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Consiglio di Stato, Sez. VI, 22/3/2007 n. 1369
Nel caso di trattativa privata relativa ad un appalto di servizio di valore eccedente la soglia comunitaria la procedura deve essere preceduta dalla pubblicazione di un bando di gara.

In una procedura in cui il valore dell'appalto di servizi eccede la soglia comunitaria si applica il disposto di cui all'art. 7 del d.lgs. 17 marzo 1995, n. 157, secondo cui anche nel caso di trattativa privata la procedura deve essere preceduta dalla pubblicazione di un bando di gara con il rispetto, quindi, delle disposizioni relative alla sua pubblicazione e dei termini fissati dal legislatore comunitario (direttiva 92/50/CEE) e recepiti con il decreto legislativo anzidetto.
Nel caso di specie, ciò è del tutto mancato, con il conseguente pregiudizio per le concorrenti di dover formulare offerte in termini molto inferiori rispetto a quelli previsti dalla norma primaria e senza possibilità, quindi (anche per l'assenza di criteri valutativi preventivamente definiti) di formulare offerte sufficientemente meditate (laddove, peraltro, una delle concorrenti era, invece, da tempo in possesso di tutti i dati conoscitivi utili alla formulazione di un'offerta completa).
Pertanto, è illegittimo l'affidamento a trattativa privata del servizio di telefonia disposto da un comune ad una società in quanto la procedura in questione non avrebbe potuto essere sottratta alla pubblicizzazione mediante apposito bando di gara essendo il valore dell'appalto eccedente la soglia comunitaria.

Materia: appalti / bando di gara

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la seguente

 

DECISIONE

sul ricorso in appello n. 6493/2006, proposto dalla società TELECOM ITALIA s.p.a., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’avv. presso cui domicilia in Roma, viale Parioli 180,

 

contro

la società VODAFONE OMNITEL s.p.a., in persona del legale rappresentante p.t., costituitasi in giudizio, rappresentata e difesa dagli avv.ti Claudio Guccione e Pietro Maria Tantalo e presso gli stessi elettivamente domiciliata in Roma, via del Consolato 6,

 

e nei confronti

del Comune di NAPOLI, in persona del Sindaco p.t., costituitosi in giudizio, rappresentato e difeso dagli avv.ti Edoardo Barone e Giuseppe Tarallo ed elettivamente domiciliato in Roma, Lungotevere Flaminio 46, pal. 4, sc. b, presso il dott. Gian Marco Grez,

 

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale della Campania, sede di Napoli, Sezione VII, n. 3304 del 31 marzo 2006;

visto il ricorso in appello con i relativi allegati;

visti gli atti di costituzione in giudizio della società appellata e del Comune di Napoli e le memorie prodotte dalla prima a sostegno delle proprie difese;

visti gli atti tutti di causa;

relatore, alla pubblica udienza del 6 febbraio 2007, il Consigliere Paolo Buonvino;

uditi, per le parti, l’avv. Mario Sanino e, per delega dell’avv. Pietro Maria Tantalo, l’avv. Andrea Manzi;

visto il dispositivo n. 51 del 9 febbraio 2007.

Ritenuto e considerato, in fatto e in diritto, quanto segue:

 

FATTO

1) - Con la sentenza appellata il TAR ha accolto il ricorso proposto dalla società Vodafone Omnitel s.p.a. per l'annullamento:

 - della nota prot. n. 308 del 12 maggio 2005, emessa dal dirigente del Servizio Provveditorato del Comune di Napoli, con cui è stata data comunicazione alla società ricorrente delle determinazioni n. 8 del 15 marzo 2005 e n. 15 del 5 maggio 2005 con le quali il Comune ha proceduto ad affidare alla società Telecom Italia Mobile il servizio di telefonia mobile fino al 31 dicembre 2006 (sistema di comunicazione voce/dati su rete mobile, riferito alle attuali 720 utenze nella disponibilità dell'amministrazione, incrementabili sino a 1000) sino alla concorrenza dell'importo di Euro 652.000,00;

 - della determinazione prot. n. 8 del 15 marzo 2005;

 - della determinazione prot. n. 15 del 5 maggio 2005, con la quale è stato approvato lo schema di contratto a parziale modifica dello schema di contratto allegato alla determina n. 8/2005;

 - della nota del 25 febbraio 2005 del dirigente del Servizio sviluppo organizzativo e dei sistemi  gestionali ed informativi;

 - di tutti gli atti presupposti, preparatori, connessi e consequenziali, con particolare riferimento all'eventuale contratto, ove sia stato stipulato.

