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TAR Lombardia, Sez. Brescia, 20/2/2009 n. 322
Sulla disapplicazione dell'23 c. 1 del D.L. n. 273/05 che prevede l'ulteriore prolungamento del periodo transitorio del servizio di distribuzione di gas naturale.

In tema di servizio di distribuzione di gas naturale la disposizione di cui all'art. 23 c. 1 del D.L. 30/12/2005 n. 273, convertito con modificazioni nella L. 23/2/2006 n. 51, deve essere disapplicata, nel caso di specie, in quanto in contrasto con il diritto comunitario. La suddetta disposizione produce, infatti, una compressione ulteriore, sia pur temporalmente circoscritta, alla libera prestazione di servizi e alla libertà di stabilimento, in quanto non permette alle imprese interessate - stabilite in altri Stati membri - l'accesso alle concessioni affidate o rinnovate.
Se il D. Lgs. 164/2000, come modificato dalla L. 239/2004, contempera in modo equilibrato le esigenze dei concessionari con l'obiettivo di attivare i meccanismi competitivi, l'ulteriore prolungamento del periodo transitorio non è sorretto da imperiose ragioni di interesse pubblico: in particolare non risulta rispettato il principio di stretta proporzionalità che deve assistere le deroghe in materia, poiché il legislatore ha ulteriormente ritardato la piena apertura al mercato malgrado le ragioni delle Società concessionarie fossero già state congruamente apprezzate e valorizzate con i precedenti provvedimenti legislativi.
Nel caso di specie, inoltre, non è possibile riconoscere una posizione di affidamento qualificato in capo all'impresa concessionaria in quanto il rinnovo della concessione è stato disposto nel 1995, quando il quadro normativo nazionale e comunitario era assolutamente univoco nell'indicare la procedura ad evidenza pubblica quale sistema ordinario di aggiudicazione dei contratti delle amministrazioni.

Materia: gas / disciplina

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione staccata di Brescia (Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

 

SENTENZA

Sul ricorso numero di registro generale 162 del 2006, proposto da:

Gas Plus Reti Srl (Gia' Bagnolo Gas Spa), rappresentato e difeso dagli avv.ti Maurizio Zoppolato, Angela Canta e Gianfranco Fontana, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in Brescia, Via A. Diaz n. 28;

contro

Comune di Pompiano, rappresentato e difeso dall’avv. Francesca Cazzoletti, con domicilio eletto presso il suo studio in Brescia, via Romanino n. 16 (030/6820895);

 

per l'annullamento

previa sospensione dell'efficacia,

DELLA DELIBERAZIONE DEL CONSIGLIO COMUNALE IN DATA 28/11/2005 N. 33, LA QUALE DISPONE CHE LA CONCESSIONE DEL SERVIZIO PUBBLICO DI EROGAZIONE DEL GAS AVRA’ TERMINE IL 31/12/2007, OLTRE AD OGNI ALTRO ATTO PRESUPPOSTO, ANTECEDENTE, CONSEGUENTE E CONNESSO;

e per la condanna

AL RISARCIMENTO DEI DANNI PATRIMONIALI PRODOTTI DALL'ESECUZIONE DEL PROVVEDIMENTO IMPUGNATO.

 

Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Pompiano;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Vista la sentenza non definitiva n. 582 depositata il 29/5/2008;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 12/02/2009 il dott. Stefano Tenca e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:

 

FATTO

La Società Bagnolo gas – incorporata dall’odierna ricorrente mediante atto di fusione – è affidataria del servizio di distribuzione del gas metano nel Comune di Pompiano in virtù di convenzione in vigore dall’1/1/1970. L’originaria durata di 25 anni è stata successivamente prorogata per ulteriori 25 anni – a fronte dell’impegno aggiuntivo dell’estensione della rete – con differimento della scadenza al 2020.

Con l’impugnata deliberazione, il Consiglio comunale di Pompiano ha deliberato di porre definitivamente termine alla convenzione con effetto dal 31/12/2007.

L’atto deliberativo è stato assunto ai sensi dell’art. 15 del D. Lgs. 23/5/2000 n. 164, modificato dalla L. 239/2004, che disciplina il regime di transizione nell’attività di distribuzione del gas al fine di attuare, con gradualità, gli obiettivi di liberalizzazione e di concorrenza nel mercato di questo settore: in particolare, la determinazione trae fondamento dall’imminente scadenza del periodo transitorio di cui al citato art. 15 – fissato in cinque anni a decorrere dal 31/12/2000 – e dà impulso allo svolgimento della successiva procedura ad evidenza pubblica per il riaffidamento del servizio. Peraltro l’atto impugnato ha riconosciuto le proroghe di cui al comma 7, individuando la data di cessazione del rapporto al 31/12/2007.

Con sentenza non definitiva in data 29/5/2008 n. 582 la Sezione ha respinto i profili di censura proposti dalla ricorrente, facendo salva la questione inerente alla violazione dell’art. 23 del D.L. 30/12/2005 n. 273 conv. in L. 23/2/2006 n. 51.

La norma recita testualmente:

“1. Il termine del periodo transitorio previsto dall'articolo 15, comma 5, del decreto legislativo 23 maggio 2000, n. 164, è prorogato al 31 dicembre 2007 ed è automaticamente prolungato fino al 31 dicembre 2009 qualora si verifichi almeno una delle condizioni indicate al comma 7 del medesimo articolo 15.

2. I termini di cui al comma 1 possono essere ulteriormente prorogati di un anno, con atto dell'ente locale affidante o concedente, per comprovate e motivate ragioni di pubblico interesse.

