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Consiglio di Stato, Sez. V, 3/2/2009 n. 591
Sull'illegittimità di un affidamento diretto di un servizio pubblico a favore di una società il cui capitale è interamente pubblico, in quanto lo statuto di quest'ultima non garantisce in via certa e permanente l'incedibilità a privati delle azioni.

E' illegittimo l'affidamento diretto del servizio di trasporto pubblico locale a favore di una società il cui capitale sociale è interamente posseduto dallo stesso Comune, in quanto lo statuto di quest'ultima non garantisce, infatti, in via certa e permanente l'incedibilità a privati delle azioni.
Nel caso in cui, infatti, nel corso della durata di un rapporto di concessione sorto per affidamento diretto muta la compagine sociale dell'affidatario (con l'ingresso anche minoritario di privati) ciò comporta la vulnerazione dei principi sanciti dal Trattato in materia di concorrenza.
Pertanto, la proprietà pubblica della totalità del capitale sociale, oltre a dover sussistere nel momento genetico del rapporto, non solo deve permanere per tutta la durata del rapporto ma deve anche essere garantita da appositi e stabili strumenti giuridici, quali il divieto di cedibilità delle azioni posto ad opera dello statuto.

Il possesso dell'intero capitale sociale da parte dell'ente pubblico, pur astrattamente idoneo a garantire il controllo analogo a quello esercitato sui servizi interni, perde tale qualità se lo statuto della società consente che una quota di esso, anche minoritaria, possa essere alienata a terzi.

Materia: servizi pubblici / affidamento e modalità di gestione

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

l Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Quinta  Sezione

ha pronunciato la seguente

 

DECISIONE

Sul ricorso in appello n. 5085/2007 del 18/06/2007, proposto dall’ANAV in proprio e quale rappresentante AZIENDE ASSOCIATE, rappresentata e difesa dall’Avv. CARLO COLAPINTO con domicilio eletto in Roma presso il medesimo, VIA PANAMA 74 INT. 8;

 

contro

il COMUNE DI BARI rappresentato e difeso dagli Avvocati BIANCALAURA CAPRUZZI, RENATO VERNA e ROSA CIOFFI con domicilio eletto in Roma presso l’Avv. ROBERTO CIOCIOLA, VIA FLAMINIA N.79;

 

e nei confronti

della REGIONE PUGLIA, non costituitasi;

 

della Sicietàla A.M.T.A.B. SERVIZIO SPA rappresentata e difesa dall’Avv. PAOLO STELLA RICHTER con domicilio eletto in Roma, presso il medesimo VIALE  G. MAZZINI N.11;

 

per la riforma

della sentenza del TAR PUGLIA- BARI : SEZIONE III n.362/2007, resa tra le parti, concernente AFFIDAMENTO SERVIZIO DI TRASPORTO PUBBLICO URBANO LOCALE;

 

Visto l’atto di appello con i relativi allegati;

 

Visti gli atti di costituzione in giudizio del COMUNE DI BARI e dell’A.M.T.A.B. SERVIZIO SPA;

 

Viste le memorie difensive;

 

Visti gli atti tutti della causa;

 

Visto il dispositivo di decisione n. 301/2008;

 

    Alla pubblica udienza del 08 Aprile 2008, relatore il Consigliere Nicola Russo ed uditi, altresì, gli avvocati C. Colapinto, B. Capruzzi e P. Stella Richter;

 

    Ritenuto e considerato in fatto ed in diritto quanto segue:

 

FATTO

      La causa è proposta dall’Associazione Nazionale Autotrasporto Viaggiatori (A.N.A.V.) contro il Comune di Bari avverso l’affidamento diretto ad A.M.T.A.B. Servizio s.p.a. (società il cui capitale sociale è interamente posseduto dallo stesso Comune di Bari) del servizio di trasporto pubblico locale.

      In estrema sintesi, la tesi azionata dall’Associazione è che l’affidamento sarebbe illegittimamente avvenuto senza gara poiché nei confronti di A.M.T.A.B. Servizio s.p.a. non sarebbero ravvisabili gli estremi di un consentito affidamento “in house”.

      Il TAR di Bari, Sezione Terza, rimessa (con ordinanza n. 885/2004) la questione pregiudiziale, ai sensi dell’art. 234 del Trattato istitutivo, all’esame della Corte di Giustizia (la quale, con sentenza del 6 aprile 2006 in Causa C-410/04, ha, tra l’altro, rilevato che spetta al giudice nazionale verificare l’esistenza del cd. controllo analogo e degli altri requisiti previsti dal diritto comunitario per far luogo a deroga al principio di concorrenza), ha respinto il ricorso nel merito con sentenza n. 362/2007.

