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TAR Campania, Napoli, Sez. I, 24/4/2008 n. 2533
Sulla natura di servizio pubblico locale dell'attività di manutenzione del patrimonio immobiliare di un Comune.

Sull'illegittimità di un affidamento in house ad una società multiservizi la cui proprietà è interamente dell' ente locale affidante.

L’attività di manutenzione del patrimonio immobiliare di un Comune è un servizio pubblico locale, infatti, secondo un condivisibile orientamento giurisprudenziale, "la qualificazione di servizio pubblico locale spetta a quelle attività caratterizzate sul piano oggettivo dal perseguimento di scopi sociali e di sviluppo della società civile, selezionate in base a scelte di carattere eminentemente politico quanto alla destinazione delle risorse economicamente disponibili ed all’ambito di intervento e su quello soggettivo dalla riconduzione diretta o indiretta ad una figura soggettiva di rilievo pubblico". Secondo siffatta impostazione la nozione di servizio pubblico locale deve essere evinta dalla definizione di cui all’art. 112 del D.Lgs. 18 agosto 2000 n. 267, secondo cui "gli enti locali nell’ambito delle rispettive competenze provvedono alla gestione dei servizi pubblici che abbiano per oggetto produzione di beni ed attività rivolte a realizzare fini sociali ed a promuovere lo sviluppo economico e civile delle comunità locali". Pertanto, nel caso di specie, è conforme a tali principi generali la sussunzione operata da parte del Comune dell’attività di gestione e manutenzione del patrimonio immobiliare comunale nell’ambito dei servizi pubblici locali, in quanto attività diretta al soddisfacimento di esigenze della sola collettività territoriale di riferimento e ciò a fortiori con riferimento ad attività di conservazione strutturale e funzionale di quelle parti del patrimonio che sono di diretta fruizione pubblica, quali la rete stradale e quella acquedottistica.

In disparte ogni possibile considerazione circa la necessaria separazione tra erogazione del servizio e gestione degli impianti e delle reti, secondo la formulazione letterale dell’art 113, c. 4 del D.Lgs. 18 agosto 2000 n. 267, ciò che rileva nel caso di specie è che non vi è alcuna ontologica distinzione tra attività di gestione del patrimonio - e quindi anche delle reti e degli impianti - intesa come erogazione del servizio e la sua manutenzione e ciò perché quest’ultima costituisce una delle possibili modalità di svolgimento della prima; in altri termini, l’attività di manutenzione costituisce erogazione del servizio di gestione del patrimonio immobiliare, senza che sia possibile configurare una distinzione strutturale e funzionale tra svolgimento del servizio e (separata) gestione degli impianti a questo stesso funzionalmente serventi.

E’ illegittimo da parte di un Comune l’affidamento diretto in favore di una società Multiservizi s.r.l., la cui proprietà è interamente del predetto ente locale, della gestione di alcuni servizi comunali in quanto il Comune non eserciterebbe nei confronti della s.r.l. quel necessario controllo analogo la giurisprudenza comunitaria e nazionale e prima ncora l’art 113 del d.lgs. 18 agosto 2000 n. 267 prevedono per il modello dell’affidamento in house providing; nel caso di specie, lo statuto consentirebbe il trasferimento a terzi di quote sociali e il Consiglio di Amministrazione godrebbe di poteri eccessivamente ampi, tali da sottrarsi al necessario controllo da parte del Comune affidante.
Il solo controllo societario totalitario non è, infatti, garanzia della ricorrenza dei presupposti dell’in house, occorrendo anche un’influenza determinante da parte del socio pubblico, sia sugli obiettivi strategici che sulle decisioni importanti, ne consegue che l’in house esclude la terzietà, poiché l’affidamento avviene a favore di un soggetto il quale, pur dotato di autonoma personalità giuridica, si trova in condizioni di soggezione nei confronti dell’ente affidante che è in grado di determinarne le scelte, e l’impresa è anche sotto l’influenza dominante dell’ente".
Pertanto, la configurazione del rapporto tra ente affidante proprietario e società di erogazione deve essere intesa in termini di alterità solo formale, dovendo per tutti gli aspetti gestionali - sia quelli inerenti l’attività di amministrazione di tipo strategico, organizzativo e di generale conduzione aziendale, sia quelli relativi all’attività di esecuzione vera e propria - essere operata una totale assimilazione agli schemi propri di una gestione internalizzata, la sola, del resto, che potrebbe, anche in armonia con le istanze di livello comunitario, giustificare un’imputazione diretta del servizio ad un soggetto esterno all’ente titolare.

Materia: servizi pubblici / affidamento e modalità di gestione

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA CAMPANIA NAPOLI PRIMA SEZIONE

nelle persone dei Signori:

ANTONIO GUIDA Presidente

PAOLO CORCIULO Primo Referendario estensore

MICHELE BUONAURO Referendario

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

Sul ricorso n. 1878/2007 proposto da EURO.CO.GE.I. s.r.l. in persona del legale rappresentante p.t. rappresentata e difesa dall’Avvocato Luigi M. D’Angiolella ed elettivamente domiciliata in Napoli, viale Gramsci n. 16, presso lo studio dell’Avvocato Luigi M. D’Angiolella;

contro

Comune di Sant’Arpino in persona del Sindaco p.t. rappresentato e difeso dall’Avvocato Luigi Rispoli ed elettivamente domiciliato in Napoli, piazza Trieste e Trento n. 48, presso lo studio dell’Avvocato Luigi Rispoli;

nonché nei confronti di

Ecoatellana Multiservizi s.r.l. in persona del legale rappresentante p.t. rappresentata e difesa dall’Avvocato Vittorio Scaringia ed elettivamente domiciliata in Napoli, viale Gramsci n. 19, presso lo studio dell’Avvocato Francesco Maria Caianiello;

per l'annullamento, previa sospensione

Della deliberazione del Consiglio Comunale di Sant’Arpino n. 34 del 28 dicembre 2006, pubblicata a partire dal 31 gennaio 2007, di approvazione della convenzione-quadro con la società Ecoatellana Multiservizi s.r.l. società unipersonale ad intero capitale pubblico del Comune di Sant’Arpino;

Della deliberazione di Giunta Comunale del Comune di Sant’Arpino n. 81 del 6 luglio 2006;

Di ogni altro atto e provvedimento preordinato e connesso;

Degli atti di costituzione della Ecoatellana Multiservizi s.r.l. ed in particolare della delibera di Consiglio Comunale n. 41/04 richiamati sub a).

Visti gli atti e i documenti depositati con il ricorso;

Vista la costituzione in giudizio del Comune di Sant’Arpino e della Ecoatellana Multiservizi s.r.l.;

Udito il relatore Consigliere PAOLO CORCIULO

Uditi all’udienza di discussione del 19 marzo 2008 gli avvocati di cui al relativo verbale;

FATTO

Con deliberazione n. 41 del 30 dicembre 2004 il Consiglio Comunale di Sant’Arpino manifestava l’intenzione di affidare alcuni servizi comunali mediante la costituzione di una società pubblica multiservizi, a responsabilità limitata di cui veniva approvato lo schema di atto costitutivo e di statuto.