3. Sono fatte salve le disposizioni di cui al comma 9 dell'articolo 15 del decreto legislativo 23 maggio 2000, n. 164, nonché la facoltà di riscatto anticipato durante il periodo transitorio, di cui al comma 1, se prevista nell'atto di affidamento o di concessione.”

Con autonomo profilo di gravame la ricorrente ha lamentato la violazione dell’art. 23 del D.L. 30/12/2005 n. 273 conv. in L. 23/2/2006 n. 51, che ha fissato ope legis la scadenza ordinaria del periodo transitorio al 31/12/2007, data dalla quale decorrono gli incrementi premiali automatici ai sensi di legge; ad avviso della Società la norma si applica a tutti i rapporti in essere alla data di entrata in vigore del decreto non ancora scaduti, e dunque anche a quello intercorrente con l’amministrazione intimata.

Al riguardo, con la pronuncia n. 582/08 la Sezione ha già statuito che, poiché l’art. 15 comma 7, secondo periodo, del D. Lgs. 164/2000 prevede che “gli affidamenti e le concessioni in essere per le quali non è previsto un termine di scadenza o è previsto un termine che supera il periodo transitorio, proseguono fino al completamento del periodo transitorio stesso”, ne consegue che il rapporto in questione deve ritenersi prorogato almeno fino alla data di scadenza di tale periodo, così come modificata dallo jus superveniens: la vigenza, alla data di entrata in vigore del citato D.L., del rapporto concessorio in parola e la scadenza dello stesso – originariamente prevista per una data eccedente in larga misura il termine medesimo – inducono a ritenere che nella specie la disciplina introdotta dal legislatore debba necessariamente trovare applicazione (Consiglio di Stato, sez. V – 21/11/2006 n. 6783).

Il Collegio ha quindi disposto la sospensione del giudizio, in attesa che la Corte di Giustizia si pronunciasse sui quesiti proposti con ordinanza della Sezione 4/8/2006 n. 963, riguardanti la compatibilità con il diritto comunitario dell’art. 23 del D.L. 30/12/2005 n. 273 e dell’art. 15 commi 5 e 7 del D. Lgs. 164/2000.

Il Collegio infatti ha condiviso i dubbi espressi dall’ordinanza citata, con la quale è stata rimessa alla Corte di Giustizia la questione se:

“1) sia contraria agli art. 43, 49, 86 par. 1 del Trattato nonché ai principi di parità di trattamento, non discriminazione e trasparenza una proroga automatica e generalizzata fino al 31 dicembre 2007 delle attuali concessioni di distribuzione del gas naturale, originariamente rilasciate senza il preventivo svolgimento di una procedura di gara;

2) siano contrarie agli art. 43, 49, 86 par. 1 del Trattato nonché ai principi di parità di trattamento, non discriminazione e trasparenza ulteriori proroghe automatiche fino al 31 dicembre 2009 delle attuali concessioni di distribuzione del gas naturale, originariamente rilasciate senza il preventivo svolgimento di una procedura di gara, nelle seguenti ipotesi:

a) quando il concessionario abbia realizzato una fusione societaria che consenta di servire un’utenza doppia rispetto a quella originaria della società maggiore;

b) quando il concessionario abbia raggiunto un’utenza superiore a 100.000 clienti finali, oppure una quantità di gas distribuito superiore a 100 milioni di metri cubi annui, oppure un ambito di operatività pari almeno all’intero territorio provinciale;

c) quando almeno il 40% del capitale sociale del concessionario sia stato trasferito a soci privati;

3) sia contraria al quarto, all’ottavo, al decimo e al diciottesimo considerando della direttiva 2003/55/CE del 26 giugno 2003, nonché all’art. 23 par. 1 della medesima direttiva, all’art. 10 del Trattato e ai principi di ragionevolezza e proporzionalità la proroga delle attuali concessioni di distribuzione del gas naturale, tanto nell’ipotesi descritta nel quesito n. 1 quanto nelle ipotesi descritte nel quesito n. 2, con particolare riguardo:

a) all’obbligo per gli Stati di conseguire l’obiettivo della liberalizzazione del mercato del gas naturale entro il termine del 1 luglio 2007;

b) al divieto per gli Stati di approvare o mantenere in vigore norme nazionali contrastanti con la liberalizzazione del mercato del gas naturale;

c) all’obbligo per gli Stati di collegare la durata del periodo transitorio a un termine ragionevole e a esigenze oggettive.”

La pronuncia della Corte di Giustizia, sez. II, è intervenuta in data 17/7/2008 (proc. C-347/06). Le conclusioni rassegnate sono le seguenti:

“1) La direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 26 giugno 2003, 2003/55/CE, relativa a norme comuni per il mercato interno del gas naturale e che abroga la direttiva 98/30/CE, non osta a che una normativa di uno Stato membro, come quella in questione nella causa principale, preveda il prolungamento, alle condizioni da essa fissate, della durata del periodo transitorio al termine del quale deve cessare anticipatamente una concessione di distribuzione del gas naturale come quella in questione nella causa principale. Stanti tali premesse, si deve altresì ritenere che nemmeno l'art. 10 CE e il principio di proporzionalità ostino ad una normativa di questo tipo.

2) Gli artt. 43 CE, 49 CE e 86, n. 1, CE non ostano a che una normativa di uno Stato membro, come quella in questione nella causa principale, preveda il prolungamento, alle condizioni da essa fissate, della durata del periodo transitorio al termine del quale deve cessare anticipatamente una concessione di distribuzione del gas naturale come quella in questione nella causa principale, purché tale prolungamento possa essere considerato necessario al fine di permettere alle parti del contratto di sciogliere i rispettivi rapporti contrattuali a condizioni accettabili sia dal punto di vista delle esigenze del servizio pubblico, sia dal punto di vista economico”.