Con il ricorso di primo grado è stato anche chiesto il riconoscimento del diritto della società ricorrente al risarcimento dei danni subiti e subendi a seguito dei provvedimenti impugnati; tale domanda è stata, però, rigettata.

2) - Il TAR, in particolare, dopo avere rigettato l’eccezione di difetto di giurisdizione del giudice amministrativo e dopo aver rilevato come l’intimante non avesse, in effetti, contestato la scelta dell’amministrazione di procedere a trattativa privata, ha ritenuto, anzitutto, nel merito che la procedura in questione non avrebbe potuto essere sottratta alla pubblicizzazione mediante apposito bando di gara, giusta art. 7, comma 1, ed art. 8 del d.lgs. n. 157/1995, così rimanendo anche assoggettata al resto delle previsioni di cui ai successivi artt. 10 e 23 dello stesso testo normativo; non essendo stato, così, rispettato, in particolare, l'intervallo minimo di 10 giorni prescritto fra richieste della stazione appaltante e produzione delle offerte (art. 10) e la predeterminazione dei criteri di aggiudicazione (art. 23).

Il TAR ha ritenuto, poi, utile (anziché definire il giudizio sulla base dell’accoglimento di tale censura e salvo, come si è visto, il rigetto della pretesa risarcitoria) procedere all’esame anche delle altre doglianze in considerazione del fatto che, quand'anche si fosse voluto seguire il Comune nell'assunto che l'azione amministrativa potesse procedere libera da rigidi e predefiniti vincoli, la conclusione non sarebbe stata diversa.

Al riguardo i primi giudici, disattendendo le difese del Comune, hanno rilevato, anzitutto, che l'urgenza nel dover procedere non poteva che essere imputata al medesimo che, a fronte di un impegno ad agire previsto in un provvedimento del mese di maggio del 2004 e di contratti in scadenza il 31 dicembre 2004, si era attivato solo il 13 dicembre; e che neppure poteva convenirsi sulla tesi comunale della ripartizione in due fasi della procedura, che non solo urtava con l’invocata urgenza nel provvedere, ma che appariva quale una sorta di costruzione successiva, tesa a replicare agli assunti della ricorrente. 

In particolare, ha osservato il TAR, la locuzione “indagine di mercato” utilizzata nella richiesta del 13 dicembre non poteva assumere il significato che il Comune ha inteso, poi, conferirle: di una prima fase cui sarebbe seguita non la trattativa privata con il soggetto la cui proposta fosse risultata la più confacente alle esigenze tecnico-economiche della P.A., ma una seconda fase tesa a promuovere le offerte vere e proprie; ciò che non era, in quanto la richiesta del 13 dicembre 2004  era dettagliata, parlava di “offerte” e non indicava alcuna seconda fase (tant'è che le offerte presentate contenevano il costo della voce noleggio terminali, in ordine al quale non si sono resi necessari supplementi di indagini).

E' accaduto invece, ha osservato il TAR, che il Comune solo all'esito di un esame delle offerte prodotte si è reso conto della necessità di dover partire da dati più specifici per consentire la formulazione di proposte in concreto comparabili sotto il profilo del costo tariffario da ritenersi più conveniente; da qui la necessità di aprire una seconda fase.

