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TAR Lombardia, Sez. Brescia, 27/5/2008 n. 566
Sulla possibilità di indire le gare per l’affidamento del servizio di distribuzione del gas senza attendere la definizione degli ambiti territoriali minimi.


Non appare sostenibile la tesi del blocco delle gare fino alla creazione degli ambiti territoriali minimi. La disciplina dell’art. 46-bis del DL 159/2007 contenente "disposizioni in materia di concorrenza e qualità dei servizi essenziali nel settore della distribuzione del gas", nel testo successivo alle modifiche introdotte dalla l. finanziaria 2008, deve essere interpretata nel senso che in mancanza dei parametri e degli incentivi individuati dall’AEEG si deve presumere che ogni singolo comune dotato di un’idonea rete di distribuzione identificata come ambito tariffario costituisca attualmente il bacino ottimale di utenza e quindi l’ambito territoriale minimo per lo svolgimento delle gare.
In primo luogo infatti le soluzioni tecniche individuate dall’AEEG potrebbero non comportare un vincolo di gestione associata per tutti i comuni. Inoltre per l’individuazione degli ambiti e l’indizione delle gare sono previsti soltanto termini ordinatori e manca del tutto un termine finale certo per la cessazione delle gestioni attuali, il che si pone in diretto contrasto con i principi comunitari. Non vi è poi alcuna necessità pratica per cui si debba evitare lo svolgimento di gare a livello comunale in attesa della definizione degli ambiti territoriali minimi. Il procedimento di aggregazione può infatti avere luogo anche dopo che siano subentrati i nuovi gestori, tanto più se si considera che nelle gestioni associate potrebbero operare, almeno temporaneamente, più gestori. Inoltre l’AEEG potrebbe individuare misure di incentivazione destinate ai gestori per compensare la conclusione anticipata del servizio.
Non si oppongono alla facoltà di svolgere immediatamente le gare all’interno degli attuali ambiti tariffari neppure gli ultimi due commi dell’art. 46-bis del DL 159/2007. Il c.4, riguardante l’aumento del canone fino al 10% del VRD, è un indizio del fatto che le operazioni di aggregazione potrebbero slittare anche molto oltre i termini ordinatori previsti (determinando quindi l’esigenza di garantire ai comuni almeno una parte degli introiti tariffari che potrebbero essere ottenuti attraverso la gara). Si tratta in definitiva di una compensazione per il tempo richiesto dalla formazione degli ambiti e non di un corrispettivo ex lege per il prolungamento del periodo transitorio. Il c. 4-bis fa esplicito riferimento alle gare svolte a partire dal 1 gennaio 2008. Queste gare sono individuate con rinvio non al c.3 (dove sono regolate le gare per ambiti ottimali) ma al c. 1 (che tratta del bando-tipo nazionale). L’indicazione che ne deriva è che la fine del periodo transitorio non richiede necessariamente lo svolgimento di gare in forma associata.

Materia: gas / disciplina

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione staccata di Brescia (Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

Sul ricorso numero di registro generale 105 del 2008, integrato da motivi aggiunti, proposto da:

THÜGA OROBICA SRL, rappresentata e difesa dagli avv. Marco Mazzarelli, Daniela Stella, Stefano Sonzogni e Mauro Ballerini, con domicilio eletto presso quest’ultimo in Brescia viale Stazione 37;

contro

COMUNE DI STEZZANO, rappresentato e difeso dagli avv. Andrea Di Lascio e Saul Monzani, con domicilio eletto presso la segreteria del TAR in Brescia via Malta 12;

per l'annullamento

- della deliberazione consiliare n. 39 del 2 agosto 2007, con la quale sono stati adottati gli indirizzi per l’affidamento tramite gara del servizio di distribuzione del gas naturale;

- della deliberazione giuntale n. 134 del 22 novembre 2007, con la quale sono stati formulati ulteriori indirizzi per l’indizione della procedura ristretta;

- del provvedimento del responsabile del Settore V n. 356 del 23 novembre 2007, con il quale è stata avviata la procedura ristretta per l’affidamento del servizio di distribuzione ed è stato approvato il bando di gara;

- del bando di gara pubblicato sulla GUCE del 27 novembre 2007 e integrato con avviso dell’11 dicembre 2007;

Visto il ricorso e i motivi aggiunti, con i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Stezzano;

Viste le memorie difensive;

Visti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 8 maggio 2008 il dott. Mauro Pedron;

Uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Considerato quanto segue:

FATTO e DIRITTO

1. Nel Comune di Stezzano il servizio di distribuzione del gas naturale è stato affidato in concessione a SAMEST (Società Azionaria Metanifera Stezzano) mediante una convenzione stipulata il 16 aprile 1966. La durata della concessione era originariamente di 29 anni ma con un atto integrativo dell’8 ottobre 1992 il termine finale è stato spostato al 31 dicembre 2010. A seguito di modifiche societarie al concessionario iniziale è poi subentrata la ricorrente Thüga Orobica srl.

2. A conclusione di un procedimento iniziato con la comunicazione di avvio del 27 ottobre 2006 il Comune ha approvato la deliberazione consiliare n. 39 del 2 agosto 2007, con la quale ha deciso di affidare tramite gara il servizio di distribuzione del gas naturale una volta scaduto il termine finale ex lege della concessione in atto.

3. Il punto di riferimento della decisione del Comune è la disciplina del periodo transitorio introdotta dall’art. 23 comma 1 del DL 30 dicembre 2005 n. 273, norma che ha prorogato la durata residua delle concessioni non precedute da gara fissata originariamente dall’art. 15 commi 5 e 7 del Dlgs. 23 maggio 2000 n. 164. In particolare il termine finale è stato automaticamente spostato dal 31 dicembre 2005 al 31 dicembre 2007 per tutti i gestori uscenti e ulteriormente dilatato dal 31 dicembre 2007 al 31 dicembre 2009 nel caso in cui il gestore uscente si trovi in una delle condizioni indicate dall’art. 15 comma 7 del Dlgs. 164/2000. Si tratta di condizioni che premiano l’incremento della massa critica aziendale o la privatizzazione del capitale: a) fusione societaria con raddoppio dell’utenza complessiva; b) incremento dell'utenza a oltre 100.000 clienti finali, o del gas naturale distribuito a oltre 100 milioni di metri cubi all'anno, ovvero dell’ambito territoriale fino a una dimensione corrispondente almeno all'intero territorio provinciale; c) apertura di almeno il 40% del capitale sociale al capitale privato. In base all’art. 23 comma 2 del DL 273/2005 i termini così prorogati possono essere ulteriormente estesi di un anno con una scelta discrezionale del comune concedente per comprovate e motivate ragioni di pubblico interesse.