Con atto notarile del 5 settembre 2005 veniva costituiva la Ecoatellana Multiservice s.r.l. successivamente iscritta nel Registro delle Imprese di Caserta.

Con verbale assembleare del 2 maggio 2006 la società stabiliva di garantire il controllo analogo da parte del Comune di Sant’Arpino mediante l’adozione da parte di quest’ultimo di atti di indirizzo con successiva rendicontazione periodica, assicurando anche la verifica e la vigilanza sulle attività che dovevano essere ispirate a criteri di efficienza ed economicità in funzione della natura pubblica dei servizi affidati. Con deliberazioni di Giunta n. 63 del 11 maggio 2006 e nn. 80, 81 e 82 del 6 luglio 2006 il Comune di Sant’Arpino affidava fino al 31 dicembre 2006 alla Ecoatellana Multiservizi s.r.l. i servizi di manutenzione delle strade, della rete idrica e fognaria, degli immobili comunali, della pubblica illuminazione, delle affissioni e della pubblicità, nonché la manutenzione hardware e software.

Con deliberazione n. 34 del 28 dicembre 2006 il Consiglio Comunale di Sant’Arpino, nell’approvare lo schema di convenzione-quadro di regolamentazione delle attività di servizio e relativi controlli, disponeva, contestualmente all’approvazione dei progetti di servizio, l’affidamento immediato e diretto in favore della Ecoatellana Multiservizi s.r.l. della gestione dei seguenti servizi: a) patrimonio immobiliare comunale consistente in fabbricati, infrastrutture e reti dei servizi, compresa la relativa manutenzione; b) gestione integrata del servizio di illuminazione pubblica e realizzazione di interventi di efficienza energetica con l’opzione del finanziamento tramite terzi (F.T.T.); c) servizio di sistema informatico con la relativa manutenzione; d) gestione del servizio di pubblica affissione.

Con la medesima deliberazione si stabiliva che altri servizi e segnatamente quelli di gestione della pubblicità e della TOSAP (lett. e), quello inerente gli impianti sportivi comunali (lett. f), lo spazzamento urbano e verde pubblico (lett. g), l’igiene urbana (lett. h), il servizio idrico comunale, anche parziale (lett. i),i parcheggi pubblici (lett. j), i servizi cimiteriali (lett. k), le entrate comunali (lett. l) ed ogni altro servizio inserito nell’oggetto sociale (lett. m) sarebbero stati affidati con successivi atti, previa presentazione dei relativi progetti da parte della società.

Avverso tale deliberazione proponeva ricorso a questo Tribunale Amministrativo Regionale la società EURO.CO.GE.I. s.r.l. chiedendone l’annullamento, previa concessione di idonee misure cautelari.

La società ricorrente, la cui legittimazione all’impugnazione discendeva dalla sua qualità di impresa operante nel settore dei lavori pubblici ed il cui interesse a ricorrere era invece da ascriversi al pregiudizio conseguente alla sottrazione al libero mercato di opportunità di eseguire lavori affidati dall’Amministrazione comunale, con il primo motivo deduceva l’illegittimità di un affidamento di lavori, quali le attività di manutenzione, mediante il sistema diretto dell’in house providing, essendo questo consentito solo per i servizi pubblici locali; l’affidamento alla società Ecoatellana Multiservizi s.r.l. era illegittimo anche per violazione del principio di separazione di cui all’art. 113, quarto comma del D.Lgs. 18 agosto 2000 n. 267, essendo stata prevista per il patrimonio immobiliare e per l’illuminazione pubblica una gestione del servizio congiunta a quella delle reti e degli impianti relativi. Inoltre, il Comune aveva affidato tutti questi servizi alla Ecoatellana Multiservizi s.r.l. senza verificarne i requisiti generali di cui all’art. 38 e di idoneità tecnica e professionale ai sensi degli artt. 39 e 40 del D.Lgs. 12 aprile 2006 n. 163; né era stata acquisita la pur necessaria documentazione antimafia.

Con il secondo motivo si contestava la mancanza del necessario requisito del controllo analogo da parte del Comune di Sant’Arpino sulla società Ecoatellana Multiservizi s.r.l. sia perché lo statuto societario prevedeva la possibilità di alienazione a terzi di parte del capitale sociale, sia perché venivano configurati ampi poteri in capo al C.d.A. incompatibili con l’esercizio di un efficace ed effettivo controllo dell’attività societaria da parte del Comune.

Inoltre, con il terzo motivo si contestava l’illegittimità dello statuto nella parte in cui consentiva alla Ecoatellana Multiservizi s.r.l. di prestare la propria attività anche al di fuori del territorio comunale.

Con il quarto motivo si rilevava come, allo stato, i servizi di manutenzione degli immobili comunali e quello di affissione e gestione del CED fossero svolti da maestranze non riconducibili alla Ecoatellana Multiservizi s.r.l. e quindi con forme diverse dall’affidamento in house providing.

Con il quinto motivo, a proposito della gestione del patrimonio immobiliare, si rilevava che l’attività di manutenzione era, in termini di valore, pari al 90% del corrispettivo globale del servizio, per cui secondo il principio di prevalenza dei contratti pubblici di tipo misto, essendo questi assimilabili ai lavori, non avrebbero potuto rientrare nel modello proprio dell’affidamento diretto.

Con l’ultimo motivo si contestava la carenza di motivazione e di istruttoria e comunque la generale approssimazione del Consiglio Comunale nel deliberare le altre forme di affidamento alla Ecoatellana Multiservizi s.r.l.

Si costituivano in giudizio il Comune di Sant’Arpino e la Ecoatellana Multiservizi s.r.l. chiedendo il rigetto del ricorso e della domanda cautelare.

In particolare, veniva eccepita l’inammissibilità del ricorso per carenza di interesse per omessa tempestiva impugnazione della deliberazione consiliare n. 41 del 30 dicembre 2004 con cui era stata manifestata la volontà di affidare i servizi in questione con le forme dell’in house providing, provvedimento già a suo tempo immediatamente lesivo per le regioni della società ricorrente.

Inoltre, ragione di inammissibilità era anche la mancata impugnazione della determinazione dirigenziale n. 39 del 3 aprile 2007 con cui era stato affidato alla Ecoatellana Multiservizi s.r.l. il servizio di gestione del patrimonio immobiliare, scelta che, secondo la ricorrente, maggiormente aveva inciso in modo negativo sul settore del lavori pubblici in cui la stessa opera; né la EURO.CO.GE.I s.r.l. aveva mai dimostrato di possedere i requisiti di partecipazione a gare indette dal Comune di Sant’Arpino, né comunque di avere manifestato mai alcuna intenzione al riguardo, a riprova del carattere meramente emulativo del ricorso.

