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TAR Lazio, Sez. III, 3/12/2007 n. 12103
L'impresa extracomunitaria può partecipare alle gare indette in Italia.

E' legittimata a partecipare ad una gara indetta in Italia, per la forniture a pubbliche amministrazioni l'impresa extracomunitaria in quanto sebbene non sia diretta destinataria della normativa comunitaria sugli appalti pubblici prevista nelle direttive recepite dalla legislazione italiana, tuttavia non è questa una ragione di per sé sufficiente per escludere le imprese extracomunitarie dalla partecipazione a pubbliche gare d'appalto indette in ambito comunitario. Invero, l'ordinamento comunitario, anche in tema di pubblici appalti, non è chiuso e protezionistico ma è al contrario tendenzialmente aperto ed ispirato a principi di apertura degli appalti stessi alla concorrenza internazionale. L'impresa extracomunitaria sconta la propria non appartenenza al mercato unico solo nel non potersi avvalere del regime di certezza e pubblicità (albi, elenchi e simili) previsto per le imprese comunitarie, dovendo invece dimostrare il possesso dei requisiti generali a contrarre volta per volta e mediante le produzioni documentali richieste dalla p.a., e non nel divieto di partecipazione alle gare d' appalto.

Materia: appalti / gara

REPUBBLICA  ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio SEZIONE TERZA

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

sul ricorso 1080/2007  proposto da:

SOC ERREBIAN SPA

rappresentata e difesa da:

SORRENTINO AVV. FEDERICO

SERNICOLA AVV. MARIA ROSARIA

con domicilio eletto in ROMA

LUNGOTEVERE DELLE NAVI, 30

presso

SORRENTINO AVV. FEDERICO

 

contro

SOC CONSIP SPA - CONCESSIONARIA SERVIZI INFORMATICI PUBBLICI  

rappresentato e difeso da:

GUARINO AVV. ANDREA

con domicilio eletto in ROMA

P.ZZA BORGHESE, 3

presso il suo studio

 

e nei confronti di

SOC KARNAK SA 

 

per l’annullamento, previa sospensione,

-dell’aggiudicazione definitiva in favore di Karnak della gara telematica per la fornitura di carta in risme per stampanti, fax, fotocopiatori per le pubbliche amministrazioni, lotti 1, 3, 4 e 5;

-di ogni eventuale altro atto presupposto, connesso e conseguente, ivi compreso quello con il quale la controinteressata è stata ammessa alla gara;

Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visti i motivi aggiunti depositati il 21/30.3.2007, per l’annullamento degli atti suddetti e per il risarcimento del danno;

Visto l’atto di costituzione del giudizio di:

 SOC CONSIP SPA - CONCESSIONARIA SERVIZI INFORMATICI PUBBLICI

Viste le memorie difensive delle parti costituite;

Viste le ordinanza n. 846 del 22.2.2007 e n. 1565 del 5.4.2007(quest’ultima confermata in appello), di reiezione dell’istanza cautelare;

Visti gli atti tutti della causa;

Visto l’art. 23 bis comma sesto della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, introdotto dalla legge 21 luglio 2000, n. 205;

Uditi nella pubblica udienza del 7 novembre 2007, designato relatore il Consigliere Domenico Lundini, gli avvocati come da verbale di udienza;

Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:

                                                 

FATTO E DIRITTO

Con il ricorso in esame Errebian s.p.a. impugna l’aggiudicazione definitiva a favore di Karnak s.a. della gara telematica, suddivisa in 9 lotti geografici, indetta da Consip s.p.a. per la fornitura di carta in risme per stampanti, fax e fotocopiatori per pubbliche amministrazioni. La gara è stata indetta con avviso inviato per la pubblicazione sulla GURI e sulla GUUE il 13.6.2006, ed il relativo esito forma oggetto di contestazione limitatamente ai lotti 1, 3, 4 e 5, aggiudicati alla controinteressata e per i quali la ricorrente si è collocata al secondo posto della graduatoria finale stilata dalla Commissione di valutazione.