4. Premesso questo quadro normativo il Comune con la citata deliberazione consiliare n. 39/2007 ha individuato la scadenza ex lege della concessione al 31 dicembre 2009 e ritenendo non vantaggioso il prolungamento del rapporto per un ulteriore anno ha adottato gli indirizzi per l’affidamento del servizio tramite gara. Al gestore uscente, come previsto dall’art. 15 comma 5 del Dlgs. 164/2000, è stato riconosciuto il rimborso calcolato con i criteri di cui all’art. 24 lett. a)-b) del RD 15 ottobre 1925 n. 2578, ossia: a) valore industriale residuo dell'impianto (costo di ricostruzione a nuovo meno valore di deperimento); b) detrazione dei contributi versati al gestore dal comune concedente oppure dai privati per l’estensione della rete e per i singoli allacciamenti. Il valore del rimborso è stato calcolato in € 654.222 (da ridurre ulteriormente scomputando i contributi per l’estensione della rete versati dai privati in alcune lottizzazioni ancora oggetto di verifica) a fronte di una richiesta di Thüga Orobica srl pari a € 2.497.235,60. Il Comune ha comunque stabilito di accollarsi l’onere del rimborso, esonerando così il nuovo gestore, e di sostenere la relativa spesa con il canone di concessione, il cui importo è stato stimato in € 332.090 per ciascun anno.

5. Dopo la deliberazione consiliare n. 39/2007 (notificata alla ricorrente il 3 dicembre 2007) è intervenuta la deliberazione giuntale n. 134 del 22 novembre 2007, con la quale sono state formulate ulteriori prescrizioni in vista dell’avvio della gara mediante procedura ristretta ex art. 220 del Dlgs. 12 aprile 2006 n. 163 con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa. A questo ha fatto seguito il provvedimento del responsabile del Settore V (Lavori Pubblici) n. 356 del 23 novembre 2007, che ha approvato il bando di gara con i relativi documenti. Il bando è stato pubblicato una prima volta sulla GUCE del 27 novembre 2007 e poi rettificato con avviso pubblicato sulla GUCE dell’11 dicembre 2007. In data 3 dicembre 2007 il bando e gli altri documenti sono stati inseriti nel sito Internet del Comune. Il termine per il ricevimento delle domande di partecipazione è stato fissato al 22 gennaio 2008.

6. Prima della pubblicazione della rettifica del bando sulla GUCE, e prima della notifica a Thüga Orobica srl della deliberazione consiliare n. 39/2007, è intervenuta una rilevante innovazione legislativa che ha inciso sulla disciplina del periodo transitorio. Precisamente la legge 29 novembre 2007 n. 222 (in vigore dal 1 dicembre 2007), nel convertire il DL 1 ottobre 2007 n. 159 (Interventi urgenti in materia economico-finanziaria, per lo sviluppo e l'equità sociale), ha inserito l’art. 46-bis contenente “disposizioni in materia di concorrenza e qualità dei servizi essenziali nel settore della distribuzione del gas”. In seguito l’art. 2 comma 175 della legge 24 dicembre 2007 n. 244 (Legge finanziaria 2008) ha nuovamente variato la disciplina sostituendo il comma 3 del DL 159/2007, modificando il comma 4 e inserendo il comma 4-bis.

7. Nella versione originaria l’art. 46-bis del DL 159/2007 ha definito la seguente procedura di liberalizzazione del mercato della distribuzione del gas naturale:

a) con decreto interministeriale, sentita la Conferenza unificata e su parere dell’Autorità per l’energia elettrica e il gas (AEEG), sono individuati entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione i criteri di gara e di valutazione dell’offerta per l’affidamento del servizio di distribuzione del gas naturale, tenendo conto, oltre che delle condizioni economiche offerte, degli standard qualitativi e di sicurezza del servizio, e dei piani di investimento e di sviluppo delle reti e degli impianti (comma 1);

b) con decreto interministeriale, su proposta dell’AEEG e sentita la Conferenza unificata, sono determinati gli ambiti territoriali minimi per lo svolgimento delle gare per l’affidamento del servizio di distribuzione del gas naturale, a partire da quelli tariffari, secondo l’identificazione di bacini ottimali di utenza, in base a criteri di efficienza e riduzione dei costi, e sono individuate misure per l’incentivazione delle relative operazioni di aggregazione (comma 2);

c) al fine di incentivare le operazioni di aggregazione di cui al comma 2, sono prorogati di due anni i termini del 31 dicembre 2007 e del 31 dicembre 2009 stabiliti dall’articolo 23 comma 1 del DL 273/2005 (comma 3);

d) a decorrere dal 1 gennaio 2008 i comuni interessati dalle nuove scadenze di cui al comma 3 possono incrementare il canone delle concessioni di distribuzione fino al 10% del vincolo sui ricavi di distribuzione (VRD) di cui alla delibera dell’AEEG n. 237 del 28 dicembre 2000 (comma 4).

8. Nel testo successivo alle modifiche introdotte dalla finanziaria 2008 la disciplina dell’art. 46-bis del DL 159/2007 conserva la precedente impostazione ma con alcuni aggiustamenti:

a) rimane la previsione secondo cui con decreto interministeriale, sentita la Conferenza unificata e su parere dell’AEEG, sono individuati entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione i criteri di gara e di valutazione dell’offerta per l’affidamento del servizio di distribuzione del gas naturale, tenendo conto, oltre che delle condizioni economiche offerte, degli standard qualitativi e di sicurezza del servizio, e dei piani di investimento e di sviluppo delle reti e degli impianti (comma 1);

b) rimane anche la previsione secondo cui con decreto interministeriale, su proposta dell’AEEG e sentita la Conferenza unificata, sono determinati gli ambiti territoriali minimi per lo svolgimento delle gare per l’affidamento del servizio di distribuzione del gas naturale, a partire da quelli tariffari, secondo l’identificazione di bacini ottimali di utenza, in base a criteri di efficienza e riduzione dei costi, e sono individuate misure per l’incentivazione delle relative operazioni di aggregazione (comma 2);

c) la finalità di incentivare le operazioni di aggregazione è invece perseguita secondo una diversa scansione temporale, ossia è previsto che la gara per l’affidamento del servizio di distribuzione sia bandita per ciascun bacino ottimale di utenza entro due anni dall’individuazione del relativo ambito territoriale, la quale a sua volta deve avvenire entro un anno dalla data di entrata in vigore della legge di conversione (comma 3);

d) è stata mantenuta la possibilità, a decorrere dal 1 gennaio 2008, di incrementare il canone delle concessioni di distribuzione in atto fino al 10% del VRD ma la previsione è ora riferita ai comuni interessati dalle nuove gare di cui al comma 3, fino al nuovo affidamento, e non più ai comuni interessati dalle nuove scadenze (comma 4);

e) infine è stata aggiunta una disposizione che, a decorrere dal 1 gennaio 2008, estende alle gare per il servizio di distribuzione del gas naturale, con l’eccezione della prima gara, il divieto di partecipazione di cui all’art. 113 comma 15-quater del Dlgs. 18 agosto 2000 n. 267 per i soggetti che gestiscono a qualunque titolo il servizio sulla base di un affidamento diretto (comma 4-bis).