Alla camera di consiglio del 23 maggio 2007, fissata per la trattazione dell’incidente cautelare, la causa veniva cancellata dal ruolo delle cautelari.

All’udienza pubblica del 19 marzo 2008, in vista della quale la Ecoatellana Multiservizi s.r.l. depositava ulteriore documentazione, la causa veniva trattenuta per la decisione.

MOTIVI DELLA DECISIONE

La EURO.CO. GE.I. s.r.l. ha impugnato la deliberazione n. 34 del 30 dicembre 2006 con la quale il Consiglio Comunale di Sant’Arpino, nell’approvare lo schema di convenzione-quadro di regolamentazione delle attività di servizio e relativi controlli, ha disposto, contestualmente all’approvazione dei progetti di servizio, l’affidamento diretto in favore della Ecoatellana Multiservizi s.r.l., società la cui proprietà è interamente del predetto ente locale, della gestione dei seguenti servizi: a) patrimonio immobiliare comunale consistente in fabbricati, infrastrutture e reti dei servizi, compresa la relativa manutenzione; b) gestione integrata del servizio di illuminazione pubblica e realizzazione di interventi di efficienza energetica con l’opzione del finanziamento tramite terzi (F.T.T.); c) servizio di sistema informatico con la relativa manutenzione; d) gestione del servizio di pubblica affissione.

Occorre preliminarmente esaminare le eccezioni di inammissibilità del ricorso sollevate dalle parti resistenti.

In primo luogo è stata eccepita la mancata tempestiva impugnazione della deliberazione del Consiglio Comunale di Sant’Arpino n. 41 del 30 dicembre 2004, pubblicata al 10 gennaio 2005, con cui l’Amministrazione aveva già manifestato l’intenzione di affidare specifici servizi pubblici locali - tra cui anche quello afferente al settore di attività in cui opera la ricorrente - secondo il modello dell’affidamento diretto ad una società ad intera proprietà comunale; l’inammissibilità discenderebbe anche dalla mancata impugnazione della determinazione dirigenziale n. 39 del 3 aprile 2007 con cui sarebbe stato affidato alla Ecoatellana Multiservizi s.r.l. il servizio di gestione del patrimonio immobiliare del Comune di Sant’Arpino.

Fermo restando che l’interesse processuale della società ricorrente deve essere circoscritto all’effetto di sottrazione al mercato in cui essa opera di opportunità di risultare affidataria di commesse da parte del Comune resistente e che comunque la deliberazione del Consiglio Comunale in questione ha costituito comunque oggetto di impugnazione - come risulta dall’epigrafe e dal complessivo contenuto del ricorso – ciò che va verificato è se tale iniziativa processuale debba ritenersi tempestiva e quindi se la scelta operata dal Comune di Sant’Arpino attraverso quel provvedimento fosse immediatamente lesiva delle ragioni e della situazione giuridica a tutela della quale la ricorrente ha agito in giudizio.

A sostegno dell’eccezione è stata posta la considerazione per cui laddove ritenuta illegittima e quindi annullata l’impugnata deliberazione di affidamento di alcuni servizi pubblici locali, resterebbe comunque impregiudicata la scelta operata a monte dall’Amministrazione resistente ed avente ad oggetto il modello di gestione, ossia l’affidamento diretto, senza alcuna possibilità quindi di automatica restituzione dell’attività al libero mercato di riferimento.

L’eccezione è priva di pregio.

Osserva il Collegio che, con riferimento alla scelta che un ente locale compie circa l’individuazione di un modello di gestione di un servizio pubblico locale a rilevanza economica, non possano essere disgiunte, o comunque essere ritenute autonome sotto il profilo della complessità della valutazione, le decisioni riguardanti specifici aspetti della stessa vicenda di affidamento; in altri termini, laddove l’ente abbia inteso avvalersi del modello di gestione “in house providing” tutti gli aspetti inerenti tale scelta, a partire dai profili generali in termini di efficienza ed economicità del modello generale in sé considerato, fino a giungere all’idoneità della specifica struttura societaria individuata, sia riguardo alle sue caratteristiche strutturali ed operative che ai tratti inerenti la sua organizzazione anche da un punto di vista gestionale e di rapporti con la proprietà, devono necessariamente essere ritenuti determinanti di quella opzione. Di conseguenza, seppur l’Amministrazione - come ha operato nella fattispecie il Consiglio Comunale di Sant’Arpino– sotto il profilo procedimentale e temporale possa senz’altro decidere di procedere all’affidamento in modo graduale, ossia in un primo momento limitandosi ad individuare il solo modello di gestione e solo in seguito costituendo la società pubblica e quindi affidandole concretamente un o più servizi, ciò non toglie che tutte le valutazioni restino comunque singoli momenti di un’unica e più complessa valutazione che si conclude con la decisione finale di affidamento, senza soluzioni di continuità (TAR Lazio - Latina I, Sezione 16 maggio 2007 n. 370); del resto, proprio con riferimento alla specificità del modello “in house”, non può dubitarsi che singole vicende o nodi problematici relativi al solo soggetto gestore - si pensi a questioni inerenti la totale proprietà del capitale sociale da parte dell’ente locale affidante, alla configurazione di un’articolazione organizzativa strutturale e funzionale idonea ad assicurare il necessario requisito del controllo analogo, alla possibile extraterritorialità dell’attività sociale - ove negativamente risolti finiscono per condizionare la scelta generale a monte dello stesso modello la cui concreta articolazione, lungi dal porsi come questione succedanea e consequenziale, si colloca sullo stesso piano orizzontale di tutte le variabili che conducono all’individuazione di quella specifica opzione organizzativa.

Di conseguenza, il rapporto sussistente tra eventuali atti dello stesso organo competente – nella fattispecie la deliberazione consiliare impugnata tempestivamente e quella oggetto della presente eccezione – ma tutti disciplinanti lo stesso oggetto, ossia la scelta e la definizione del modello di gestione, non deve configurarsi in termini di autonomia, quanto di interdipendenza funzionale, con la necessaria specificazione che eventuali effetti lesivi si determinano solo a seguito della definitiva ultimazione della fase di affidamento, nel caso concreto avutasi con la deliberazione n. 34 del 28 dicembre 2006; è appena il caso di rilevare che la società ricorrente ha comunque proposto l’impugnazione della deliberazione n. 41 del 30 dicembre 2004, da ritenersi tempestiva in quanto congiunta al provvedimento consiliare che ha conferito attitudine lesiva alla scelta compiuta dal Comune di Sant’Arpino in favore del modello di gestione diretta.

E non vi è dubbio che una decisione in senso favorevole al ricorrente, ove estesa alla legittimità in sé della configurazione della Ecoatellana Multiservizi s.r.l. come società “in house providing” non potrà che comportare l’annullamento di tutte le deliberazioni consiliari in questione, oltre che la caducazione delle determinazioni dirigenziali di mera esecuzione, considerazione che consente di superare anche la questione di inammissibilità avente ad oggetto l’omessa impugnazione della determina dirigenziale n. 39 del 3 aprile 2007.

