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Consiglio di Stato, Sez. V, 22/2/2007 n. 929
Sull'illegittimità di una disposizione regolamentare che impone ai consiglieri comunali di motivare le richieste di accesso ahli atti del comune.

Il diritto di accesso del consigliere comunale agli atti del comune assume un connotato tutto particolare, in quanto finalizzato "al pieno ed effettivo svolgimento delle funzioni assegnate al consiglio comunale". Ne consegue che sul consigliere comunale, pertanto, non grava, né può gravare, alcun onere di motivare le proprie richieste d'informazione, né gli uffici comunali hanno titolo a richiederle ed conoscerle ancorché l'esercizio del diritto in questione si diriga verso atti e documenti relativi a procedimenti ormai conclusi o risalenti ad epoche remote. Diversamente opinando, infatti, la struttura burocratica comunale, da oggetto del controllo riservato al consiglio, si ergerebbe paradossalmente ad "arbitro", per di più, senza alcuna investitura democratica, delle forme di esercizio della potestà pubbliche proprie dell'organo deputato all'individuazione ed al miglior perseguimento dei fini della collettività civica. L'esistenza e l' "attualità" dell'interesse che sostanzia la speciale actio ad exhibendum devono quindi ritenersi presunte juris et de jure dalla legge, in ragione della natura politica e dei fini generali connessi allo svolgimento del mandato affidato dai cittadini elettori ai componenti del consiglio comunale. Pertanto, è illegittima una disposizione del regolamento comunale che imponga ai consiglieri comunali di motivare le richieste di accesso agli atti del comune.

Materia: enti locali / accesso agli atti

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

IL CONSIGLIO DI STATO IN SEDE GIURISDIZIONALE Sezione Quinta          

ha pronunciato la seguente

 

DECISIONE

sul ricorso n. 5429 del 2006, proposto dal signor Giovanni De Paoli, rappresentato e difeso dall’avv. Federico Sorrentino e dall’avv. Daniele Granara, elettivamente domiciliato presso il primo in Roma, Lungotevere delle Navi 30;

 

contro

il Comune di Varese Ligure, rappresentato e difeso dall’avv. Luig Cocchi e dall’avv. Gabriele Pafundi, elettivamente domiciliato presso il secondo in Roma, viale Giulio Cesare 14;

 

e nei confronti

del signor Davide Merciari, non costituito in giudizio;

 

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria, 22 maggio 2006 n. 474, resa tra le parti.

Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune appellato;

Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;

Visti gli atti tutti della causa;

Relatore alla pubblica udienza del 17 ottobre 2006 il consigliere Marzio Branca, e uditi gli avvocati Federico Sorrentino e Gabriele Pafundi.

Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.

 

FATTO

Il signor Giovanni De Paoli, consigliere comunale in Varese Ligure, con istanze in data 29 dicembre 2005, 30 gennaio e 28 gennaio 2006, ha chiesto l’accesso a documenti in possesso del predetto Comune.

Con nota in data 11 febbraio 2006 il Segretario comunale ha invitato il richiedente a prendere visione degli atti presso gli uffici ed ha richiederne copia solo in quanto strettamente indispensabile.

Il sig. De Paoli ha proposto ricorso al TAR Liguria per l’annullamento della detta nota e per l’accertamento del diritto all’accesso a norma dell’art. 25 e seguenti della legge n. 241 del 1990.

Dopo la notificazione del ricorso il Comune ha parzialmente accolto le richieste del ricorrente, e il TAR ha dichiarato il ricorso in parte improcedibile ed in parte infondato, ritenendo legittimo che l’accesso ai documenti da parte del consigliere comunale sia subordinato ad adempimenti di carattere formale.

Il sig. De Paoli ha proposto appello chiedendo la riforma delle sentenza e l’accertamento del diritto all’accesso agli atti non ancora rilasciati.

Il Comune di Varese Ligure si è costituito in giudizio ed ha depositato memoria per resistere al gravame

Alla pubblica udienza del 17 ottobre 2006 la causa è stata trattenuta in decisione.

 

DIRITTO

La sentenza viene contestata in primo luogo con riguardo alla proposizione con la quale si è ritenuto legittimo il diniego di accesso ai documenti del Comune, opposto al consigliere comunale ricorrente, perché le richieste erano state indirizzate al sindaco anziché al segretario comunale, come previsto dall’art. 26 del Regolamento del consiglio comunale.