9. In considerazione del nuovo quadro normativo Thüga Orobica srl ha impugnato la deliberazione consiliare n. 39/2007, la deliberazione giuntale n. 134/2007, la determinazione n. 356 del 23 novembre 2007 e il bando di gara con ricorso notificato il 25 gennaio 2008 e depositato il 29 gennaio 2008. Le censure si possono sintetizzare come segue: a) violazione dell’art. 46-bis commi 3 e 4 (prima e seconda versione) del DL 159/2007, in quanto la durata della concessione del gestore uscente dovrebbe intendersi prorogata automaticamente al 31 dicembre 2011 o in alternativa sino al nuovo affidamento in esito alla gara unica per l’ambito territoriale in cui sarà inserito il Comune; b) violazione dell’art. 14 comma 1 del Dlgs. 164/2000, in quanto la gara sarebbe stata bandita con eccessivo anticipo rispetto alla scadenza del rapporto; c) violazione dell’art. 23 comma 2 del DL 273/2005, in quanto il Comune non avrebbe sufficientemente considerato l’utilità di una proroga annuale dopo la scadenza del 31 dicembre 2009 pur avendo prospettato una tale eventualità nella nota di avvio del procedimento del 27 ottobre 2006; d) fraintendimento dei presupposti, in quanto la gara si baserebbe su una stima irragionevolmente elevata del VRD e del canone sperato e sulla sottovalutazione del rimborso dovuto alla ricorrente in qualità di gestore uscente; e) violazione dell’art. 14 commi 8 e 9 e dell’art. 15 comma 5 del Dlgs. 164/2000, nonché dell’art. 6 dell’atto integrativo dell’8 ottobre 1992, in quanto l’accollo del rimborso da parte del Comune vanificherebbe il diritto di ritenzione dell’impianto previsto nei confronti del gestore subentrante; f) violazione del diritto di prelazione riconosciuto dall’art. 2 dell’atto integrativo dell’8 ottobre 1992. Sulla base dei medesimi presupposti di diritto è stata inoltre formulata richiesta di risarcimento danni.

10. Con nota del 18 dicembre 2007 Thüga Orobica srl ha chiesto al Comune di ritirare in autotutela la deliberazione consiliare n. 39/2007 sul presupposto che l’art. 46-bis comma 3 (prima versione) del DL 159/2007 aveva automaticamente prorogato al 31 dicembre 2011 la scadenza del periodo transitorio per i gestori in possesso di almeno una delle condizioni indicate dall’art. 15 comma 7 del Dlgs. 164/2000. Il Comune con nota del responsabile della Direzione II (Servizi Territoriali) prot. n. 765 del 18 gennaio 2008 ha però respinto la richiesta evidenziando che la predetta deliberazione consiliare era stata adottata prima della modifica legislativa e che in ogni caso la seconda versione dell’art. 46-bis comma 3 del DL 159/2007 non prevede una proroga automatica ma una procedura con altre caratteristiche.

11. Poco dopo, in data 5 febbraio 2008, il Comune ha trasmesso la lettera di invito contenente le regole della gara e in particolare alcuni chiarimenti sui criteri di aggiudicazione. Tra questi ultimi ve ne sono due che rilevano nel presente giudizio: da un lato è previsto (a pag. 9 della lettera di invito) che non saranno considerati utili ai fini del punteggio relativo all’offerta economica gli investimenti qualificabili come costi di gestione (allacciamenti o contatori di utenza), dall’altro è ribadito (a pag. 11 della lettera di invito) che anche nell’esame dell’offerta tecnica i costi di gestione non saranno considerati investimenti ed è inoltre previsto che alla migliore offerta tecnica non sia necessariamente attribuito il punteggio massimo disponibile. La lettera di invito prevede poi (a pag. 10) che l’aggiudicatario della concessione si impegni a versare al Comune, oltre al canone annuo, la somma di € 400.000 a titolo di una tantum per l’affidamento del servizio.

12. Nei confronti degli atti indicati sopra ai punti 10 e 11 (diniego di autotutela e lettera di invito) la ricorrente ha proposto impugnazione con motivi aggiunti notificati il 22 febbraio 2008 e depositati il 6 marzo 2008. Le censure proposte ribadiscono quelle già formulate nel ricorso introduttivo, con l’aggiunta delle seguenti: g) violazione dell’art. 42 comma 2 lett. e) del Dlgs. 267/2000, in quanto la competenza sulle modalità di organizzazione dei servizi pubblici locali spetta esclusivamente al consiglio comunale sulla base di specifica istruttoria; h) irragionevole esclusione di alcune voci dell’offerta e violazione dell’art. 83 comma 5 del Dlgs. 163/2006 e dell’art. 4 del DPCM 13 marzo 1999 n. 117, norme da cui si dovrebbe desumere il principio che nell’assegnazione del punteggio all’offerta migliore è attribuito il coefficiente 1 e a quella peggiore un coefficiente pari a zero.

13. Il Comune si è costituito in giudizio chiedendo la reiezione del ricorso e dei motivi aggiunti. Con la prima eccezione il Comune evidenzia che la procedura impugnata ha avuto inizio con la deliberazione consiliare n. 39/2007 e dunque si sarebbe radicata in un momento anteriore all’introduzione dell’art. 46-bis del DL 159/2007 (che nella versione originaria è entrato in vigore il 1 dicembre 2007). Di qui l’intangibilità della gara rispetto alla normativa sopravvenuta. Questa tesi non appare condivisibile. Anche se alcuni atti della procedura sono anteriori all’art. 46-bis del DL 159/2007 occorre tenere in considerazione diversi altri elementi. Innanzitutto il fatto che la posizione della ricorrente è particolarmente qualificata, in quanto si tratta del gestore uscente. Pertanto, in base al principio codificato nell’art. 21-bis della legge 7 agosto 1990 n. 241, la decisione di chiudere il rapporto al 31 dicembre 2009 e di non concedere la proroga di un anno poteva considerarsi definitiva solo con la notifica alla ricorrente, che è avvenuta il 3 dicembre 2007. Se quindi il Comune sostiene di aver fatto affidamento sulla disciplina anteriore, la ricorrente può contrapporre l’affidamento maturato sulla base della disciplina in vigore alla data della notifica (e successive modifiche). Inoltre, come si è visto sopra al punto 5, il bando di gara ha assunto la formulazione definitiva soltanto con la rettifica pubblicata sulla GUCE dell’11 dicembre 2007. Il primo atto formalmente identificabile dalla generalità dei soggetti economici come inizio di una procedura di gara si colloca perciò nella vigenza della nuova disciplina, circostanza che risulta evidenziata anche dall’inserimento, avvenuto solo in data 3 dicembre 2007, del bando e degli altri documenti di gara nel sito Internet del Comune. Infine, sotto un profilo più ampio, si osserva che l’indizione di una gara non è un fatto sufficiente da solo a impedire l’applicazione di una norma che proroga automaticamente (a data fissa o senza termine finale tassativo) i rapporti in corso. Proprio perché non si tratta di rapporti esauriti la proroga si collega all’ultimo momento del periodo transitorio e sposta in avanti il termine finale. È quindi necessario affrontare anche l’esame del primo motivo di ricorso che interpreta l’art. 46-bis del DL 159/2007 come una proroga automatica con cristallizzazione della posizione dei gestori uscenti.