D’altronde, ove s’intendesse accedere alla tesi prospettata dai resistenti, si giungerebbe anche ad un’inammissibile limitazione di tutela giurisdizionale relativamente ai principi di cui agli artt. 24 e 113 della Costituzione: infatti, una prima scelta circa il modello gestionale operata unicamente come opzione di tipo generale, anche se lesiva per gli operatori del settore, ben potrebbe rivelarsi – proprio per tale sua essenzialità - priva di vizi e quindi non utilmente contestabile, con la conseguenza che l’irretrattabilità del modello di affidamento diretto in termini di pregiudizio per il mercato, si porrebbe come ostacolo insuperabile a salvaguardia di scelte inerenti comunque il modello prescelto, sebbene sotto il profilo, altrettanto fondamentale, della concreta idoneità del gestore – con una scelta da parte dell’ente affidante che, a questo punto, ben potrebbe essere anche di tipo strategico – ben potrebbero poi fondatamente dedursi ulteriori profili di illegittimità, i quali tuttavia resterebbero sottratti - ed in modo del tutto ingiustificato - ad un possibile sindacato giurisdizionale.

Con una seconda eccezione è stata dimostrata la natura meramente emulativa del ricorso, in quanto la ricorrente non avrebbe dimostrato il possesso dei requisiti per l’affidamento dei lavori attualmente in gestione alla Ecoatellana Multiservizi s.r.l., né avendo comunque mai partecipato a gare indette dal Comune di Sant’Arpino in questi specifici settori.

L’eccezione è priva di pregio, essendo sufficiente richiamare la recente giurisprudenza che ritiene sufficiente ai fini della legittimazione a contestare in sede giurisdizionale l’affidamento diretto la sola qualità di soggetto operante nel settore di riferimento, dimostrata nel caso di specie dalla documentazione allegata alla produzione di parte ricorrente, il cui interesse si concreta nel ripristino della originarie condizioni di libero mercato (T.A.R. Campania Napoli I Sezione 13 settembre 2006 n. 8055; T.A.R. Lazio Roma Sezione II 9 maggio 2007 n. 72; T.A.R. Lazio Latina, 05 maggio 2006, n. 310; T.A.R. Puglia Bari, sez. I, 12 aprile 2006, n. 1318; T.A.R. Liguria Genova, sez. II, 28 aprile 2005 , n. 527); resta pertanto a tal fine irrilevante – al fine di eccepire un mero intento emulativo dell’impugnazione - la mancata partecipazione a gare pregresse indette dal Comune di Sant’Arpino e l’asserita attuale mancanza di requisiti, tra l’altro meramente dedotta, né diversamente potendo essere, attesa l’impossibilità di indizione di specifiche gare nei settori oggetto di attuale affidamento diretto alla Ecoatellana Multiservizi s.r.l.

Passando al merito della controversia, con il primo motivo di ricorso è stata contestata la legittimità dell’affidamento diretto in capo alla Ecoatellana s.r.l. della manutenzione del patrimonio immobiliare, in quanto si tratterebbe più propriamente di un’attività avente ad oggetto lavori e non anche un servizio pubblico locale e quindi insuscettibile di forme di affidamento che siano diverse da quelle ad evidenza pubblica; ulteriore vizio di legittimità riguarderebbe comunque la mancata separazione tra attività erogazione del servizio e gestione della rete in violazione dell’art. 113, quarto comma del D.lgs. 12 aprile 2006 n. 163.

Ribadisce preliminarmente il Collegio che l’interesse processuale della ricorrente alla delibazione della censura deve ritenersi circoscritto alle specifiche attività per cui questa risulta qualificata –come tra l’altro specificato nello stesso ricorso - ossia le categorie OG 3 e OG 6 di cui all’Allegato A del d.p.r. 25 gennaio 2000 n. 34 e quindi alla manutenzione di “strade, autostrade, ponti, viadotti, ferrovie, linee tranviarie, metropolitane, funicolari, e piste aeroportuali, e relative opere complementari (OG 3)“ e di “acquedotti, gasdotti, oleodotti, opere di irrigazione e di evacuazione (OG6)”; infatti, la sola utilità meritevole di tutela processuale è quella ritraibile dall’espunzione dalle sfera di riserva di affidamento diretto di quelle attività svolte dalla ricorrente, con loro consequenziale possibile restituzione al libero mercato.

In primo luogo, va ritenuta la natura di servizio pubblico locale con riferimento all’attività di manutenzione del patrimonio immobiliare del Comune di Sant’Arpino.

Va osservato come, secondo un condivisibile orientamento giurisprudenziale, “la qualificazione di servizio pubblico locale spetti a quelle attività caratterizzate sul piano oggettivo dal perseguimento di scopi sociali e di sviluppo della società civile, selezionate in base a scelte di carattere eminentemente politico quanto alla destinazione delle risorse economicamente disponibili ed all’ambito di intervento e su quello soggettivo dalla riconduzione diretta o indiretta ad una figura soggettiva di rilievo pubblico” (Consiglio di Stato V Sezione 13 dicembre 2006 n. 7369).

Secondo siffatta impostazione la nozione di servizio pubblico locale deve essere evinta dalla definizione di cui all’art. 112 del D.Lgs. 18 agosto 2000 n. 267, secondo cui “gli enti locali nell’ambito delle rispettive competenze provvedono alla gestione dei servizi pubblici che abbiano per oggetto produzione di beni ed attività rivolte a realizzare fini sociali ed a promuovere lo sviluppo economico e civile delle comunità locali”. Si tratta di un concetto volutamente elastico riconducibile alla natura di ente a fini generali del Comune e della Provincia, secondo l’impostazione voluta già dal legislatore del 2000, poi rafforzata dalla nuova configurazione di tali soggetti nel quadro generale dell’organizzazione e divisione della Repubblica ai sensi del nuovo art. 5 della Costituzione.

E si tratta di una formulazione, non solo meramente indicativa, ma anche ispirata ad una visione di tipo funzionale di ciò che è servizio pubblico locale, discendendone una nozione che inevitabilmente risente anche di una valutazione di tipo individuale e soggettivo, pur se in ogni caso necessariamente conforme ai criteri di riferimento indicati nel TUEL.

Sotto tale profilo non può dubitarsi della conformità a tali principi generali della sussunzione operata da parte del Comune di Sant’Arpino dell’attività di gestione e manutenzione del patrimonio immobiliare comunale nell’ambito dei servizi pubblici locali, in quanto attività diretta al soddisfacimento di esigenze della sola collettività territoriale di riferimento e ciò a fortiori con riferimento ad attività di conservazione strutturale e funzionale di quelle parti del patrimonio che sono di diretta fruizione pubblica, quali la rete stradale e quella acquedottistica.

