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Consiglio di Stato, Sez. VI, 9/9/2008 n. 4306
Le informative antimafia devono essere aggiornate al venir meno delle circostanze rilevanti ai fini dell’accertamento dei tentativi di infiltrazione mafiosa.

L’art. 10 c. 8 del DPR n. 252/1998, prevede espressamente che l’esito delle informazioni sia aggiornato, anche "sulla documentata richiesta dell’interessato", "al venir meno delle circostanze rilevanti ai fini dell’accertamento dei tentativi di infiltrazione mafiosa".
Ne consegue nel caso di specie che è illegittima la conferma da parte del Prefetto dell’originaria valutazione espressa sul rischio di infiltrazione mafiosa a carico di una società a fronte di un accertamento del giudice penale che abbia disposto l’archiviazione del procedimento penale a carico dell’amministratore unico della medesima società per il reato di cui all’art. 416-bis CP. Il giudizio penale, anche quando nettamente formulato in senso contrario, non esclude che l’Amministrazione possa individuare elementi di sospetto a carico dell’interessato, tuttavia questa ha il dovere, essendo il giudice penale signore del fatto, di motivare con il massimo rigore la sua valutazione sul pericolo di condizionamento mafioso, il che non è avvenuto nel caso di specie.

Materia: appalti / disciplina

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la seguente

DECISIONE

sul ricorso in appello n. 10172/2007, proposto dal Ministero dell’Interno in persona del Ministro in carica, rappresentato e difeso per legge dall’Avvocatura generale dello Stato, con domicilio in via dei Portoghesi n. 12, Roma,

contro

– (omissis) srl, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv.ti Angelo Clarizia, Lorenzo Lentini, Saverio Senese, elettivamente domiciliata presso lo studio del primo, in Roma Via Principessa Clotilde 2,

appellante incidentale

nei confronti

– l’Azienda Sanitaria Locale Napoli 2, in persona del Direttore Generale pro tempore, non costituita in giudizio,

per l’annullamento

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio, sede di Roma n. 10661 del 10 ottobre 2007

Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio di (omissis) srl e appello incidentale;

Visti gli atti tutti della causa;

Relatore all’udienza del 6 giugno 2008 il Consigliere Francesco Bellomo e uditi per le parti l’avv. Clarizia, Lentini e l’avv. dello Stato Rago;

Ritenuto quanto segue:

FATTO

1. Con ricorso proposto dinanzi al Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio la (omissis) srl domandava l'annullamento:

a) delle delibere n. 851 del 29.11.2004 e n. 1292 del 15.8.2004 del Direttore Generale dell’Azienda Sanitaria Locale "Napoli 2", con le quali si è preso atto dell’informativa interdittiva del Prefetto di Napoli del 16.11.2004, a carico della società ricorrente e si è revocato il servizio di pulizia e sanificazione ambientale già aggiudicato, disponendo l’indizione di una nuova gara dandosi atto che la revoca sarà operativa dall’espletamento della nuova procedura di gara;

b) della nota dell’Ufficio Territoriale del Governo di Napoli prot. N. 21559/Area 1 bis del 16.11.2004, con la quale si è conclusa la procedura di aggiornamento attivata ad istanza della società ricorrente, ritenendo "che non vi siano le condizioni per modificare il giudizio precedentemente espresso" poiché "allo stato sussisterebbero i tentativi di infiltrazione mafiosa nei confronti della società (omissis)";

c) degli atti del procedimento informativo, non conosciuti;

d) ove occorra, della Circolare del Ministero dell’Interno n. 559 del 18.12.1998, se intesa a consentire ai Prefetti di dare informazioni ex art. 4 D.Lgs. 490/94, al di fuori delle ipotesi tipiche e tassative di cui all’art. 10 del DPR 252/1998;

e) di tutti gli atti presupposti, collegati, connessi e consequenziali;