14. In particolare nel primo motivo di ricorso si afferma che in base all’art. 46-bis commi 3 e 4 del DL 159/2007 la durata della concessione del gestore uscente dovrebbe intendersi prorogata automaticamente al 31 dicembre 2011 (prima versione della norma) o in alternativa sino all’affidamento al nuovo gestore in esito alla gara unica per l’ambito territoriale in cui sarà inserito il Comune (seconda versione della norma).

15. Preliminarmente si osserva che la prima pretesa della ricorrente, focalizzata sulla normativa in vigore tra il 1 e il 31 dicembre 2007, non può trovare accoglimento per la stessa ragione per cui non è condivisibile la tesi del Comune che risale alla normativa anteriore al 1 dicembre 2007. Come si è anticipato sopra al punto 13, la sola disciplina rilevante è quella che si collega al momento della scadenza del periodo transitorio e ne regola l’eventuale prosecuzione. Dunque non possono essersi consolidate aspettative in capo alla ricorrente circa la proroga al 31 dicembre 2011, sulla base della prima versione dell’art. 46-bis comma 3 del DL 159/2007, perché il passaggio dal 31 dicembre 2007 al 1 gennaio 2008 è regolato dalla legge 244/2007, ossia dalla seconda versione dell’art. 46-bis comma 3 del DL 159/2007.

16. A questo punto occorre verificare se la seconda versione dell’art. 46-bis comma 3 del DL 159/2007, in combinato con il resto della norma, sia interpretabile come una proroga senza termine finale tassativo e specularmente come un divieto per i comuni di sostituire i gestori uscenti attraverso gare bandite singolarmente. In proposito si osserva che dalla suddetta norma emergono tre indicazioni di difficile composizione, non solo per la scarsa chiarezza dell’articolato ma soprattutto perché corrispondono a obiettivi tra loro incompatibili, o compatibili solo in circostanze particolari. Le indicazioni sono: a) il principio di concorrenza, espressamente richiamato nella rubrica e nel comma 1; b) l’identificazione di bacini ottimali di utenza, prevista nei commi 2 e 3 e implicita nel richiamo ai livelli minimi di qualità dei servizi; c) l’incentivazione delle aggregazioni, parimenti prevista nei commi 2 e 3.

17. Il principio di concorrenza imporrebbe la chiusura immediata del periodo transitorio e l’indizione delle gare in tutti i comuni in cui la rete sia già presente e possa quindi essere affidata al soggetto economico in grado di svolgere il servizio con maggiore efficienza e costi minori. In proposito si osserva che questo TAR con ordinanza n. 963 del 4 agosto 2006 ha rimesso alla Corte di Giustizia la questione della compatibilità della proroga ex art. 23 del DL 273/2005 (intesa come proroga automatica e generalizzata per tutti i gestori uscenti fino al 31 dicembre 2007 o a certe condizioni fino al 31 dicembre 2009) con gli art. 43, 49, 86 par. 1 del Trattato CE nonché con i principi comunitari di parità di trattamento, non discriminazione e trasparenza. Una seconda questione è stata contestualmente proposta in relazione ai condizionamenti che la proroga dell’attività di distribuzione potrebbe creare nei confronti della liberalizzazione dell’attività di vendita del gas naturale prevista dal quarto, ottavo, decimo e diciottesimo considerando della direttiva 26 giugno 2003 n. 2003/55/CE, nonché dall’art. 23 par. 1 della medesima direttiva. La Corte ha svolto la discussione nell’udienza del 21 febbraio 2008 (causa C-347/06). Al momento non è ancora nota la sentenza ma sono disponibili le conclusioni presentate dall’Avvocato Generale il 24 aprile 2008.

18. L’opinione della Corte di Giustizia sulla causa C-347/06 potrebbe certamente fornire indicazioni di notevole interesse per il problema generale del differimento delle gare a vantaggio dei gestori uscenti. Tuttavia l’esito di tale giudizio non è destinato a riflettersi direttamente sul ricorso in esame perché in questa sede si discute di una proroga successiva a quella del DL 273/2005 (il Comune non ha contestato il diritto della ricorrente a proseguire la propria attività fino al 31 dicembre 2009) e perché è sopravvenuto un elemento normativo nuovo rappresentato dalla creazione degli ambiti territoriali minimi e dei bacini ottimali di utenza, di cui occorre ora valutare la compatibilità con i principi comunitari. In proposito è utile richiamare, quale criterio interpretativo, le conclusioni dell’Avvocato Generale del 24 aprile 2008, secondo cui il mantenimento delle concessioni originariamente attribuite in assenza di una procedura di gara costituisce un ostacolo alla libera prestazione di servizi e alla libertà di stabilimento, anche se lo scopo delle norme interne è quello di anticipare la scadenza contrattuale di tali concessioni. Peraltro secondo l’Avvocato Generale la proroga del periodo transitorio può essere giustificata da ragioni imperative di interesse generale tra cui quelle collegate alla certezza del diritto e alla stabilità dei rapporti giuridici.

19. La creazione di bacini ottimali di utenza può soddisfare l’esigenza di razionalizzazione della rete per quanto riguarda la programmazione degli investimenti, la riduzione dei costi per gli utenti e il raggiungimento di livelli minimi di qualità del servizio. Si tratta di obiettivi che in astratto sono compatibili con il diritto comunitario, in quanto possono assumere la dignità di ragioni imperative di interesse generale. La previsione di gare riferite a un ambito territoriale minimo è parimenti compatibile quando costituisce la conseguenza dell’individuazione di un bacino ottimale. Il sacrificio del principio di concorrenza (nella forma della libera prestazione di servizi e della libertà di stabilimento garantite dal diritto comunitario) deve però essere rigorosamente proporzionale all’utilità pubblica. Come già evidenziato nell’ordinanza di remissione n. 963/2006, non può essere ammesso un trattamento di favore generalizzato per tutti i gestori uscenti ma soltanto un insieme di deroghe all’obbligo della gara in presenza di problemi accertati o di esigenze dimostrabili. In proposito può essere richiamato il parere espresso l’8 novembre 2007 dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato sul disegno di legge della prima versione dell’art. 46-bis del DL 159/2007. L’Autorità (v. in particolare i paragrafi 10-14) sottolinea da un lato che l’esigenza di favorire i fenomeni di aggregazione territoriale non giustifica il rinvio generalizzato di tutte le gare, e dall’altro che la creazione di ambiti territoriali minimi presenta difficoltà e rischi, in quanto potrebbe essere effettuata “in condizioni di asimmetria informativa del regolatore rispetto a realtà tecnico-economiche locali” e quindi non sulla base di esigenze tecniche ma per esigenze di mera semplificazione amministrativa. Queste ultime potrebbero invece essere soddisfatte anche solo con la formulazione di un bando-tipo a livello nazionale.