Si è innestato a questo punto – hanno osservato, ancora, i primi giudici - l'aspetto più delicato della questione: la posizione di Tim (poi: Telecom Italia s.p.a.), soggetto in possesso dei dati (o parte di essi) necessari per procedere e, nel contempo, di partecipante alla procedura; di ciò l'Amministrazione si è resa conto,  tanto che il 24 gennaio 2005 è stata avanzata, a dati acquisiti, una nuova richiesta formale di offerta, in cui si parlava di "offerta telefonia mobile su ipotesi di traffico", si specificava la richiesta stessa e si prescriveva l'invio delle offerte in buste chiuse e sigillate; e proseguendo su detto sentiero garantista, questa volta si faceva luogo all'apertura dei plichi alla presenza dei rappresentanti dei quattro gestori.

Ebbene, ad avviso del Tribunale partenopeo tutto ciò smentiva, di per se, gli assunti sulla libertà assoluta delle forme e rendeva palese che l'errore dell'amministrazione si annidava a monte e, in particolare, nel non aver considerato che alcuna seria comparazione poteva esser fatta se non ponendo gli offerenti tutti in condizioni di conoscere le situazioni base (volumi di traffico, tipo di traffico e così via) sulle quali formulare le offerte; e che, ove non si fosse incorsi in tale vizio procedurale, si sarebbero evitate le denunce di violazioni della par condicio formulate dall’interessata allorché in appresso - già a conoscenza di offerte economiche non più poste in discussione, sia pur riferite soltanto alla voce noleggio telefonini, ed acquisite senza garanzie di segretezza - sono stati reperiti dati in possesso di uno solo dei partecipanti alla procedura e sono stati elaborati parametri valutativi per far luogo alle definitive conclusioni.

In definitiva, è stato notato dai primi giudici, la procedura, sia pur non astretta da vincoli specifici di forma, avrebbe dovuto attuarsi in assoluta trasparenza; se del caso, coinvolgendo a monte tutti e quattro i gestori nella identificazione degli elementi sui quali poi produrre le offerte; la loro condivisione, ovvero la concorde individuazione fra amministrazione e gestori, aspiranti alla fornitura delle prestazioni, dei profili tecnici più idonei per sovvenire alle esigenze della prima avrebbe non solo assicurato il rispetto dei principi di cui si discute, ma avrebbe garantito la stessa amministrazione sulla bontà della scelta finale che si sarebbe avuta confrontando semplicemente offerte economiche formulate in relazione a prestazioni rese certe a monte nella loro effettiva consistenza e pure, per quanto possibile, con metodo condiviso.

Tale indicazione, ad avviso del TAR, non voleva prefigurare un percorso obbligato, ma sarebbe stata idonea alla bisogna, mentre l'iter percorso dall'amministrazione non lo è stato (donde la fondatezza delle doglianze esaminate), essendosi accertato un procedere sia pur solo potenzialmente premiale nei confronti di una impresa in concorrenza.

In conclusione, è stata accolta, nella sua globalità, la domanda di annullamento degli atti impugnati, essendo risultato viziato ab origine l'intero procedimento.

3) – La sentenza è impugnata dalla società Telecom Italia s.p.a. che ne deduce l’erroneità in quanto il procedimento seguito dal Comune di Napoli sarebbe stato del tutto legittimo, trasparente e validamente motivato, sicché correttamente l’appalto di servizi di cui si tratta sarebbe stato affidato alla deducente.

Del pari correttamente, poi, il Comune, ricorrendone i requisiti di legge, avrebbe fatto ricorso ad una trattativa privata senza pubblicazione di un bando di gara, anche perché tutti e quattro i gestori nazionali sono stati chiamati a parteciparvi.

Si è costituita in giudizio la società Vodafone, che insiste, nelle proprie difese, per il rigetto dell’appello e la conferma della sentenza impugnata.

Si è anche costituito in giudizio, ad adjuvandum, il Comune di Napoli, che insiste per l’accoglimento del presente gravame.

4) – L’appello è infondato.

