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Consiglio di Stato, Sez. VI, 2/5/2007 n. 1916
Sull'illegittimità della risoluzione di un contratto di subappalto per infiltrazione mafiosa.

L'adozione della misura interdittiva di cui all'art. 4 D. Lgs. n. 490/1994, con la quale si esclude dal mercato dei pubblici appalti l'imprenditore che sia sospettato di legami o condizionamenti mafiosi è preordinata all'obbiettivo di mantenere un atteggiamento intransigente contro rischi di infiltrazione mafiosa per contrastare un eventuale utilizzo distorto delle risorse pubbliche. Secondo l'indirizzo della giurisprudenza, la informativa non deve dimostrare l'intervenuta infiltrazione, essendo sufficiente la sussistenza di elementi dai quali sia deducibile il tentativo di ingerenza. Ciònondimeno la stessa giurisprudenza ha più volte ribadito come il delicato equilibrio tra gli opposti interessi che fanno capo, da un lato, alla presunzione di innocenza di cui all'art. 27 Cost. ed alla libertà d'impresa costituzionalmente garantita e, dall'altro, alla efficace repressione della criminalità organizzata, comporta che l'interpretazione della normativa in esame debba essere improntata a necessaria cautela); e che l'esigenza di contrastare i tentativi di infiltrazione mafiosa nel modo più efficace non esclude che la determinazione prefettizia (pur se espressione di un ampia discrezionalità) possa essere assoggettata al sindacato giurisdizionale sotto il profili della sua logicità e dell'accertamento dei fatti rilevanti. E' certamente arbitrario presumere che valutazioni e comportamenti riferibili alla famiglia di appartenenza o a singoli membri della stessa diversi dall'interessato debbano essere automaticamente trasferiti all'interessato medesimo. In difetto dunque di riscontri oggettivi che comprovino l'esistenza in concreto di comportamenti e situazioni dai quali possa desumersi il condizionamento mafioso, deve concludersi che l'informativa prefettizia non può trovare una valida giustificazione con il solo riferimento al richiamato legame di "parentela". Ne consegue che, è illegittima la risoluzione di un contratto di subappalto per infiltrazione mafiosa in quanto l'informativa prefettizia non può trovare una valida giustificazione con il solo riferimento al richiamato legame di "parentela".

Materia: appalti / disciplina

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la seguente

 

DECISIONE

sul ricorso in appello n. 4676/2006 proposto da:

 - ESSEVI COSTRUZIONI S.R.L. rappresentata e difesa dall’Avv. ANDREA ABBAMONTE con domicilio eletto in Roma  VIA DEGLI AVIGNONESI, 5 

 

contro

 - PREFETTURA DI NAPOLI, MINISTERO DELL'INTERNO-UFF. TERRITORIALE GOV. DI NAPOLI rappresentati e difesi dall’AVVOCATURA GEN. STATO con domicilio  in Roma  VIA DEI PORTOGHESI 12

 - ITALFERR S.P.A. rappresentata e difesa dall’Avv. AUGUSTO CHIOSI con domicilio  eletto in Roma  VIA AMITERNO 3   presso GIOVANNA BUONAVOGLIA

 - FALLIMENTO COSTRUZIONI FIRENZE S.P.A. IN LIQUIDAZIONE rappresentata e difesa dall’Avv. ALBERTO BIANCHI con domicilio  eletto in Roma VIA NOMENTANA, 76   presso MARCO SELVAGGI

 - QUESTURA DI CASERTA, QUESTURA DI NAPOLI non costituitesi;

 

per l'annullamento

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale CAMPANIA - NAPOLI :Sezione I  n.2533/2006, resa tra le parti, concernente RISOLUZIONE CONTRATTO DI SUBAPPALTO PER INFILTRAZIONE MAFIOSA ;

Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Avvocatura dello Stato, della Italferr spa e del Fallimento Costruzioni Firenze spa;

Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;

Visti gli atti tutti della causa;

Relatore alla pubblica udienza del 16 gennaio 2007 il Consigliere Lanfranco Balucani e uditi, altresì, l’Avv.to Soprano per Abbamonte, l’Avv.to Abbamonte Orazio per Chiasi, l’Avv.to Selvaggi per Bianchi e l’Avv.to dello Stato Spina;

Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:

 

FATTO

Con ricorso proposto dinanzi al Tar Campania, sede di Napoli, la Soc ESSEVI Costruzioni S.r.l. – autorizzata dalla ITALFERR S.p.a. alla stipula di un contratto di subappalto con la PONTELLO s.p.a (oggi COSTRUZIONI Firenze S.p.a) che si era resa aggiudicataria della gara d’appalto per i lavori di armamento binari e lavorazioni accessorie della stazione di Napoli S. Giovanni Barra, indetta dalla stessa ITALFERR – ha impugnato la nota informativa antimafia emessa dalla Prefettura di Napoli il 5.7.2004 che ha accertato in capo alla società ricorrente la sussistenza di tentativi di infiltrazione mafiosa ex art. 4 D.Lgs. n. 490/1994 e art. 10 D.P.R. n. 252/1998, e unitamente ad essa, la nota della COSTRUZIONI Firenze S.p.a. del 22.7.2004 con la quale è stata comunicata la risoluzione del contratto di subappalto stipulato con la ESSEVI Costruzioni.

