HomeSentenzeArticoliLegislazionePrivacyRicercaChi siamo
TAR Campania, Napoli, Sez. I, 12/2/2007 n. 973
Sulla fondatezza di una domanda di risarcimento dei danni proposta dalla seconda classificata nella procedura concorsuale, derivante da illegittima aggiudicazione dell'appalto.

E' fondata la richiesta di risarcimento dei danni di una società, quale seconda classificata in una procedura concorsuale espletata da un comune, derivante dall'illegittima aggiudicazione dell'appalto per l'esecuzione del servizio elettrico votivo nel civico cimitero, nonché per la sua manutenzione, in favore di una ditta carente del requisito dell'abilitazione ex lege n. 46/90, e che ha omesso d'indicare, nella documentazione allegata all'offerta, un responsabile tecnico avente i requisiti prescritti dalla legge. Il vizio dell'attività, illegittimamente posta in essere dal comune, si pone come particolarmente evidente, integrando senz'altro, quanto meno, l'elemento della colpa, che per la Cassazione va riferita all'Amministrazione intesa come apparato (piuttosto che al singolo funzionario agente), ed è presente quando "l'adozione e l'esecuzione dell'atto illegittimo (lesivo dell'interesse del danneggiato) sia avvenuta in violazione delle regole di imparzialità, di correttezza e di buona amministrazione alle quali l'esercizio della funzione amministrativa deve ispirarsi … in quanto si pongono come limiti esterni alla discrezionalità". E' chiaro, infatti, che nel caso di specie non sembra potersi ravvisare alcun errore scusabile, il cui accertamento impedirebbe, secondo parte della dottrina e della giurisprudenza che s'è occupata dell'argomento, di poter qualificare la condotta della P. A., nel suo complesso, come colposa.

Materia: appalti / gara

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE DELLA CAMPANIA - NAPOLI  PRIMA SEZIONE

composto dai Magistrati:

dr. ANTONIO GUIDA          Presidente

dr. PAOLO CORCIULO       Primo Referendario

dr. PAOLO SEVERINI          Primo Referendario, Estensore

alla pubblica udienza del 6 dicembre 2006 ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

sul ricorso n. 10703/2004 R. G., proposto da:

- ISERNIA IMPIANTI S. N. C., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli Avv. Sabato Saviano e Sabatino Rainone, ed, agli effetti del presente giudizio, domiciliata in Napoli, al Centro Direzionale, Isola C/2, sc. A (presso lo studio Capotorto – Sito);  

 

contro

- COMUNE DI PALMA CAMPANIA, in persona del Sindaco – legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avv. Luigi Romano, ed, agli effetti del presente giudizio, domiciliato in Napoli, alla via Firenze n. 32, presso lo studio dell’Avv. Umberto Bernardo;  

 

per la condanna

- del Comune intimato al risarcimento, in favore della società ricorrente, dei danni conseguenti al mancato affidamento dell’appalto per l’esecuzione del servizio elettrico votivo nel civico cimitero, nonché per la sua manutenzione per la durata di anni 10, appalto illegittimamente affidato in favore della ditta Cella Salvatore, con un’offerta percentuale sugli incassi (aggio) pari al 70%, ditta non in possesso dei requisiti richiesti dalla legge, anziché alla società “Isernia Impianti”, collocatasi al secondo posto con un’offerta percentuale sugli incassi (aggio) pari al 61,61%;  

VISTO l’atto introduttivo del giudizio, con i relativi allegati;

VISTO l’atto di costituzione in giudizio dell’Amministrazione;

VISTE le memorie, depositate dalle parti a sostegno delle rispettive difese;

VISTI gli atti tutti della causa;

UDITO, alla Camera di Consiglio del 6 dicembre 2006, il relatore dr. Paolo Severini;

UDITI, altresì, i difensori delle parti, come da verbale d’udienza;

RITENUTO e considerato, in fatto e in diritto, quanto segue:

 

