assessore (o di più assessori) da un lato non è libero nella scelta dei fini, essendo sostanzialmente rivolto al miglioramento della compagine di ausilio del sindaco nell’amministrazione del comune, e dall’altro è sottoposto alla valutazione del consiglio comunale ai sensi dell’art. 46, ultimo comma, D. L.vo n. 267/2000.

Di conseguenza, deve ritenersi ammissibile l’impugnativa di un atto del genere davanti al giudice amministrativo in quanto posto in essere da un’autorità amministrativa e nell’esercizio di un potere amministrativo, sia pure ampiamente discrezionale.

6. Peraltro, l’appello del Comune è fondato nel merito, mentre deve essere rigettato l’appello incidentale del ricorrente originario.

7. Al fine di poter adeguatamente valutare le questioni prospettate (obbligo o meno della comunicazione di avvio del relativo procedimento e sussistenza o meno nel caso in esame della motivazione) si rende necessario chiarire il contesto normativo di riferimento.

7.1. Al riguardo il Collegio non ha motivi per discostarsi dalle conclusioni cui è pervenuta questa Sezione per un caso analogo con la decisione n. 944 dell’8.3.2005.

Con la menzionata decisione sono stati evidenziati essenzialmente i seguenti aspetti:

- l’evoluzione normativa intervenuta, atteso che la L. n. 81/1993 puntualizza (art. 12, che premette un comma all'art. 36 L. n. 142/1990) che il sindaco ed il presidente della provincia sono gli organi responsabili dell'amministrazione del comune o della provincia, propongono gli indirizzi generali di governo da approvare da parte del consiglio ed attribuisce (art. 16, che sostituisce l'art. 34 L. n. 142/1990) esclusivamente al sindaco o al presidente della provincia, non più eletto dal consiglio, ma investito direttamente dal corpo elettorale, la potestà di nominare e revocare uno o più assessori, prevedendo solo di darne motivata comunicazione al consiglio (la disposizione si riferiva letteralmente solo al sindaco, ma era indubbiamente estensibile anche al presidente della provincia). Poi è intervenuta la L. 3.8.1999 n. 265 che ha assegnato direttamente al sindaco o al presidente della provincia, sentita la giunta, il compito di formulare il programma di governo, senza prevedere una formale approvazione da parte del consiglio (art. 11, comma 10).

La materia è ora disciplinata dal testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali (D.Lgs. n. 267 del 18.8.2000) che, per quanto interessa, dispone che : «Il sindaco e il presidente della provincia nominano i componenti della giunta (...). Il sindaco e il presidente della provincia possono revocare uno o più assessori, dandone motivata comunicazione;

- la circostanza che generalmente le disposizioni del D.L.vo n. 267/2000 concernono direttamente la motivazione del provvedimento, in conformità a quanto disposto dall'art. 3 L. 7.8.1990 n. 241 ed alla costante giurisprudenza di questo Consiglio, che da tempo ha posto in luce la distinzione tra il provvedimento e la sua comunicazione o notificazione, precisando l'irrilevanza, ai fini della validità del provvedimento stesso, della mancanza di motivazione nella comunicazione o notificazione (cfr., sez. IV n. 99 del 22.1.1974; sez. VI n. 428 del 3011.1976 e n. 470 del 7.4.1978) o della presenza di eventuali irregolarità intervenute in esse (sez. IV n. 740 del 1°.7.1980);

-l’anomalia del caso in esame rispetto all'enunciato principio generale, in quanto si prevede una comunicazione motivata al Consiglio per la revoca dell'incarico di assessore, senza preoccuparsi della giustificazione da rendere al diretto interessato e senza prevedere uno specifico voto di ratifica da parte del consiglio stesso;