Con il primo motivo del ricorso introduttivo Errebian spa contesta sostanzialmente l’ammissione stessa di Karnak alla gara di cui trattasi, deducendo difetto di requisiti, violazione del D.Lgs. n. 358/92, violazione dei principi comunitari e nazionali in materia di appalti pubblici, violazione dei principi di trasparenza, imparzialità e buon andamento, nonché eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione.

Al riguardo assume, sotto un primo profilo, che Karnak s.a., in quanto avente sede nella Repubblica di San Marino e quindi in un paese extra-comunitario, non sarebbe stata legittimata a partecipare ad una gara come quella di cui trattasi, indetta in Italia, per forniture a pubbliche amministrazioni (e dunque non avrebbe dovuto esservi ammessa), ostandovi anzitutto -sia sotto l’aspetto della documentazione e requisiti richiesti, sia in relazione al novero dei fornitori di paesi “terzi” (non comunitari) ammessi a partecipare alle gare per pubbliche forniture- la specifica normativa, attuativa di direttive CEE ed applicabile ratione temporis alla procedura in questione (indetta infatti prima dell’entrata in vigore del Codice dei Contratti Pubblici di cui al D.Lgs. n. 163/2006), di cui al testo unico delle disposizioni in tema di appalti pubblici di forniture approvato con D.Lgs. n. 358 del 24.7.1992.

Gli assunti della ricorrente non sono condivisi dal Collegio.

E’ ben vero che la Repubblica di San Marino non ha aderito alla Comunità Europea e che essa dunque, in quanto “Paese terzo”, non è diretta destinataria della normativa comunitaria sugli appalti pubblici prevista nelle direttive recepite dalla legislazione italiana e, per quel che riguarda il caso di specie, dal D.Lgs. n. 358/92. E tuttavia non è questa ragione di per sé sufficiente per escludere le imprese sanmarinesi dalla partecipazione a pubbliche gare d’appalto indette in ambito comunitario.

Invero, l’ordinamento comunitario, anche in tema di pubblici appalti, non è chiuso e protezionistico ma è al contrario tendenzialmente aperto ed ispirato a principi di apertura degli appalti stessi alla concorrenza internazionale.

A questo proposito è stato già da tempo affermato in giurisprudenza che l’impresa extracomunitaria sconta la propria non appartenenza al mercato unico solo nel non potersi avvalere del regime di certezza e pubblicità (albi, elenchi e simili) previsto per le Imprese comunitarie, dovendo invece dimostrare il possesso dei requisiti generali a contrarre volta per volta e mediante le produzioni documentali richieste dalla Pubblica amministrazione, e non nel divieto di partecipazione alle gare d' appalto (vedi Tar Lombardia, MI, n. 93 del 23.1.1998).

E del resto, come correttamente afferma l’Amministrazione in sede difensiva, possono ben esistere trattati bilaterali fra l’Italia, o qualunque altro paese della Comunità europea, e un Paese terzo extra comunitario, che stabiscano criteri di completa reciprocità, per l’accesso dei soggetti appartenenti ai due diversi ordinamenti a procedure pubbliche d’appalto previste nei due Stati stipulanti, uno solo dei quali direttamente destinatario della normativa comunitaria. Tale principio non è minimamente intaccato dall’esistenza e dall’ineludibile  rilievo della normativa stessa, sempre che, ovviamente, la reciprocità sia posta in essere e concretamente attuata, quando si tratti di gare indette ad esempio dallo Stato italiano, sulla base dei medesimi principi imposti al relativo ordinamento dalla disciplina comunitaria.

Queste sono regole normalmente insite nei rapporti tra ordinamenti e che nella specifica materia che ne occupa hanno anche trovato consacrazione espressa negli artt. 47 e 38 comma 4 e comma 5 del D.Lgs. n. 163/2006.