Con memoria finale le parti hanno tratto conclusioni opposte dai principi affermati dalla Corte di Giustizia.

Alla pubblica udienza del 12/2/2009 il ricorso veniva chiamato per la discussione e trattenuto in decisione.

 

DIRITTO

Il Collegio è chiamato ad esprimersi sull’applicabilità alla fattispecie esaminata dell’art. 23 del D.L. 30/12/2005 n. 273 conv. in L. 23/2/2006 n. 51, alla luce della sentenza della Corte di Giustizia in data 17/7/2008.

1. La Corte ha premesso che, nell’ambito di un procedimento ex art. 234 CE, essa non è competente a statuire sulla compatibilità di una norma nazionale con il diritto comunitario, ma può ricavare dal testo delle questioni formulate gli elementi attinenti all’interpretazione del diritto comunitario onde consentire al giudice del rinvio di risolvere il problema giuridico sottoposto (punto 25 sentenza).

2. La terza questione, che la Corte ha esaminato per prima, è stata risolta in modo univoco, in quanto “L'art. 23, n. 1, della direttiva 2003/55 fissa il calendario di apertura per quanto riguarda la fornitura del gas naturale e dispone in particolare che gli Stati membri provvedano affinché i clienti idonei, ovverosia quelli che hanno il diritto di scegliere liberamente il proprio fornitore, siano, a decorrere dal 1° luglio 2007, tutti i clienti. Tale disposizione riguarda la fornitura del gas naturale e non la sua distribuzione. Pertanto, non se ne può desumere alcun obbligo in capo agli Stati membri di porre fine ai contratti di distribuzione attribuiti in assenza di procedura di gara. La direttiva 2003/55 non contiene inoltre alcuna disposizione relativa alle concessioni di distribuzione del gas naturale in essere” (punti 38, 39, 40).

In buona sostanza la direttiva 2003/55, occupandosi di differente fattispecie, non preclude ad uno Stato membro di prolungare la durata del periodo transitorio al termine del quale deve cessare anticipatamente una concessione di distribuzione del gas naturale.

3. Sulle ulteriori questioni sollevate la Corte ha anzitutto ribadito che le autorità pubbliche, qualora intendano affidare a privati una concessione, se da un lato non sono obbligate ad applicare le direttive che regolano la distinta figura dell’appalto, sono d’altro canto tenute a rispettare le regole fondamentali del Trattato CE, ed in particolare il principio di non discriminazione sulla base della nazionalità: ciascuna amministrazione deve garantire, in favore di ogni potenziale offerente, un adeguato livello di pubblicità, che consenta l’apertura delle commesse pubbliche alla concorrenza ed il contestuale controllo sull’imparzialità delle procedure di aggiudicazione.

Al riguardo la giurisprudenza interna è da tempo uniforme nel ritenere illegittima la scelta di procedere a trattativa privata per l’individuazione del concessionario di un servizio, per contrasto con le norme ed i principi desumibili dall’ordinamento comunitario, ed in particolare con i principi di non discriminazione territoriale e di libera prestazione dei servizi sanciti dall’art. 59 del Trattato CEE, aventi diretta applicabilità nel territorio nazionale (T.A.R. Sicilia Palermo, sez. III – 21/6/2007 n. 1683; T.A.R. Molise – 2/7/2008 n. 677).

Anche per i contratti esclusi dal raggio di applicazione delle direttive sugli appalti pubblici, gli Enti aggiudicatori che li stipulano sono comunque tenuti a rispettare i principi fondamentali del Trattato in generale, ed il principio di non discriminazione in base alla nazionalità in particolare (sentenza 7/12/2000 punto 60 – causa C-324/98 Telaustria c. Telekom Austria AG). Si è da tempo affermato il principio che in tema di affidamento, mediante concessione, di servizi pubblici di rilevanza comunitaria, le regole fondamentali dell’ordinamento comunitario (ritraibili principalmente dagli artt. 43 e 49 del Trattato C.E.), ed i principi generali che governano la materia dei contratti pubblici impongono all’amministrazione procedente di dare adeguata pubblicità agli affidamenti e di evitare la discriminazione delle imprese, attivando procedure competitive selettive.

La stessa Commissione – con la comunicazione interpretativa sulle concessioni nel diritto comunitario del 12/4/2000 (2000/C 121/02) – ha sottolineato che, nonostante il Trattato non contenga alcun esplicito riferimento agli appalti pubblici e alle concessioni, molte delle sue disposizioni sono rilevanti in materia: si tratta delle norme che assicurano il buon funzionamento del mercato unico, che vietano qualsiasi discriminazione fondata sulla nazionalità ed assicurano la libera circolazione delle merci, la libertà di stabilimento, la libera prestazione dei servizi.

In buona sostanza, i principi generali in materia di affidamento delle commesse pubbliche impongono, a fini di trasparenza e di salvaguardia della concorrenza, di diffondere le informazioni relative ai contratti da stipulare per consentire sia l’eguale possibilità di accesso delle imprese alle gare sia l’obiettiva ed imparziale selezione dei candidati (T.A.R. Sardegna, sez. I – 23/2/2007 n. 109; Consiglio di Stato, sez. VI – 30/1/2007 n. 362).

4. La Corte ha poi premesso che una concessione come quella di cui è causa presenta un interesse transfrontaliero certo e la sua assegnazione – in totale assenza di trasparenza – ad un’impresa con sede nello Stato membro dell’amministrazione aggiudicatrice, costituisce una disparità di trattamento a danno di imprese con sede in un altro Stato membro che potrebbero essere interessate alla suddetta concessione, integrando una discriminazione indiretta in base alla nazionalità vietata ai sensi degli artt. 43 CE e 49 CE (punti 59 e 60).