Con motivi aggiunti domandava l’annullamento:

f) del verbale del Gruppo Ispettivo Antimafia (G.I.A.) del 9.11.2004, con il quale si è confermato che persiste a carico dell’(omissis), nell’attualità, il pericolo di condizionamento ad opera della criminalità organizzata;

g) ove occorra, del verbale del G.I.A. in pari data (9.11.2004), con il quale si sarebbe resa un’informativa interdittiva analoga a carico della cooperativa Aetos, di cui l’Esposito sarebbe risultato imprenditore occulto;

h) ove occorra, delle note del Comando Provinciale di Napoli Regione Campania del 19.1.2004 e del 5.4.2004;

i) ove occorra, della nota della Polizia Anticrimine presso la Questura di Napoli del 16.4.2004;

l) della nota del Commissario di P.S. di Afragola del 7.10.2004 e dell’allegata informativa dello stesso Commissariato di P.S. di Afragola del 26.3.2001, quest’ultima inviata alla D.D.A. di Napoli nell’ambito del procedimento penale n. 519926/44/01 R.G.;

n) ove occorra, della nota del Prefetto di Napoli del 28.5.2004, inviata all’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Salerno nell’ambito del ricorso al TAR proposto dal C.N.S. contro il Ministero dell’Interno;

o) ove occorra, ancora, dell’informativa interdittiva, di analogo contenuto, resa nei confronti della Cooperativa Aetos, non conosciuta;

p) di tutti gli atti presupposti, collegati, connessi e consequenziali, richiamati nella nota del Prefetto di Napoli del 31.1.2005;

A fondamento del ricorso deduceva plurime censure di violazione di legge ed eccesso di potere.

Si costituiva in giudizio per resistere al ricorso il Ministero dell’Interno.

Con sentenza n. 10661 del 10 ottobre 2007 il TAR accoglieva il ricorso per quanto di ragione.

2. La sentenza è stata appellata dal Ministero dell’Interno, che contrasta le argomentazioni del giudice di primo grado. Si è costituita per resistere all’appello la (omissis) srl, che interpone appello incidentale, volto a riproporre i motivi del ricorso di primo grado assorbiti nella sentenza.

La causa è passata in decisione alla pubblica udienza del 6 giugno 2008.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. La Società EPM, operativa dal 1985 nel settore degli appalti pubblici e segnatamente in quello dei servizi generali di pulizia e raccolta dei rifiuti solidi urbani, è risultata una prima volta destinataria di informazione interdittiva antimafia del Prefetto di Napoli in data 9 agosto 2001, nella quale è stato rilevato che nei confronti di tale società "sussistono tentativi di infiltrazioni mafiose da parte della criminalità organizzata tendenti a condizionare le scelte e gli indirizzi, pur non sussistendo nei confronti del sig. Esposito Luigi, amministratore unico della società stessa, cause di divieto ex art. 10 L. n. 575/65".

Avverso tale provvedimento (ed altri connessi e conseguenti) la società (omissis) ha proposto ricorso al TAR Campania, che è stato respinto con sentenza n. 3426 del 12.6.2002, confermata in appello (CdS, IV, n. 6187/2003).

In data 5 settembre 2003 la Società stessa ha peraltro chiesto al Prefetto di Napoli l’attivazione di una procedura di aggiornamento delle predette informazioni antimafia, ai sensi dell’art. 10 comma 8 del DPR n. 252/98, all’esito della quale e sulla base delle risultanze della relativa istruttoria, il Prefetto, con determinazione del 16.11.2004, ha tuttavia ritenuto che non vi fossero le condizioni per modificare il giudizio precedentemente espresso nei confronti della citata Soc. (omissis), per cui ha riconfermato "che, allo stato, sussistono, ai sensi del combinato disposto" del "D.Leg .vo n. 490/94 e del D.P.R. n. 252/98, i tentativi di infiltrazione mafiosa nei confronti della società" stessa.

