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TAR Veneto, Sez. I, 2/2/2009 n. 236
L'eventuale annullamento di un affidamento di un s.p.l. non obbliga la p.a. a bandire una gara in quanto sussiste la possibilità di sottoporre al parere delle Autorità indip. a ciò preposte l'ipotesi dello svolgimento in house del servizio stesso.

Sulla possibilità di disporre l'affidamento in house solo nel caso in cui il soggetto affidatario ha l'effettiva possibilità, all'interno del proprio contesto organizzativo, di svolgere con le proprie risorse il servizio oggetto dell'affidamento medesimo.

L'art. 23-bis del D.L. 25 giugno 2008, convertito con modificazioni in L. 6 agosto 2008 n. 133, dispone, con disciplina che espressamente si applica a tutti i servizi pubblici locali e prevale sulle norme degli ordinamenti di settore con esse incompatibili (quindi, anche sull'ordinamento relativo ai rifiuti di cui allo stesso D.L.vo 152 del 2006), che "in deroga alle modalità di affidamento ordinario … a favore di imprenditori o di società in qualunque forma costituite individuati mediante procedure competitive ad evidenza pubblica", i servizi pubblici locali possono anche essere diversamente affidati, "per situazioni che, a causa di peculiari caratteristiche economiche, sociali, ambientali e geomorfologiche del contesto territoriale di riferimento, non permettono un efficace e utile ricorso al mercato", previa "adeguata pubblicità" a tale scelta, motivandola in base ad un'analisi del mercato con contestuale trasmissione "di una relazione contenente gli esiti della predetta verifica all'Autorità garante della concorrenza e del mercato e alle autorità di regolazione del settore, ove costituite, per l'espressione di un parere sui profili di competenza da rendere entro sessanta giorni dalla ricezione della predetta relazione".
Pertanto, nel caso di specie, dall'eventuale annullamento dell'affidamento del servizio pubblico di gestione dei rifiuti ad una società strumentale discenderebbe, per il comune titolare, non già l'obbligo di bandire in ogni caso una gara al fine di reperire il nuovo soggetto gestore del servizio, ma la possibilità per l'Amministrazione a ciò competente di sottoporre al parere delle Autorità indipendenti a ciò preposte l'ipotesi dello svolgimento in house del servizio stesso.

L'affidamento in house deve essere disposto allorquando il soggetto affidatario ha l'effettiva possibilità, all'interno del proprio contesto organizzativo, di svolgere con le proprie risorse il servizio oggetto dell'affidamento medesimo o, comunque, una sua parte significativamente consistente. Se, per contro, l'affidatario in house deve a sua volta rivolgersi a soggetti esterni - sia pure nelle necessarie forme dell'evidenza pubblica quale "organismo di diritto pubblico" a' sensi dell'art. 2, comma 26, del D.L.vo 12 aprile 2006 n. 163 - per reperire risorse non marginali al fine dell'espletamento del servizio reso oggetto di affidamento, risulta ben evidente che l'Amministrazione affidante realizza nei propri confronti non già un vantaggio economico, ma una vera e propria diseconomia, non solo finanziaria in quanto il costo dello svolgimento del servizio stesso sarà intuitivamente aggravato dall'intermediazione dell'affidatario c.d. "in house", ma anche - per così dire - "funzionale" sotto il profilo dell'efficacia e dell'economicità dell'azione amministrativa, all'evidenza appesantita dall'ingresso di un soggetto che funge da mero tramite tra l'Amministrazione affidante e l'imprenditore che materialmente svolge il servizio.


Materia: servizi pubblici / affidamento e modalità di gestione

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto, prima Sezione,

con l’intervento dei signori:

Vincenzo Antonio Borea       -Presidente

Italo Franco                            - Consigliere

Fulvio Rocco                          -Consigliere, estensore

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

sul ricorso R.G. 904/2008 proposto, a’ sensi dell’art. 10 del D.P.R. 24 novembre 1971 n. 1199 per effetto di trasposizione di ricorso straordinario al Capo dello Stato, da C.O.N.U. s.c. a r.l. in persona del suo legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avv. Claudio Michelon, con domicilio presso la Segreteria della Sezione a’ sensi dell’art. 35 del T.U. approvato con R.D. 26 giugno 1924 n. 1054,

 

contro

- il Consorzio Azienda Intercomunale di Bacino Treviso Tre, in persona del suo legale rappresentante pro tempore;

- il Consorzio Intercomunale Priula, in persona del suo legale rappresentante pro tempore;

- Contarina S.p.a. in persona del suo legale rappresentante pro tempore;

tutti e tre costituitisi in giudizio, rappresentati e difesi dall’Avv. Vincenzo Pellegrini, con elezione di domicilio presso lo studio dell’avv. Emanuela Rizzi in Venezia, Santa Croce 312/a,

 

e nei confronti di

- Provincia di Treviso in persona del suo Presidente pro tempore, non costituitosi in giudizio;

- l’A.A.T.O. Marca Ambiente in persona del suo legale rappresentante pro tempore, non costituitosi in giudizio;

per l'annullamento

della deliberazione del Consorzio Azienda Intercomunale di Bacino Treviso Tre n. 13 dd. 29 settembre 2007, avente ad oggetto: “Approvazione del progetto di partecipazione del Consorzio TV3 in Contarina S.p.a.”; dell’allegato sub “A” alla deliberazione medesima; nonché di ogni altro atto connesso, presupposto o conseguente;

quanto ai motivi aggiunti depositati in data 15 maggio 2008: della convenzione tra Consorzio Azienda Intercomunale di Bacino Traviso Tre – Contarina S.p.a. per l’affidamento del servizio pubblico di gestione dei rifiuti; della delibera del C.d.A. di Contarina S.p.a., di approvazione del secondo stralcio del Piano Industriale per il completamento e revisione parco mezzi della società; del bando di gara indetto da Contarina S.p.a. per la fornitura di automezzi di raccolta RSU per € 2.650.000,00; nonché di ogni altro atto connesso, presupposto o conseguente;

quanto ai motivi aggiunti depositati in data 23 giugno 2008: della deliberazione di Assemblea Straordinaria di Contarina S.p.a. in data 27 dicembre 2007 Rep. n. 68169 del notaio Talice di Treviso e relativi allegati; della convenzione in data 27 dicembre 2007 stipulata tra il Consorzio Intercomunale di bacino Treviso Tre e Contarina S.p.a. avente per oggetto l’affidamento del servizio pubblico di gestione dei rifiuti; del verbale del Consiglio di Amministrazione di Contarina S.p.a dd. 17 marzo.2008; dell’assemblea congiunta Consorzio Treviso Tre e Consorzio Priula dd. 19 dicembre 2007; della conseguente deliberazione di assemblea congiunta in data 19 dicembre 2007; della deliberazione di Assemblea Consortile in data 19 dicembre 2007; dell’atto di coordinamento tra A.A.T.O. “Marca Ambiente”, Consorzio Priula e Consorzio TV3 in data 28 settembre 2007;

            visto il ricorso notificato il 7 maggio 2008 e depositato presso la Segreteria il  15 maggio 2008 , con i relativi allegati;

            visti i motivi aggiunti di ricorso rispettivamente depositati presso la Segreteria il 15 maggio 2008 ed il 23 giugno 2008, con i relativi allegati;

            visto l’atto di costituzione in giudizio del Consorzio Azienda Intercomunale di Bacino Treviso Tre, del Consorzio Intercomunale Priula e di Contarina S.p.a.;

            uditi alla pubblica udienza del 17 dicembre 2008 (relatore il Consigliere Fulvio Rocco) l’Avv. C. Michelon per la parte ricorrente e l’Avv. V. Pellegrini per il Consorzio Azienda Intercomunale di Bacino Treviso Tre, il Consorzio Intercomunale Priula e Contarina S.p.a.;

            ritenuto in fatto e in diritto quanto segue.

 

FATTO E DIRITTO

1.1. La ricorrente, C.O.N.U. S.c.ar.l., ha proposto a’ sensi e per gli effetti dell’art. 8 del D.P.R. 24 novembre 1971 n. 1199, ricorso avverso la deliberazione del Consorzio Azienda Intercomunale di Bacino Treviso Tre n. 13 – Prot. n. 8486 dd. 29 settembre 2007, recante l’approvazione della proposta di partecipazione del Consorzio medesimo nella società strumentale Contarina S.p.a., dando contestuale mandato al proprio Presidente e al Consiglio di Amministrazione di attuare il relativo progetto predisponendo in accordo con il futuro socio Consorzio Intercomunale Priula S.p.a. lo strumento di controllo analogo sulla società anzidetta e identificato in una convenzione di coordinamento tra i soci, nonché proponendo all’Assemblea medesima i contenuti del contratto di servizio con la predetta Contarina S.p.a.

La ricorrente estende la propria impugnazione anche alla presa d’atto dello statuto di Contarina, contestualmente deliberata dall’Assemblea Consortile, nonché all’allegato A della stessa deliberazione n. 13 del 29 settembre 2007, segnatamente recante il Progetto di partecipazione del Consorzio TV3 in Contarina S.p.a., e ad ogni altro atto presupposto e conseguente.

C.o.n.u., dopo aver premesso che mediante il sopradescritto provvedimento il Consorzio Treviso Tre acquista azioni di Contarina, Società il cui capitale è controllato dal Consorzio Intercomunale Priula e affida quindi in house alla medesima Contarina la concessione per 10 anni del servizio di raccolta e di smaltimento dei rifiuti nel proprio ambito territoriale, illustra diffusamente il contesto normativo nel quale il provvedimento predetto è stato assunto.