Ha aggiunto che “una normativa come quella in questione nella causa principale, comportando il rinvio dell'assegnazione di una nuova concessione mediante procedura ad evidenza pubblica, costituisce, almeno durante il periodo del suddetto rinvio, una disparità di trattamento a danno delle imprese aventi sede in uno Stato membro diverso da quello dell’amministratore aggiudicatrice e che potrebbero essere interessate a tale concessione” (punto 63).

E’ possibile dunque concludere che il prolungamento della durata del periodo transitorio dilata l’arco temporale di affidamento della concessione in assenza di gara, in violazione dei principi comunitari di parità di trattamento e di non discriminazione.

5. A questo punto la Corte ha riconosciuto che la disparità di trattamento – che si configura nella fattispecie – “può tuttavia essere giustificata da circostanze oggettive, quali la necessità di rispettare il principio della certezza del diritto” (punto 64), principio facente parte dell’ordinamento giuridico comunitario.

In proposito la Corte ha fornito alcune chiavi di lettura con riferimento alla fattispecie esaminata dal giudice a quo, ossia:

 che la direttiva 2003/55 non prevede che si rimettano in discussione le concessioni di distribuzione del gas in essere;

 che la concessione rilasciata nel 1984, che doveva produrre effetti fino al 2029, in virtù della sua risoluzione anticipata in forza del D.L. 273/2005 si inserisce in un’ottica di maggior rispetto del diritto comunitario;

 che il principio della certezza del diritto esige che le norme giuridiche siano chiare, precise e prevedibili nei loro effetti, in particolare qualora esse possano comportare conseguenze sfavorevoli in capo ai singoli e alle imprese; “Da questo punto di vista è giocoforza constatare che la concessione in questione nella causa principale è stata attribuita nel 1984, quando la Corte non aveva ancora dichiarato che dal diritto comunitario primario derivava che i contratti aventi un interesse transfrontaliero certo avrebbero potuto essere soggetti a obblighi di trasparenza …”.

La Corte ha concluso affermando che “Compete al giudice del rinvio valutare se, in particolare, il prolungamento della durata del periodo transitorio, posto in atto da una normativa come quella in questione nella causa principale, possa essere considerato necessario ai fini del rispetto del principio della certezza del diritto”, tenuto conto che “il principio della certezza del diritto non soltanto consente, ma altresì esige che la risoluzione di siffatta concessione sia corredata di un periodo transitorio che permetta alle parti del contratto di sciogliere i rispettivi rapporti contrattuali a condizioni accettabili sia dal punto di vista delle esigenze del servizio pubblico, sia dal punto di vista economico”.

6. Il Collegio è a questo punto chiamato a dirimere la questione sottoposta al suo esame.

Ritiene al riguardo di sviluppare due considerazioni preliminari.

6.1 Il necessario bilanciamento dei due principi confliggenti – il primo teso ad eliminare ogni ostacolo alla piena esplicazione del dinamismo concorrenziale ed il secondo orientato a salvaguardare la stabilità dei rapporti giuridici – deve essere compiuto tenendo conto della loro esatta collocazione sistematica e del loro raggio di operatività, puntualmente delineati dalla Corte di Giustizia. La regola generale desumibile dagli artt. 43 e 49 del Trattato CE impone di attribuire qualsiasi concessione assicurando il confronto competitivo delle imprese interessate, in modo da realizzare in modo compiuto la libera prestazione dei servizi: siamo dunque di fronte ad un principio cardine dell’ordinamento comunitario, al quale le scelte degli Stati membri debbono conformarsi.

La certezza del diritto, pur assurgendo a rango di principio generale, integra una causa legittima di deroga, e si pone come ragione giustificatrice di una regola di condotta introdotta nell’ordinamento nazionale pur in contrasto con l’obiettivo di un’ampia ed incondizionata apertura alla concorrenza.

I due principi non si collocano dunque in una posizione perfettamente equiordinata, dal momento che il primo esprime le scelte di libertà, basilari e fondanti, trasfuse nel Trattato dell’Unione – le quali debbono spiegarsi nella loro ampia portata – mentre il secondo limita l’operatività del primo per salvaguardare l’affidamento dei cittadini e delle imprese nella certezza dei rapporti giuridici, ma solo nella misura in cui ciò si rivela strettamente necessario.

Questa conclusione è suffragata dalla Corte di Giustizia, la quale ha ripetutamente statuito che i provvedimenti nazionali restrittivi dell’esercizio delle libertà fondamentali garantite dal Trattato possono essere giustificati solo se soddisfano quattro condizioni, ovvero: se si applicano in modo non discriminatorio, se rispondono a motivi imperiosi di interesse pubblico, se sono idonei a garantire il conseguimento dello scopo perseguito e non vanno oltre quanto necessario per il raggiungimento di questo (cfr. Corte di Giustizia, sez. III – 13/3/2008 causa C-248/06; Corte di Giustizia 4/7/2000 - causa C-424/97; Corte di Giustizia 9/3/1999 causa C-212/97).

6.2 Sotto un altro angolo visuale va sottolineato che la sentenza della Corte del 17/7/2008 ha rimesso al giudice del rinvio l’incombenza di vagliare la compatibilità della norma nazionale con il diritto comunitario, prendendo in considerazione i profili che connotano la fattispecie concreta. Il giudice nazionale ha quindi il compito di affiancare, alle valutazioni di carattere generale circa la rispondenza della deroga ad indefettibili esigenze di certezza delle situazioni giuridiche, un giudizio che investa il rapporto sostanziale instauratosi tra le parti, e che abbia a riguardo le reciproche condotte e posizioni assunte all’epoca dell’adozione dell’atto di affidamento o di rinnovo della concessione.