A fondamento del gravame la ricorrente società deduceva i seguenti motivi di censura:

a) omessa comunicazione dell’avvio del procedimento;

b) eccesso di potere per carenza di motivazione;

c) eccesso di potere per inesistenza dei presupposti richiesti ai fini della informativa prefettizia.

Con la sentenza indicata in epigrafe il TAR adito ha respinto il ricorso avendo ritenuto infondati tutti i motivi dedotti dalla società ricorrente.

Nei riguardi di detta pronuncia la Soc. ESSEVI Costruzioni S.r.l. ha interposto appello riproponendo i motivi di gravame già prospettati nel giudizio di primo grado, e chiedendo altresì la condanna della Amministrazione al risarcimento dei danni “scaturenti dalla revoca dell’appalto de quo, danni da commisurarsi ex L. 741/81 al 10% della commessa non aggiudicata in ragione del mancato utile e della perdita di chances, per un ammontare di € 56.742,51 in uno a interessi, rivalutazioni e maggior danno ex art. 1224, comma 2°, Cod. civ., fatta salva la valutazione equitativa degli stessi”.

Resistono in giudizio il Ministero dell’Interno, la Soc. ITALFERR e il Fallimento della COSTRUZIONI Firenze S.p.a, che hanno controdedotto diffusamente ai motivi dell’atto d’appello, instando per la reiezione del medesimo.

 

DIRITTO

L’appello è fondato.

Con la impugnata informativa la Prefettura di Napoli ha ipotizzato la sussistenza di tentativi di infiltrazione mafiosa della criminalità organizzata nella gestione aziendale della società appellata.

E ciò sulla base, delle informazioni acquisite dagli Organi di Polizia, dalle quali è stata tratta la convinzione che la ricorrente società ESSEVI Costruzioni, derivante dalla trasformazione della EURO Costruzioni, nonostante il mutamento formale della denominazione e della sede, continui ad essere nella disponibilità degli stessi soggetti già soci e amministratori della EURO Costruzioni, nei cui confronti il Prefetto di Cosenza aveva emesso informativa antimafia con provvedimento del 12.4.2000.

Il Collegio ritiene che gli elementi indiziari posti alla base dell’informativa non siano di per sé sufficienti a giustificare l’adozione della misura interdittiva di cui all’art. 4 D. Lgs. n. 490/1994.

Al riguardo non può certo ignorarsi che la anzidetta disposizione – con la quale si esclude dal mercato dei pubblici appalti l’imprenditore che sia sospetto di legami o condizionamenti mafiosi – è preordinata all’obbiettivo di mantenere un atteggiamento intransigente contro rischi di infiltrazione mafiosa per contrastare un eventuale utilizzo distorto delle risorse pubbliche.

E’ bensì vero che, secondo l’indirizzo della giurisprudenza, la informativa non deve dimostrare l’intervenuta infiltrazione, essendo sufficiente la sussistenza di elementi dai quali sia deducibile il tentativo di ingerenza.

Ciònondimeno la stessa giurisprudenza ha più volte ribadito come il delicato equilibrio tra gli opposti interessi che fanno capo, da un lato, alla presunzione di innocenza di cui all’art. 27 Cost. ed alla libertà d’impresa costituzionalmente garantita e, dall’altro, alla efficace repressione della criminalità organizzata, comporta che l’interpretazione della normativa in esame debba essere improntata a necessaria cautela (cfr.in tal senso Cons. St. IV 4 maggio 2004, n. 2783; V, 27 giugno 2006, n. 4135); e che l’esigenza di contrastare i tentativi di infiltrazione mafiosa nel modo più efficace non esclude che la determinazione prefettizia (pur se espressione di un ampia discrezionalità) possa essere assoggettata al sindacato giurisdizionale sotto il profili della sua logicità e dell’accertamento dei fatti rilevanti.

Ciò posto, deve ritenersi che nella fattispecie in esame gli elementi cui si richiama la Prefettura non siano idonei a sorreggere l’impugnato provvedimento.

Deve anzitutto escludersi che la ricorrente società ESSEVI Costruzioni, continui ad essere nella disponibilità degli stessi soggetti nei cui confronti il Prefetto di Caserta aveva emesso la informativa interdittiva, e che essa dunque non sia altro che la continuazione della EURO Costruzioni.

Invero a seguito della informativa antimafia volta a contestare la posizione degli allora amministratori Gratto Alessandro e Santonicola Raffaele, con verbale di assembra straordinaria del 22.6.2000:

 - è stata modificata la denominazione sociale della società da EURO Costruzioni a ESSEVI Costruzioni;

 - è stata trasferita la sede locale della società da Caserta a Napoli;

 - sono stati sostituiti i precedenti amministratori essendosi nominato come amministratore unico Iadicicco Salvatore.