C.O.N.U. evidenzia in tal senso che mediante l’art. 177 e ss. del D.L.vo 3 aprile 2006 n. 152, modificato con D.L.vo 16 gennaio 2008 n. 4 (c.d. GTesto unico delle norme in materia ambientale) sono stati – tra l’altro – disposti:

a) il trasferimento di competenze amministrative dai Comuni all’Autorità d’Ambito intesa come unico soggetto cui aderiscono obbligatoriamente i medesimi Comuni;

b) la netta demarcazione tra “programmazione” dalla “gestione” dei rifiuti;

c) l'introduzione del concetto di “gestione integrata dei rifiuti”;

d) l’enuc1eazione della specifica disciplina concernente l'affidamento dei servizi, tesa a tutelare la concorrenza mediante l’uso dello strumento della  gara.

In buona sostanza, rileva sempre la ricorrente,  il Testo Unico_ Ambientale persegue il fine dell’unicità del governo dell’ambito territoriale attraverso l’istituzione obbligatoria  delle Autorità d’ambito (art. 201, comma 2), strutture dotate di personalità giuridica alle quali è trasferito l’esercizio delle competenze dei Comuni in materia di gestione integrata dei rifiuti.   

C.O.N.U. rileva quindi che la disciplina delle forme e dei modi della costituzione delle Autorità è attribuita alla competenza regionale, fermo comunque restando che l’Autorità d’Ambito é il soggetto cui compete la “gestione” dei rifiuti urbani ed assimilati, che indice le gare ad evidenza pubblica e al quale è demandata l’organizzazione, l'affidamento e il controllo del servizio di gestione integrata dei rifiuti (cfr. art. 201, comma 1, nonchè l’organizzazione del servizio e la determinazione degli gli obiettivi da perseguire per garantirne la gestione secondo criteri di efficienza, di efficacia, di economicità e di trasparenza, attraverso l'adozione di uno specifico piano d’ambito (cfr. art. 201, comma 3, con rinvio all’art. 203, comma 3).

Più esattamente, compete all’Autorità d’ambito delineare “le procedure e le modalità, anche su base pluriennale, per il conseguimento degli obiettivi previsti dalla parte quarta” del D.L.vo 152 del 2006 e successive modifiche, enucleando al riguardo “un piano d’ambito comprensivo di un programma degli interventi necessari, accompagnato da un piano finanziario e dal connesso modello gestionale ed organizzativo”(cfr. art. 203, comma 3, cit.)

Inoltre, è l’Autorità d’ambito che aggiudica il servizio (cfr. art. 202, comma 1), nel mentre il contratto di servizio intercorre tra l’Autorità d’ambito e i soggetti affidatari del servizio medesimo.

La ricorrente evidenzia che, sempre da quanto stabilito dal D.L.vo 152 del 2006, l’aggiudicazione del servizio a soggetti terzi mediante gara comprende la realizzazione e gestione degli impianti, nonchè la raccolta, la raccolta differenziata, la commercializzazione e lo smaltimento completo di tutti i rifiuti urbani e assimilati prodotti all'interno dell’ATO (cfr.art. 201, comma 4, lett. a e b): in tal senso, l’art. 202, comma 1, del D. L.vo 152 del 2006 dispone che l’Autorità d’Ambito aggiudica il servizio di gestione integrata dei rifiuti urbani mediante “gara”, disciplinata dai principi e dalle disposizioni comunitarie, in conformità ai criteri di cui all'art. 113, comma 7, del T.U. approvato con D.L.vo 18 agosto 2000 n. 267 e successive modifiche.

La ricorrente reputa che, in tal modo, sarebbe sostanzialmente venuta meno la possibilità di scelta tra diversi modelli di gestione che era dapprima contemplata dal comma 5 dell’art. 113 del T.U. 267 del 2000, nel  mentre è stato ribadito che il gestore deve essere individuato attraverso l’esperimento delle procedure di evidenza pubblica: e ciò “in ragione del fatto che in un contesto in cui esiste un mercato dove operano soggetti economici va tutelata la concorrenza, creando per i rifiuti una disciplina di settore diversa rispetto a quella ordinaria” (cfr. pag. 4 dell’atto introduttivo del presente giudizio).

C.O.N.U. rimarca, quindi, che la disciplina contenuta nel D.L.vo 152 del 2006 prevede che i gestori attuali esercitino il servizio "fino all’istituzione e organizzazione del servizio di gestione integrata dei rifiuti da parte delle Autorità d’ambito" (cfr. art. 204, comma 1): ossia, le gestioni esistenti permangono fino all'affidamento ai nuovi gestori, non essendo ipotizzabile la soluzione di continuità nella gestione.

La ricorrente reputa dirimente al riguardo la disciplina enunciata dall’art. 198 (cfr. ivi: “Sino all’inizio delle attività del soggetto aggiudicatario della gara ad evidenza pubblica indetta dall’Autorità d'ambito ai sensi dell’art. 202, i Comuni continuano la gestione dei rifiuti urbani e dei rifiuti assimilati avviati allo smaltimento in regime di privativa nelle forme di cui all’art. 113, comma 5, del D.L.vo 18 agosto 2000 n. 267”).

La ricorrente afferma – altresì – che l’obiettivo del legislatore si identifica nell’istituzione di un’unica funzione di regolazione del ciclo affidata all’Autorità d’Ambito, e che il comma 1 dell’art. 204 non parrebbe presupporre l’adozione di uno specifico provvedimento amministrativo di proroga, stabilendo che “i soggetti che esercitano il servizio anche in economia, alla data di entrata in vigore della parte quarta del presente decreto, continuano a gestirlo fino alla istituzione ed organizzazione del servizio di gestione integrata dei rifiuti da parte dell’Autorità d’ambito”: dimodochè, nell’ipotesi di scadenza naturale, non si dovrebbe procedere a nuovi affidamenti ma alla “continuazione”  delle gestioni fino alla scelta di un nuovo gestore, con la conseguenza che i gestori esistenti alla data di entrata in vigore del Testo Unico Ambientale - indipendentemente dal titolo - sarebbero legittimati a continuare l’attività.

Secondo la prospettazione della ricorrente, l’intento del legislatore emergerebbe con chiarezza dall’art. 204, laddove si afferma che i “soggetti che esercitano il servizio alla data di entrata in vigore del presente decreto continuano a gestirlo...”: intento che, per l’appunto, si sostanzierebbe nell’evitare nuovi affidamenti intermedi tra la cessazione delle gestio_esistenti e l’affidamento del servizio integrato di gestione dei rifiuti da parte dell'Autorità d’Ambito.

In definitiva – quindi – ad avviso di C.O.N.U. lo ius novum contenuto nel D.L.vo 152 del 2006 imporrebbe sempre la procedura dell’evidenza pubblica agli effetti dell’affidamento del servizio nell’ambito della gestione dei rifiuti, stante – innanzitutto - l’inequivoca disciplina contenuta nell’art. 202, in forza della quale – per l’appunto – “l’Autorità d’ambito aggiudica il servizio di gestione integrata dei rifiuti urbani mediante gara disciplinata dai principi e dalle disposizioni comunitarie, in conformità ai criteri di cui all’art. 113, comma 7, del D.L.vo 18 agosto 2000, n. 267, nonchè con riferimento all’ammontare del corrispettivo..., tenuto conto delle garanzie di carattere tecnico e delle precedenti esperienze specifiche dei concorrenti, secondo modalità e termini definiti con decreto dal Ministro          dell’ambiente”; e, poichè l’art. 201 afferma, a sua volta, che le attività di gestione ed erogazione del servizio sono affidate “ai sensi dell’art. 202 e nel rispetto della normativa comunitaria e nazionale sull’evidenza pubblica”, ad avviso della medesima ricorrente non potrebbe sostenersi che la disciplina testè descritta consenta pure il ricorso al cosiddetto in house providing quale alternativa all’affidamento esterno del servizio mediante gara pubblica.

C.O.N.U. reputa che quest’ultimo assunto trova conforto nello stesso art. 202 dianzi citato laddove questo menziona criteri di selezione del gestore, come l’ “ammontare del corrispettivo offerto”, palesemente estranei all’istituto dell’ “in house providing”, nonché nell’art. 150 dello stesso D.L.vo 152 del 2006 che, nel disciplinare la scelta delle forme di gestione e procedure di affidamento del servizio idrico integrato, fa esplicito riferimento alla. possibilità della gestione cosiddetta “in house” mediante una disposizione viceversa non presente nella parte IV del Testo Unico Ambientale relativa ai rifiuti.

C.O.N.U. richiama anche a supporto della propria tesi la decisione dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato del 27 settembre 2006 nella quale, per quanto qui segnatamente interessa, si legge che “da ultimo, anche l’art. 202 del D.L.vo 3 aprile 2006 n. 152, Testo Unico in materia ambientale, espressamente stabilisce che le competenti autorità di ambito aggiudicano il servizio di gestione integrata dei rifiuti urbani mediante gara disciplinata dai principi e dalle disposizioni comunitarie, in conformità ai criteri di cui all’art. 113, comma 7, del D.L.vo 18 agosto 2000 n. 267. Si definisce chiaramente con ciò la necessità di confronto tra operatori - indipendentemente dalla natura giuridica dei medesimi e, soprattutto, dalla rispettiva titolarità del capitale sociale - improntato ai principi di concorrenza, così come anche dalla stessa Autorità più volte ribaditi”, ad esempio nella susseguente sua decisione del 14 dicembre 2006.