Sebbene poi il nuovo codice dei contratti pubblici non si applichi, come già rilevato e per i motivi predetti, alla gara di cui trattasi, va tuttavia precisato che i principi di apertura delle gare alle imprese straniere sulla base di accordi internazionali e le modalità probatorie (anche diverse ed alternative rispetto a quelle richieste alle imprese nazionali) dei requisiti di partecipazione necessari, costituivano, anche prima dell’entrata in vigore del codice stesso, il naturale portato e precipitato dell’applicazione, in via diretta o analogica, dei principi generali degli ordinamenti nazionale, comunitario ed internazionale, nonché di specifiche disposizioni normative. Si consideri, in via esemplificativa, a questo proposito, sebbene direttamente attinente alle procedure d’appalto per la realizzazione di infrastrutture ed insediamenti produttivi strategici e di interesse nazionale, l’art. 20 septies del D.Lgs. n. 190/2002. Si veda poi, per quanto specificamente e direttamente interessa in questa sede, il fondamentale art. 307 (ex art. 234) del Trattato CEE 25.3.1957, il quale stabilisce che le disposizioni del trattato stesso “non pregiudicano i diritti e gli obblighi derivanti da convenzioni concluse, anteriormente al 1° gennaio 1958 o, per gli Stati aderenti, anteriormente alla data della loro adesione, tra uno o più Stati membri da una parte e uno o più Stati terzi dall'altra”.

E nella specie è proprio un trattato internazionale di questo genere che fonda la legittimazione di Karnak a partecipare alla gara in contestazione.

Infatti, la Convenzione di amicizia e buon vicinato tra l’Italia e la Repubblica di San Marino del 31 marzo 1939, cui è stata data esecuzione con legge n. 1320 del 6.6.1939, all’art. 4 sancisce che “I cittadini di ciascuno dei due Stati saranno ammessi, nel territorio dell'altro, all'esercizio di qualsiasi industria, commercio, professione o arte, e potranno accedere a qualsiasi pubblico impiego a parità di condizioni con i nazionali”.

Si tratta di una convenzione tuttora vigente, come dimostra tra l’altro il fatto che essa in seguito è stata più volte modificata ed integrata. Inoltre detta convenzione (e con ciò s’introduce l’esame anche di una censura proposta nel secondo motivo di gravame) si riferisce, nel suo art. 4, non soltanto alle persone fisiche, ma anche alle persone giuridiche, stante la piena equiparazione delle seconde alle prime (eccezion fatta evidentemente per i negozi e rapporti c.d. personalissimi) nei due ordinamenti giuridici coinvolti. Sostanzialmente, infatti, la convenzione, con il termine “cittadini”, ha inteso riferirsi tanto alle persone fisiche che a quelle giuridiche. D’altra parte non avrebbe alcun senso un’interpretazione di tale disposizione che consentisse, nei due Stati, a parità di condizioni, l’esercizio del commercio e dell’industria, anche attraverso la partecipazione a pubbliche gare d’appalto, ad imprenditori persone fisiche e non invece, del tutto illogicamente e discriminatoriamente, alle persone giuridiche in cui le prime possono associarsi (al fine dell’esplicazione di diritti individuali, anche economico-imprenditoriali, tutelati tra l’altro in Italia a livello costituzionale). Che per effetto di tale convenzione sia possibile la partecipazione, a condizioni di reciprocità, di imprese sanmarinesi ad appalti pubblici indetti in Italia è circostanza poi pacificamente riconosciuta in giurisprudenza (cfr. TAR Marche, n. 100 del 17.3.2003; vedi anche TAR Lazio, II, n. 8262/2006). Ed è assolutamente indifferente, ad avviso del Collegio, da questo punto di vista, che si tratti, ripetesi, della partecipazione di persone fisiche o giuridiche.

Quanto all’art. 21 bis del D.Lgs. n. 358/1992, il quale vieterebbe addirittura, secondo la ricorrente, alle imprese sanmarinesi, in quanto stabilite in uno Stato non firmatario dell’Accordo GATT, di partecipare in Italia alle gare per pubbliche forniture, si tratta di una ricostruzione interpretativa (sebbene recentemente suffragata da un parere del 26.10.2006 dell’Autorità di Vigilanza sui contratti pubblici ) che il Collegio non condivide.