La seconda questione concerne invece la riconducibilità dell’attività di manutenzione alla categoria dei servizi, essendosi al contrario opinato che si tratterrebbe piuttosto di lavori, come tali esclusi dall’ambito di applicazione dell’art. 113 del D.Lgs. 18 agosto 2000 n. 267.

In primo luogo deve essere respinta l’impostazione di parte ricorrente nella parte in cui si fonda sul presupposto per cui l’attività di manutenzione coincide con l’aera di riferimento dei lavori. Al riguardo, infatti a parte il significato comune del termine, volto a rappresentare un’attività destinata alla salvaguardia ed al ripristino dell’integrità strutturale e della attitudine funzionale di qualcosa rispetto alla quale spesso è prevista anche una periodica verifica, la non esclusiva afferenza al settore dei lavori è confermata proprio dalla circostanza per cui anche dal punto di vista giuridico ne esistono diverse configurazioni.

Se, infatti, da un lato è vero che secondo l’art. 3, ottavo comma del D.Lgs 12 aprile 2006 n. 163 “I «lavori» comprendono le attività di costruzione, demolizione, recupero, ristrutturazione, restauro, manutenzione, di opere”, tra l’altro riprendendo una definizione già esistente nella previgente normativa in materia di lavori pubblici, è altrettanto vero che il decimo comma, nell’individuare i servizi, opera un rinvio all’allegato 2 del Codice in cui figurano alla categoria “1” i “servizi di manutenzione e riparazione” di cui ai numeri di riferimento CPC (Central Product Classification) nn. 6112,6122, 633,886, quindi proprio quelli relativi ai settori di interesse della ricorrente.

Ma, superata la questione terminologica e quindi il postulato di appartenenza necessaria dell’attività di manutenzione alla categoria dei lavori pubblici, si deve accedere a quella impostazione giurisprudenziale che riconosce decisivo rilievo alle caratteristiche dell’attività in questione nel caso concreto, con ciò dovendosi riconoscere alla nozione di manutenzione intesa come servizio una più ampia connotazione; in tal senso, l’attività di manutenzione intesa nell’accezione di cui all’ottavo comma e quindi come lavori pubblici deve ritenersi circoscritta alla manutenzione di opere, queste da identificarsi, secondo la chiara formulazione normativa, come “risultato di un insieme di lavori, che di per sè esplichi una funzione economica o tecnica”; è evidente che da questa più ristretta nozione, di tipo meramente descrittivo e intesa in senso statico, restano escluse configurazioni dell’attività di tipo funzionale che vanno oltre la mera conservazione dell’opus nella sua consistenza materiale e funzione economica e tecnica, per estendersi ad una attività di salvaguardia di parti del patrimonio comunale che, svincolandosi dalla singolarità dell’intervento, si connotano invece per una continuità e periodicità dell’attività di monitoraggio, nonché per la sistematicità degli interventi conservativi o di ripristino cui non sono estranei logiche di programmazione proprie dell’erogazione di un servizio pubblico locale. E ciò è proprio quanto emerge dal disciplinare d’oneri relativo al servizio di gestione del patrimonio immobiliare con riguardo all’art. 3 a proposito della manutenzione riparativa ed a quella programmata.

Ed è quanto in giurisprudenza è stato ritenuto a proposito di un ente locale che con riferimento alle attività di manutenzione delle strade, degli impianti di illuminazione pubblica e del verde pubblico, aveva inteso superare una gestione frammentaria e disomogenea degli interventi, assumendoli come altrettanti servizi pubblici al dichiarato fine di garantirne l'assolvimento in maniera coordinata e continuativa (Consiglio di Stato V Sezione 13 dicembre 2006 n. 7369).

Da tali considerazioni discende l’infondatezza della prima parte del primo motivo di ricorso, così come anche del quinto, quest’ultimo fondato sul non condivisibile presupposto per cui la gestione del patrimonio immobiliare affidata alla Ecoatellana Multiservizi s.r.l. consisterebbe in un appalto di tipo misto con prevalenza della componente dei lavori rispetto ai servizi, laddove tutta l’attività deve essere considerata come servizio pubblico locale.

Con la seconda censura contenuta nel primo motivo di ricorso è stata dedotta la violazione dell’art 113, quarto comma del D.Lgs. 18 agosto 2000 n. 267, secondo cui “qualora sia separata dall'attività di erogazione dei servizi, per la gestione delle reti, degli impianti e delle altre dotazioni patrimoniali gli enti locali, anche in forma associata, si avvalgono: a) di soggetti allo scopo costituiti, nella forma di società di capitali con la partecipazione totalitaria di capitale pubblico, cui può essere affidata direttamente tale attività, a condizione che gli enti pubblici titolari del capitale sociale esercitino sulla società un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi e che la società realizzi la parte più importante della propria attività con l'ente o gli enti pubblici che la controllano; b) di imprese idonee, da individuare mediante procedure ad evidenza pubblica, ai sensi del comma 7”.

Ebbene, secondo quanto prospettato dalla EURO.CO.GE.I s.r.l. con riferimento alla gestione del patrimonio immobiliare del Comune di Sant’Arpino affidato alla Ecoatellana Multiservizi s.r.l. questa necessaria separazione tra attività di erogazione del servizio e gestione delle reti e degli impianti mancherebbe, con consequenziale illegittimità dell’affidamento.

La censura è priva di pregio.

In disparte ogni possibile considerazione circa la necessaria separazione tra erogazione del servizio e gestione degli impianti e delle reti, secondo la formulazione letterale della norma richiamata, ciò che rileva nella fattispecie in esame è che non vi è alcuna ontologica distinzione tra attività di gestione del patrimonio - e quindi anche delle reti e degli impianti - intesa come erogazione del servizio e la sua manutenzione e ciò perché quest’ultima costituisce una delle possibili modalità di svolgimento della prima; in altri termini, l’attività di manutenzione costituisce erogazione del servizio di gestione del patrimonio immobiliare, senza che sia possibile configurare una distinzione strutturale e funzionale tra svolgimento del servizio e (separata) gestione degli impianti a questo stesso funzionalmente serventi.

Con la terza censura contenuta nel primo motivo di ricorso è stata ancora contestata la mancata verifica da parte del Comune di Sant’Arpino, nei confronti della Ecoatellana Multiservizi s.r.l. dei requisiti generali e di capacità economico finanziaria e tecnico professionale di cui al D.Lgs. 12 aprile 2006 n. 163; pure inapplicata sarebbe rimasta la normativa in materia di tutela antimafia.

La censura è priva di pregio.