La stessa ricorrente richiama pure la sentenza del T.A.R. Campania, Napoli, Sez. I, 2 agosto 2007 n. 7229, nella quale si legge – sempre per quanto qui segnatamente interessa – che “il nuovo sistema delineato dal D.L.vo 152 del 2006 per la gestione integrata dei rifiuti urbani, caratterizzato dalla separazione delle funzioni di indirizzo, di organizzazione e controllo da quelle gestorie (art. 201, comma 4, e 202, comma 1) persegue l’obiettivo del superamento della  frammentazione delle gestioni sulla base di ambiti territoriali ottimali (art. 200, comma 1, lett. a) attraverso la previsione di una gestione “integrata”  dei rifiuti, ad opera di un unico gestore cui vengono affidati, a mezzo di procedura comunitaria, la realizzazione, gestione ed erogazione dell’intero servizio (comprese le attività di gestione e realizzazione degli impianti) e la raccolta, la raccolta differenziata, la commercializzazione e lo smaltimento completo di tutti i rifiuti urbani ed assimilati prodotti all’interno dell'ATO (art. 201, comma 4): cosicché l’affidamento e l’avvio della gestione integrata appaiono incompatibili con la sopravvivenza di gestioni parziali preesistenti, si tratti o meno di gestioni dirette, in house o affidate a terzi. Ne consegue l’interesse del legislatore a segnare lo spartiacque tra il vecchio ed il nuovo sistema di gestione, stabilendo che le gestioni in corso, una volta conclusa la complessa fase d’avvio del nuovo modello, debbano cessare, ancorchè anticipatamente. A ciò si è provveduto con gli artt. 198 e 204, che vanno rettamente intesi nel senso di sancire. la cessazione in ogni caso, anche in via anticipata, delle gestioni in corso, a seguito dell’affidamento del servizio integrato al nuovo gestore. La decadenza delle gestioni in corso risponde all’esigenza di evitare che la loro prosecuzione (benché legittimata dai rispettivi titoli) pregiudichi l’esercizio in forma integrata del servizio nell’intero territorio. Non si vede,viceversa, in qual modo una proroga ex lege delle gestioni preesistenti sino all’affidamento del nuovo servizio possa servire a tale interesse, essendo la gestione integrata comunque destinata a fare, del preesistente,  tabula rasa”.

C.O.N.U. denota, quindi, che il precedente D.L.vo 5 febbraio 1997 n. 22 aveva introdotto, fra l’altro, il principio del necessario superamento della frammentazione e polverizzazione della gestione del rifiuto urbano, e che in aderenza alle direttive comunitarie, lo stesso D.L.vo 22 del 1997 aveva già fondato un complesso e articolato sistema nel quale 1’attività di smaltimento dei rifiuti rappresenta soltanto “la fase residuale della gestione dei rifiuti” (cfr. ivi, art. 5, comma 1), in funzione di un modello di gestione integrata dei rifiuti comprendente l’intero ciclo (dalla raccolta, al trasporto, al recupero, allo smaltimento, al controllo di ciascuna di tali operazioni e delle discariche e degli impianti di smaltimento anche dopo la loro chiusura), concentrato sul principio dello smaltimento finale per i soli “rifiuti ultimi” e, correlativamente, sulla ottimizzazione delle iniziative tese alla riduzione dei rifiuti da smaltire, sia attraverso la prevenzione della produzione dei rifiuti, sia mediante il potenziamento delle attività di riutilizzo, riciclaggio e recupero dei fiuti, nel contesto delle quali assume rilievo particolare la raccolta differenziata dei rifiuti ed il loro “ricupero”.

C.O.N.U. rileva – altresì – che con L.R. 21 gennaio 2000 n. 3 la Regione Veneto ha dato applicazione ai principi contenuti nel D. L.vo 22 del 1997, prevedendo, tra l’altro:

1) la competenza della Provincia a predisporre e ad aggiornare i piani per la gestione dei rifiuti urbani relativi al proprio territorio, a’ sensi dell'art. 23, comma 1, del D. Lgs. 22/1997 (art. 6, comma 1, lett. a, L.R. 3 cit.); i piani provinciali definiscono, fra l’altro, la tipologia ed il fabbisogno degli impianti da realizzare nell'ambito territoriale ottimale, tenuto conto dell’offerta di smaltimento e recupero da parte del sistema sia pubblico che privato, e delle possibilità di potenziamento o ampliamento degli impianti esistenti, nonché la loro localizzazione (cfr. ibidem, art. 8, comma 3, lett. e);

2) la competenza della Provincia ad approvare i progetti, e le loro eventuali modifiche, di impianti per lo smaltimento e il recupero di rifiuti urbani, individuati negli allegati B e C del D.L.vo 22 del 1997, previsti dal Piano regionale di gestione dei rifiuti urbani (cfr. ibidem, art. 6,comma 1, lett. b), con ciò chiarendo che tutte le attività e gli impianti di gestione dei rifiuti urbani (smaltimento e recupero) devono essere previsti dalla pianificazione;

3) la gestione dei rifiuti urbani e dei rifiuti assimilati avviati allo smaltimento da parte dei Comuni in regime di privativa (cfr. ibidem, art. 7, comma 1, lett. a), attraverso l’Autorità d’ambito di cui all’art. 14 della medesima L.R. 3 del 2000 (cfr. ibidem, art. 7, comma 2);

4) la corrispondenza degli ambiti territoriali ottimali per la gestione (ma non per lo smaltimento) dei rifiuti urbani al territorio provinciale (cfr. ibidem, art. 8, comma 1);

5) l’istituzione dell’Autorità d’ambito da parte dei Comuni e delle Province ricadenti in ciascun ambito territoriale ottimale, individuato dal Piano provinciale di gestione dei rifiuti urbani, al fine di garantire la gestione dei rifiuti urbani secondo criteri di efficacia, efficienza ed economicità (cfr. ibidem, art. 14, comma 1);

6) l’ approvazione da parte dell’Autorità d’ambito, in attuazione del piano provinciale di gestione dei rifiuti urbani, del programma pluriennale degli interventi comprensivo dell'indicazione della localizzazione degli impianti previsti dal piano provinciale di gestione dei rifiuti urbani (cfr. ibidem, art. 20);

 7) l’organizzazione da parte degli Enti locali partecipanti all’ambito territoriale ottimale, attraverso le forme di cooperazione individuate a’ sensi dell’art. 14 , comma 1, della L.R. 3 del 2000, della gestione dei rifiuti urbani secondo criteri di efficacia, efficienza ed economicità (cfr. ibidem, art. 19, comma 1);

8) l’organizzazione e la gestione del servizio relativo ai rifiuti urbani da parte dell’Autorità d’ambito di norma con un unico gestore, fatta eccezione per il servizio di raccolta e trasporto che può essere organizzato autonomamente dai singoli Comuni mediante l’individuazione del soggetto gestore;  per particolari ragioni di natura territoriale, amministrativa, economica e tecnica, nonchè nel rispetto dei criteri di interesse generale dell’ambito territoriale ottimale e di qualità del servizio (cfr. ibidem, art. 19, comma 2).

La ricorrente riferisce che nella Regione Veneto, per prassi amministrativa, si affermerebbe che tutti i passaggi previsti dal Testo Unico Ambientale per la costituzione delle Autorità d'ambito si siano già cristallizzati per effetto della testè descritta disciplina regionale, antecedente al D.L.vo 152 del 2006 e – per l’appunto – attuativa del previgente D.L.vo 22 del 1997, e che, essendo stato approvato il piano regionale per la gestione dei rifiuti nel novembre 2004, la Regione non sia tenuta ad adeguare nell’immediato la propria pianificazione, né a modificare la L.R. 3 del 2000, considerando entrambe sostanzialmente conformi anche alla sopravvenuta disciplina di settore di fonte statuale.

C.O.N.U. evidenzia, poi, che nella Provincia di Treviso, essendo in fase di elaborazione il Piano d’Ambito già previsto dall’art. 19 della L. R. 3 del 2000 ed attualmente dall’art. 203, comma 3, del D.L.vo 152 del 2006, vige la disciplina transitoria tra le precedenti gestioni e quella unitaria che dovrà essere assicurata dall’Autorità d’ambito, e che il passaggio di competenze tra gli Enti di Bacino e la nuova Autorità d’Ambito è disciplinata dalla medesima L.R. 3 del 2000, nella parte che risulta compatibile con il D.L.vo 152 del 2006.

L’art. 16-bis della L. R. 3 del 2000 contempla al riguardo un periodo transitorio laddove dispone che, nelle more dell’individuazione delle forme di servizio di gestione dei rifiuti urbani da parte dell’Autorità d’Ambito, a’ sensi dell’art. 19,  comma 3, della medesima L.R. 3 del 2000, e dell’operatività dell'organizzazione del servizio da questa approvata, rimangono in essere ed esercitano le funzioni loro proprie gli enti responsabili di bacino di cui al (precedente) piano regionale di smaltimento dei  rifiuti solidi urbani approvato con deliberazione del Consiglio Regionale n. 785 del 1988.

Secondo la ricorrente, tale disposizione potrebbe essere applicata nella parte in cui prevede, fino all’operatività delle nuove gestioni, la permanenza degli Enti di bacino, in quanto correttamente intesi come interlocutori dei soggetti gestori e titolari dei relativi contratti di servizio.