Invero, la legittimazione di Karnak s.a. ai fini della partecipazione alla gara in questione si basa, come già detto, sulla Convenzione italo-sanmarinese recepita con legge del 1939. Si tratta di una fonte che opera su un piano diverso rispetto all’art. 21 bis della legge del 1992. Quest’ultima si riferisce ai fornitori appartenenti agli Stati che hanno stipulato l’accordo GATT. La convenzione del 1939 riguarda, invece, con carattere di specialità, anche ai fini dell’accesso ad appalti pubblici di fornitura in Italia, le imprese di San Marino. La perdurante operatività nei termini predetti della Convenzione stessa è salvaguardata poi dall’art. 307 del Trattato CEE. Né è possibile ravvisare un divieto di partecipazione alle gare per pubbliche forniture, per le imprese degli Stati non sottoscrittori dell’Accordo GATT, nella disposizione del comma 2 dell’art. 21 bis sopra citato. Tale disposizione si riferisce invero alla discrezionale possibilità di ammissione, caso per caso, da parte delle amministrazioni aggiudicatrici, a gare per pubbliche forniture, di imprese diverse da quelle di cui al comma 1. La norma però non pone alcun divieto di partecipazione per altre imprese di Stati terzi già per conto loro legittimate. Si tratta dunque, come del resto per il comma 1 dell’articolo 21 bis in esame,  di una norma ampliativa, che consente la partecipazione di imprese altrimenti non abilitate, e non restrittiva, di divieto per imprese che traggono da altre fonti primarie, la loro possibilità di partecipazione alle gare per forniture pubbliche.

In definitiva, nel caso di cui trattasi, l’ammissione di Karnak alla gara in contestazione è legittima alla stregua della Convenzione del 1939, la quale ai predetti fini, anche se non espressamente citata, ha integrato automaticamente il bando di gara.

Resta da vedere più nel dettaglio se i requisiti richiesti dal bando stesso fossero posseduti da Karnak e se siano stati correttamente documentati. Ora ritiene il Collegio che l’operato in proposito di CONSIP sia immune dai vizi dedotti. Una volta ammessa, infatti, in base alla Convenzione del 1939 (sovrapponibile al bando), la partecipazione alla gara della ditta sanmarinese, è evidente che i titoli di quest’ultima dovevano essere documentati, pur nel rispetto del bando stesso e senza tradirne le finalità di par condicio e tutela dell’interesse pubblico, con i necessari inevitabili adattamenti richiesti dall’appartenenza di Karnak ad un ordinamento diverso da quello nazionale. D’altra parte, se adattamenti e deroghe (anche per previsione espressa nella normativa di gara) erano possibili per le imprese straniere comunitarie non si vede perché essi non avrebbero dovuto, almeno in via analogica, essere consentiti ad un’impresa, pure legittimamente partecipante alla gara, appartenente ad uno Stato “terzo”. E del resto, diversamente opinando, non sarebbe stato certamente possibile a detta impresa, stabilita all’estero e senza sedi proprie in Italia, documentare taluni requisiti soggettivi (ad esempio certificato d’iscrizione nella Camera di Commercio con dicitura prefettizia antimafia, attestazione di ottemperanza agli obblighi previsti dalla normativa sul diritto al lavoro dei disabili di cui alla legge n. 68/99) negli stessi termini imposti alle imprese italiane. Il motivo, pertanto, è anch’esso privo di fondamento.