Va rilevato come i requisiti invocati dalla società ricorrente trovino applicazione, secondo la letterale formulazione delle richiamate norme di riferimento, rispetto a procedure di affidamento come cause generali di partecipazione (art. 38), o comunque di idoneità riguardo ad appalti di forniture e di servizi (artt. 41 e 42) e quindi ad un ambito del tutto distinto rispetto all’affidamento diretto ad una società di totale proprietà dell’ente affidante; d’altronde, la stessa configurazione dei requisiti s’ispira comunque a logiche di tipo preselettivo, come tali presupponenti una pluralità di aspiranti e non anche un solo soggetto potenziale affidatario, tra l’altro già ben individuato, facendosi inoltre riferimento ad operatori economici che hanno una dotazione in termini di esperienza pregressa ed un mercato del tutto incompatibile con l’unicità di destinazione propria dell’affidamento in house providing nella sua più recente configurazione.

Né pregio ha la questione relativa alla mancata applicazione nel caso in esame della normativa antimafia, questa essendo stata individuata nella documentazione di cui al D.Lgs. n. 490/94, quindi alle informazioni prefettizie volte all’accertamento di tentativi di infiltrazione mafiosa, o alle comunicazioni di cui all’art. 10 della legge n. 575/65.

Invero, l’art. 1 del d.p.r. 3 giugno 1998 n. 252 esclude espressamente che possa essere richiesta la documentazione in questione in caso di rapporti tra i soggetti pubblici di cui al primo comma e quindi relativamente a “pubbliche amministrazioni e gli enti pubblici, gli enti e le aziende vigilati dallo Stato o da altro ente pubblico e le società o imprese comunque controllate dallo Stato o da altro ente pubblico, nonché i concessionari di opere pubbliche”, senza che a tale regime derogatorio possano risultare sottratte le società a capitale interamente pubblico, qual’è la Ecoatellana Multiservizi s.r.l.. E’ appena il caso di rilevare che comunque la normativa antimafia applicabile nella fattispecie deve essere quella di cui all’art 146 del D.Lgs. 18 agosto 2000 n. 267, secondo cui le “le disposizioni di cui agli articoli 143, 144, 145 – sullo scioglimento del consigli comunale e provinciali - si applicano anche agli altri enti locali di cui all'art. 2, comma 1, nonchè ai consorzi di comuni e province, agli organi comunque denominati delle aziende sanitarie locali ed ospedaliere, alle aziende speciali dei comuni e delle province e ai consigli circoscrizionali, in quanto compatibili con i relativi ordinamenti”. Infatti, se la configurazione di un limite all’applicazione della normativa antimafia riguardo a rapporti intercorrenti tra soggetti comunque di natura pubblica può ragionevolmente trovare fondamento nella circostanza per cui siffatti strumenti di tutela sono volti a scongiurare in via preventiva fenomeni di penetrazione criminale da parte dell’imprenditoria privata nel settore delle commesse pubbliche o comunque nell’ambito di vicende concernenti l’erogazione di risorse pubbliche, la necessità di una verifica di immunità criminale comunque si pone, anche se nelle forme proprie dell’accertamento di cui alle richiamate norme del T.U.E.L., nei confronti di soggetti strumentali degli enti locali, quali le aziende speciali - e quindi anche le società pubbliche di gestione di servizi pubblici locali, secondo un’interpretazione di tipo estensivo della norma di riferimento – ai fini di un controllo su soggetti che si pongono in ogni caso rispetto all’organizzazione amministrativa in una posizione di terzietà svolgendo compiti oggettivamente del tutto assimilabili a quelli di una normale impresa a capitale privato.

Da ultimo va respinta la quarta censura del primo motivo di ricorso, atteso che alla forma di affidamento diretto prescelto dal Comune di Sant’Arpino non possono trovare applicazione le disposizioni di cui agli artt. 53 e ss del D.Lgs. 12 aprile 2006 n. 163 riferibili ai soli procedimenti di gara per l’affidamento di contratti pubblici.

Con il secondo motivo è stato dedotto che il Comune di Sant’Arpino non eserciterebbe nei confronti della Ecoatellana Multiservizi s.r.l. quel necessario controllo analogo che la giurisprudenza comunitaria e nazionale e prima ancora l’art 113 del d.lgs. 18 agosto 2000 n. 267 prevedono per il modello dell’affidamento in house providing; in particolare, lo statuto consentirebbe il trasferimento a terzi di quote sociali e il Consiglio di Amministrazione godrebbe di poteri eccessivamente ampi, tali da sottrarsi al necessario controllo da parte del Comune affidante.

Va premesso che lo statuto della Ecoatellana Multiservizi s.r.l. quale risulta dall’approvazione operatane con deliberazione del Consiglio Comunale di Sant’Arpino n. 41 del 30 dicembre 2004, riguardo al capitale sociale, ossia al Titolo III, prevede all’art. 8 la trasferibilità di quote per atto tra vivi tra i soci e la vendita a terzi nell’ipotesi in cui scada il termine per l’esercizio del diritto di prelazione; d’altronde, la stessa struttura organizzativa della società, quale risulta dalla configurazione datane dallo statuto, non consente di escludere la pluralità di soci, come risulta sia dal frequente riferimento al termine ”soci” ed a istituti quale il recesso (art. 27), per nulla compatibile con la pur proclamata natura unipersonale della persona giuridica.

Ora, il quesito da porsi è se ai fini della sussistenza del controllo analogo debba aversi riguardo al concreto ed attuale assetto organizzativo della società, quale risultante da deliberazioni degli organi societari e comunque dalla situazione proprietaria del momento, oppure se debba tenersi conto delle condizioni generali stabilite nell’atto costitutivo e nello statuto.

Questa Sezione, con un orientamento risalente a qualche anno addietro, aveva aderito alla prima soluzione, rilevando che “la legittimità della gestione "in house providing" resta sempre sensibile ad eventuali modifiche dell'assetto societario (operate attraverso una modifica dell'oggetto sociale oppure dei rapporti tra organi societari ed ente pubblico di riferimento) che possano far venir meno gli originari requisiti di affidamento: in tal caso, venendo meno le condizioni di un sistema di gestione che è bene ricordare essere più che altro appena consentito, se non addirittura meramente tollerato in sede comunitaria, la conseguenza non potrà essere che l'immediata decadenza dell'affidamento”(T.A.R. Campania Napoli I Sezione 30 marzo 2005 n. 2784). In altri termini ciò che rilevava era l’esistenza concreta delle condizioni per l’affidamento diretto, laddove una loro successiva modificazione ne avrebbe determinato la caducazione automatica e la restituzione del servizio pubblico locale alle logiche di mercato.