Tale previsione risulterebbe infatti in piena sintonia con la disciplina statale, posto che di fatto i cosiddetti “Enti responsabili di bacino” rivestirebbero analoghe funzioni, proprie dell'Autorità d'ambito, pur rappresentandone soltanto una parte, e che la loro permanenza si giustificherebbe in attesa che l’Autorità d’ambito stabilisca le nuove modalità di gestione e di affidamento e li sostituisca nelle attività di governo dell’ambito medesimo.

Secondo la ricorrente tali Enti, che la legislazione veneta identifica con i Consorzi di Comuni, pur gestendo attualmente i contratti di servizio, non potrebbero disporre autonomamente nuovi affidamenti: e, conseguentemente, ogni attività in materia dovrebbe essere ripensata e valutata a dimensione di ambito, ad opera della rispettiva Autorità e nel relativo piano.

In sintesi, quindi, secondo la L.R. 3 del 2000 gli Enti di bacino, i quali possono essere anche gestori diretti del servizio, continuano la loro attività fino a che si sarà realizzata la gestione del servizio secondo le modalità stabilite dall’Autorità d’ambito, e a’ sensi del D.L.vo 152 del 2006 le gestioni in essere (quali che siano) continuano fino al medesimo termine, e in tale contesto normativo non parrebbe comunque possibile che gli Enti di bacino dispongano nuovi affidamenti, viceversa spettanti alle sole Autorità d’ambito.

1.2. Premesso tutto ciò, C.O.N.U. deduce innanzitutto con la propria impugnativa straordinaria violazione di legge sotto il profilo dell’incompetenza, in relazione all’art. 201 e ss. del D.L.vo 152 del 2006, in quanto dalla testè riferita disamina della disciplina vigente consterebbe che la competenza a provvedere in ordine all’affidamento del servizio di cui trattasi non sarebbe più dei Comuni o dei loro Consorzi – ovvero, nel caso di specie, del Consorzio di Bacino Treviso Tre – ma dell’A.A.T.O., nella specie già costituita ed operante.

Con un secondo ordine di censure C.O.N.U. deduce la falsa, errata o mancata applicazione del principio di “continuità” di cui al combinato disposto degli artt. 198 e 204, comma 1, del D.L.vo 152 del 2006, nonchè violazione degli artt. 16-bis e 19 della L.R. 3 del 2000, in quanto a suo avviso i Comuni non potrebbero, per effetto delle disposizioni legislative testè riferite, modificare le modalità di gestione dei rifiuti, ivi compresi l’ambito di operatività e il soggetto destinato a espletare il servizio, potendo soltanto l’A.A.T.O. – come si è detto innanzi – individuare mediante gara pubblica il soggetto unico gestore nell’ambito della propria competenza territoriale.

C.O.N.U. afferma pure l’art. 113 del T.U. 267 del 2000 ha disposto mediante i propri commi 15-bis e 15-ter, applicabili anche alla gestione dei rifiuti, la decadenza di tutte le concessioni esistenti alla data del 31dicembre 2007, e che pertanto da tale data  sarebbe possibile soltanto prorogare l’esercizio delle gestioni precedenti, senza apportare innovazioni di sorta al contenuto delle stesse, nelle more dell’espletamento della gara pubblica per l’affidamento della nuova gestione unica da parte delle A.A.T.O.

Tale impostazione risulterebbe condivisa anche dalla Regione Veneto che si sarebbe analogamente espressa con proprio parere Prot. N. 485333/46.01 dd. 5 luglio 2005 segnatamente relativo all’ambito provinciale di Treviso.

Con un terzo ordine di censure C.O.N.U. deduce quindi violazione di legge per errata o falsa interpretazione o applicazione della disciplina in tema di affidamento dei servizi c.d. “in house”, violazione dell’art. 113, comma 5, lett. c)del D.L.vo 267 del 2000 anche in relazione alla parimenti sussistente violazione dell’art. 3 della L. 7 agosto 1990 n. 241, nonchè eccesso di potere per carenza o insufficienza della motivazione sotto il profilo della sussistenza dei presupposti per l’affidamento “in house” del servizio in questione.

A tale riguardo la ricorrente si richiama alla nota giurisprudenza della Corte di Giustizia CE intervenuta sull’argomento, ed in particolare alla sentenza 6 aprile 2006 resa nella causa C-410/04 AMTAB, nonchè a taluni omologhi orientamenti della giurisprudenza nazionale (ad es.,  Cons. Giust. Sic. 4 settembre 2007 n. 719 e T.A.R. Lazio, Sez. II ter, 16 ottobre 2007 n. 9988).

2. Con atto notificato a C.O.N.U. in data 23 aprile 2008 il Consorzio Azienda Intercomunale di Bacino Treviso Tre, il Consorzio Intercomunale Priula e Contarina S.p.a. hanno proposto opposizione a’ sensi dell’art. 10 del D.P.R. 24 novembre 1971 n. 1199, chiedendo che l’impugnativa dianzi descritta sia decisa innanzi a questo giudice.

C.O.N.U. ha conseguentemente provveduto con atto depositato in data 15 maggio 2008 presso la Segreteria della Sezione all’incombente di costituzione contemplato dall’articolo testè citato.

3. A questo punto la medesima C.O.N.U., con un primo ordine di motivi aggiunti, ha chiesto nella presente sede di giudizio anche l’annullamento della convenzione stipulata tra il Consorzio Azienda Intercomunale di Bacino Traviso Tre e Contarina S.p.a. per l’affidamento del servizio pubblico di gestione dei rifiuti, nonché della deliberazione del Consiglio di Amministrazione di Contarina S.p.a. recante l’approvazione del secondo stralcio del Piano Industriale per il completamento e revisione parco mezzi della società, del bando di gara indetto dalla medesima Contarina S.p.a. per la fornitura di automezzi di raccolta RSU per € 2.650.000,00.-; nonché di ogni altro atto connesso, presupposto o conseguente.

A tale riguardo la ricorrente, dopo aver ulteriormente richiamato la giurisprudenza sia comunitaria, sia nazionale formatasi in materia di affidamento c.d. “in house” dei pubblici servizi evidenziando che essa concordemente richiede al soggetto affidante l’obbligo rigoroso di prova della sussistenza del requisito del c.d. “controllo analogo” e un altrettanto rigoroso obbligo di motivazione al riguardo, afferma che dalla lettura degli atti testè citati si ricaverebbe l’assenza delle condizioni volute dalla giurisprudenza predetta.

Ad avviso della ricorrente, infatti, lo statuto di Contarina recherebbe soltanto un fugace accenno alla predetta necessità del “controllo analogo”, nel mentre mancherebbe in esso qualsivoglia esplicitazione dei poteri dei soci - ossia dei Consorzi Priula e Treviso Tre – e dei singoli Comuni che ai Consorzi stessi partecipano, idonei a determinare l’assoluta “dipendenza” della Società concessionaria da tali Amministrazioni pubbliche che – essa sola – legittima il ricorso all’istituto dell’ “in house providing”.

C.O.N.U. rimarca pure che l’affidamento “in house” disposto a favore di Contarina da parte del Consorzio Treviso Tre risulterebbe palesemente irrazionale in relazione sia alla circostanza che dall’1 gennaio 2008 Contarina avrebbe a sua volta affidato l’intero servizio a un soggetto terzo, sia all’ulteriore circostanza che Contarina è stata anche costretta a bandire, a sua volta, un appalto per acquisire quegli stessi mezzi di trasporto che ad essa necessitano per svolgere il servizio al quale si è obbligata sottoscrivendo la predetta Convenzione con il Consorzio Treviso Tre.

A tale riguardo C.O.N.U. deduce, quindi, in primo luogo l’illegittimità derivata degli atti da essa qui ulteriormente impugnati rispetto agli atti già da essa impugnati in sede di ricorso straordinario trasposto.

Con un secondo ordine di censure C.O.N.U. deduce eccesso di potere per travisamento dei fatti in quanto a pag. 4 dell’impugnata convenzione stipulata tra i Consorzi Priula e Treviso Tre con Contarina si darebbe atto che i territori dei Consorzi stessi coinciderebbero con l’intero territorio della Provincia di Treviso: circostanza, questa, che C.O.N.U. contesta in quanto gli Enti responsabili di Bacino nella Provincia stessa sarebbero in realtà tre, in quanto non risulta citato il Consorzio Treviso Uno.

Con un terzo ordine di censure deduce l’errata o mancata applicazione dell’art. 8 della L.R. 3 del 2000, segnatamente laddove dispone che le Province provvedono ad “individuare, in alternativa all’ambito provinciale unico, gli ambiti territoriali ottimali di livello subprovinciale per la gestione dei rifiuti urbani”: e ciò in quanto, sempre a pag. 4 della convenzione anzidetta, si legge – tra l’altro – che “nell’assemblea dell’A.A.T.O. del 26 giugno 2007 è stato definito l’indirizzo … di suddividere l’A.A.T.O. per i servizi di raccolta e trasporto dei rifiuti in due subambiti, uno corrispondente al territorio dei bacini TV2 e TV3, e l’altro corrispondente con il territorio dell’Ente di bacino TV1”.

Ad avviso della ricorrente, quindi, nessuna “decisione” sarebbe stata assunta sul punto: l’assemblea dell’A.A.T.O. avrebbe – per l’appunto – deliberato in suo luogo un mero “indirizzo” dal quale avrebbe dovuto poi conseguire il provvedimento definitivo di competenza dell’Amministrazione Provinciale: e, se così è, risulta ben evidente che l’”indirizzo” stesso non ha creato i due subambiti e che, pertanto, l’ambito dell’A.A.T.O. Marca Ambiente a tutt’oggi risulta di diritto unico e coincidente con i tre ex Bacini di utenza.