Quanto alla censura secondo cui, contrariamente a quanto ritenuto dal TAR, il Comune avrebbe reso disponibile per tutti i partecipanti i dati necessari per formulare le offerte e che, attesa la complessità tecnica dell’indagine, avrebbe anche consentito a tutti i soggetti invitati di svolgere le proprie osservazioni e di ottenere qualsiasi chiarimento di cui questi avessero necessitato (e proprio per tale motivo avrebbe ritenuto di richiedere, a tutti i concorrenti, un’ulteriore specificazione di ciascuna delle loro offerte, sulla base dei dati di traffico telefonico in possesso del Comune medesimo), la stessa appare priva di consistenza in quanto nella specie si verte (al di la della formulazione verbale utilizzata dal Comune di semplice “indagine di mercato” o di “gara ufficiosa”) in un’ipotesi di confronto concorrenziale tra imprese, in seno al quale queste sono state invitate non solo a formulare (con nota n. 1040 del 13 dicembre 2004) una specifica offerta in ordine alla realizzazione del sistema di comunicazione su rete mobile e alla fornitura di servizi di telefonia mobile, assistenza, manutenzione e aggiuntivi, ma sono state, successivamente, invitate (dopo che le offerte stesse erano state aperte in seduta non pubblica da tre funzionari del Servizio Provveditorato) ad integrare l’offerta stessa sulla base di dati in possesso, in precedenza, di una sola delle imprese invitate e, cioè, il gestore uscente Telecom (nota 24 gennaio 2005, n. 96, con la quale è stato chiesto di indicare, per ogni voce della tabella, in base ai minuti di traffico per singola direttrice, all’eventuale canone e alla tassa governativa per 732 utenze, al numero di SMS indicato, il tutto applicando la migliore condizione tra quelle già indicate nelle offerte inviate in riscontro alla citata richiesta del 13 dicembre 2004).

Ebbene, da quanto precede emerge che la procedura, svoltasi senza che neppure risulti la formale costituzione di una commissione valutatrice (tutte le operazioni valutative essendo state esperite direttamente da tre funzionari del predetto Servizio Provveditorato, mentre non risultano prodotti formali provvedimenti di nomina quali commissari), non è stata preceduta dalla fissazione di alcun criterio valutativo, con la conseguenza che gli apprezzamenti in concreto operati (indipendentemente dalla loro  logica e coerenza) sono stati, comunque, effettuati a posteriori, senza preventiva individuazione di alcun criterio valutativo di riferimento ai fini della concreta assegnazione dei punteggi relativi alle singole offerte e senza, quindi, che i concorrenti stessi abbiano potuto modulare le rispettive offerte sulla base di criteri valutativi predefiniti.

Ciò che ben può avere influito – anche tenuto conto dei brevissimi termini assegnati sia ai fini della formulazione dell’offerta originaria, sia di quella integrativa – sulla possibilità, per le concorrenti, di produrre offerte attentamente e consapevolmente meditate in rapporto a precisi parametri valutativi preventivamente resi ad esse noti.

Si aggiunga che le prime offerte sono state formulate in una situazione in cui i dati conoscitivi erano stati forniti in termini insufficienti (tanto da richiedere la detta offerta integrativa), ma che una della concorrenti medesime (il gestore uscente) era precedentemente in possesso dei dati stessi; e che, allorché quest’ultima ha fornito tali dati al Comune e questi sono stati trasmessi anche alle altre concorrenti per la detta integrazione (riguardante, ad ogni buon conto, solo una parte dell’originaria offerta che, per altra parte, è rimasta ferma), si è verificata, comunque, una situazione di vantaggio per lo stesso gestore uscente, che ha potuto fornire una meditata offerta avendo, fin dall’inizio, la pienezza dei dati necessari alla sua formulazione, mentre le altre concorrenti hanno dovuto provvedere negli strettissimi termini offerti dall’amministrazione; ciò che appare sintomo di disparità di trattamento.

E, ancora, va rilevato che le prime offerte (quelle formulate in base alla ripetuta nota del 13 dicembre 2004) sono state aperte in seduta non pubblica, ciò che urta con i pacifici principi in merito alla pubblicità dell’apertura delle offerte; e non rileva che le offerte integrative siano state, poi, aperte in seduta pubblica; ciò in quanto le offerte originarie contenevano anche una parte in relazione alla quale non è stata chiesta alcuna integrazione e che, nel corso di detta prima seduta, ha costituito oggetto di definitivo apprezzamento, donde, comunque, l’illegittimità di tale parziale valutazione.