Più recentemente è intervenuto un diverso e più restrittivo orientamento del Consiglio di Stato (Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria 3 marzo 2008 n. 1; Consiglio di Stato V Sezione 30 agosto 2006 n. 5072) che richiamando i principi comunitari desumibili dalla sentenza della Corte di Giustizia 13 ottobre 2005, nella causa C-458/03 (Parking Brixen GmbH) ha ritenuto che ai fini della configurazione del controllo analogo a quello esercitato sui servizi interni, il possesso dell'intero capitale sociale da parte dell'ente pubblico proprietario, seppur astrattamente idoneo a tal fine, perde tale qualità se lo statuto della società consente che una quota di esso, anche minoritaria, possa essere alienata a terzi. Siffatta impostazione, cui il Collegio ritiene di aderire, trova la propria ragione nella natura eccezionale e derogatoria dell’affidamento in house providing, tollerato in ambito comunitario in quanto ritenuto assimilabile ad un modello di gestione interna e diretta da parte dell’ente titolare; di conseguenza, anche una condizione di mera e potenziale vocazione verso logiche proprietarie di tipo non pubblicistico, viene ritenuta idonea a far venir meno le condizioni per un controllo analogo la cui accezione viene così ad assumere connotazioni estremamente rigorose.

Sotto questo profilo, quindi, il ricorso deve ritenersi fondato.

Sempre con il secondo motivo è stata dedotta la mancanza del requisito in questione anche in considerazione degli ampi poteri riconosciuti in sede statutaria al Consiglio di Amministrazione al fine del perseguimento dell’oggetto sociale, condizione rispetto alla quale le ordinarie prerogative spettanti al socio di maggioranza in base al diritto societario non consentirebbero a questo, quale ente proprietario, di esercitare un controllo analogo a quelli sui propri servizi.

Di contro, è stato rilevato che i poteri e l’autonomia del Consiglio di Amministrazione risulterebbero fortemente ridotti da specifiche prescrizioni presenti nella convenzione-quadro di cui alla deliberazione consiliare n. 34 del 28 dicembre 2006, nonché in base a quanto specificato nel verbale dell’Assemblea dei soci del 2 maggio 2006; nella convenzione, in particolare, sarebbe stata riconosciuta all’Amministrazione comunale una funzione di vigilanza sui servizi conferiti (art. 4), un compito di verifica dei corrispettivi che potrebbero anche essere unilateralmente ridotti (art. 6, primo comma), nonché incomberebbe sulla società un obbligo di risultato, nel senso del raggiungimento, attraverso i servizi affidati, degli obiettivi di programmazione e pianificazione stabiliti dall’Amministrazione (art. 9, primo e secondo comma); infine, esisterebbe un potere ispettivo da parte di funzionari del Comune presso gli uffici e cantieri della società, con possibilità di acquisire dati e informazioni utili alla verifica delle osservanza delle prescrizioni di cui alla convenzione, compito a cui la società deve prestare la massima collaborazione.

Sul punto, va preliminarmente rilevato come la materia abbia costituito oggetto di recente puntualizzazione ed approfondimento da parte dell’Adunanza Plenaria che ha chiaramente indicato quali siano i presupposti ed i limiti dell’istituto anche con riferimento ai principi di derivazione comunitaria, in particolare rilevando che “la giurisprudenza comunitaria, in particolare, ha utilizzato l’espressione in house providing per identificare il fenomeno di "autoproduzione" di beni, servizi o lavori da parte della pubblica amministrazione: la quale acquisisce un bene o un servizio attingendoli all’interno della propria compagine organizzativa senza ricorrere a "terzi" tramite gara (così detta esternalizzazione) e dunque al mercato (a partire da C. giust. CE, 18 novembre 1999, C-107/98, Teckal). In ragione del "controllo analogo" e della "destinazione prevalente dell’attività", l’ente in house non può ritenersi terzo rispetto all’amministrazione controllante ma deve considerarsi come uno dei servizi propri dell’amministrazione stessa: non è, pertanto, necessario che l’amministrazione ponga in essere procedure di evidenza pubblica per l’affidamento di appalti”. In tal senso si è ritenuto che si è in presenza di un modello di organizzazione meramente interno, qualificabile in termini di delegazione interorganica (Consiglio di Stato Adunanza Plenaria 3 marzo 2008 n. 1).

La sentenza ha anche definitivamente confermato che ai fini della esistenza del requisito del controllo analogo non è sufficiente che l’ente affidante sia proprietario dell’intero capitale sociale, in quanto a questo pur necessario presupposto deve, tra l’altro, aggiungersi che il consiglio di amministrazione non abbia rilevanti poteri gestionali e che all’ente pubblico controllante sia consentito l’esercizio di poteri maggiori rispetto a quelli che il diritto societario riconosce normalmente alla maggioranza sociale (Consiglio Stato, sez. VI, 3 aprile 2007, n. 1514). Ed è proprio quanto dedotto dalla EURO.CO.GE.I. s.r.l. nella presente controversia.

Ma passaggio argomentativo fondamentale della decisione è quello secondo cui “in sostanza, si ritiene che il solo controllo societario totalitario non sia garanzia della ricorrenza dei presupposti dell’in house, occorrendo anche un’influenza determinante da parte del socio pubblico, sia sugli obiettivi strategici che sulle decisioni importanti (C. giust. CE, 11 maggio 2006, C-340/04, società Carbotermo e Consorzio Alisei c. Comune di Busto Arsizio). Ne consegue che l’in house esclude la terzietà, poiché l’affidamento avviene a favore di un soggetto il quale, pur dotato di autonoma personalità giuridica, si trova in condizioni di soggezione nei confronti dell’ente affidante che è in grado di determinarne le scelte, e l’impresa è anche sotto l’influenza dominante dell’ente”.

Pertanto, la configurazione del rapporto tra ente affidante proprietario e società di erogazione deve essere intesa in termini di alterità solo formale, dovendo per tutti gli aspetti gestionali - sia quelli inerenti l’attività di amministrazione di tipo strategico, organizzativo e di generale conduzione aziendale, sia quelli relativi all’attività di esecuzione vera e propria - essere operata una totale assimilazione agli schemi propri di una gestione internalizzata, la sola, del resto, che potrebbe, anche in armonia con le istanze di livello comunitario, giustificare un’imputazione diretta del servizio ad un soggetto esterno all’ente titolare.

Ed a questo punto, deve ritenersi che il modello societario in questione, svincolandosi totalmente dalle originarie logiche di riferimento, ossia quelle proprie dell’impresa commerciale, trova un’autonoma collocazione sistematica in schemi tipici della sola organizzazione amministrativa, residuando della primigenia configurazione unicamente la connotazione formale, in ogni caso anche questa snaturata da necessità di adattamento ad esigenze di sottoposizione del soggetto a criteri strutturali e funzionali tali da ricondurlo pur sempre in seno all’ente affidante.

Ne discende che il controllo analogo non deve essere inteso nell’accezione propria del termine, ossia come monitoraggio, verifica e validazione, postuma o attuale, dell’operato altrui, ma, più radicalmente, come assunzione a monte di scelte gestionali aziendali, generali e particolari, da parte dell’ente proprietario, rispetto alle quali gli organi della società si pongono come meri esecutori; pertanto, il rapporto che lega l’ente alla società non può essere nemmeno inteso come controllo sull’attività di gestione e verifica di risultato, ciò supponendo un’eccessiva autonomia del soggetto gestore, incompatibile con le richiamate coordinate di fondo di sostanziale autoproduzione del modello “in house providing”.