Con un quarto ordine di censure C.O.N.U. deduce l’avvenuta violazione dell’art. 113, comma 7, del T.U. approvato con D.L.vo 267 del 2000 e successive modifiche, evidenziando in tal senso che l’art. 15 della convenzione predetta, dopo aver fatto divieto di subconcessione dell’intero servizio a terzi, dispone che “i servizi e le realizzazioni oggetto della presente convenzione, in particolare le attività che non siano eseguite direttamente dalla Società, potranno da questa essere affidate a strutture a questa collegate, a società o gruppi consociati alla società stessa, o anche a terzi …”.

C.O.N.U. rileva che tale formulazione di per sé non reca riferimento alla necessità dell’affidamento mediante gara pubblica, viceversa contemplato dalle sovrastanti disposizioni legislative, rimarcando quindi che Contarina dall’1 gennaio 2008 ha affidato l’intero servizio ad un soggetto terzo, non collegato o consociato alla propria struttura e in ordine al quale si ignorano pure le modalità di affidamento.

Con un quinto e ultimo motivo di ricorso C.O.N.U. deduce l’avvenuta violazione dell’art. 113, comma 5, lett. c) del T.U. approvato con D.L.vo 267 del 2000, avuto riguardo al combinato disposto degli artt.  20 e 15 della convenzione medesima, dai quali tra l’altro si ricava che “la Società potrà svolgere attività extraterritoriali, purchè tali attività non pregiudichino in termini …”.

La ricorrente rileva in proposito che l’istituto dell’affidamento “in house” del servizio pubblico implica, di per sé, il divieto per il soggetto affidatario di svolgere attività esterne al territorio del soggetto affidante, e che l’attività posta in essere dall’affidataria a favore del soggetto affidante deve essere comunque “prevalente”: il che, per l’appunto, non consterebbe nel caso di specie.

4. Con ulteriori motivi aggiunti di ricorso C.O.N.U. ha quindi chiesto l’annullamento della deliberazione di Assemblea Straordinaria di Contarina S.p.a. in data 27 dicembre 2007 Rep. n. 68169 del notaio Talice di Treviso e relativi allegati; della convenzione in data 27 dicembre 2007 stipulata tra il Consorzio Intercomunale di Bacino Treviso Tre e Contarina S.p.a. avente per oggetto l’affidamento del servizio pubblico di gestione dei rifiuti; del verbale del Consiglio di Amministrazione di Contarina S.p.a. dd. 17 marzo 2008; dell’assemblea congiunta Consorzio Treviso Tre e Consorzio Priula dd. 19 dicembre 2007; della conseguente deliberazione di assemblea congiunta in data 19 dicembre 2007; della deliberazione di Assemblea Consortile in data 19 dicembre 2007; dell’atto di coordinamento tra A.A.T.O. “Marca Ambiente”, Consorzio Priula e Consorzio TV3 in data 28 settembre 2007.

Anche nei confronti di tali atti la ricorrente deduce in primo luogo l’illegittimità derivata degli stessi rispetto agli atti già da essa precedentemente impugnati in sede di ricorso straordinario trasposto.

C.O.N.U. ripropone - altresì - la già dianzi illustrata censura di errata o mancata applicazione dell’art. 8 della L.R. 3 del 2000 proposta in sede di primi motivi aggiunti di ricorso.

Con ulteriore ed autonoma censura C.O.N.U. deduce invece eccesso di potere per contraddittorietà con precedenti manifestazioni di volontà della medesima P.A., avuto riguardo alla seguente affermazione contenuta nel predetto atto di coordinamento tra A.A.T.O. “Marca Ambiente”, Consorzio Priula e Consorzio TV3 formato in data 28 settembre 2007, laddove a pag. 2 dell’annessa Relazione del Presidente dell’A.A.T.O. presentata in occasione dell’assemblea dell’A.A.T.O. medesima del 26 luglio 2007 si legge – tra l’altro – che “per quanto riguarda le concessioni e i contratti di servizio vigenti … di cui all’art. 16-bis della L.R. 3 del 2000 … i soggetti che esercitano il servizio, anche in economia, alla data di entrata in vigore della parte quarta del presente decreto (ossia il D.L.vo 152 del 2006) continuano a gestirlo fino alla istituzione ed organizzazione del servizio di gestione integrata dei rifiuti da parte dell’Autorità d’Ambito. Tutto questo nel presupposto che la “continuazione” delle gestioni è un passaggio necessario, deciso direttamente dalla legge e posto a tutela della riforma, per rendere possibile che la gestione del servizio e l’individuazione del nuovo gestore, siano effettivamente e tempestivamente fatti a livello d’ambito …”.

Ad avviso della ricorrente – viceversa – proprio la creazione, nella specie, di un nuovo soggetto gestore con previsione di durata della gestione stessa in house per almeno nove anni (ossia pari al periodo di ammortamento previsto per gli acquisti effettuati per consistenti somme da parte di Contarina) risulterebbe contraddire l’assunto del presidente dell’A.A.T.O. testè riportato.

Con un ulteriore ordine autonomo di censure C.O.N.U. deduce quindi l’errata o mancata applicazione della vigente disciplina di principio in tema di affidamento “in house”, anche in relazione ai principi di cui al Capo X, Titolo V, Libro V del Codice Civile, nonché l’errata o mancata applicazione dell’art. 30 del T.U. approvato con D.L.vo 267 del 2000, incompetenza, ed eccesso di potere per sviamento e traviamento dei fatti.

La ricorrente non sottace che la convenzione conclusa tra Consorzio Priula e Consorzio Tre dd. 27 dicembre 2007. di per sé richiama formalmente i vigenti principi in tema di affidamento “in house” dei pubblici servizi; in realtà, peraltro, ad avviso della ricorrente medesima tali principi risulterebbero, nella specie, violati in quanto i contenuti della Convenzione conclusa tra Consorzio Priula e Consorzio Treviso Tre agli effetti dell’affidamento del servizio in questione non sarebbero stati puntualmente recepiti nello statuto di Contarina, il quale – per l’appunto - disegnerebbe soltanto i poteri degli organi di tale Società.

La convenzione anzidetta, 1quindi, si configurerebbe quale mero patto parasociale, esterno a Contarina, che obbliga i suoi sottoscrittori soltanto, ma non gli organi della Società di cui sono soci i sottoscrittori medesimi.

C.O.N.U. rileva – altresì – che i Consorzi sottoscrittori della convenzione testè citata sono Enti locali di secondo livello, i quali – peraltro – non potrebbero, per quanto detto innanzi, configurarsi quali amministrazioni titolari del servizio di raccolta dei rifiuti.

Le amministrazioni competenti al riguardo sarebbero, infatti, i singoli Comuni, non potendo sussistere in proposito una doppia delega Comuni – Consorzi – Società controllata dai Consorzi.

Ad avviso della ricorrente, quindi, Contarina dovrebbe – semmai – essere controllata direttamente dai Comuni e non già dai Consorzi di questi.

C.O.N.U. rileva inoltre che se, come è ben noto, la giurisprudenza della Corte di Giustizia CE afferma che il “controllo analogo” esercitato dalla Pubblica Amministrazione nei confronti della Società da essa partecipata non può, di per sé, limitarsi all’esercizio al riguardo degli strumenti propri del diritto civile, non sarebbe dato di capire – nella specie – quale ulteriore controllo sia stato apprestato dai due predetti Consorzi nei riguardi di Contarina.

5. I Consorzi Priula e Treviso Tre, nonché Contarina, si sono costituiti in giudizio unitariamente, eccependo in via preliminare l’irricevibilità del ricorso avversario per tardività del suo deposito, nonché l’inammissibilità del ricorso medesimo sotto più profili.

Le medesime parti hanno peraltro puntualmente replicato nel merito a tutte le censure avversarie, concludendo comunque per la reiezione di tutte le impugnative avversarie.

6. Nell’imminenza della trattazione del ricorso tutte le parti hanno prodotto ulteriori e diffuse memorie in replica, insistendo per le rispettive conclusioni.

7. Alla pubblica udienza del 17 dicembre 2008, dopo lunga trattazione da parte di tutte le difese, la causa è stata trattenuta per la decisione.

8.1. Tutto ciò premesso, il Collegio deve innanzitutto farsi carico di disaminare l’eccezione di irricevibilità dedotta dalla difesa dei Consorzi Priula e Treviso Tre, nonché di Contarina, avuto riguardo alla circostanza che la copia del ricorso straordinario trasposto per effetto dell’atto di opposizione notificato dalle parti già intimate mediante tale impugnativa è stata nella specie depositata presso la Segreteria della Sezione in data 15 maggio 2008, ossia oltre il termine per il deposito di tale atto dimezzato di trenta giorni a’ sensi dell’art. 23-bis della L. 6 dicembre 1971 n. 1034 come introdotto per effetto dell’art. 4 della L. 21 luglio 2000 n. 205 e decorrente dalla notificazione dell’atto di opposizione predetto, a sua volta ricevuta dalle parti intimate predette in data 11 aprile 2008.

Tale eccezione si fonda, sempre secondo la prospettazione delle predette parti intimate, sul precedente costituito dalla sentenza n. 401 dd. 2 febbraio 2006, resa da questa stessa Sezione e secondo la quale – per l’appunto – il termine dimidiato di cui all’art. 23-bis della L. 1034 del 1971 risulterebbe applicabile anche al deposito dell’impugnativa segnatamente contemplato dall’art. 10 del D.P.R. 24 novembre 1971 n. 1199 quale onere per il ricorrente in sede straordinaria al quale sia stata notificata l’opposizione ivi contemplata agli effetti della trasposizione del gravame in sede giurisdizionale.