In definitiva, deve ritenersi che la procedura in questione non abbia offerto alcun margine di garanzia delle operazioni valutative sotto il profilo della trasparenza delle stesse e del rispetto dei principi della par condicio e di quelli che presiedono alle procedure ad evidenza pubblica; e che lo stesso sdoppiamento della procedura in due fasi, certamente non previsto al momento dell’invito a produrre le originarie offerte, non appare in grado di sanare la stessa, apparendo non solo del tutto irrituale, in quanto non previsto originariamente, ma anche, come si è visto, produttivo di ulteriori forme di disparità di trattamento e ulteriore manifestazione di sostanziale opacità dell’operato dell’amministrazione.

Già tanto basterebbe al rigetto dell’appello.

5) - Per completezza ritiene, peraltro, il Collegio di dover esaminare anche le ulteriori doglianze svolte con il presente gravame.

Deduce, invero, l’appellante che l’art. 92 del r.d. n. 827 del 1924 consentirebbe di trattare con un solo soggetto, eventualmente (se ritenuto più conveniente) previo interpello di più ditte (gara informale, indagine di mercato etc.), in una fattispecie che ricadrebbe nell’ipotesi derogatoria prevista dall’art. 7, comma 2, lettera b), del d.lgs. n. 157 del 1995, ai cui sensi gli appalti possono essere aggiudicati a trattativa privata senza la preliminare pubblicazione di un bando di gara qualora per motivi di natura tecnica l’esecuzione dei servizi possa venire affidata unicamente ad un particolare prestatore di servizi; ebbene, il servizio di cui si tratta ricadrebbe proprio nella disciplina derogatoria ora detta, donde l’erroneità della sentenza appellata che ha ritenuto illegittima la procedura in esame non essendo stata preceduta dalla doverosa pubblicazione di un bando.

Aggiunge, inoltre, l’appellante che, poiché tutti e quattro i gestori nazionali hanno partecipato, a parità di condizioni, alla procedura in questione, ben si potrebbe ritenere assolto il rispetto sostanziale delle regole di trasparenza, imparzialità e non discriminazione che sono sottese alle rigide regole imposte dal citato decreto legislativo e dalla disciplina comunitaria.

Anche tali doglianze non possono essere condivise.

Nella specie si verte, come rilevato dal TAR e come incontestato in questa sede, in una procedura in cui il valore dell’appalto di servizi eccede la soglia comunitaria.

Trova, per l’effetto, applicazione il disposto di cui all’art. 7 del d.lgs. 17 marzo 1995, n. 157, secondo cui anche nel caso di trattativa privata la  procedura deve essere preceduta dalla pubblicazione di un bando di gara con il rispetto, quindi, delle disposizioni relative alla sua pubblicazione ed al rispetto dei termini fissati dal legislatore comunitario (direttiva 92/50/CEE) e recepiti con il decreto legislativo anzidetto; ciò che, nella specie, è del tutto mancato, con il conseguente pregiudizio per le concorrenti di dover formulare offerte in termini molto inferiori rispetto a quelli previsti dalla norma primaria e senza possibilità, quindi (anche per l’assenza di criteri valutativi preventivamente definiti) di formulare offerte sufficientemente meditate (laddove, peraltro, una delle concorrenti era, invece, da tempo in possesso di tutti i dati conoscitivi utili alla formulazione di un’offerta completa).