 

      La sentenza è appellata dall’Associazione la quale concentra la sua attenzione sulla circostanza che, mancando nello statuto di A.M.T.A.B. una clausola di incedibilità a privati delle azioni, non potrebbe dirsi realizzato il requisito del possesso in mano pubblica per tutta la durata del rapporto contestato, cosicché dovrebbe nella specie ritenersi violato il principio, affermato con riferimento al caso dalla Corte di Giustizia, secondo il quale “qualora, durante la vigenza del contratto di cui alla causa principale, il capitale dell’AMTAB Servizio fosse aperto ad azionisti privati, la conseguenza sarebbe l’affidamento di una concessione di servizi pubblici ad una società mista senza procedura concorrenziale, il che contrasterebbe con gli obiettivi perseguiti dal diritto comunitario”. La stessa Associazione contesta poi la sussistenza degli altri presupposti ritenuti necessari, dal diritto comunitario e dal diritto interno, ai fini dell’affidamento in house.

 

      Si è costituita A.M.T.A.B., la quale insiste per la reiezione dell’appello a partire dal rilievo, tra l’altro, che ciò rileva ai fini considerati non è l’astratto regime delle azioni ma la loro effettiva titolarità poiché quando queste risultano effettivamente in mano pubblica (come è nella specie) non si può parlare di deroga ai principi di concorrenza ma occorre ragionare in termini di gestione diretta del servizio pubblico.

 

      Analoga posizione è assunta dal Comune di Bari, il quale rileva che lo statuto di AMTAB Servizio se non prevede un espresso divieto di alienazione a privati del capitale sociale nemmeno stabilisce che la quota di proprietà pubblica sia cedibile; afferma ancora che per la Corte di Giustizia, ciò che è rilevante non è l’incedibilità del capitale ma la sua attuale proprietà in mano pubblica per tutta la durata del rapporto.

 

      La causa è passata in decisione all’udienza dell’8 aprile 2008.

 

DIRITTO

Va preliminarmente esaminata l’eccezione di inammissibilità del ricorso originario, proposta in primo grado dal Comune di Bari e dal controinteressato sotto il profilo della carenza di legittimazione dell’ANAV ed assorbita dalla sentenza di primo grado.

   L’eccezione è infondata. Il Collegio non ritiene dubitabile che rientri tra gli interessi esponenziali della categoria rappresentata da ANAV il rispetto delle regole di derivazione comunitaria in materia di concorrenza. Sul punto, d’altronde, non possono darsi ipotetici conflitti di vedute perché anche i destinatari di affidamenti diretti eventualmente associati ad ANAV hanno interesse a che una tale forma di assegnazione abbia luogo nel rispetto delle regole stabilite a livello comunitario giacché è solo in tal caso che, per definizione, possono dirsi sussistenti condizioni di corretta concorrenza nel mercato interessato.

 

Nel merito, l’appello è fondato. Come risulta dalla sentenza della Corte di Giustizia resa inter partes (sentenza del 6 aprile 2006 Causa C-410/04), il diritto comunitario è nel senso che se nel corso della durata di un rapporto di concessione sorto per affidamento diretto muta la compagine sociale dell’affidatario (con l’ingresso anche minoritario di privati) ciò comporta vulnerazione dei principi sanciti dal Trattato in materia di concorrenza.

      Se ne ricava che, oltre a dover sussistere nel momento genetico del rapporto, la proprietà pubblica della totalità del capitale sociale non solo deve permanere per tutta la durata del rapporto ma deve anche essere garantita da appositi e stabili strumenti giuridici, quali il divieto di cedibilità delle azioni posto ad opera dello statuto.

 

      Sul punto, rilevato che analogo avviso risulta condiviso dalla decisione n. 1/2008 dell’Adunanza plenaria (che per la negare la possibilità di far ricorso all’in house providing dà appunto rilievo alla cedibilità delle azioni prevista dallo statuto del soggetto destinatario dell’affidamento diretto), è sufficiente osservare che in mancanza di una stabile e certa incedibilità delle azioni, il rispetto delle regole della concorrenza sarebbe rimesso (come non è ragionevolmente consentito) alla costante vigilanza degli altri operatori del settore, i quali dovrebbero verificare, per tutta la durata del rapporto sorto per affidamento diretto, la permanenza in mano pubblica del capitale.

 

    In proposito, deve ritenersi che nella specie l’affidamento diretto sia illegittimo per contrasto con i principi comunitari desumibili dalla sentenza della Corte di Giustizia 13 ottobre 2005, nella causa C-458/03 (Parking Brixen GmbH). Con la pronuncia “Parking Brixen” ora detta, la Corte comunitaria ha condotto un ulteriore approfondimento sul tema relativo all’affidamento diretto di pubblici servizi - in particolare, per ciò che attiene al “controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi” da parte degli enti pubblici titolari del capitale sociale - pervenendo ad una più puntuale individuazione dei caratteri del controllo che l’ente deve poter esercitare sulla società affidataria del servizio pubblico (prg. 67-69 della sentenza ora citata).