Le parti intimate e qui resistenti reputano – altresì – che dal mancato deposito in termini dell’originario atto introduttivo del giudizio in sede straordinaria determini discenda pure l’inammissibilità dei successivi motivi aggiunti di ricorso, essendo stati questi proposti sulla base di una precedente impugnativa che ne pregiudica l’esame proprio in quanto essa, a sua volta, irricevibile.

8.2. Il Collegio, per parte propria, non condivide l’eccezione testè descritta, avuto riguardo al susseguente orientamento assunto dalla Sezione con la sua ben più recente sentenza n. 199 dd. 30 gennaio 2008, laddove la stessa questione in diritto è stata espressamente riesaminata in adesione ai principi enunciati dalla decisione di Cons. Stato, Sez. V, 24 luglio 2007 n. 4136, anch’essa successiva alla sentenza n. 401 del 2006 anzidetta.

Come testè evidenziato, secondo la tesi precedentemente condivisa dalla Sezione, in base al combinato disposto tra l’art. 10 del D.P.R. 1199 del 1971 e l’art. 23-bis della L. 1034 del 1971 - applicabile ratione materiae, trattandosi di procedura a evidenza pubblica per l’affidamento di pubblici appalti- il termine per il deposito dell’atto di costituzione davanti al giudice dovrebbe ritenersi di trenta giorni (e non già di sessanta), sulla presupposizione che il primo termine processuale cui non si applica il dimidiamento, in forza dello stesso art. 23-bis (il quale non dimezza - per l’appunto - soltanto il termine per la notifica del ricorso) sarebbe quello dell’opposizione, al fine della trasposizione in sede giurisdizionale.

Con la dianzi citata sentenza n. 199 del 2008 la Sezione ha riconsiderato la questione, rilevando che “effettivamente, non può pensarsi che il primo atto processuale sia un atto che (non solo non pertiene al ricorrente, ma a quella che sarebbe una parte avversaria se dovesse instaurarsi il giudizio, ma) sta ancora fuori del processo, quale è l’opposizione della P.A. evocata in giudizio o del controinteressato ai sensi dell’art. 10 del DPR 1199 del 1971. Ed invero, all’opposizione potrebbe tanto seguire l’atto di instaurazione del giudizio, tanto non seguire (nell’ipotesi che l’originario autore del ricorso straordinario desistesse dall’idea di coltivare il giudizio, non provvedendo a costituirsi davanti al giudice entro i termini e con le modalità previsti dalla legge). Solo nel caso che egli intenda coltivare il giudizio, il suo atto di costituzione davanti al giudice costituirebbe il primo atto processuale -o, più correttamente, il suo presupposto indefettibile, collocandosi la notifica, in verità, ancora fuori del processo stricto sensu  (esso sì sottratto alla regola del dimidiamento). In conclusione, il termine previsto nel primo comma dell’art. 10 citato per la notifica e il deposito dell’atto di costituzione, rimane di sessanta giorni, secondo quanto ivi specificato” (cfr. ivi).

Pertanto, facendo proprie tali considerazioni di fondo anche per il caso di specie, deve ritenersi tempestiva la costituzione in giudizio di C.O.N.U., in quanto notificata e depositata entro il predetto termine di sessanta giorni: e da ciò consegue, quindi, che l’eccezione di irricevibilità sollevata dalle parti intimate deve essere respinta.

 9. Sempre in via preliminare, il Collegio deve pure farsi carico di disaminare l’eccezione di inammissibilità del ricorso per difetto di interesse in quanto asseritamente priva, in relazione alle proprie ridotte dimensioni aziendali, dei requisiti minimi di idoneità tecnica per disimpegnare un servizio riguardante, nella specie, ben 212.000 abitanti e circa 10.000 utenze domestiche.

Anche tale eccezione va respinta, in quanto C.O.N.U., essendo comunque un soggetto imprenditoriale operante nel settore della gestione dei rifiuti, risulta comunque titolare di un interesse differenziato alla legittimità dell’azione amministrativa avente per oggetto la puntuale applicazione delle disposizioni comunitarie, statali e regionali che impongono l’evidenza pubblica nella scelta dei soggetti preposti ai relativi pubblici servizi da parte delle Amministrazioni pubbliche a ciò competenti.

Né tale interesse differenziato viene meno per effetto della pretesa inidoneità tecnica di C.O.N.U. a svolgere il servizio che essa reputa obbligatorio esternalizzare, in quanto in tale evenienza l’ordinamento giuridico consentirebbe comunque alla medesima ricorrente di utilizzare a proprio favore gli istituti del raggruppamento temporaneo di imprese (cfr. art. 37 del D.L.vo 163 del 2006), ovvero dell’avvalimento (cfr. ibidem, art. 49 e ss.).

10. Va – altresì – respinta una seconda eccezione di inammissibilità dedotta dalle parti intimate, fondata a sua volta sulla circostanza che C.O.N.U. sostiene con la propria sua prima impugnativa che i Comuni, sia singoli che associati, durante il regime transitorio contemplato dal D.L.vo 152 del 2006 non potrebbero gestire il servizio disponendo nuovi affidamenti dello stesso, ma dovrebbero limitarsi a conservare le gestioni esistenti, le quali a loro volta scadrebbero a’ sensi dell’art. 204 del D.L.vo 152 del 2006 medesimo allorquando l’A.A.T.O. disporrà l’affidamento per l’intero territorio provinciale.

Ma, se così è, ad avviso delle parti intimate non sarebbe allora dato di comprendere l’interesse di C.O.N.U. alla proposizione del ricorso e dei motivi aggiunti allo stesso, essendo - per contro - a loro dire evidente che il risultato di tali impugnative si identificherebbe non già con l’indizione di una gara per l’affidamento del servizio di cui trattasi, ma con la continuazione del servizio da parte dell’ultimo suo gestore, ossia di De Vizia S.p.a., e C.O.N.U. – pertanto – non potrebbe comunque conseguire il bene della vita in ordine al quale afferma di aver presentato le impugnative per cui è causa: o, meglio, dovrebbe attendere che l’A.A.T.O. bandisca la gara per l’affidamento del servizio di cui trattasi “a regime”, a’ sensi di quanto disposto dall’art. 202 del D.L.vo 152 del 2006 e parteciparvi.

Il Collegio – per parte propria – rileva che, come ben risulta dagli atti di causa, il nuovo affidamento disposto a Contarina e – per l’appunto – qui avversato da C.O.N.U. ha trovato il proprio presupposto, come ben risulta dalla copiosa documentazione depositata agli atti di causa dalle parti intimate, proprio in relazione all’acclarata indisponibilità da parte della stessa Di Vizia di seguitare lo svolgimento del servizio anche durante il predetto regime transitorio contemplato dal D.L.vo 152 del 2006 senza un maggiore compenso economico per le proprie prestazioni che il Consorzio Treviso Tre non era disposto ad accordare.

Pertanto, nell’acclarato venir meno del rapporto contrattuale tra il Consorzio medesimo e la predetta Di Vizia e nell’altrettanto acclarata insussistenza (come si vedrà appresso, al § 12.2. della presente sentenza) di una norma che nel medesimo regime transitorio autoritativamente proroghi le concessioni in essere, non può ragionevolmente sostenersi che per effetto delle impugnative proposte da C.O.N.U. si otterrebbe il ripristino del rapporto già in essere tra il Consorzio Treviso Tre e Di Vizia.

Per contro, dall’eventuale accoglimento delle impugnative medesime discenderebbe l’obbligo per il medesimo Consorzio Treviso Tre di scegliere tra il bandire una gara pubblica per l’affidamento del servizio dismesso da Di Vizia nel contesto del diretto rapporto intrattenuto tra tali soggetti e l’affidamento il servizio in house ove effettivamente si ravvisino quei presupposti che, viceversa, C.O.N.U. reputa insussistenti: ed è innegabile che tale esito conseguente alla caducazione degli atti qui complessivamente impugnati risponde appieno all’interesse qui fatto valere dalla ricorrente.

11. La trattazione delle questioni preliminari di causa si esaurisce con l’esame dell’ultima eccezione di inammissibilità sollevata dalle parti intimate laddove esse deducono l’omessa impugnazione delle deliberazioni nn. 17 e 18 dd. 19 dicembre 2007 adottate dall’Assemblea del Consorzio di Treviso Tre aventi rispettivamente per oggetto l’approvazione dello statuto di Contarina e della convenzione sottoscritta tra le amministrazioni pubbliche partecipanti al capitale di quest’ultima in ordine all’esercizio del cd. “controllo analogo” .

Tale eccezione risulta, all’evidenza, superata per effetto dei secondi motivi aggiunti di ricorso proposti da C.O.N.U., i quali – tra l’altro – espressamente recano la domanda di annullamento delle deliberazioni testè riferite; né consta che le amministrazioni intimate abbiano, a loro volta, ulteriormente eccepito l’irricevibilità di tale impugnativa.

12.1. Il Collegio può, a questo punto, disaminare il merito di causa iniziando dagli ordini di censure proposti dalla ricorrente nel presupposto che il predetto “regime transitorio” relativo alla gestione dei servizi in materia di rifiuti contenuto nell’art. 201 e ss. del D.L.vo 152 del 2006 sia stato nella specie violato per effetto dell’affidamento pretesamente disposto in house dal Consorzio Treviso Tre a favore di Contarina.