20. L’art. 46-bis del DL 159/2007, con riferimento tanto ai bacini ottimali quanto all’indizione di gare uniche per ciascun bacino, utilizza il concetto di incentivazione delle aggregazioni. In questo elemento può essere individuato un punto di equilibrio tra la tutela della concorrenza e le esigenze organizzative. Si osserva che se le aggregazioni sono incentivate non possono essere del tutto coattive. D’altra parte non possono neppure essere del tutto facoltative, perché la possibilità per i comuni di affidare il servizio in forma associata era già prevista dall’art. 14 comma 1 del Dlgs. 164/2000. In realtà l’art. 46-bis del DL 159/2007 fissa una direttiva (costituire dei bacini ottimali) che vale per tutti i comuni ma interessa ciascun comune in modo diverso, in quanto, tenendo conto dei principi del diritto comunitario, l’obbligo di aderire a un ambito sovracomunale si giustifica solo se la gestione associata comporta maggiori benefici di quella singola. Il compito di individuare i parametri tecnici dell’efficienza della gestione associata è attribuito all’AEEG, che in effetti ha già iniziato una procedura di consultazione con la deliberazione n. 9 del 4 febbraio 2008. Il punto più complesso della procedura consiste nel passaggio, espressamente previsto nel comma 2 dell’art. 46-bis del DL 159/2007, dagli attuali ambiti tariffari ai bacini ottimali, che dovrebbero poi costituire gli ambiti territoriali minimi per lo svolgimento delle gare. Come chiarito dall’AEEG nella deliberazione n. 237/2000 (art. 3) l’ambito tariffario è formato dall’insieme delle località servite attraverso il medesimo impianto di distribuzione (peraltro nel caso di gestione associata l’ambito tariffario può coincidere con l’insieme delle località servite attraverso più impianti di distribuzione da uno o anche più esercenti). Sulla base di questo criterio, secondo quanto riferito dalla deliberazione dell’AEEG n. 9/2008, sono stati individuati a livello nazionale circa 2.150 ambiti tariffari. Poiché le tariffe dipendono in misura rilevante dalle dimensioni e dalle condizioni dell’impianto, la formazione di bacini ottimali presuppone la dimostrazione che la gestione associata non determina perdita di efficienza nel servizio e neppure aumento dei costi per gli utenti o diminuzione dei canoni per i comuni. In sintesi i parametri individuati dall’AEEG saranno vincolanti nei limiti di tale dimostrazione, perché diversamente non sarebbe giustificabile l’estensione a un comune di una disciplina meno vantaggiosa di quella che potrebbe ottenere affidando il servizio in modo autonomo. Per ristabilire la convenienza della gestione associata potranno peraltro intervenire le misure di incentivazione puntualmente definite dall’AEEG. In mancanza dei parametri e degli incentivi individuati dall’AEEG si deve presumere che ogni singolo comune dotato di un’idonea rete di distribuzione identificata come ambito tariffario costituisca attualmente il bacino ottimale di utenza e quindi l’ambito territoriale minimo per lo svolgimento delle gare.

21. Sulla base delle considerazioni svolte sopra ai punti 16-20 non appare sostenibile la tesi del blocco delle gare fino alla creazione degli ambiti territoriali minimi. In primo luogo infatti le soluzioni tecniche individuate dall’AEEG potrebbero non comportare un vincolo di gestione associata per tutti i comuni. Inoltre per l’individuazione degli ambiti e l’indizione delle gare sono previsti soltanto termini ordinatori e manca del tutto un termine finale certo per la cessazione delle gestioni attuali, il che si pone in diretto contrasto con i principi comunitari. Non vi è poi alcuna necessità pratica per cui si debba evitare lo svolgimento di gare a livello comunale in attesa della definizione degli ambiti territoriali minimi. Il procedimento di aggregazione può infatti avere luogo anche dopo che siano subentrati i nuovi gestori, tanto più se si considera che nelle gestioni associate (come si è visto sopra al punto 20) potrebbero operare, almeno temporaneamente, più gestori. Inoltre l’AEEG potrebbe individuare misure di incentivazione destinate ai gestori per compensare la conclusione anticipata del servizio.

22. Non si oppongono alla facoltà di svolgere immediatamente le gare all’interno degli attuali ambiti tariffari neppure gli ultimi due commi dell’art. 46-bis del DL 159/2007. Il comma 4, riguardante l’aumento del canone fino al 10% del VRD, è un indizio del fatto che le operazioni di aggregazione potrebbero slittare anche molto oltre i termini ordinatori previsti (determinando quindi l’esigenza di garantire ai comuni almeno una parte degli introiti tariffari che potrebbero essere ottenuti attraverso la gara). Si tratta in definitiva di una compensazione per il tempo richiesto dalla formazione degli ambiti e non di un corrispettivo ex lege per il prolungamento del periodo transitorio. Il comma 4-bis fa esplicito riferimento alle gare svolte a partire dal 1 gennaio 2008. Queste gare sono individuate con rinvio non al comma 3 (dove sono regolate le gare per ambiti ottimali) ma al comma 1 (che tratta del bando-tipo nazionale). L’indicazione che ne deriva è che la fine del periodo transitorio non richiede necessariamente lo svolgimento di gare in forma associata.

23. Il secondo motivo di ricorso censura la violazione dell’art. 14 comma 7 del Dlgs. 164/2000 sul presupposto che la gara sarebbe stata bandita con eccessivo anticipo rispetto alla scadenza del rapporto. La tesi non appare condivisibile. Tenendo fermo il termine ultimo del 31 dicembre 2009 (non sottoposto a contestazione nel presente giudizio) si osserva che il bando di gara fissava l’ultimo giorno utile per la presentazione delle domande di partecipazione al 22 gennaio 2008 e che la lettera di invito indicava come termine ultimo per la presentazione delle offerte il 26 marzo 2008. Secondo quanto previsto dal’art. 14 comma 7 del Dlgs. 164/2000 i comuni devono avviare la procedura di gara non oltre un anno prima della scadenza dell'affidamento allo scopo di evitare soluzioni di continuità nella gestione del servizio. La norma ha quindi valutato che a regime una procedura media richiede almeno un anno. Nel caso in esame il tempo a disposizione è di quasi due anni. In concreto si tratta di un intervallo ragionevole se si considerano le difficoltà relative all’impostazione degli atti della prima gara e la complessità della normativa, a cui si collega il rischio di contenziosi giudiziari. Dal lato dei concorrenti l’anticipazione di qualche mese della presentazione dell’offerta non comporta disagi o complicazioni una volta che siano stati resi noti i dati sulla potenziale redditività dell’impianto e sugli investimenti necessari. In un settore sottoposto a regolazione e caratterizzato da affidamenti di notevole durata le garanzie circa l’economicità della gestione dipendono dalle decisioni dell’AEEG sul recupero dei costi all’interno della formula tariffaria, e dunque la distanza tra la data di formulazione dell’offerta e l’inizio dell’attività assume un rilievo minore rispetto ad altri tipi di servizio.