Quanto alle specifiche censure relative ad elementi asseritamente ostativi all’ammissione di Karnak alla gara in questione ed alla relativa aggiudicazione definitivamente conseguita (ed in questa sede contestata), si tratta di assunti non condivisibili per le ragioni che seguono:

1)è anzitutto irrilevante il profilo relativo alla natura di società anonima di Karnak, che impedirebbe il “controllo costante sull’identità dei proprietari della azioni societarie”. Invero, anche a prescindere da altre possibili considerazioni (e cioè che tale necessità di controllo costante viene addotta senza precisazione di norme specifiche che la imporrebbero; che il controllo è piuttosto riferibile agli amministratori delle società, con relativa necessità di possesso di precisi requisiti di moralità e professionalità; che la possibilità del titolo al portatore, salvo il disposto di normative speciali, non è in linea generale esclusa o vietata dall’ordinamento italiano; che comunque l’art. 2509 c.c. equipara alle società per azioni le società estere non corrispondenti alle tipologie societarie previste nel codice) sta di fatto che l’anonimato di una società per azioni ammesso da un ordinamento straniero non appare comunque contrastante in Italia con limiti invalicabili di ordine pubblico internazionale e non è quindi elemento tale da impedire addirittura l’ammissione di una ditta estera alla partecipazione ad una gara di forniture aperta alle imprese straniere ed alla concorrenza internazionale (cfr. sul tema dell’illegittimità dell’esclusione da pubbliche gare delle società anonime straniere: Co.Cass.Pen., III, n. 16928 del 28.3.2007).

Sostanzialmente dunque Karnak, come società anonima, non aveva nella specie alcun obbligo di indicare il nominativo dei soci, fermo nondimeno restando il suo diritto di partecipare alla gara in parola conservando la veste e le prerogative ad essa consentite dall’ordinamento di appartenenza.

Oltretutto (e ciò rende anche ragione dell’ulteriore infondatezza di una specifica doglianza prospettata nei motivi aggiunti) Karnak s.a. ha dichiarato, nel modulo di abilitazione prodotto ai fini della gara, che “in base alle risultanze del libro soci, nonché a seguito di comunicazioni ricevute dai titolari delle stesse partecipazioni, risultano esistenti i seguenti diritti reali di godimento o di garanzia sulle azioni/quote aventi diritto di voto: Karnak s.a. a favore di Marco Bianchini”. Questo significa, come incontestatamente assume la difesa dell’Amministrazione, che il predetto soggetto (si tratta dell’Amministratore di Karnak), per titolarità propria o per diritti di godimento sulle azioni, è il socio unico di Karnak stessa;

2)quanto al rilievo della differenziata normativa fiscale (ed alla diversa rilevanza delle relative violazioni) in San Marino ed in Italia, gli assunti della ricorrente sono genenerici ed ininfluenti. Inoltre, per ciò che attiene al riferimento operato al regime fiscale di maggior favore per le imprese vigente nella repubblica sanmarinese rispetto a quello adottato in Italia, va rilevato che ciò accade anche in numerosi paesi dell’Unione europea senza alcun effetto preclusivo, per le relative imprese, della partecipazione a gare comunitarie. La ricorrente poi non ha fornito alcuna prova specifica, né in ordine al preteso trattamento fiscale più favorevole delle imprese di San Marino nè in ordine ad accertamenti definitivi, al momento dell’aggiudicazione, di violazioni tributarie risultanti a carico di Karnak in Italia o in San Marino e potenzialmente determinanti necessità di esclusione dalla gara di cui trattasi.

Anche il terzo motivo dev’essere poi disatteso, posto che la convenzione del 1939, tuttora vigente (come già rilevato) e fatta salva dalla stessa normativa del Trattato CEE, consentendo la partecipazione alla gara d’appalto in questione di un’impresa di San Marino, non ha determinato alcuna discriminazione a carico delle imprese comunitarie, stante comunque l’identità o almeno l’equipollenza dei requisiti partecipativi nella specie sussistenti ed accertati.

In ordine al quarto motivo, esso concerne, col supporto del riferimento ad una sentenza (n. 100/2003) del Tar Marche (peraltra relativa a diversa fattispecie di appalto di lavori pubblici ed ai requisiti, che nella presente vicenda non vengono in rilievo, di idoneità e validità dell’attestazione SOA) la questione della necessità da parte di Karnak degli stessi requisiti richiesti alle imprese italiane, e della relativa attestazione da parte di organismi nazionali.