FATTO

Con l’atto introduttivo del giudizio, la società ricorrente, premesso che nel 1994 aveva adito il T.A.R. Campania Napoli, impugnando l’aggiudicazione della gara, specificata in epigrafe, in favore della ditta “Cella Salvatore”, avvenuta nonostante il difetto, in capo a tale ditta, del requisito dell’abilitazione ex l. 46/90, e nonostante che quest’ultima non avesse specificato, nella documentazione allegata all’offerta, il nominativo del responsabile tecnico; che l’adito T.A.R., Prima Sezione, con sentenza n. 62 del 20.02.06, aveva accolto il ricorso, annullando i provvedimenti gravati; che il Comune di Palma Campania aveva interposto appello innanzi al Consiglio di Stato; che il Consiglio di Stato, con sentenza n. 33311 del 13.06.03, aveva confermato la pronuncia resa in primo grado; che, per effetto dell’illegittima aggiudicazione, in favore dell’altra concorrente, di tale gara, la società ricorrente aveva subito notevoli danni, quantificati, giusta relazione peritale depositata in giudizio, in euro 197.759,33, oltre spese per la relazione peritale, pari a euro 9.357,76; che la stessa ricorrente aveva, dapprima, notificato al Comune di Palma Campania, in data 17.01.04, le prefate sentenze del T.A.R. e del C.di S., e quindi, in data 5.02.04, un atto di costituzione in mora, cui aveva fatto seguito la redazione, in data 3.03.04, presso la sede del Municipio, di un verbale, nel quale era stato dato atto dell’impossibilità d’eseguire in forma specifica la sentenza n. 62 del 1996, per ragioni tecniche, restando salvo ed impregiudicato il diritto della ricorrente al risarcimento del danno, commisurato sull’intero periodo di svolgimento dell’appalto (dieci anni); al fine d’ottenere tale risarcimento la ricorrente proponeva pertanto il presente ricorso, articolando le seguenti censure: Giurisdizione del T. A. R. – Sussistenza del diritto al risarcimento dei anni – Applicabilità degli artt. 33 e 35 del d. l.vo n. 80/98; Applicabilità degli artt. 1223, 1226 e 2056 del codice civile: premessa la spettanza al T.A.R. della giurisdizione in materia, per sostenere il diritto ad ottenere il risarcimento del danno erano richiamati l’art. 35 del d. l.vo 80/98 e la sentenza n. 500/99 delle S. U. della Corte di Cassazione;  per ciò che concerneva la quantificazione del danno, si faceva rinvio alla somma risultante dalla suddetta relazione peritale, maggiorata di rivalutazione monetaria e d’interessi sino al soddisfo.  

In data 29.09.04 si costituiva in giudizio il Comune intimato, sostenendo che mancava la prova concreta circa la sussistenza di un pregiudizio patrimoniale subito dalla ricorrente, che non sussisteva il requisito della colpa della P. A. e che, in ogni caso, spettava al T.A.R., ex art. 35 cpv. d.l.vo 80/98, fissare i criteri per la determinazione, d’accordo tra le parti, dell’eventuale somma  dovuta a titolo di risarcimento del danno.

Seguiva il deposIto, in data 6.07.05, da parte del Comune, di una relazione tecnico – contabile, avente ad oggetto la quantificazione dei danni da corrispondere alla ricorrente.

In data 28.07.05 la società ricorrente depositava atto di motivi aggiunti in cui, a seguito della produzione in giudizio della suddetta relazione contabile da parte del Comune, formulava alcune osservazioni sia riguardo ala sussistenza, nella specie, del diritto al risarcimento del danno in suo favore, sia riguardo alla quantificazione del medesimo, sostenendo che esso era rappresentato dai mancati ricavi che la società avrebbe realizzato con l’esecuzione dell’appalto in questione, come risultante dalla relazione allegata al ricorso, laddove la quantificazione degli utili, operata ex adverso con la perizia, depositata il 6.07.05, era “macroscopicamente erronea”.  

All’udienza di merito del 6 dicembre 2006 il ricorso era trattenuto in decisione.

 

DIRITTO

Il presente giudizio ha ad oggetto, in primis, l’accertamento del diritto, vantato dalla società ricorrente, al risarcimento dei danni, derivanti dall’illegittima aggiudicazione dell’appalto, specificato in epigrafe, ad un’altra ditta e, quindi, dalla mancata aggiudicazione dello stesso appalto in suo favore, quale seconda classificata nella procedura concorsuale espletata dal Comune resistente, nonché – una volta risolto positivamente il punto che precede – la quantificazione del medesimo danno.       