In questa sede il Collegio è in definitiva chiamato ad esprimersi sulla ricorrenza di imperiosi motivi di interesse pubblico sottesi alla scelta legislativa, tenendo altresì conto del contesto in cui è maturata la relazione tra Ente pubblico e Società privata al tempo del rinnovo.

7. A questo punto si può osservare in linea generale che il D. Lgs. 164/2000, nel perseguire l’obiettivo di risolvere anticipatamente le concessioni di servizi in origine rilasciate in assenza di una procedura di gara, aveva previsto la conservazione dei rapporti giuridici fino al termine di un periodo transitorio quinquennale, prolungabile a certe condizioni. Dopo la norma di interpretazione autentica introdotta con la L. 239/2004, il D.L. 273/2005 ha dilatato l’ampiezza del periodo transitorio, realizzando un prolungamento dell’effetto restrittivo all’accesso degli operatori dei paesi membri nel settore della distribuzione del gas. La normativa in esame produce quindi una compressione ulteriore, sia pur temporalmente circoscritta, alla libera prestazione di servizi e alla libertà di stabilimento, in quanto non permette alle imprese interessate – stabilite in altri Stati membri – l’accesso alle concessioni affidate o rinnovate.

7.1 E’ indubbio che il citato obiettivo della libera prestazione di servizi e della libertà di stabilimento implicherebbe l’apertura alla concorrenza delle concessioni esistenti, originariamente rilasciate in violazione delle regole del Trattato. Tali concessioni, concluse generalmente per un periodo estremamente lungo, mantengono gli operatori storici in una posizione privilegiata, ostacolando le altre imprese sul mercato. A queste ultime “… viene impedito, durante tutto il periodo della concessione rilasciata in violazione del diritto comunitario, di accedere al mercato pertinente. Tali concessioni rappresentano, per loro stessa natura e per le loro caratteristiche intrinseche, un freno all’accesso al mercato rilevante, in quanto proteggono le posizioni acquisite dagli operatori nazionali” (cfr. punto 41 conclusioni avvocato generale).

Gli Stati membri sono tenuti a conformare il diritto nazionale al diritto comunitario eliminando qualsiasi misura contraria al Trattato, e dunque non devono soltanto assicurare un confronto concorrenziale fra i potenziali operatori in occasione del rilascio di concessioni del servizio di distribuzione o del loro rinnovo, “ma anche fare tutto il possibile affinché le concessioni originariamente rilasciate in assenza di una procedura di gara diventino conformi al diritto comunitario”. Risulta dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia dal 2000 in avanti che qualsiasi rilascio o rinnovo di una concessione di servizio pubblico deve rispettare un obbligo minimo di trasparenza e di parità di trattamento (conclusioni Avvocato generale punti 42, 44).

7.2 Tale interpretazione si imponeva agli Stati membri fin dall’inizio (punto 43). L’interpretazione di una norma di diritto comunitario data dalla Corte di giustizia nell’esercizio della competenza attribuita dall’art. 234 CE chiarisce e precisa, quando ve ne sia bisogno, il significato e la portata di detta norma, quale deve o avrebbe dovuto essere intesa e applicata dal momento della sua entrata in vigore: ne consegue che una norma di diritto comunitario così interpretata deve essere applicata da un organo amministrativo nell’ambito delle sue competenze anche a rapporti giuridici sorti e costituiti prima del momento in cui è sopravvenuta la sentenza in cui la Corte si pronuncia sulla richiesta di interpretazione (Corte di Giustizia 13/1/2004 – causa C-453/00). Solo in via eccezionale, applicando il principio generale della certezza del diritto inerente all’ordinamento giuridico comunitario, la Corte può essere indotta a limitare la possibilità per gli interessati di far valere una disposizione da essa interpretata onde rimettere in discussione rapporti giuridici costituiti in buona fede (Corte di Giustizia 6/3/2007 – causa C-292/04)

8. Riprendendo quest’ultima riflessione è necessario ora pronunciarsi sull’ammissibilità di una deroga alla piena applicazione dei principi di trasparenza e non discriminazione. Al riguardo, si è già rilevato (cfr. punto 6.1) che i provvedimenti nazionali restrittivi dell’esercizio delle libertà fondamentali garantite dal Trattato possono essere giustificati solo se soddisfano quattro condizioni, ovvero: se si applicano in modo non discriminatorio, se rispondono a motivi imperiosi di interesse pubblico, se sono idonei a garantire il conseguimento dello scopo perseguito e non vanno oltre quanto necessario per il raggiungimento di questo.

Il principio della certezza del diritto integra una ragione imperativa di interesse generale la cui applicazione può essere rivendicata dagli Stati membri, ma occorre tener conto dell’interpretazione assolutamente restrittiva che deve investire i provvedimenti che ostacolano la piena espansione dei principi comunitari.

9. Ad avviso del Collegio la misura introdotta dal legislatore nazionale non è strettamente indispensabile per realizzare l’obiettivo di garantire la certezza dei rapporti giuridici, mentre al contempo la ricorrente non può utilmente invocare la lesione del proprio affidamento qualificato.