Pertanto, le disposizioni della convenzione- quadro richiamate dalla difesa della Ecoatellana Multiservizi s.r.l. non sono idonee, o, meglio, non si rivelano sufficienti ad assicurare il requisito del controllo analogo, proprio perché s’inquadrano pur sempre in una logica di tipo dualistico, come tale tendente a configurare un’attività di verifica operante dall’esterno, mentre l’ingerenza dell’ente affidante deve preesistere all’interno della struttura societaria e determinarne ab origine le scelte di fondo; ebbene, tale condizione può porsi solamente costruendo una specifica e stringente interrelazione tra organi di amministrazione della società ed ente proprietario, non solo riguardo al potere di scelta da parte di quest’ultimo delle persone fisiche degli amministratori, ma vincolando costoro ad agire costantemente secondo direttive ed indirizzi– ma anche scelte di tipo operativo – di volta in volta finalizzati al solo perseguimento dell’interesse pubblico alla migliore erogazione del servizio compatibile con logiche di contenimento dei costi.

Né a tale fine può ritenersi idoneo il verbale di assemblea del 2 maggio 2006, atteso che trattasi di un mero atto di indirizzo interno, del tutto insufficiente ad assicurare la necessaria stabilità e continuità nei rapporti tra società e Comune nei termini richiesti dal modello di gestione prescelto.

Di conseguenza, il secondo motivo deve ritenersi fondato anche sotto tale profilo.

Con il terzo motivo la EURO.CO.GE.I s.r.l. ha dedottola violazione dell’art. 13 del d.l. 4 luglio 2006 n. 223 conv. in legge 4 agosto 2006 n. 248, nella parte in cui nello statuto viene prevista la possibilità per la Ecoatellana Multiservizi s.r.l. di offrire la sua professionalità a terzi in tal modo eccedendo la sua capacità operativa normativamente circoscritta all’effettuazione di prestazioni in favore dell’ente locale proprietario, ossia il Comune di Sant’Arpino.

Il motivo è inammissibile per carenza di interesse, oltre che infondato.

Al riguardo, la norma invocata prevede che “al fine di evitare alterazioni o distorsioni della concorrenza e del mercato e di assicurare la parità degli operatori, le società, a capitale interamente pubblico o misto, costituite o partecipate dalle amministrazioni pubbliche regionali e locali per la produzione di beni e servizi strumentali all'attività di tali enti in funzione della loro attività, con esclusione dei servizi pubblici locali, nonché, nei casi consentiti dalla legge, per lo svolgimento esternalizzato di funzioni amministrative di loro competenza, devono operare esclusivamente con gli enti costituenti o partecipanti o affidanti, non possono svolgere prestazioni a favore di altri soggetti pubblici o privati, nè in affidamento diretto nè con gara, e non possono partecipare ad altre società o enti. Le società che svolgono l'attività di intermediazione finanziaria prevista dal testo unico di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, sono escluse dal divieto di partecipazione ad altre società o enti”.

Ne consegue in primo luogo che la contestata capacità della Ecoatellana Multiservizi s.r.l. di operare in ambito extraterritoriale non trova nella norma citata un divieto assoluto, a seguito dell’introduzione in sede di conversione del decreto legge dell’eccezione - tale restando, quindi, solo in senso formale – relativa proprio ai servizi pubblici locali, per cui non può inferirsi alcuna violazione in sé da parte dello statuto, essendo necessario accertare la specifica natura dell’affidamento assunto in eccedenza; in secondo luogo, non si individua in tale prescrizione alcuna portata lesiva per le ragioni della ricorrente, il cui interesse resta sempre ancorato alla sola sottrazione al mercato di parte del servizio di manutenzione del patrimonio immobiliare del Comune, affidamento che comunque non verrebbe meno a seguito di una eventuale fondatezza del motivo, al più limitandosi ad una circoscrizione delle attività sociali al solo territorio del Comune.

Con il quarto motivo è stata invece contestato che alcuni servizi oggetto di affidamento diretto sarebbero in realtà gestiti da soggetti diversi dalla Ecoatellana Multiservizi s.r.l. probabilmente secondo le forme del subappalto e della associazione in partecipazione.

La censura è priva di pregio, in quanto del tutto sfornita di ogni principio di prova, come del resto rilevato dalla stessa società ricorrente che al riguardo si era espressamente riservata la proposizione di motivi aggiunti.

Con il sesto motivo la EURO.CO.GE.I s.r.l. ha proposto quattro distinte censure avverso la deliberazione consiliare n. 34 del 28 dicembre 2006: in primo luogo, è stata rilevata l’oscurità del deliberato nella parte in cui, rispetto alle premesse, relative a solo quattro affidamenti, sarebbero stati affidati alla Ecoatellana Multiservizi s.r.l. ben nove attività; in secondo luogo, relativamente alla gestione della pubblica illuminazione la proposta della società avrebbe riguardato, visti i suoi contenuti, la partecipazione ad una gara e non già un affidamento diretto; in terzo luogo, la relazione istruttoria della gestione del servizio informatico sarebbe senza firma ed infine non sarebbe stata compiuta un’attenta ed approfondita analisi della convenienza del modello di affidamento prescelto.

Il motivo è inammissibile..

In primo luogo va osservato che il primo rilievo non è tale da inficiare la legittimità sotto il profilo della coerenza tra motivazione e dispositivo della deliberazione in questione relativamente al servizio di gestione del patrimonio immobiliare comunale oggetto di specifico ed immediato affidamento alla Ecoatellana Multiservizi s.r.l.; quanto ai rilievi afferenti ai servizi di pubblica illuminazione e di informatica, estranei ai settori in cui opera la EURO.CO.GE.I. s.r.l., alcuna utilità discenderebbe a questa da un’eventuale pronuncia favorevole di questo Tribunale che avrebbe come unico effetto la caducazione solo di questi ultimi, ma non di quello di gestione del patrimonio immobiliare comunale.

L’inammissibilità dell’ultimo rilievo, relativo alla mancanza di un’idonea istruttoria e valutazione circa l’economicità e la convenienza del modello prescelto, è invece da ascriversi non solo all’afferenza con profili di merito dell’azione amministrativa, ma anche all’assoluta genericità della censura medesima.

In conclusione il ricorso deve essere accolto nei sensi e nei limiti di cui in motivazione, con annullamento delle deliberazioni consiliari impugnate e dei successivi atti di affidamento.

Sussistono giusti motivi per compensare tra le parti le spese processuali.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale I Sezione

- accoglie il ricorso nei sensi di cui in motivazione e per l’effetto annulla gli atti impugnati;

- spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Così deciso in Napoli nella Camera di Consiglio del 19 marzo 2008 dai Magistrati

Antonio Guida Presidente

Paolo Corciulo Consigliere, estensore

Michele Buonauro Referendario

Il Presidente L’Estensore

Depositata il 24 aprile 2008

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