24. Nel terzo motivo di ricorso si lamenta la violazione dell’art. 23 comma 2 del DL 273/2005, norma che consente ai comuni di concedere discrezionalmente una proroga di un anno ai gestori uscenti per motivi di pubblico interesse. Secondo la ricorrente il Comune, dopo aver prospettato una tale eventualità nella nota di avvio del procedimento del 27 ottobre 2006, avrebbe deciso immotivatamente di rinunciare a questa opzione creando inoltre un ingiustificato aggravio procedimentale a causa di una seconda richiesta di deposito dello stato di consistenza dell’impianto. La tesi non appare condivisibile. Per quanto riguarda la reiterazione della richiesta dello stato di consistenza (punto 2 della deliberazione consiliare n. 39/2007) si osserva che la sua utilità consiste nell’aggiornamento dei dati utilizzati per il calcolo del rimborso dovuto al gestore uscente, e quindi alla stessa ricorrente. Il primo stato di consistenza riportava infatti la situazione esistente al 12 dicembre 2006 e sulla base di questi dati si era determinata una notevole divergenza tra la stima del Comune e quella della ricorrente (v. sopra al punto 4). Sotto questo profilo il comportamento del Comune appare quindi ispirato a uno scrupolo ragionevole e giustificato. Per quanto riguarda invece la proroga discrezionale occorre preliminarmente sottolineare che l’onere della motivazione non riguarda principalmente la scelta di negare ma quella di concedere la prosecuzione del rapporto. Quest’ultima è in effetti una soluzione che discrimina i soggetti economici potenzialmente interessati a subentrare nella gestione e dunque può ritenersi compatibile con i principi del diritto comunitario solo se sostenuta dall’individuazione di uno specifico interesse pubblico. L’indizione della gara è invece la soluzione normale e doverosa, e come tale non deve essere sottoposta a un bilanciamento con l’ipotesi della proroga. In concreto comunque la decisione del Comune di non proseguire oltre nel rapporto si basa anche su un giudizio di convenienza della gara in termini economici.

25. Alle considerazioni economiche del Comune si collega il quarto motivo di ricorso, con il quale si cerca di dimostrare che vi sarebbero stati fraintendimenti ed errori sia nella stima del VRD e del canone sperato sia nel calcolo del rimborso dovuto alla ricorrente in qualità di gestore uscente. Gli argomenti esposti nel ricorso sono articolati ma nel complesso non sono idonei a far presumere che la gara si basi su una piattaforma economica inaffidabile.

26. Per quanto riguarda la redditività dell’impianto la perizia del gennaio 2007 utilizzata dal Comune, integrata dalle controdeduzioni del 5 maggio 2007, segue un metodo semplificato, ossia determina il margine lordo di distribuzione a partire dal numero di utenti e dal gas fatturato dal gestore uscente nel 2004, con estrapolazione lineare per aggiornare i dati al 31 dicembre 2006. Su tale base sono applicate le componenti fissa e variabile della tariffa autorizzata. I ricavi lordi sono così stimati in € 474.414. Questo valutazione consente in effetti di approssimare il VRD a ritroso, ossia partendo dalle tariffe già autorizzate e dai consumi effettivi, e offre una descrizione sufficientemente attendibile della redditività futura, pur tenendo conto che il VRD è il limite ai ricavi annui complessivi calcolato su base parametrica e dunque varia nel tempo in conseguenza della regolazione dell’AEEG e in modo particolare in relazione ai costi inseriti nella formula tariffaria. Il Comune prevede di poter introitare circa il 70% del VRD così approssimato. Si tratta di una percentuale molto elevata, specie in considerazione dei limiti posti dalla regolamentazione tariffaria. Se effettivamente l’aggiudicazione avvenisse sulla base di una simile offerta si imporrebbe la verifica di anomalia (v. TAR Brescia 29 marzo 2005 n. 205). Tuttavia non si può escludere a priori che l’offerta economica risulti effettivamente vantaggiosa per il Comune e nello stesso tempo idonea a garantire una sufficiente qualità del servizio.

27. La ricorrente indica poi altri due elementi che dimostrerebbero il carattere irrealistico delle previsioni economiche del Comune: a) l’obbligo per il nuovo gestore di versare un contributo iniziale una tantum pari a € 400.000 (v. sopra al punto 11); b) l’obbligo per il nuovo gestore di ammortizzare tutti gli investimenti, ad eccezione di quelli straordinari approvati dal Comune, nel corso del periodo di affidamento (v. pag. 1 del disciplinare di gara). Questi oneri avrebbero come conseguenza una drastica erosione dei ricavi rendendo sostanzialmente impossibile una gestione economica del servizio. Il primo argomento non appare condivisibile. In realtà il contributo una tantum non costituisce tecnicamente un onere aggiuntivo ma una compensazione parziale per l’accollo effettuato dal Comune dell’onere del rimborso al gestore uscente. Il nuovo gestore beneficia quindi una di riduzione del costo complessivo del subentro. Per quanto riguarda invece l’ammortamento accelerato, si tratta di una deviazione rispetto allo schema normativo previsto dall’art. 14 comma 8 del Dlgs. 164/2000 (investimento iniziale - recupero parziale del costo del capitale tramite tariffa - traslazione sul gestore subentrante dell’onere residuo dell’ammortamento) che può essere considerata illegittima solo quando in concreto determini risultati anticoncorrenziali. Da un lato infatti questo vincolo costringe i concorrenti a inserire in offerta un piano di investimenti ridotto (con minori possibilità di aggiudicazione) o a finanziare l’ammortamento in modo improprio attraverso altre voci della tariffa (con il risultato di poter offrire come canone annuo una minore percentuale del VRD o con il rischio di formulare un’offerta antieconomica). Dall’altro bisogna però riconoscere che l’ammortamento accelerato impedisce al gestore di appropriarsi di tutti i benefici dell’investimento (impianto nuovo o ammodernato) scaricando sul soggetto subentrante una parte cospicua dei costi del capitale, ed evita inoltre che i residui di ammortamento trasformandosi in una “tassa di ingresso” riducano il numero dei partecipanti alla gara successiva. Si può quindi ritenere che la discrezionalità dell’amministrazione sia correttamente esercitata quando la soluzione indicata nel bando procura i vantaggi dell’ammortamento accelerato evitando o riducendo i relativi inconvenienti (v. TAR Brescia 10 febbraio 2006 n. 183). Di conseguenza la natura antieconomica dell’ammortamento accelerato non può essere presunta ma deve essere dimostrata in relazione alle caratteristiche di ogni singolo impianto (v. TAR Brescia 2 febbraio 2007 n. 98). Nel caso in esame, in presenza di una rete di distribuzione già realizzata e operativa, rispetto alla quale sono necessari solo estendimenti limitati in relazione all’incremento lineare degli utenti, i partecipanti alla gara non hanno la necessità di offrire piani di investimento particolarmente impegnativi. Questa situazione è correttamente registrata nel disciplinare di gara, che riserva a questa parte dell’offerta un peso ponderale pari a 18 punti su 100 disponibili. I costi della manutenzione (inseriti come sottocriterio nella voce degli investimenti) non possono essere considerati equivalenti all’onere di ricostruzione dell’impianto perché la vita media delle infrastrutture principali (tubazioni, opere edili) è molto lunga. Inoltre la ricorrente, pur disponendo di tutte le informazioni in qualità di gestore uscente, non ha dimostrato né un particolare stato di degrado delle infrastrutture né l’assenza di manutenzione nel periodo pregresso.