Contro tale determinazione, gli altri atti preparatori e conseguenti (tra i quali, segnatamente, le delibere dell’Azienda Sanitaria Locale Napoli 2, con cui si è preso atto dell’informativa interdittiva e si è revocato il servizio di pulizia e sanificazione ambientale già aggiudicato all’istante) la società ha proposto ricorso e motivi aggiunti, deducendo: di aver rimosso tutti gli elementi a base della prima informativa; che l’atto è inficiato da difetto di motivazione specifica circa l’iter logico seguito e gli specifici accertamenti presupposti; che sono insussistenti nei confronti dei soci ed amministratori della società ricorrente gli elementi tassativamente previsti dall’art. 2 co. 3 del DPR n. 252/98; che è illegittima la Circolare del Ministero dell’Interno n. 559 del 18.12.1998, nella parte in cui sia diretta ad ampliare le ipotesi di infiltrazione mafiosa previste dalla legge; che sono viziati per illegittimità derivata gli atti della ASL e comunque per mancata motivazione degli stessi; che sono insufficienti ed erronei i nuovi e sopravvenuti elementi addotti dall’Amministrazione per supportare la conferma della misura interdittiva a carico di (omissis).

Il TAR ha accolto l’impugnazione ritenendo illegittima la conferma da parte del Prefetto dell’originaria valutazione espressa sul rischio di infiltrazione mafiosa a carico della società.

La sentenza appellata muove dalla premessa che l’art. 10 comma 8 del DPR n. 252/1998 prevede espressamente che l’esito delle informazioni sia aggiornato, anche "sulla documentata richiesta dell’interessato", "al venir meno delle circostanze rilevanti ai fini dell’accertamento dei tentativi di infiltrazione mafiosa". Ciò posto giudica incongrua ed acritica la rinnovata valutazione prefettizia, meramente confermativa della precedente, nonostante l’allegazione di fatti sopravvenuti idonei a modificarla in senso favorevole alla società ricorrente.

Insorge il Ministero dell’Interno denunciando l’erroneità della sentenza, che da un lato avrebbe fatto malgoverno del sindacato sull’ampia discrezionalità di cui gode l’Amministrazione in materia, dall’altro avrebbe svalutato il quadro degli indizi che persistono a carico della società.

2. L’appello principale è infondato.

Il quadro indiziario posto a fondamento dell’originaria informativa prefettizia era essenzialmente costituito dai seguenti dati:

a) il consulente esterno della (omissis), T. T., già Amministratore della società, è persona in rapporti di affari con personaggi specifici della imprenditorialità di stampo mafioso operanti in Campania e sarebbe stato più volte controllato in compagnia di pregiudicati;

b) l’accertata presenza del Sig. B. V., all’epoca dipendente della società in qualità del responsabile del deposito, il quale è stato condannato per reati di minaccia e danneggiamento correlati alla sua posizione all’interno della società, avendo utilizzato forme di intimidazione mediante l’uso di una pistola per recuperare, in complicità con un pregiudicato di Casoria, autoveicoli della società rubati presso tale deposito; c) l’accertata presenza del dipendente C. E., più volte controllato dalla P.S. in compagnia di pregiudicati;

d) l’Amministratore unico della società (L. E.) è nipote di M. A., denominata "la vedova della camorra", capo del clan (omissis), e non disdegna rapporti con notori elementi della malavita organizzata.

Successivamente, però, si è verificato che:

1) il 3.9.2003 è stato risolto ogni rapporto di collaborazione con il consulente T.T.;

2) il 13.11.1997 e il 27 marzo 2003, rispettivamente, i dipendenti V.B.e C. E. sono stati licenziati;

3) il 10.12.2002 il GIP presso il Tribunale di Napoli, su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli, ha disposto l’archiviazione del procedimento penale a carico di L. E. per il reato di cui all’art. 416-bis CP.