9.1 Il Collegio richiama nuovamente l’art. 15, commi 5, 6, 7 e 8 del D. Lgs. 164/2000, nel testo vigente alla data di adozione della deliberazione impugnata:

“5. Per l'attività di distribuzione del gas, gli affidamenti e le concessioni in essere alla data di entrata in vigore del presente decreto, nonchè quelli alle società derivate dalla trasformazione delle attuali gestioni, proseguono fino alla scadenza stabilita, se compresa entro i termini previsti dal comma 7 per il periodo transitorio. Gli affidamenti e le concessioni in essere per i quali non è previsto un termine di scadenza o è previsto un termine che supera il periodo transitorio, proseguono fino al completamento del periodo transitorio stesso. In quest'ultimo caso, ai titolari degli affidamenti e delle concessioni in essere è riconosciuto un rimborso, a carico del nuovo gestore ai sensi del comma 8 dell'art. 14, calcolato nel rispetto di quanto stabilito nelle convenzioni o nei contratti e, per quanto non desumibile dalla volontà delle parti, con i criteri di cui alle lettere a ) e b ) dell'art. 24 del regio decreto 15 ottobre 1925, n. 2578. Resta sempre esclusa la valutazione del mancato profitto derivante dalla conclusione anticipata del rapporto di gestione.

6. Decorso il periodo transitorio, l'ente locale procede all'affidamento del servizio secondo le modalità previste dall'art. 14.

7. Il periodo transitorio di cui al comma 5 è fissato in cinque anni a decorrere dal 31 dicembre 2000. Tale periodo può essere incrementato, alle condizioni sotto indicate, in misura non superiore a:

a) un anno nel caso in cui, almeno un anno prima dello scadere dei cinque anni, si realizzi una fusione societaria che consenta di servire un'utenza complessivamente non inferiore a due volte quella originariamente servita dalla maggiore delle società oggetto di fusione;

b) due anni nel caso in cui, entro il termine di cui alla lettera a ), l'utenza servita risulti superiore a centomila clienti finali, o il gas naturale distribuito superi i cento milioni di metri cubi all'anno, ovvero l'impresa operi in un ambito corrispondente almeno all'intero territorio provinciale;

c) due anni nel caso in cui, entro il termine di cui alla lettera a ), il capitale privato costituisca almeno il 40% del capitale sociale.

8. Ove ricorra più di una delle condizioni indicate al comma 7 i relativi incrementi possono essere sommati”.

In data 28/9/2004 è entrata in vigore la Legge n. 239 del 2004, il cui art. 1 comma 69 recita: “La disposizione di cui all'articolo 15, comma 5, del decreto legislativo 23 maggio 2000, n. 164, relativa al regime transitorio degli affidamenti e delle concessioni in essere al 21 giugno 2000, data di entrata in vigore del medesimo decreto legislativo, va interpretata nel senso che è fatta salva la facoltà di riscatto anticipato, durante il periodo transitorio, se stabilita nei relativi atti di affidamento o di concessione. Tale facoltà va esercitata secondo le norme ivi stabilite. Le gare sono svolte in conformità all'articolo 14 del decreto legislativo 23 maggio 2000, n. 164. Il periodo transitorio di cui al citato articolo 15, comma 5, termina entro il 31 dicembre 2007, fatta salva la facoltà per l'ente locale affidante o concedente di prorogare, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, per un anno la durata del periodo transitorio, qualora vengano ravvisate motivazioni di pubblico interesse. Nei casi previsti dall'articolo 15, comma 9, del decreto legislativo 23 maggio 2000, n. 164, il periodo transitorio non può comunque terminare oltre il 31 dicembre 2012. È abrogato il comma 8 dell'articolo 15 dello stesso decreto legislativo n. 164 del 2000”.

Per quanto qui interessa, si può immediatamente osservare che è stato abrogato il comma 8 dell’art. 15 che consentiva di sommare gli incrementi del periodo transitorio scadente al 31/12/2005 (ossia decorsi cinque anni dal 31/12/2000). Altra annotazione immediata si impone con riferimento all’introduzione di una nuova data, quella del 31/12/2007, entro la quale il periodo transitorio deve avere termine.

9.2 La scadenza “naturale” del periodo transitorio resta fissata al 31/12/2005, decorsi cinque anni dal 31/12/2000, mentre con le ipotesi di proroga – non cumulabili tra loro – esso termina comunque entro il 31/12/2007.

Ritiene il Collegio che il legislatore – con le citate disposizioni – abbia congruamente comparato le esigenze di apertura del mercato con la posizione dei gestori uscenti, titolari di concessioni di lunga durata.

La chiave di lettura per indagare il carattere “indispensabile” dell’ulteriore prolungamento disposto dal D.L. 273/2005 è offerta dalla Corte di Giustizia, la quale ha statuito che “il principio della certezza del diritto non soltanto consente, ma altresì esige che la risoluzione di siffatta concessione sia corredata di un periodo transitorio che permetta alle parti del contratto di sciogliere i rispettivi rapporti contrattuali a condizioni accettabili sia dal punto di vista delle esigenze del servizio pubblico, sia dal punto di vista economico”.

9.3 Un periodo quinquennale – elevabile fino ad un ulteriore biennio – costituisce un lasso ragionevole, del tutto idoneo a permettere il pieno soddisfacimento delle delineate esigenze.

Anzitutto, al titolare dell’affidamento i cui effetti cessano anticipatamente ex lege spetta un rimborso, posto a carico del nuovo gestore ai sensi dell’art. 14 comma 8 del D. Lgs. 164/2000. Quest’ultima disposizione fa riferimento “agli investimenti realizzati secondo il piano degli investimenti oggetto del precedente affidamento o concessione”: il subentrante è tenuto a farsi carico “delle garanzie e delle obbligazioni relative ai contratti di finanziamento in essere o ad estinguere queste ultime e a corrispondere una somma al distributore uscente in misura pari all'eventuale valore residuo degli ammortamenti di detti investimenti risultanti dai bilanci del gestore uscente e corrispondenti ai piani di ammortamento oggetto del precedente affidamento, al netto degli eventuali contributi pubblici a fondo perduto”.