 

    In primo luogo, il possesso dell’intero capitale sociale da parte dell’ente pubblico, pur astrattamente idoneo a garantire il controllo analogo a quello esercitato sui servizi interni, perde tale qualità se lo statuto della società consente che una quota di esso, anche minoritaria, possa essere alienata a terzi.

 

    La Sezione (cfr. decisione n. 5072 del 2006) ha ritenuto tale situazione  sussistente in una fattispecie in cui lo Statuto societario prevedeva espressamente che, in prosieguo, potessero entrare a far parte della società anche imprese, singole o società di capitali, pure private, con partecipazione fino al 49% del capitale sociale (rilevando pure che, se è vero che, al momento dell’affidamento di cui si discuteva, non era intervenuta alcuna cessione di capitale a favore di soggetti terzi, ciò non toglieva che elemento discriminante fosse rappresentato dal fatto stesso della cedibilità, ancorché solo minoritaria, di parte del capitale sociale a beneficio di soggetti privati).

 

    Il Collegio condivide le motivazioni della Sezione di cui al precedente ora citato (n. 5072/06) e, sulla scia delle considerazioni rese dall’Avvocato Generale in merito alla pronuncia pregiudiziale richiesta dal T.A.R. Puglia nella vicenda in esame, rileva quanto segue.

 

    E, invero, dalle sentenze Parking Brixen e Commissione/Austria (Mödling, sentenza del 10 novembre 2005 C-29/04/CE) emerge, da un lato, che il controllo esercitato dalla autorità aggiudicatrice non deve essere diluito per effetto della partecipazione, anche di minoranza, di un’impresa privata nel capitale della società cui sia stata affidata la gestione del servizio di cui trattasi e, dall’altro, che la detta società deve realizzare la parte essenziale delle proprie attività unitamente all’ente o gli enti che la controllano; ebbene, detti criteri devono essere integrati con “un terzo criterio” – individuato dal caso Mödling – vale a dire l’esigenza che gli stessi devono risultare soddisfatti “permanentemente”.

 

    Infatti, nell’ipotesi in cui, una volta soddisfatti i primi due criteri all’atto dell’attribuzione della gestione del servizio di cui trattasi, l’amministrazione competente procedesse alla cessione di una parte, anche di minoranza, delle quote della società interessata ad un’impresa privata, ne conseguirebbe che – mediante una costruzione artificiale  comprendente varie fasi distinte, vale a dire la creazione della società, l’attribuzione della gestione del servizio di trasporto pubblico alla medesima e la cessione di parte delle sue quote ad un’impresa privata – la concessione di un servizio pubblico potrebbe venire attribuita ad un’impresa ad economia mista senza previa aggiudicazione in regime di concorrenza, non risultando così più soddisfatti i principi di parità di trattamento, di non discriminazione e di trasparenza, rammentati dalla Corte nella menzionata sentenza Parking Brixen.

 

      L’applicazione dei suesposti principi alla fattispecie considerata comporta l’accoglimento dell’appello e, per l’effetto, l’annullamento degli atti del Comune di Bari che hanno disposto il contestato affidamento diretto a favore di AMTAB Servizio s.p.a. Lo statuto di quest’ultima non garantisce, infatti, in via certa e permanente l’incedibilità a privati delle azioni, dal momento che all art. 7 prevede che “Le azioni sono nominative ed indivisibili, e conferiscono ai loro possessori, pubblici e privati, uguali diritti...”, mentre all art 7 bis stabilisce che “La circolazione delle azioni è regolata dagli art. 2355 e ssgg codice civile”. Né appare priva di rilievo la circostanza che la volontà di far corso alla privatizzazione della stessa società (originariamente deliberata dalla Giunta municipale) sia stata formalmente revocata solo il 15 gennaio 2007, vale a dire anni dopo l’affidamento del servizio e comunque in corso di causa.

 

      Le spese del doppio grado di giudizio, attesa la particolarità delle questioni trattate, possono essere compensate.

 

P.Q.M.

      Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta , accoglie l’appello in epigrafe e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, annulla gli atti impugnati in primo grado.

      Spese del doppio grado compensate.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella Camera di Consiglio del 08 Aprile 2008 con l’intervento dei Sigg.ri:

 

    Raffaele Iannotta      Presidente

    Cesare Lamberti      Consigliere

    Caro Lucrezio Monticelli     Consigliere

    Francesco Caringella     Consigliere

    Nicola Russo          Consiglire Estensore

L'ESTENSORE    IL PRESIDENTE

f.to Nicola Russo     f.to Raffaele Iannotta

 

IL SEGRETARIO

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 3/02/09

 

(Art. 55. L. 27/4/1982, n. 186)

 

IL  DIRIGENTE

f.to Antonio Natale

 

 

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