Correttamente il TAR ha calcato l’accento su tale decisione giurisdizionale – che ha interessato direttamente L. E. ma anche, sebbene di riflesso, la società stessa da lui amministrata (atteso che le indagini hanno riguardato l’esistenza di rapporti di collegamento tra tale ditta ed ambienti e sodalizi camorristici e criminali) – inferendone la perdita di valenza dei sospetti di infiltrazione mafiosa inizialmente espressi (nel 2001) nei confronti della (omissis), poiché viene escluso ogni contatto tra tale ditta ed ambienti criminali, non essendo per contro adeguatamente motivato nell’atto impugnato in quale modo e perché la Società possa dirsi attualmente esposta al pericolo di condizionamento mafioso.

La difesa erariale ha sostenuto che detta analisi sarebbe imperfetta, ma la censura è al riguardo del tutto generica, non essendo evidenziati dati storici o argomenti di giudizio tali da sostenerla.

Più specifico, invece, è l’appello nella parte in cui ritiene sufficiente a giustificare la nuova valutazione sfavorevole del Prefetto da un lato il rapporto di parentela dell’E. con A. M. (appartenente al clan camorristico (omissis), dall’altro il suo ruolo di amministratore occulto della Cooperativa (omissis), asseritamente collegata alla (omissis), .

Il Collegio osserva come non occorra neppure soffermarsi sul grado di rilevanza del mero rapporto di parentela e sulla bontà della qualificazione dell’E. come socio occulto per il tramite della Cooperativa (omissis). A fronte di un accertamento del giudice penale tale, addirittura, da ritenere l’accusa neppure sostenibile in giudizio, detti elementi sono di scarso significato, perché, a tutto concedere, indicativi del ruolo all’interno della società appellata di un soggetto non (più) gravato da ipotesi – non meramente congetturali – di connessione giuridicamente apprezzabile con associazioni di tipo mafioso.

E’ ben vero che il giudizio penale, anche quando nettamente formulato in senso contrario, non esclude che l’Amministrazione possa individuare elementi di sospetto a carico dell’interessato, ma questa ha il dovere – essendo il giudice penale signore del fatto – di motivare con il massimo rigore la sua valutazione sul pericolo di condizionamento mafioso, il che non è avvenuto nel caso in esame.

Restando immune da vizi l’asse portante della sentenza appellata (non avendo la difesa erariale neppure contestato la rilevanza in essa attribuita alla ristrutturazione societaria), è superfluo occuparsi di ulteriori critiche alla stessa, insufficienti a giustificarne la rimozione.

Peraltro coglie nel segno l’osservazione dell’appellata secondo cui l’argomento relativo all’attività elusiva posta in essere dalla (omissis), attraverso la sua alter ego (omissis), costituisce elemento nuovo, con la precisazione che la sua irritualità non deriva tanto dall’averlo l’Amministrazione inserita nel giudizio di appello, quanto dall’essere detto elemento estraneo alla informativa prefettizia impugnata.

3. L’appello principale deve essere respinto. Segue l’improcedibilità di quello incidentale, che ha natura condizionata, essendo volto a riproporre motivi non esaminati in primo grado, dal cui accoglimento, però, non deriverebbe neppure un effetto conformativo più ampio in favore dell’appellata atteso che, come visto, il primo giudice – pur riferendosi al vizio di motivazione dell’informativa prefettizia – ha pienamente valorizzato i nuovi elementi nell’ottica di escludere la fondatezza del giudizio negativo a carico della stessa.

La natura della specifica controversia suggerisce la compensazione delle spese di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Sesta, respinge l’appello principale e dichiara improcedibile quello incidentale.

Spese compensate.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma, palazzo Spada, sede del Consiglio di Stato, nella camera di consiglio del 6 giugno 2008 , con l'intervento dei sigg.ri:

Claudio Varrone Presidente

Paolo Buonvino Consigliere

Domenico Cafini Consigliere

Roberto Chieppa Consigliere

Francesco Bellomo Consigliere Est.

Presidente

CLAUDIO VARRONE

Consigliere Segretario

FRANCESCO BELLOMO GLAUCO SIMONINI

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 9/09/2008

(Art. 55, L.27/4/1982, n.186)

Il Direttore della Sezione

MARIA RITA OLIVA

 

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