- congruenza della riscontrata anomalia nel contesto normativo illustrato, che tende a favorire la effettiva gestione dell'amministrazione locale da parte del sindaco o del presidente della provincia, senza curarsi eccessivamente dell'eventuale cessazione di singoli assessori nello svolgimento quinquennale del mandato, purchè ciò sia sostanzialmente condiviso dal consiglio, anche implicitamente;

- la revoca dell'incarico di assessore è posta essenzialmente nella disponibilità del sindaco o del presidente della provincia e che la comunicazione motivata è tendenzialmente diretta al mantenimento di un corretto rapporto collaborativo tra sindaco-giunta/ presidente provincia -giunta ed il consiglio comunale o provinciale, il quale potrebbe eventualmente opporsi ad un atto del genere, ma con l'estremo rimedio della mozione di sfiducia motivata (art. 37 L. n. 142/1990, come sostituito dall'art. 18 L. n. 81/1993 ed art. 52 D. L.vo n. 267/2000), che però comporta in caso di approvazione lo scioglimento del consiglio stesso;

- l'obbligo di motivazione del provvedimento di revoca dell'incarico di un singolo assessore (o di più assessori) va valutato nel descritto quadro normativo ed esso può senz'altro basarsi sulle più ampie valutazioni di opportunità politico-amministrative, rimesse in via esclusiva al sindaco o al presidente della provincia, tenendo conto sia di esigenze di carattere generale, quali ad es. rapporti con l'opposizione o rapporti interni alla maggioranza consiliare, sia di particolari esigenze di maggiore operosità ed efficienza di specifici settori dell'amministrazione locale o per l'affievolirsi del rapporto fiduciario tra il capo dell'amministrazione e singolo assessore; tenendo presente che trattasi non di un tipico procedimento sanzionatorio ma di una revoca di un incarico fiduciario difficilmente sindacabile in sede di legittimità se non sotto i profili formali e l'aspetto dell'evidente arbitrarietà, in relazione all'ampia discrezionalità spettante al capo dell'amministrazione locale (Cfr., con riferimento alla revoca del presidente del consiglio comunale ed alla revoca di un consigliere comunale componente di una comunità montana, le recenti decisioni di questa sezione, rispettivamente, n. 1042 del 3.4.2004 e n. 5864 del 7.9.2004).

7.2. Prima di esaminare il profilo in base al quale è stato accolto il ricorso dal TAR (mancanza della comunicazione di avvio del procedimento), si rende opportuno esaminare il problema della sussistenza o meno nel caso in esame di una motivazione, riproposto dal ricorrente originario.

Su punto va condiviso quanto statuito dal TAR.

Invero, anche se il provvedimento di revoca dell’incarico di assessore in data 30.7.2003 è formalmente privo di motivazione, limitandosi ad enunciare l’opportunità di procedere alla revoca dell’incarico, una qualche motivazione emerge dalla lettera di accompagnamento del provvedimento impugnato prot. n. 22842 del 30.7.2003 inviata dal Sindaco al sig. Popazzi.

Inoltre, se è vero che, come dichiarato dal ricorrente, la lettera (recapitata tramite posta) è pervenuta successivamente alla consegna del provvedimento impugnato (notificato tramite messo comunale), tuttavia è da ritenersi che essa faccia parte integrante del procedimento sotto il profilo motivazionale.

Pertanto, essendo stato dedotto in appello solo il vizio della mancanza di un qualsivoglia apparato giustificativo (senza contestare in alcuno modo le ragioni addotte dal Sindaco: dichiarazioni apparse sulla stampa, inadempienza alle funzioni delegate da martedì scorso; mancata presenza alla riunione del 29.7.2003; autosospensione di fatto dall’incarico), la relativa doglianza non può che essere rigettata.

7.3. Residua il problema della necessità o meno della comunicazione dell’avvio del procedimento di revoca dell’incarico di assessore.