Pertanto il soggetto penalizzato dalla scadenza forzosamente anticipata, al termine del periodo transitorio è comunque tenuto indenne dagli oneri corrispondenti alle spese di investimento sostenute confidando nella durata naturale della concessione, normalmente collegate ad estensioni di rete o alla modernizzazione degli impianti.

L’arco temporale transitorio e la previsione del rimborso rappresentano soluzioni accettabili sotto il profilo dell’interesse economico del concessionario: quest’ultimo può continuare ad espletare l’attività per un periodo compreso tra i 5 e i 7 anni (nella fattispecie per il periodo massimo), durante i quali può adoperarsi per adattare l’assetto organizzativo e le strategie aziendali alla nuova scadenza rideterminata; al contempo ha diritto all’indennizzo per il sacrificio sopportato, pari agli investimenti realizzati divenuti insuscettibili di produrre un ritorno economico. Peraltro non va sottovalutato, da un altro punto di vista, che nella specie esaminata la concessionaria ricorrente potrà comunque beneficiare della “chance” partecipativa, potendo prendere parte alla procedura selettiva che il Comune di Pompiano vuole indire – in forma aggregata con altri Comuni – per l’individuazione del nuovo gestore, senza che sia possibile escludere a priori il mantenimento della posizione di affidataria per effetto di un esito favorevole della gara pubblica.

Il descritto lasso temporale risulta congruo anche sotto il profilo delle garanzie che devono circondare il servizio, l’erogazione del quale prosegue ad opera del concessionario per tutta la durata del periodo transitorio, mentre le amministrazioni locali hanno il tempo di attrezzarsi per svolgere la selezione pubblica senza che l’utenza debba sopportare conseguenze gravose, e comunque nelle more non pare preclusa la potestà di accordare una breve proroga in attesa di ultimare la procedura del confronto comparativo. Nella fattispecie, poi, il Comune di Pompiano ha più volte espresso la volontà di attuare gli obiettivi di liberalizzazione del mercato espletando la gara in associazione con i Comuni limitrofi.

9.4 La congruità delle osservazioni fin qui svolte è avvalorata dalla disciplina dettata in tema di riscatto dall’art. 24 commi 1 e 2 del R.D. 15/10/1925 n. 2578. Il comma 1 prevede che “I comuni possono valersi delle facoltà … quando dall'effettivo cominciamento dell'esercizio sia trascorso un terzo della durata complessiva del tempo per cui la concessione fu fatta. Tuttavia i comuni hanno sempre diritto al riscatto quando siano passati venti anni dall'effettivo cominciamento dell'esercizio; ma in ogni caso non possono esercitarlo prima che ne siano passati dieci”; il comma 2 puntualizza che “Qualora i comuni non facciano uso delle facoltà di riscatto nelle epoche sopra determinate, non possono valersene se non trascorso un quinquennio, e così in seguito di cinque in cinque anni”.

Anche la normativa citata – risalente nel tempo ma la cui operatività è stata confermata dai provvedimenti legislativi più recenti – riconosce la facoltà di esercitare il riscatto al termine di ogni quinquennio (decorsa la “franchigia” iniziale) per non esporre il concessionario alla risoluzione del rapporto in qualsiasi momento, assicurandogli in questo modo un minimo di stabilità.

Se il D. Lgs. 164/2000, come modificato dalla L. 239/2004, contempera in modo equilibrato le esigenze dei concessionari con l’obiettivo di attivare i meccanismi competitivi, ad avviso del Collegio l’ulteriore prolungamento del periodo transitorio non è sorretto da imperiose ragioni di interesse pubblico: in particolare non risulta rispettato il principio di stretta proporzionalità che deve assistere le deroghe in materia, poiché il legislatore ha ulteriormente ritardato la piena apertura al mercato malgrado le ragioni delle Società concessionarie fossero già state congruamente apprezzate e valorizzate con i precedenti provvedimenti legislativi.

10. La ricorrente ha invocato l’applicazione del principio di affidamento. Sul punto la Corte di Giustizia non si è espressamente pronunciata, e tuttavia ha affermato che – secondo le insopprimibili esigenze di certezza – le norme giuridiche debbono essere “… chiare, precise e prevedibili nei loro effetti, in particolare qualora esse possano comportare conseguenze sfavorevoli in capo ai singoli e alle imprese”. Facendo riferimento al caso esaminato dal giudice a quo, la Corte ha rilevato che nel 1984, epoca di rilascio della concessione, la giurisprudenza non aveva ancora statuito che i contratti aventi un interesse sopranazionale fossero soggetti agli obblighi di trasparenza e di non discriminazione.

10.1 Nella fattispecie esaminata in questa sede il rinnovo della concessione è stato disposto nel giugno del 1995, quando il quadro normativo nazionale e comunitario era assolutamente univoco nell’indicare la procedura ad evidenza pubblica quale sistema ordinario di aggiudicazione dei contratti delle amministrazioni.

All’epoca era in vigore da un triennio la direttiva 18/6/1992 n. 50, la quale aveva circoscritto a casi enumerati e tassativi la possibilità di affidare gli appalti di servizi mediante procedura negoziata non preceduta dalla pubblicazione di un bando: in proposito l’art. 11 comma 39 contemplava l’assenza di offerte dopo l’esperimento di una gara, la sussistenza di motivi di natura tecnica o artistica o di ragioni attinenti alla tutela di diritti esclusivi, ovvero i casi di estrema urgenza determinata da avvenimenti imprevedibili per l'amministrazione e non ad essa imputabili; erano poi previsti i servizi complementari non compresi nel progetto inizialmente preso in considerazione né nell’appalto inizialmente aggiudicato e che, a causa di circostanze impreviste, siano diventati necessari per la prestazione del servizio, ed infine i nuovi servizi consistenti nella ripetizione di servizi analoghi già affidati allo stesso prestatore in forza di un precedente appalto aggiudicato dalla stessa amministrazione, ma “soltanto durante i tre anni susseguenti la conclusione dell’appalto iniziale”.