L’appellante ha dedotto che l’inosservanza di una norma regolamentare di carattere meramente organizzatorio non può impedire l’esercizio del diritto sancito dall’art. 42, comma 3, del d.lgs. 18 agosto 2000 n. 267, sia perché il Sindaco è il rappresentante legale dell’Ente, sia perché le richieste avanzate dal ricorrente sono comunque pervenute all’organo competente ad evaderle.

Il motivo è fondato.

In disparte la circostanza, sottolineata dall’appellante, che, a norma dell’art. 26 del Regolamento consiliare, le richieste non debbono essere indirizzate al segretario comunale, ma vanno presentate “presso la Segreteria Comunale”, la norma in questione non può aver altro significato che quello di indicare l’ufficio cui le richieste di accesso vanno presentate al fine di garantirne la sicura e sollecita trattazione. La tesi che la richiesta di accesso ad atti del Comune debba essere indirizzata al segretario comunale a pena di inammissibilità sembra andare ben al di là di ogni più fantasiosa interpretazione.

E va detto, ad onor del vero, che nella nota impugnata una simile tesi viene neppure adombrata.

Il secondo ordine di censure concerne le proposizioni con le quali la sentenza appellata ha affermato la legittimità della norma del regolamento che impone al consigliere comunale di indicare le finalità per le quali richiede l’accesso agli atti del Comune.

L’appellante ha osservato che il diritto di accesso non può subire compressioni per pretese esigenze di natura burocratica, perché ne risulterebbe ostacolato l’esercizio del mandato istituzionale.

La censura è fondata.

La giurisprudenza amministrativa ha avuto occasione di affermare, con recenti e puntuali decisioni (Cons. St. Sez. V, 9 dicembre 2004, n. 7900; 2 settembre 2005 n. 4471), che il diritto di accesso del consigliere comunale agli atti del Comune assume un connotato tutto particolare, in quanto finalizzato “al pieno ed effettivo svolgimento delle funzioni assegnate al Consiglio comunale”.

Ne consegue che “Sul consigliere comunale, pertanto, non grava, né può gravare, alcun onere di motivare le proprie richieste d’informazione, né gli uffici comunali hanno titolo a richiederle ed conoscerle ancorché l’esercizio del diritto in questione si diriga verso atti e documenti relativi a procedimenti ormai conclusi o risalenti ad epoche remote.

Diversamente opinando, infatti, la struttura burocratica comunale, da oggetto del controllo riservato al Consiglio, si ergerebbe paradossalmente ad “arbitro” - per di più, senza alcuna  investitura democratica - delle forme di esercizio della potestà pubbliche proprie dell’organo deputato all’individuazione ed al miglior perseguimento dei fini della collettività civica.

            L’esistenza e l’«attualità» dell’interesse che sostanzia la speciale actio ad exhibendum devono quindi ritenersi presunte juris et de jure dalla legge, in ragione della natura politica e dei fini generali connessi allo svolgimento del mandato affidato dai cittadini elettori ai componenti del Consiglio comunale.” (sent. n. 4471/05).

Da tale orientamento il Collegio non ha motivo di discostarsi, e pertanto l’appello merita accoglimento.

L’accoglimento dell’appello conduce alla riforma della sentenza impugnata anche con riguardo alla statuizione sulle spese, le quali, in ragione della soccombenza del Comune, vanno poste a carico del medesimo per entrambi i gradi del giudizio, nella misura indicata in dispositivo.

 

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, accoglie l’appello in epigrafe, e per l’effetto, in riforma della sentenza appellata, a norma dell’art. 25 comma 6 della l. n. 241 del 1990 ordina al Segretario del Comune di  Varese Ligure l’esibizione dei documenti richiesti dall’appellante e il rilascio delle relative copie;

condanna il Comune al pagamento in favore del consigliere Giovanni De Paoli delle spese di entrambi i gradi di giudizio, e ne liquida l’importo in Euro 5.000,00;

ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità Amministrativa.

Così deciso in Roma, nella  camera di consiglio del 17 ottobre 2006 con l'intervento dei magistrati:

Raffaele Iannotta                                 Presidente

Chiarenza  Millemaggi Cogliani Consigliere

Cesare Lamberti                                  Consigliere

Marco Lipari                                       Consigliere

Marzio Branca                         Consigliere est.

 

L'ESTENSORE                                  IL PRESIDENTE

F.to Marzio Branca                             F.to Raffaele Iannotta

 

IL SEGRETARIO

F.to Antonietta Fancello

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

22 febbraio 2007

(Art. 55 L. 27/4/1982, n. 186)

IL DIRIGENTE

F.to Antonio Natale

 

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