A tal proposito, rileva, anzitutto, il Tribunale che la domanda di risarcimento del danno è, nella specie, pienamente ammissibile e fondata.

Quanto all’ammissibilità, contestata, sia pur genericamente, dalla difesa del Comune di Palma Campania, essa deriva, sul piano normativo, dal combinato disposto degli artt. 33 e 35 del d. l.vo 80/98, come sostituiti dall’art. 7 della l. 205/2000.

Rispetto al sistema, delineato da tali disposizioni legislative, è stato infatti osservato, dalla Corte regolatrice, quanto segue: “La giurisdizione sulla domanda di risarcimento dei danni da lesione di interessi pretensivi conseguente ad atti adottati da un ente pubblico non economico spetta al giudice amministrativo alla stregua di quanto disposto dall’art. 35, comma primo, del D. Lgs. 31 marzo 1998, n. 80, come modificato dall’art. 7 della legge 21 luglio 2000, n. 205, a norma del quale, nelle controversie devolute alla sua giurisdizione esclusiva, il giudice amministrativo dispone, anche attraverso la reintegrazione in forma specifica, il risarcimento del danno ingiusto, e dall’art. 7 della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, come modificato dall’art. 7 della citata legge n. 205 del 2000, a norma del quale il tribunale amministrativo regionale, nell’ambito della sua giurisdizione, conosce anche di tutte le questioni relative all’eventuale risarcimento del danno, avendo il legislatore con tali disposizioni, coerenti con la piena dignità di giudice riconosciuta al Consiglio di Stato dalla Costituzione e in attuazione dell’art. 24 Cost., inteso concentrare presso il medesimo giudice, sia nell’ambito delle materie devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, sia nell’ambito della giurisdizione generale di legittimità di tale giudice, anche la decisione sulla domanda di risarcimento del danno che il privato proponga congiuntamente o alternativamente a quella di annullamento dell’atto amministrativo che affermi illegittimo” (Cass. S. U., ord. n. 5078 del 9.03.05, Imparato c. Nucleo Aereo Acrobatico Parmense).

Con specifico riferimento alla materia, oggetto del presente ricorso, è stato, del resto, affermato di recente: “Annullata in sede giurisdizionale l’aggiudicazione di un appalto di servizi ad altra impresa, la domanda di risarcimento dei danni subiti dall’impresa ricorrente in conseguenza della mancata aggiudicazione rientra nella giurisdizione del giudice amministrativo, avendo la situazione soggettiva lesa dall’attività provvedimentale, ab origine, natura di interesse legittimo (interesse pretensivo)” (T. A. R. Sardegna, sez. I, 09 maggio 2006, n. 892)

Così sgombrato il campo da ogni dubbio circa l’ammissibilità della presente azione risarcitoria, e trascorrendo al profilo della fondatezza della medesima, osserva il Tribunale che essa è particolarmente evidente nella specie, atteso che l’illegittimità dell’aggiudicazione dell’appalto de quo in favore della ditta “Cella Salvatore”, carente del requisito dell’abilitazione ex lege n. 46/90, e che ha omesso d’indicare, nella documentazione allegata all’offerta, un responsabile tecnico avente i requisiti prescritti dalla legge, è stata accertata in entrambi i gradi di giudizio, prima, dalla Sezione, con la sentenza n. 62 del 1996 e, quindi, definitivamente dal Consiglio di Stato in s. g., in sede d’appello avverso la prefata decisione, con sentenza n. 3331/03 del 14.03 – 13.06.03.     

Osserva in particolare il Collegio come i danni lamentati dalla ricorrente, seconda classificata nella procedura concorsuale de qua, si pongano evidentemente in rapporto di necessaria derivazione logica, rispetto all’illegittima aggiudicazione dell’appalto in questione, concernente l’esecuzione del servizio elettrico votivo nel cimitero di Palma Campania, nonché la sua manutenzione per la durata di anni dieci, in favore della ditta “Cella Salvatore”.

Appare, infatti, chiaro che, qualora tale ultima ditta fosse stata esclusa dalla licitazione privata, a cagione del difetto dei requisiti di partecipazione, accertati in sede giurisdizionale, la gara stessa sarebbe stata aggiudicata alla ricorrente.             