Si tratta di questione già in larga parte trattata e risolta nelle considerazioni sopra esposte. E’sufficiente in questa sede ribadire dunque come ad avviso del Collegio non vi sia dubbio che i requisiti suddetti debbano essere almeno equipollenti a quelli dimostrati dalle imprese italiane, come consentito del resto, dal bando stesso, per le imprese straniere comunitarie (vedi ad esempio quanto stabilito per l’iscrizione nel registro delle imprese e  per i certificati del casellario giudiziale e dei carichi pendenti). E tuttavia, da questo punto di vista la controinteressata ha congruamente assolto all’onere probatorio dei requisiti posto a suo carico, fornendo documentazione quanto meno equipollente, con riferimento, ad esempio, all’iscrizione nel registro delle imprese, ai documenti di regolarità contributiva, alla certificazione ISO, all’ottemperanza alle disposizioni sul lavoro dei disabili (al riguardo si anticipa che ulteriori notazioni verranno comunque appresso specificate, in sede di riscontro dei motivi aggiunti).

Restano appunto da esaminare residue censure formulate nei motivi aggiunti, che sono tuttavia infondate e da disattendere alla stregua delle seguenti considerazioni.

Quanto alla questione dell’ottemperanza (e relativo requisito richiesto dall’avviso di gara a pena di esclusione) da parte della controinteressata agli obblighi imposti dalla normativa sul diritto al lavoro dei disabili di cui alla legge n. 68/99, la posizione di Karnak, congruamente documentata in gara, appare legittima e regolare. Invero, l’avviso di gara, anzitutto, richiede (punto III.2.1.) al concorrente l’ottemperanza agli obblighi di cui alla legge n. 68/99, “qualora vi sia soggetto”. Le disposizioni di cui alla legge suddetta si applicano solamente alle imprese italiane o straniere che abbiano unità produttive con almeno 15 dipendenti localizzate sul territorio italiano. Non è questo il caso di Karnak s.a. che non è quindi soggetta ad alcun obbligo in base alla legge n. 68/99. Karnak dunque non aveva l’obbligo di assumere alcun disabile in base alla ripetuta legge. E tuttavia ha dichiarato di essere in regola rispetto alla legge stessa. La dichiarazione è veritiera. Non essendovi soggetta, Karnak invero non può aver contravvenuto alla legge stessa. Quanto all’ufficio competente ad attestare la posizione di regolarità dell’impresa (dalla controinteressata indicato in “Nessuno”), va tenuto conto, per comprendere l’ininfluenza, ai fini pretesi, di tale singolare dichiarazione, che essa è stata compilata su fac simile predisposto dall’Amministrazione e che comunque per Karnak, in quanto non soggetta alla legge n. 68/99, non vi era in effetti alcun ufficio provinciale del lavoro territorialmente competente.

Karnak sostanzialmente ha forse reso dichiarazioni ulteriori rispetto a quelle richieste dalla sua posizione, ma non per questo, evidentemente, doveva essere esclusa dalla gara.

Karnak s.a. ha comprovato d’altra parte l’ottemperanza agli obblighi di assunzione dei disabili secondo le leggi vigenti in San Marino. Si tratta di normativa equipollente a quella italiana. La documentazione al riguardo prodotta è quindi valida e sufficiente. Quanto alla circostanza che Karnak, con un organico di 150 dipendenti, abbia solo un invalido alle proprie dipendenze, essa non costituisce di per sé violazione della normativa di tutela dei disabili vigenti in san Marino, poiché la disponibilità all’assunzione, attestata dai competenti uffici, è elemento sufficiente al rispetto della legge, ben potendo infatti il numero ridotto dei disabili assunti essere spiegato con circostanze contingenti ricollegabili al numero dei disabili in assoluto collocabili in San Marino ed alla presenza di tali soggetti nelle relative liste del collocamento obbligatorio. Il rispetto, d’altra parte, della normativa sull’inserimento dei lavori disabili è nella specie formalmente attestato dal competente ufficio del lavoro di San Marino e sul punto, dunque, a nulla serve ulteriormente discettare.