La direttiva è stata recepita nel nostro paese con il D. Lgs. 17/3/1995 n. 157, il quale all’art. 7 – rubricato “trattativa privata” – comma 2 riproduce pressoché fedelmente le statuizioni sopra riportate. Si può notare che il decreto attuativo è stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale S.O. del 6/5/1995 n. 104, e dunque in data precedente a quella di adozione della deliberazione di rinnovo della concessione (27/6/1995).

10.2 La chiarezza del quadro normativo è stata sostenuta dalla giurisprudenza comunitaria sviluppatasi nel periodo successivo: così si è affermato che l’aggiudicazione di un appalto pubblico di servizi senza previa pubblicazione del bando di gara nella “Gazzetta Ufficiale” delle Comunità europee costituisce inadempimento da parte dello Stato membro, mentre la disposizione che ammette il ricorso alla procedura negoziata – derogando ad una norma fondamentale del Trattato – deve essere interpretata restrittivamente e l’onere di dimostrare l’effettiva sussistenza delle circostanze eccezionali che la giustificano gravano su colui che intende avvalersene (cfr. Corte di Giustizia CE, sez. V – 10/4/2003; Corte giustizia CE, sez. I – 14/10/2004 n. 340).

Nell’ambito dei servizi pubblici, anche la giurisprudenza nazionale formatasi nello specifico settore delle concessioni del servizio di distribuzione del gas ha statuito che il ricorso, in via ordinaria, alla gara pubblica in ossequio alle esigenze di imparzialità e trasparenza è richiesto dai principi generali, nonché dall’art. 267 del T.U. 14/9/1931 n. 1175; l’affidamento a trattativa privata presuppone dunque una motivazione particolarmente rinforzata, dalla quale devono risultare le ragioni di deroga alla procedura dell’asta e della licitazione privata: per “speciali circostanze”, alle quali l’art. 267 del T.U. citato subordina la deroga alle regole dell’evidenza pubblica, si intendono quelle situazioni che rendono obiettivamente difficile o poco conveniente la selezione del concessionario mediante gara, anche in considerazione della prestazione d’interesse pubblico che il medesimo è chiamato ad assicurare; al contempo, a motivo della scelta della procedura negoziata non può essere invocata una convenienza non rigorosamente comparativa e documentata, ma basata su asserite condizioni di vantaggio e di affidabilità del concessionario (T.A.R. Lombardia Milano, sez. III – 29/6/1999 n. 2523; sez. III – 23/9/1998 n. 2167). Rileva poi il Collegio che, anche nel periodo antecedente al rinnovo di cui è causa, è stato affermato che – in base al combinato disposto degli art. 276 e 265 del T.U. 1175/31 e dell’art. 26 del T.U. 15/10/1925 n. 2578 – la procedura ordinaria per l’affidamento di pubblici servizi in concessione è quella dell'asta pubblica, mentre la scelta del concessionario tramite trattativa privata può avvenire solo qualora lo consiglino circostanze speciali in rapporto alla natura dei servizi (Sentenza Sezione 27/10/1992 n. 1138).

10.3 Se dunque l’ordinamento interno e comunitario della metà degli anni ’90 era chiaro ed univoco nell’imporre la gara pubblica quale metodo ordinario di scelta del contraente privato, non è possibile riconoscere ora per allora una posizione di affidamento qualificato in capo all’impresa ricorrente, la quale ha in definitiva ottenuto il rinnovo della concessione in un momento storico nel quale la legittimità dell’affidamento non poteva assolutamente ritenersi sicura e pacifica.

In conclusione, la disposizione di cui all’art. l’art. 23 comma 1 del D.L. 30/12/2005 n. 273, convertito con modificazioni nella L. 23/2/2006 n. 51, deve essere disapplicata nel caso esaminato in quanto in contrasto con il diritto comunitario.

11. Il Collegio si è infine già pronunciato, nella sentenza 582/2008, sulla portata della previsione di cui all’art. 46-bis del D.L. 1/10/2007 n. 159 conv. in L. 29/11/2007 n. 222 “Disposizioni in materia di concorrenza e qualità dei servizi essenziali nel settore della distribuzione del gas”, nel testo modificato dalla L. 24/12/2007 n. 244.

In conclusione il ricorso è infondato e deve essere respinto.

Le spese di giudizio seguono la soccombenza e possono essere liquidate come da dispositivo.

 

P.Q.M.

il T.A.R. per la Lombardia - Sezione staccata di Brescia – definitivamente pronunciando respinge il ricorso in epigrafe.

Condanna la ricorrente a corrispondere al Comune di Pompiano la somma di € 3.850 a titolo di spese, competenze ed onorari di difesa, oltre ad oneri di legge.

La presente sentenza è depositata presso la Segreteria della Sezione che provvederà a darne comunicazione alle parti.

Così deciso in Brescia nella camera di consiglio del giorno 12/02/2009 con l'intervento dei Magistrati:

Sergio Conti, Presidente

Gianluca Morri, Primo Referendario

Stefano Tenca, Primo Referendario, Estensore

                       

                       

L'ESTENSORE                     IL PRESIDENTE

                       

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 20/02/2009, n. 322

 

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