Anzi è da dire – con ciò già trascorrendo all’ulteriore profilo dell’accertamento dell’elemento soggettivo, a fondamento della responsabilità cd. aquiliana – che il vizio dell’attività, illegittimamente posta in essere dal Comune di Palma Campania, si pone come particolarmente evidente, integrando senz’altro, quanto meno, l’elemento della colpa, che per la Cassazione va riferita all’Amministrazione intesa come apparato (piuttosto che al singolo funzionario agente), ed è presente quando “l’adozione e l’esecuzione dell’atto illegittimo (lesivo dell’interesse del danneggiato) sia avvenuta in violazione delle regole di imparzialità, di correttezza e di buona amministrazione alle quali l’esercizio della funzione amministrativa deve ispirarsi  … in quanto si pongono come limiti esterni alla discrezionalità”.

E’ chiaro, infatti, che nella specie non sembra potersi ravvisare alcun errore scusabile, il cui accertamento impedirebbe – secondo parte della dottrina e della giurisprudenza che s’è occupata dell’argomento – di poter qualificare la condotta della P. A., nel suo complesso, come colposa.

Il parametro più accettabile per l’individuazione d’un errore scusabile, infatti, è stato ravvisato nell’incertezza del quadro normativo di riferimento, derivante da contrasti giurisprudenziali e da divergenze interpretative tra gli organi della P. A.: è evidente come tale situazione non sia ipotizzabile nella specie, essendosi viceversa trattato di una palese violazione delle normativa legislativa e della lex specialis di gara, in una materia non caratterizzata da sensibili oscillazioni giurisprudenziali, sicché può affermarsi, senz’altro, la ricorrenza dell’elemento soggettivo della responsabilità ex art. 2043 cod. civ., nella forma della colpa grave.  

Quanto, poi, al nesso di causalità tra la condotta della P. A. ed i danni, subiti dalla società ricorrente, l’accertamento di tale ulteriore fondamento della responsabilità aquiliana è, per così dire, in re ipsa, posto che non è chi non veda come tra condotta e danno sussista, nella specie, un rapporto di necessaria derivazione logica, in considerazione della diretta compromissione, per effetto dell’azione amministrativa illegittima, dell’interesse legittimo di pertinenza della società ricorrente (rivolto ad ottenere l’aggiudicazione dell’appalto in questione).

La soluzione testé raggiunta, del resto, è perfettamente in linea con quanto affermato, in situazioni analoghe, dalla giurisprudenza amministrativa.

Si legga, in proposito, la seguente massima: “Il risarcimento del danno a favore del partecipante ad una gara pubblica, leso dall’aggiudicazione illegittima, non è una conseguenza automatica dell’annullamento giurisdizionale dell’aggiudicazione, richiedendosi la positiva verifica di tutti i requisiti previsti, e cioè la lesione della situazione soggettiva tutelata, la colpa dell’amministrazione, l’esistenza di un danno patrimoniale e la sussistenza di un nesso causale tra l’illecito ed il danno subito; conseguentemente, per quanto riguarda l’elemento soggettivo, si deve accedere ad una nozione di tipo oggettivo, che tenga conto dei vizi che inficiano il provvedimento, nonché, in linea con le indicazioni della giurisprudenza comunitaria, della gravità della violazione commessa dall’amministrazione, anche alla luce dell’ampiezza delle valutazioni discrezionali ad essa rimesse, dei precedenti giurisprudenziali, delle condizioni concrete e dell’apporto dato dai privati nel procedimento” (T. A. R. Sicilia Catania, sez. III, 20 ottobre 2005, n. 1792).

Stabilito, pertanto, che sussistono gli elementi per la condanna del Comune al risarcimento del danno ingiusto patito dalla società ricorrente, per la sua quantificazione, il Collegio ritiene d’avvalersi del sistema, disciplinato dall’art. 35, comma 2°, del d. l.vo 80/98, secondo cui il giudice amministrativo, quando dispone il risarcimento del danno ingiusto, può stabilire i criteri in base ai quali l’amministrazione pubblica (o il gestore del pubblico servizio) deve proporre, a favore dell’avente titolo, il pagamento di una somma entro un congruo termine (con la possibilità d’attivare il rimedio dell’ottemperanza, in caso di mancato raggiungimento d’un accordo tra le parti).