E’ anche privo di fondamento, infine, l’ulteriore motivo di censura riguardante la certificazione, richiesta dal disciplinare di gara ai fini dell’aggiudicazione definitiva, di iscrizione nel registro delle imprese, che nel caso in esame, come lamenta la ricorrente, difetterebbe della specifica (e necessaria ) dicitura antimafia di cui all’art. 9 comma 1 del DPR n. 252/98.

Al riguardo le considerazioni da svolgere non sono dissimili da quelle già formulate con riferimento al requisito dell’assunzione di dipendenti disabili imposta dalla legge italiana.

Anche in questo caso deve precisarsi, invero, che Karnak è impresa straniera, senza sedi secondarie in Italia, e per essa non era dunque possibile il rilascio, nei termini pretesi dalla ricorrente, di un certificato d’iscrizione nel registro delle imprese con dicitura antimafia.

Peraltro, l’art. 11 del disciplinare di gara, lettera b), stabiliva che le imprese straniere non aventi sede in Italia dovevano presentare un “certificato equipollente”. Si tratta di una disposizione ragionevolmente applicabile anche a Karnak, e questa in effetti ha presentato in gara il certificato d’iscrizione nel registro delle imprese di San Marino ed un certificato del Tribunale Commissariale Civile e Penale di San Marino in cui si attesta fra l’altro che non è stato avviato a carico di Karnak s.a. alcun procedimento di revoca del riconoscimento giuridico.

Ebbene, afferma incontestatamente al riguardo l’Amministrazione in sede difensiva che secondo la normativa di San Marino (art. 12 legge n. 68/1990), il riconoscimento della personalità giuridica di una società può essere revocato qualora la società stessa svolga attività che in qualunque modo abbiano uno scopo non conforme agli interessi della Stato di San Marino o alle sue convenzioni ed accordi internazionali.

Ora, sembra in effetti logico ritenere che l’attività di Karnak sarebbe certamente non conforme all’interesse dello Stato nel caso in cui detta impresa fosse coinvolta in fenomeni criminosi o fosse ad essi contigua. Se dunque il procedimento di revoca del riconoscimento, come formalmente risulta dalla certificazione prodotta, non è stato avviato, è perché non consta alle competenti Autorità che Karnak sia coinvolta in fenomeni criminosi o che sia infiltrata o permeabile dalla malavita organizzata.

Dal certificato prodotto si ricava dunque, in buona sostanza, che Karnak e i suoi amministratori sono estranei a fenomeni di stampo mafioso.

D’altra parte, se così non fosse e stante la presenza , nella convenzione del 1939, di clausole di reciproca assistenza giudiziaria tra la Repubblica di San Marino e lo Stato Italiano per quanto attiene alla materia penale ed alla pubblica sicurezza, è plausibile ritenere che se fossero emersi a carico di Karnak o dei suoi esponenti elementi significativi e rilevanti in materia di normativa antimafia, le Autorità italiane non avrebbero mancato di farne segnalazione alle omologhe Autorità sanmarinesi, le quali ne avrebbero poi fatta menzione nelle certificazioni rilevanti per la partecipazione agli appalti un uno dei due ordinamenti.

Sostanzialmente, pare dunque al Collegio che anche sotto l’aspetto esaminato la certificazione prodotta da Karnak sia da ritenersi “equipollente”, così come consentito dal disciplinare di gara e dalla legge, al certificato italiano con “dicitura antimafia”.

Va conclusivamente respinto, per i motivi esposti, il ricorso in epigrafe (e relativi motivi aggiunti).

Le spese e gli onorari, tuttavia, possono essere compensati integralmente tra le parti costituite, sussistendo giusti motivi per disporre in tal senso.

 

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, Sezione III, definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo respinge.

Compensa le spese e gli onorari.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità Amministrativa.

Così deciso nella Camera di Consiglio del 7 novembre 2007.

 

Il Presidente f.f., est.: Domenico Lundini         

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