Successivamente, i soci di EURO Costruzioni, Scialla Carolina e Garatto Teresa, hanno ceduto le proprie quote sociali ai soci della nuova società ESSEVI Costruzioni, Iadicicco Salvatore e Di Lillo Giovanbatista.

Infine non solo i sig.ri Gratto Alessandro e Santinicola Raffaele, citati nella informativa prefettizia del 2000, non rivestono alcuna carica all’interno della ESSEVI Costruzioni, ma gli attuali soci e amministratori Iadicicco e Di Lillo non hanno con essi alcun rapporto di parentela.

Secondo la ricostruzione operata dalla Prefettura l’elemento di collegamento tra le compagini delle due società, sintomatico della continuazione di EURO Costruzioni, sarebbe costituito dalla circostanza che il sig Iadicicco, attuale socio e amministratore della ESSEVI Costruzioni è il cognato di Scialla Carolina, a sua volta moglie di Santonicola Raffaele, e già detentrice di una quota sociale nella EURO Costruzioni.

Ma da ciò non può trarsi la conclusione che il mutamento dell’assetto societario sarebbe soltanto apparente, e che esso rappresenterebbe un mero espediente volto ad evitare gli effetti della misura interdittiva adottata del Prefetto di Caserta.

Intanto deve darsi atto che le operazioni poste in essere all’indomani della informativa prefettizia emessa nei confronti di EURO Costruzioni - ove considerate su un piano oggettivo – palesano l’intendimento della società di liberarsi da ogni precedente condizionamento mafioso attraverso la integrale sostituzione della compagine sociale. Ed al riguardo è doveroso osservare che alla luce del principio costituzionale in tema di libertà di impresa (ex art. 42 Cost.), non può essere preclusa ad una impresa raggiunta da un informazione interdittiva la possibilità di continuare la propria attività, una volta che si sia “rigenerata” attraverso la sostituzione degli amministratori e degli stessi soci.

Quanto ai rapporti di parentela indicati nella relazione della Prefettura che sarebbero la spia della asserita continuità tra vecchia e nuova società, a parte il rilievo che in realtà il rapporto che lega lo Iadicicco a Sialla Carolina è di semplice affinità (trattandosi di cognati), ritiene il Collegio che tali rapporti non possano essere assunti quali indizio della non-estraneità della società ricorrente alle consorterie camorristiche, né tantomeno come prova che la società sia rimasta (pur se con diversa veste) nell’ambito della stessa cerchia familiare, e pertanto continui ad essere esposta a condizionamenti mafiosi.

La circostanza dunque che l’attuale socio e amministratore unico sia imparentato, o più esattamente legato da un rapporto di affinità con Scialla Carolina, il cui marito è ritenuto elemento collegato a clan mafiosi, non può essere di per sé prova sufficiente di infiltrazione mafiosa nella gestione dell’impresa, ove a tale dato anagrafico non si accompagni una acclarata frequentazione e comunanza di interessi con ambienti della criminalità, di cui peraltro non v’è traccia negli atti impugnati. Come ha avuto occasione di affermare la stessa Corte Costituzionale in una vicenda in cui si discuteva del possesso delle “qualità morali e di condotta” per l’ammissione ai concorsi in magistratura, è certamente “arbitrario……presumere che valutazioni e comportamenti riferibili alla famiglia di appartenenza o a singoli membri della stessa diversi dall’interessato debbano essere automaticamente trasferiti all’interessato medesimo” (così Corte Cost. 31 marzo 1994, n. 108).

In difetto dunque di riscontri oggettivi che comprovino l’esistenza in concreto di comportamenti e situazioni dai quali possa desumersi il condizionamento mafioso, deve concludersi che l’impugnata informativa prefettizia non può trovare una valida giustificazione con il solo riferimento al richiamato legame di “parentela”.

Per quanto precede l’appello in esame deve essere accolto e per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, deve essere annullata la informativa prefettizia e i provvedimenti ad essa conseguenti che sono stati oggetto di impugnativa

Sussistono giusti motivi per compensare le spese processuali inerenti i due gradi di giudizio tra le parti in causa.

 

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Sesta, accoglie il ricorso in appello indicato in epigrafe nei sensi e per gli effetti di cui in motivazione.

Spese compensate.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.

Così deciso in Roma dal Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale - Sez.VI - nella Camera di Consiglio del 13.2.2007, con l'intervento dei Signori:

Giovanni Ruoppolo                                         Presidente

Carmine Volpe                                    Consigliere

Giuseppe Romeo                                            Consigliere

Luciano Barra Caracciolo                                Consigliere

Lanfranco Balucani                                          Consigliere Est.

 

Presidente

GIOVANNI RUOPPOLO

Consigliere                                                      Segretario

LANFRANCO BALUCANI                         GIOVANNI CECI

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

il 02/05/2007

(Art. 55, L.27/4/1982, n.186)

 

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