Né può ritenersi applicabile, nel caso in esame, il disposto derogatorio di cui all’invocato art. 7, comma 2, lettera b), del citato d.lgs. n. 157/1995; ciò in quanto, in tal caso, la deroga vale nell’ipotesi in cui  l’esecuzione dei servizi possa venire affidata (in considerazione delle eccezionali ed esclusive caratteristiche tecniche dell’appalto da affidare) solo ad un particolare prestatore di servizi, laddove, nella specie, il ventaglio dei possibili aggiudicatari era certamente più ampio, dal momento che sono stati invitati quattro competitori; e ciò non senza dire che la pubblicazione del bando avrebbe anche potuto, in ipotesi, sollecitare offerte di altri competitori, nazionali o comunitari, in grado, ad esempio, di avvalersi dei servizi di rete offerti dai detti quattro concorrenti chiamati direttamente a partecipare (e, in ogni caso, l’amministrazione non ha dimostrato che l’appalto, per le sue intrinseche caratteristiche tecniche, non avrebbe potuto essere assegnato se non a uno di tali operatori); con la conseguenza che il semplice invito a questi ultimi a partecipare non vale a far superare le ragioni di illegittimità della eccezionale procedura prescelta.

Quanto alle ragioni di urgenza addotte dall’Amministrazione a giustificazione di questa, vale quanto rilevato al riguardo dal TAR - e rimasto, in questa sede, incontestato – circa la sostanziale responsabilità del Comune stesso nell’avere ingiustificatamente tardato nell’avviare la procedura.

6) - Fa notare, infine, l’appellante come, proprio in relazione alla verifica delle valutazioni tecnico-discrezionali ed alle esigenze di imparzialità e trasparenza sia stato affermato dalla giurisprudenza (Sezione V, 19 giugno 2006, n. 3684) il principio per cui la valutazione delle offerte tecniche possa avvenire prima dell’apertura delle buste contenenti tali offerte, mentre l’apertura delle buste contenenti la documentazione amministrativa e l’accertamento della sussistenza dei requisiti di ammissione non è ostativa alla successiva formulazione di detti criteri.

Anche tale rilievo è privo di consistenza; a parte la non precisa indicazione del precedente (che è, in effetti, la decisione della Sezione V n. 3584/2006) e la non chiara formulazione del principio enunciato nella prima parte della censura (secondo cui la giurisprudenza avrebbe affermato che la valutazione delle offerte tecniche possa avvenire prima dell’apertura delle buste contenenti tali offerte), vi è da dire che il principio contenuto in tale decisione è quello per cui in  una gara d’appalto la Commissione giudicatrice può introdurre elementi di specificazione e integrazione dei criteri generali di valutazione delle offerte già indicati nel bando di gara o nella lettera d’invito, oppure fissare sottocriteri di adattamento di tali criteri o regole specifiche sulle modalità di valutazione, a condizione, però, che vi provveda prima dell’apertura delle buste recanti le offerte stesse.

Nella specie, peraltro, la detta integrazione non ha riguardato affatto i criteri generali di valutazione delle offerte (che, come si è visto, non sono mai stati indicati, sia prima dell’originaria offerta che di quella integrativa), ma i contenuti dell’offerta stessa sulla base di dati in possesso, in precedenza, di uno solo dei concorrenti; donde l’irrilevanza, ai fini della presente controversia, di quanto dedotto con la censura in esame.

7) - Per tali motivi l’appello in epigrafe appare infondato e, per l’effetto, deve essere respinto.

Le spese del grado sono liquidate nel dispositivo.

 

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Sesta, respinge l’appello in epigrafe.

Condanna l’appellante al pagamento delle spese del grado a favore della società appellata, che liquida in complessivi euro 5000,00 (cinquemila/00) escluse IVA e CPA.

Compensa le spese del grado con riguardo al Comune di Napoli.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 6 febbraio 2007 con l’intervento dei sigg.ri:

Gaetano  TROTTA                 Presidente

Sabino LUCE                          Consigliere

Paolo BUONVINO                Consigliere est.

Domenico CAFINI                 Consigliere

Aldo SCOLA                          Consigliere

 

Presidente

GAETANO TROTTA

 

Consigliere                                          Segretario

PAOLO BUONVINO                       ANNAMARIA RICCI

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

il 22/03/2007

(Art. 55, L.27/4/1982, n.186)

 

Il Direttore della Sezione

MARIA RITA OLIVA

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