La scelta di un tale sistema di determinazione del danno presuppone, quindi, che il Tribunale detti i criteri, in base ai quali privato e P. A. devono accordarsi circa la somma effettiva da liquidare; nella specie, i criteri in esame non possono che prendere le mosse, naturalmente, da quanto sopra rilevato circa la spettanza, in favore della società ricorrente del danno, derivante dalla mancata aggiudicazione dell’appalto in suo favore, che va liquidato nella misura dell’utile netto ricavabile, dalla medesima società, dall’appalto in questione, come calcolato a fol. 18 della relazione di perizia stragiudiziale, prodotta dalla difesa del Comune di Palma Campania (€ 41.836,58).

Tra l’altro, osserva il Collegio, tale somma coincide, quasi esattamente, con il 10% dei ricavi netti (pari a € 441.782,74) che sarebbero stati conseguiti dalla società ricorrente, se la stessa fosse stata aggiudicataria dell’appalto, come calcolati a fol. 4 della predetta relazione di perizia contabile del Comune.

Tanto equivale a dire che la determinazione del danno, operata dal Comune di Palma Campania con la perizia contabile in atti, sostanzialmente corrisponde alla determinazione forfetaria ed automatica del margine di guadagno presunto nell’esecuzione di appalti pubblici, nella misura del 10% (criterio, condiviso dal Collegio, per la cui enunciazione si vedano, di recente, le decisioni del Consiglio Stato, sez. V, 11 novembre 2004, n. 7346; sez. VI, 15 febbraio 2005, n. 478).

Quanto alla richiesta del pagamento di rivalutazione ed interessi sull’importo di cui sopra (trattandosi di debito di valore, derivante da illecito extracontrattuale), tale voce di danno va, del pari, accordata dal Comune alla società ricorrente, ma limitatamente ai soli interessi, spettando certamente, alla medesima società, il diritto d’attualizzare il valore del risarcimento del danno, funzione alla quale è specificamente volta la previsione del riconoscimento degli interessi legali.

Quanto alla decorrenza di tale diritto al pagamento degli interessi legali, il Collegio ritiene equo – essendosi trattato di un appalto decennale, svolto, dalla ditta aggiudicataria dal 1994 al 2004 – fissarla a partire dal momento centrale dell’esecuzione contrattuale, vale a dire a partire dall’anno 1999.  

Quanto, invece, alla rivalutazione di tale somma, sulla base degli indici I. S. T. A. T., intesa come ristoro del mancato guadagno, provocato dal ritardato pagamento del risarcimento per equivalente monetario, osserva il Collegio come la società ricorrente non abbia fornito, in giudizio, alcuna prova della circostanza che, se avesse disposto di tale somma di danaro, sin dal momento della maturazione delle singole rate del credito, l’avrebbe investita in maniera più proficua, traendone il relativo maggiore guadagno, sicché tale parte della domanda risarcitoria va disattesa.

Quanto alle spese di giudizio, le stesse, in base alla regola della soccombenza, vanno poste a carico dell’Amministrazione comunale di Palma Campania e vanno liquidate, complessivamente, in € 1.500 (millecinquecento/00), oltre I. V. A. e C. A. P. come per legge.

 

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania, Sezione Prima, definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe (n. 10703/2004 R. G.), l’accoglie e per l’effetto condanna il Comune di Palma Campania al risarcimento, in favore della società ricorrente, del danno derivante dall’illegittima aggiudicazione dell’appalto, specificato in epigrafe, in favore di altra ditta e dalla mancata aggiudicazione del medesimo appalto in suo favore, danno da liquidarsi nei limiti, e secondo i criteri, indicati in parte motiva;

condanna il Comune di Palma Campania al pagamento in favore della società ricorrente delle spese del presente giudizio, che liquida in complessivi € 1.500 (millecinquecento/00), oltre I.V.A. e C.A.P. come per legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Così deciso, in Napoli, nella Camera di Consiglio del 6 dicembre 2006.

Il Presidente

(dott. Antonio Guida)

L’estensore

(dott. Paolo Severini)

 

Depositata in segreteria

il 12 febbraio 2007

HomeSentenzeArticoliLegislazioneLinksRicercaScrivici