7.3.1. La giurisprudenza finora intervenuta sulla specifica questione è alquanto incerta, ritenendosi in alcune sentenze la normale applicabilità degli artt. 7 e 8 L. n.241/1990 e successive modificazioni (V.TAR Puglia, Lecce, sez. 2°, n. 4740 del 14.7.2003; TAR Friuli Venezia Giulia n. 478 del 28.5.2005; TAR Molise n. 235 del 28.3.2006), mentre in altre occasioni o si è escluso del tutto l’obbligo della comunicazione di avvio del relativo procedimento per la particolarità della fattispecie (V. TAR Sicilia, Palermo, sez. 1°, n. 466 del 5.3.2004 ed il parere di questo Consiglio n. 4391/2005 del 12.4.2006) oppure sono stati prospettati dubbi al riguardo (V. ordinanza di questa Sezione n. 2639 dell’8.6.2004, riguardante proprio la controversia in esame, e la decisione di questa Sezione n. 944/2005, già citata).

Il Collegio ritiene che la revoca dell’incarico di assessore comunale sia immune dalla previa comunicazione dell’avvio del procedimento in considerazione della specifica disciplina normativa vigente in materia, come in precedenza illustrata.

Invero, le prerogative della partecipazione possono essere invocate quando l’ordinamento prende in qualche modo in considerazione gli interessi privati in quanto ritenuti idonei ad incidere sull’esito finale per il migliore perseguimento dell’interesse pubblico, mentre tale partecipazione diventa indifferente in un contesto normativo nel quale la valutazione degli interessi coinvolti è rimessa in modo esclusivo al Sindaco, cui compete in via autonoma la scelta e la responsabilità della compagine di cui avvalersi per l’amministrazione del Comune nell’interesse della comunità locale, con sottopozione del  merito del relativo operato unicamente alla valutazione del consiglio comunale (è sostanzialmente in tal senso il parere di questo Consiglio, Sez. 1°, n. 4391/2005, già citato).

Il relativo procedimento è perciò semplificato al massimo per consentire un’immediata soluzione della crisi intervenuta nell’ambito del governo locale, articolandosi nei seguenti passaggi: valutazione della situazione da parte del sindaco, scelta sindacale di modificare la composizione della giunta nell’interesse della comunità locale e comunicazione motivata di ciò al consiglio comunale, senza l’interposizione della comunicazione dell’avvio del procedimento all’assessore assoggettato alla revoca, la cui opinione è irrilevante per la normativa attuale salvo che non venga fatta propria dal consiglio comunale.

D’altra parte, nel caso in esame deve ritenersi inutile la comunicazione dell’avvio del procedimento anche in relazione alle specifiche lamentele prospettate dall’appellante incidentale in questo grado di giudizio, atteso che essendo stata rigettata l’unica doglianza sollevata con riferimento alla mancanza di motivazione del provvedimento di revoca dell’incarico, l’apporto dell’interessato non potrebbe comunque modificare la decisione sindacale, che nel merito risulta incontestata.

8. Per quanto considerato, deve essere accolto l’appello principale del comune e respinto l’appello incidentale del ricorrente originario.

Sussistono giusti motivi per compensare tra le parti le spese dei due gradi di giudizio, in relazione ai diversi orientamenti giurisprudenziali illustrati.

 

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, accoglie l’appello principale e respinge l’appello incidentale e, in riforma della sentenza del TAR, respinge il ricorso originario.

Spese compensate.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 24.10.2006.

Agostino Elefante                     Presidente

Raffaele Carboni                      Consigliere

Corrado Allegretta                   Consigliere

Aldo Fera                                Consigliere

Aniello Cerreto                        Consigliere estensore

 

L'ESTENSORE                                              IL PRESIDENTE

f.to Aniello Cerreto                                    f.to Agostino Elefante

IL SEGRETARIO

f.to Agatina Maria Vilardo

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 23 –01-2007

(Art. 55 L. 27/4/1982, n. 186)

p.IL DIRIGENTE

F.to Luciana Franchini

 

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