28. Relativamente al calcolo del rimborso dovuto al gestore uscente occorre precisare che la materia trattata nella presente sentenza non si estende all’individuazione della somma esatta di cui la ricorrente può ottenere il versamento. Tuttavia l’esame può spingersi a stabilire se il metodo seguito dal Comune nel calcolo dell’importo sia corretto e se di conseguenza l’ordine di grandezza delle cifre inserite nella valutazione economica sia attendibile. Innanzitutto si osserva che il Comune ha correttamente fatto riferimento ai due parametri stabiliti dall’art. 24 lett. a)-b) del RD 2578/1925 e richiamati dall’art. 15 comma 5 del Dlgs. 164/2000 (v. sopra al punto 4). Per quanto riguarda il primo parametro, che consiste nel valore industriale residuo dell'impianto (ossia nel costo di ricostruzione a nuovo detratto il valore di deperimento), la perizia del gennaio 2007 integrata il 5 maggio 2007 ha utilizzato i prezziari attualmente in uso senza applicare la quota di profitto delle imprese di costruzione. Questa soluzione appare giustificata, in quanto il corrispettivo per il trasferimento dell’impianto dal gestore uscente al comune concedente corrisponde al valore intrinseco di un impianto nuovo (ossia al costo medio degli scavi, dei materiali e dei componenti) e non a quello di un virtuale appalto di costruzione (in realtà il profitto per il gestore uscente si è già realizzato attraverso il recupero dei costi di investimento riconosciuti in tariffa e dunque non può essere duplicato al momento del rimborso di fine gestione). Circa il valore di deperimento, la vita media delle componenti dell’impianto è stata individuata principalmente sulla base dei tassi di ammortamento indicati nella convenzione del 16 aprile 1966 e nell’atto integrativo dell’8 ottobre 1992 (v. in particolare l’art. 6 di quest’ultimo). Solo in via integrativa è stata utilizzata la tabella 1 allegata alla deliberazione dell’AEEG n. 166 del 29 luglio 2005 (riguardante le tariffe per il trasporto e il dispacciamento del gas naturale). Anche questa decisione appare corretta, in quanto fa salva la volontà contrattuale delle parti ed è riferita alla situazione concreta dell’impianto in questione. Incidentalmente si osserva che questa soluzione può portare anche a risultati più favorevoli per la ricorrente: ad esempio la vita media delle tubazioni integre in base al tasso di ammortamento convenzionale del 2,2% risulta di 45,45 anni mentre la tabella 1 prevede una durata di 40 anni. Per quanto riguarda poi il secondo parametro che incide sul rimborso, ossia la detrazione corrispondente ai contributi versati al gestore per l’estensione della rete e per i singoli allacciamenti, è condivisibile la scelta di scomputare non solo i contributi di diretta provenienza comunale ma anche quelli versati dai privati coinvolti nei piani di lottizzazione. In questo modo si evita un arricchimento ingiustificato del gestore uscente (v. CS Sez. VI 3 settembre 2003 n. 4905). La clausola dell’art. 6 dell’atto integrativo dell’8 ottobre 1992, che esclude dal calcolo del riscatto anticipato le tubazioni eseguite a spese dei privati, deve essere letta coerentemente con i principi di diritto comune, e pertanto se le tubazioni realizzate o pagate dai privati sono entrate a far parte dell’impianto di cui viene calcolato il valore industriale residuo i contributi dei privati devono essere detratti per non consentire al gestore uscente di ottenere il rimborso di un costo non sostenuto.

29. Nel quinto motivo di ricorso è censurata la scelta del Comune di accollarsi il rimborso dovuto al gestore uscente. In questo modo si realizzerebbe la violazione dell’art. 14 commi 8 e 9 e dell’art. 15 comma 5 del Dlgs. 164/2000, nonché dell’art. 6 dell’atto integrativo dell’8 ottobre 1992, in quanto sarebbe vanificato il diritto di ritenzione dell’impianto previsto a favore della ricorrente. La tesi non appare condivisibile. Preliminarmente si osserva che il disciplinare di gara al punto 11 lett. k), nonostante il riferimento al solo art. 14 comma 8 del Dlgs. 164/2000, intende richiamare la disciplina del rimborso prevista dall’art. 15 comma 5 del Dlgs. 164/2000, il quale in effetti contiene un riferimento al precedente art. 14 comma 8. Dunque non vi possono essere dubbi sul fatto che il rimborso sarà determinato con i parametri di cui all’art. 24 lett. a)-b) del RD 2578/1925 (v. sopra al punto 28) e non con riguardo ai soli valori di ammortamento residui. Si osserva inoltre che l’accollo del rimborso da parte del Comune è una scelta discrezionale legittima, in quanto favorisce la partecipazione alla gara eliminando un ostacolo di natura economica e consente la formulazione di offerte più trasparenti e affidabili per quanto riguarda gli aspetti qualitativi del servizio.

30. Circa il diritto di ritenzione, la ricorrente sostiene che la nuova gestione non potrebbe iniziare sino alla conclusione della controversia sull’entità del rimborso (il quale dovrebbe poi essere traslato sul gestore subentrante). In contrario si osserva tuttavia che l’art. 15 comma 5 del Dlgs. 164/2000 richiama soltanto il comma 8 del precedente art. 14 e non il comma 9 in base al quale il gestore subentrante acquisisce la disponibilità degli impianti dalla data di pagamento del rimborso al gestore uscente oppure dalla data di offerta reale della somma dovuta. Il motivo del mancato richiamo consiste nel fatto che l’art. 14 comma 9 del Dlgs. 164/2000 sanziona con il divieto di subentro l’aggiudicatario che non ottemperi a un obbligo previsto nel bando di gara, dove, in piena trasparenza, deve essere indicata l’obbligazione da assumere nei confronti del gestore uscente. L’art. 15 comma 5 del Dlgs. 164/2000 regola invece il passaggio dal vecchio regime concessorio alla liberalizzazione del servizio di distribuzione, ipotesi evidentemente non prevista nelle concessioni originarie, le quali (come è avvenuto per l’art. 6 dell’atto integrativo dell’8 ottobre 1992) hanno disciplinato il diritto di ritenzione con riferimento al riscatto anticipato. Tuttavia il riscatto anticipato previsto dall’art. 24 del RD 2578/1925 era esercitato dai comuni per assumere direttamente la gestione del servizio e quindi non vi erano altri soggetti economici interessati alla conclusione del rapporto. Ora invece la gestione diretta è vietata e il passaggio ai nuovi affidamenti preceduti da gara è un obiettivo che l’art. 15 del Dlgs. 164/2000 persegue in vista di una pluralità di nuovi interessi pubblici a cui è stato dato rilievo, ossia nell’interesse del mercato (liberalizzazione), dei comuni (maggiori canoni annui) e degli utenti (migliore qualità del servizio e contenimento dei prezzi). La facoltà di ritenzione degli impianti prevista contrattualmente sotto il vecchio regime è quindi cedevole nei confronti degli interessi tutelati dalla normativa sopravvenuta (v. TAR Brescia 10 febbraio 2006 n. 183).