In buona sostanza, secondo la tesi di C.O.N.U. nella vigenza di tale regime transitorio le Amministrazioni Comunali (e, comunque, non i loro Consorzi), sarebbero obbligati a conservare le gestioni esistenti, essendo comunque ad esse inibito il mutamento della forma di gestione (nella specie, da affidamento della relativa concessione a soggetto imprenditoriale terzo a affidamento in house) e non potendo comunque le Amministrazioni medesime provvedere in tal senso in luogo dell’A.A.T.O., asseritamente già costituita ed operante nell’intero territorio provinciale di Treviso.

12.2. La decisione sulle censure testè descritte risulterebbe, sotto un parziale profilo, addirittura priva di un attuale interesse della ricorrente alla loro decisione.

Infatti, l’art. 23-bis del D.L. 25 giugno 2008  convertito con modificazioni in L. 6 agosto 2008 n. 133 dispone, con disciplina che espressamente si applica a tutti i servizi pubblici locali e prevale sulle norme degli ordinamenti di settore con esse incompatibili (quindi, anche sull’ordinamento relativo ai rifiuti di cui allo stesso D.L.vo 152 del 2006), che “in deroga alle modalità di affidamento ordinario … a favore di imprenditori o di società in qualunque forma costituite individuati mediante procedure competitive ad evidenza pubblica”, i servizi pubblici locali possono anche essere diversamente affidati, “per situazioni che, a causa di peculiari caratteristiche economiche, sociali, ambientali e geomorfologiche del contesto territoriale di riferimento, non permettono un efficace e utile ricorso al mercato”,  previa “adeguata pubblicità” a tale scelta, motivandola in base ad un'analisi del mercato con contestuale trasmissione “di una relazione contenente gli esiti della predetta verifica all’Autorità garante della concorrenza e del mercato e alle autorità di regolazione del settore, ove costituite, per l’espressione di un parere sui profili di competenza da rendere entro sessanta giorni dalla ricezione della predetta relazione”.

Se così è, quindi, dall’eventuale annullamento dell’affidamento del servizio di cui trattasi a Contarina discenderebbe non già l’obbligo di bandire in ogni caso una gara al fine di reperire il nuovo soggetto gestore del servizio, ma la possibilità per l’Amministrazione a ciò competente di sottoporre al parere delle Autorità indipendenti a ciò preposte l’ipotesi dello svolgimento in house del servizio stesso.

Le censure medesime risultano, comunque, infondate alla stessa stregua della disciplina vigente all’epoca in cui esse sono state proposte.

Premesso che non è dato di vedere la differenza concettuale che sussisterebbe, in linea di principio, tra l’operato di una singola Amministrazione Comunale e quella del Consorzio al quale essa partecipi, a’ sensi di quanto disposto dall’art. 31 del T.U. approvato con D.L.vo 267 del 2000,  al fine “della gestione associata di uno o più servizi” con altre Amministrazioni Comunali, ad avviso del Collegio risulta dirimente l’art. 198, comma 1, seconda parte, del D.L.vo 152 del 2006, laddove si legge che “sino all’inizio delle attività del soggetto aggiudicatario della gara ad evidenza pubblica indetta dall’Autorità d'ambito ai sensi dell’articolo 202, i Comuni continuano la gestione dei rifiuti urbani e dei rifiuti assimilati avviati allo smaltimento in regime di privativa nelle forme di cui all’articolo 113, comma 5, del D.L.vo18 agosto 2000 n. 267”.

Come a ragione ha rimarcato la difesa delle parti intimate, tale disposizione mantiene expressis verbis le competenze sino a quel momento esercitate al riguardo dalle Amministrazioni Comunali fino alla concreta entrata in vigore dello ius novum, la quale avverrà con l’indizione della gara da parte dell’A.A.T.O. – ossia del nuovo soggetto istituzionale a ciò competente – e, quindi, con il materiale affidamento del servizio al nuovo soggetto prescelto.

Né può ragionevolmente sostenersi che, mediante il puntuale rinvio recettizio, testè descritto, alla gestione del servizio in essere alle “forme” (ossia a “tutte le forme”) di cui all’articolo 113, comma 5, del D.L.vo 18 agosto 2000 n. 267” a quel momento vigente per effetto dell’art. 14, comma 1, del D.L. 30 settembre 2003 n. 269 convertito con modificazioni in L. 24 novembre 2003 n. 326 (e, quindi, anche alla forma di cui alla lett. c) ivi menzionata, che consente l’affidamento “a società a capitale interamente pubblico a condizione che l’ente o gli enti pubblici titolari del capitale sociale esercitino sulla società un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi e che la società realizzi la parte più importante della propria attività con l’ente o gli enti pubblici che la controllano”), l’Amministrazione affidante il servizio medesimo dovrebbe soltanto acconsentire la continuazione della gestione esistente, senza poterne disporre il riaffidamento nelle altre “forme” sempre previste dalla stessa disposizione di legge, qualora ne sussistano i presupposti, come – per l’appunto - nel caso di specie, contraddistinto dal vero e proprio abbandono unilaterale della gestione da parte da parte del privato affidatario che inequivocabilmente non intende soggiacere a proroghe non assistite dal riconoscimento di un aumento del corrispettivo.

A conforto di quanto sin qui rilevato dal Collegio, va menzionata la giurisprudenza che sin d’ora ha recisamente escluso che il surriportato art. 198, comma 1, seconda parte, del D.L.vo 152 del 2006 possa essere interpretato quale disposizione che reca una proroga delle gestioni in essere (cfr. T.A.R. Campania, Napoli, Sez. I, 31 marzo 2008 n. 1641 e 2 agosto 2007 n. 7229, che puntualmente escludono che l’esistenza nel “sistema” della proroga medesima possa ricavarsi dal combinato disposto dei commi uno e quattro dell’art. 204 del D.L.vo 152 del 2006, trattandosi di disciplina comunque estranea alle specifiche “competenze amministrative” dell’Ente Locale di cui al precedente art. 198 e, per contro, esclusivamente preordinata  ad evitare sovrapposizioni gestorie al momento della cessazione del regime transitorio, fermo – altresì – restando che la previsione dell’attribuzione all’Ente Locale medesimo dei beni e degli impianti delle imprese già concessionarie all’Ente affidante “alla scadenza, ovvero alla anticipata risoluzione delle gestioni” precedente acquista un senso soltanto se l’Ente stesso può, nelle more del non ancora concluso regime transitorio, disporre anche la gestione in house del servizio stesso, come – per l’appunto – previsto dal medesimo art. 198 del D.L.vo 152 del 2006).

Né può sostenersi che l’affidamento a Contarina del servizio in house risulterebbe illegittimo in quanto disposto dai Consorzi dei Comuni e non dall’A.A.T.O., la quale ultima, nella prospettazione della ricorrente, sarebbe già operante e – pertanto – già competente a provvedere all’affidamento del servizio di cui trattasi, peraltro solo mediante gara pubblica essendo asseritamente già operante nel Veneto il regime di divieto dell’affidamento del servizio stesso in house, contenuto nel D.L.vo 152 del 2006.

Anche tale assunto della ricorrente non trova la condivisione del Collegio, posto che se è vero che l’art. 170 del D.L.vo 152 del 2006 di per sé dispone la proroga delle Autorità di bacino già istituite a’ sensi della L. 18 maggio 1989 n. 183, e che l’art. 201 contempla le Autorità d’ambito quali veri e propri consorzi ai quali i Comuni devono partecipare obbligatoriamente, non è ricavabile dal testo dello stesso D.L.vo 152 del 2006 una qualsivoglia norma transitoria o “a regime” che hic et nunc trasformi i soggetti istituzionali dello ius vetus nelle nuove Autorità disciplinate dallo ius novum e che, in quanto tali, devono dunque essere espressamente costituite dai Comuni mediante appositi provvedimenti, allo stato non ancora emanati.

Del resto, l’art. 5 della vigente Convenzione Marca Ambiente di per sé prevede la scadenza del vincolo associativo alla data del 31 dicembre 2006, senza che l’Assemblea d’ambito si sia pronunciata al riguardo sul passaggio alla nuova forma consortile, ovvero sulla proroga della durata della Convenzione stessa (cfr. doc. 4 di parte resistente depositato il 6 dicembre 2008): e il fatto che l’Assemblea, nel suo verbale n. 3 del 2007, abbia poi ritenuto che l’anzidetto art. 170 del D.L.vo 152 del 2006 abbia direttamente prorogato la vigenza della Convenzione medesima non muta i termini del problema, in quanto il soggetto prorogato comunque non può essere identificato con la nuova A.A.T.O., anche avendo riguardo alla disciplina complessivamente contenuta nella L.R. 3 del 2000 e successive modifiche.

13.1. Viceversa, vanno accolte in via del tutto assorbente le censure con le quali la ricorrente ha puntualmente contestato l’assenza, nella specie, del requisito del “controllo analogo” su Contarina da parte dei soggetti pubblici che pur sono proprietari dell’intero capitale di tale Società, ossia il Consorzio Priula e il Consorzio Treviso Tre.

13.2. A tale riguardo il Collegio non sottace che le premesse della Convenzione di coordinamento conclusa tra il Consorzio Priula e il Consorzio Treviso Tre in data 27 dicembre 2007 reca, di per sé, un puntuale riferimento alla più recente giurisprudenza comunitaria e italiana intervenuta in tema di “in house providing”, del seguente tenore: “Preso … atto dei principi giurisprudenziali comunitari, ma anche nazionali, che si sono venuti affermando e consolidando in materia di (legittimo)affidamento cd. “in house providing”, tra cui in particolare: a) la necessità della totale partecipazione pubblica (Corte di Giustizia europea; sez. V 18 novembre 1999 n. C. 107/98 Teckal, punto 50); b) il divieto, sancito statutariamente, di apertura al capitale privato (Corte di Giustizia europea, sez. I, 11 gennaio 2005 n. C-26/03 Stadt Halle, punto 49); c) la riserva in capo ai soci pubblici del potere di designare i componenti degli organi della società (Corte di Giustizia europea, sez. 1, 13 ottobre 2005 n. C-458/03 Parking Brixen ,punto 69; T.A.R. Lombardia, Brescia, 21 aprile 2006, n. 433); d) la possibilità di esercitare un’influenza determinante sia sugli obbiettivi strategici,sia sulle decisioni importanti della società (Corte di Giustizia europea, sez. 1, 13 ottobre C-458/03 Parking Brixen. punto 65 e Corte di Giustizia europea, sez. 1, 11 maggio  C-340/04 Carbotermo, punto 36); e) la necessità che il controllo sia preventivo e non solo a posteriori (Corte di Giustizia europea, sez. V, 27 febbraio 2003, n. C. 373/00 Truley, punto 70; Consiglio di Stato sez. VI, 5 gennaio 2007, n. 5) e che siano previsti concreti poteri ispettivi (Corte di Giustizia. europea, sez. V, 27 febbraio 2003 n. C 373/00 Truley, punto 73) e d’intervento (Consiglio di Stato, Sez. V, 11 aprile 2006 n. 5072, p. 22) f) la circostanza che l'impresa non deve acquisire una vocazione commerciale (Corte di Giustizia europea, Sez. 1, 13 ottobre 2005 n. 458/03 Parking _Brixen, punto 67); g) la non sufficienza, per la configurazione del c.d. controllo analogo, degli ordinari strumenti di diritto civile (Consiglio di Stato, Sez. V; 5 gennaio 2007, n. 5); h) il carattere (speciale, rispetto a quelle disciplinate dal Codice Civile, delle società di capitali in house (T.A.R. Campania, Napoli, Sez. 1, sentenza n. 8055/06) e nella necessità di predisporre un meccanismo di controllo coerente con la peculiarità della forma (societaria (T.A.R. Lazio, Roma, Sez. II ter, 16 ottobre 2007 n. 9988); i) la possibilità che il capitale sociale della società in house sia partecipato da una pluralità di enti locali, purchè il controllo analogo a quello esercitato suoi propri servizi sia realizzato, indipendentemente dalla quota di partecipazione propria di ciascun ente, attraverso la costituzione di un ufficio comune, cui sia attribuito il compito di realizzare il coordinamento e la consultazione tra gli enti locali (T.A.R. Abruzzo, Pescara, 7 novembre 2006 n. 687; T.A.R. Puglia, Bari, Sez. I, 12 aprile 2006 n. 1318); j) l’utilizzabilità dello strumento della convenzione ex art. 30 del D.L.vo 18 agosto 2000 n. 267 e s.m.i. per l’esercizio del controllo analogo da parte di una pluralità di enti soci (T.A.R. Friuli Venezia Giulia 15 luglio 2007 n. 634”.

La difesa delle parti intimate si diffonde, quindi, in un’analitica disamina delle disposizioni contenute nello Statuto sociale di Contarina, nonché della disciplina contenuta nella stessa Convenzione di coordinamento stipulata tra i due Consorzi e oggettivamente riconducibile al contenuto di un vero e proprio patto parasociale concluso tra gli stessi, al fine di comprovarne la materiale conformità ai principi testè enunciati.

Il Collegio, tuttavia, evidenzia che a ragione la difesa di C.O.N.U. ha rimarcato che lo Statuto sociale di Contarina in realtà non si conforma ai principi enunciati dalla pur dianzi citata sentenza di T.A.R. Lazio, Sez. II – ter n. 9988 del 2007, la quale – per l’appunto – richiede al fine della sussistenza del requisito del “controllo analogo” la previsione di un diritto di veto da parte di ciascun Ente partecipante alla società nei confronti delle deliberazioni assunte dagli organi sociali in modo difforme dalle proposte, nonché della competenza dell’assemblea ordinaria della trattazione di argomenti inerenti a pretese della società sugli Enti locali che ad essa partecipano scaturenti dal contratto di servizio e corrispondente al diritto di veto di ciascun Ente locale interessato sulle relative determinazioni; e, soprattutto, del diritto di recesso dalla società nei casi in cui l’Ente socio abbia diritto a far valere la risoluzione o, comunque, lo scioglimento del contratto di servizio con la Società; quest’ultima ipotesi, non è contemplata dall’art. 9 dello Statuto di Contarina, il quale si limita ad affermare al riguardo che “il recesso è ammesso soltanto nei casi consentiti dalla legge”.

Inoltre, se è vero che l’esercizio di attività extraterritoriali da parte della Società controllata non pare – di per sé – precluso in linea di principio dalla previsione contenuta nell’attuale testo dell’art. 113 del T.U. approvato con D.L.vo 267 del 2000 laddove – per l’appunto – testualmente si afferma che la società deve “realizzare la parte più importante della propria attività” (e, quindi, non tutta la propria attività) “con l’ente o gli enti pubblici che la controllano”, nel caso di specie né lo statuto di Contarina, né il patto parasociale concluso tra i Consorzi contemplano criteri di sorta per evitare che le risorse aziendali della società controllata siano utilizzate in modo prevalente su attività di impresa esterne al territorio degli Enti partecipanti.

Sul punto la difesa delle parti intimate si limita a richiamare T.A.R. Puglia, Lecce, Sez. I, 23 giugno 2006 n. 2533, peraltro relativa alla ben diversa ipotesi della società mista pubblico – privata e in ordine alla quale è ivi enunciata la necessità di una mera “verifica sul piano concreto … che l’impegno di assumere extra moenia non comporti una distrazione di mezzi e risorse tale da poter arrecare pregiudizio sia alla collettività locale … sia al principio generale di libera e paritaria concorrenza del mercato”.

Si tratta, quindi, di un “controllo debole” rispetto alla ben diversa esigenza propria del “controllo analogo”, la quale deve essere, viceversa, espressamente normata in sede di statuto sociale e di patti parasociali garantendo al riguardo la necessaria unanimità degli Enti soci in ordine all’assenso all’esercizio dell’attività esterna con garanzia anche in questo caso del recesso per l’Ente eventualmente dissenziente.

Né va sottaciuto, da ultimo, che l’affidamento in house deve logicamente essere disposto allorquando il soggetto affidatario ha l’effettiva possibilità, all’interno del proprio contesto organizzativo, di svolgere con le proprie risorse il servizio oggetto dell’affidamento medesimo o, comunque, una sua parte significativamente consistente.

Se, per contro, l’affidatario in house deve a sua volta rivolgersi a soggetti esterni – sia pure nelle necessarie forme dell’evidenza pubblica quale “organismo di diritto pubblico” a’ sensi dell’art. 2, comma 26, del D.L.vo 12 aprile 2006 n. 163 – per reperire risorse non marginali al fine dell’espletamento del servizio reso oggetto di affidamento, risulta ben evidente che l’Amministrazione affidante realizza nei propri confronti non già un vantaggio economico, ma una vera e propria diseconomia, non solo finanziaria in quanto il costo dello svolgimento del servizio stesso sarà intuitivamente aggravato dall’intermediazione dell’affidatario c.d. “in house”, ma anche – per così dire – “funzionale” sotto il profilo dell’efficacia e dell’economicità dell’azione amministrativa, all’evidenza appesantita dall’ingresso di un soggetto che funge da mero tramite tra l’Amministrazione affidante e l’imprenditore che materialmente svolge il servizio.

Il caso di specie risulta oltremodo significativo, posto che Contarina, non disponendo di mezzi propri sufficienti per disimpegnare il servizio di cui trattasi, ha poi affidato lo stesso mediante procedura negoziata alla predetta De Vizia S.p.a., ossia al precedente gestore nella precedente concessione rilasciata dal Consorzio Treviso Tre.

In sostanza, quindi, nulla è cambiato rispetto all’assetto precedente: e la circostanza testè descritta rende, dunque, di per sè evidente che quanto avvenuto non risulta riconducibile, nella sostanza, ad un’ipotesi di affidamento di pubblico servizio locale in house.

14. Conclusivamente, devono dunque essere annullati tutti gli atti impugnati dalla ricorrente nella parte in cui individuano Contarina S.p.a. quale affidataria in house del servizio di cui trattasi.

Dalla statuizione di annullamento va, peraltro, eccettuata la deliberazione di Assemblea Straordinaria di Contarina S.p.a. in data 27 dicembre 2007 Rep. n. 68169 del notaio Talice di Treviso e relativi allegati, impugnata da C.O.N.U. con i secondi motivi aggiunti di ricorso, trattandosi di atto posto in essere da un soggetto societario in ordine al quale non sussiste la giurisdizione del giudice amministrativo.

15. Le spese e gli onorari del giudizio possono essere integralmente compensati tra le parti, stante la peculiarità delle questioni sottoposte all’esame del Collegio.

 

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto, I sezione, definitivamente pronunciando sulle impugnative in epigrafe, le accoglie e, per l’effetto, annulla gli atti impugnati.

Compensa integralmente tra le parti le spese e competenze del giudizio.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Così deciso in Venezia, nella camera di consiglio del 17 dicembre 2008.

Il Presidente                                                              L'Estensore

 

Il Segretario

 

SENTENZA DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 2 febbraio 2009

(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)

Il Direttore della Prima Sezione

 

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