31. L’esistenza di una controversia tra il comune e il gestore uscente per la definizione del quantum dovuto non modifica la situazione. Da un lato non si tratta di una circostanza assimilabile all’inadempimento del nuovo gestore ex art. 14 comma 9 del Dlgs. 164/2000, in quanto il nuovo gestore non rifiuta il pagamento ma attende la liquidazione giudiziale o arbitrale della somma, e lo stesso fa il comune quando si accolla l’onere del rimborso. Dall’altro lato non si tratta neppure di inadempimento rispetto alla concessione originaria, la quale incorpora la disciplina del riscatto anticipato all’epoca vigente e dunque non è idonea a regolare una fattispecie completamente diversa come quella in esame. In effetti se una controversia sulla quantificazione del rimborso potesse mantenere nel possesso il gestore uscente si realizzerebbe un prolungamento del periodo transitorio al di fuori di un’espressa previsione normativa ed esclusivamente per volontà di una delle parti senza oggettive ragioni di interesse pubblico.

32. Con il sesto motivo la ricorrente lamenta la violazione del diritto di prelazione a parità di condizioni riconosciuto dall’art. 2 dell’atto integrativo dell’8 ottobre 1992 per il caso in cui alla scadenza della concessione il servizio sia affidato tramite gara. La tesi non può essere condivisa. In proposito si osserva che nel nuovo regime introdotto dagli art. 14 e 15 del Dlgs. 164/2000 non può esservi spazio per l’istituto della prelazione, né inteso come esonero dalla gara né come facoltà di fare propria l’offerta risultata vincitrice. Il sistema della gara impone infatti che anche i gestori uscenti partecipino in piena par condicio alla procedura e ne rispettino il risultato. Nessuna posizione maturata prima della liberalizzazione del mercato può essere utilizzata per svuotare la funzione selettiva della gara. Il vantaggio attribuito al gestore uscente dalla clausola di prelazione si configurerebbe come un prolungamento dei privilegi monopolistici e come un’ingiustificata (e non indennizzata) appropriazione dell’offerta elaborata dal vincitore. La clausola di prelazione potrebbe quindi conservare un (limitato) margine di operatività solo nel caso in cui il gestore uscente risultasse primo in graduatoria a pari merito con altri concorrenti e non fossero previsti dei criteri di aggiudicazione sussidiari in grado di superare la situazione di stallo (v. TAR Brescia 10 febbraio 2006 n. 183).

33. Il settimo motivo di ricorso riguarda la nota dirigenziale del 18 gennaio 2008 con la quale il Comune ha respinto la richiesta di ritiro in autotutela della deliberazione consiliare n. 39/2007. Poiché la decisione è stata assunta da un funzionario vi sarebbe violazione dell’art. 42 comma 2 lett. e) del Dlgs. 267/2000, che riserva al consiglio comunale la competenza sulle modalità di organizzazione dei servizi pubblici locali. La tesi non appare condivisibile. Lo studio svolto dagli uffici sulle questioni di competenza degli organi collegiali può evitare che questi ultimi si pronuncino su punti tecnici che non comportano esercizio di discrezionalità. Nel caso in esame la richiesta di un intervento in autotutela si basava in realtà sull’interpretazione della normativa sopravvenuta. Il funzionario non ha quindi introdotto modalità organizzative diverse da quelle stabilite dal consiglio comunale ma ha soltanto respinto in linea tecnica la soluzione normativa presentata dalla ricorrente. Si osserva che per questo tipo di esternazioni non sono necessarie particolari garanzie procedurali quali il preavviso di rigetto.

34. L’ottavo motivo di ricorso censura alcuni aspetti della lettera di invito. Con riguardo alla previsione in base alla quale non sono utili ai fini del punteggio dell’offerta economica e dell’offerta tecnica gli investimenti qualificabili come costi di gestione (allacciamenti o contatori di utenza) la ricorrente lamenta l’irragionevole esclusione di alcune voci dell’offerta. La tesi non appare condivisibile. Rientra nella discrezionalità dell’amministrazione la scelta delle caratteristiche del servizio offerto che meritano di essere premiate attraverso l’attribuzione di punteggio. Nel caso in esame non è illogico che prevalgano, per quanto riguarda gli investimenti, le offerte focalizzate sulle infrastrutture di rete anziché sulle opere di collegamento con i singoli utenti, anche in considerazione del fatto che nel disciplinare di gara le condizioni per gli allacciamenti e i servizi agli utenti sono già prese in considerazione all’interno di uno specifico criterio di valutazione dotato di autonomo punteggio. L’esplicitazione in via preventiva di questa scelta nella lettera di invito esclude che si possano verificare discriminazioni nel corso dell’esame delle offerte. La soluzione adottata dal Comune non risulta discriminatoria neppure sotto un profilo sostanziale, in quanto non è destinata a individuare in via preferenziale alcuni soggetti economici rispetto ad altri.

35. Per quanto riguarda infine l’indicazione secondo cui alla migliore offerta tecnica non deve essere necessariamente attribuito il punteggio massimo disponibile, la ricorrente lamenta la violazione dell’art. 83 comma 5 del Dlgs. 163/2006 e dell’art. 4 del DPCM 13 marzo 1999 n. 117. Queste norme sarebbero espressione di un principio generale che imporrebbe di attribuire all’offerta migliore il coefficiente 1 e a quella peggiore un coefficiente pari a zero. L’argomento non può essere condiviso. L’art. 83 comma 5 del Dlgs. 163/2006 rinvia a un regolamento che dovrebbe fornire alle stazioni appaltanti dei parametri omogenei per l’individuazione dell’offerta più vantaggiosa. La regola dell’attribuzione del coefficiente zero per la prestazione minima e del coefficiente 1 per la prestazione massima (codificata nell’art. 4 del DPCM 117/1999 per gli appalti di servizi di pulizia degli edifici) è soltanto una delle opzioni che potranno essere accolte nel suddetto regolamento. L’eventuale estensione di questa soluzione dal settore degli appalti pubblici a quello delle concessioni di servizi (in cui si colloca la distribuzione del gas naturale) richiede ulteriori valutazioni. Non sussiste quindi una norma cogente che imponga ai comuni di attribuire il servizio di distribuzione valutando le offerte con le modalità indicate dalla ricorrente. Spetta invece alla griglia di criteri della lettera di invito e alle motivazioni della commissione giudicatrice il compito di individuare e descrivere gli elementi che determinano il valore delle singole offerte.

36. Il ricorso deve quindi essere respinto sia nella parte impugnatoria sia per quanto riguarda la richiesta di risarcimento danni. La complessità di alcune questioni consente l’integrale compensazione delle spese tra le parti.

P.Q.M.

il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia Sezione staccata di Brescia, definitivamente pronunciando, respinge il ricorso.

Le spese sono integralmente compensate tra le parti.

Così deciso in Brescia nella camera di consiglio del giorno 8 maggio 2008 con l'intervento dei Magistrati:

Giuseppe Petruzzelli, Presidente

Mario Mosconi, Consigliere

Mauro Pedron, Referendario, Estensore

L'ESTENSORE IL PRESIDENTE

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 27/05/2008

 

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