REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale Quinta Sezione
ha pronunciato la seguente
DECISIONE
Sul ricorso in appello n. 421/2008 del 17/01/2008, proposto dalla MANUTENCOOP SERVIZI AMBIENTALI S.P.A., rappresentata e difesa dall’avv. Pietro QUINTO, con domicilio eletto in Roma, via Cosseria n. 2 c/o dottor Alfredo PLACIDI;
contro
il COMUNE DI VEGLIE, rappresentato e difeso dall’avv. Ernesto STICCHI DAMIANI con domicilio eletto in Roma presso lo studio BDL, via Bocca di Leone n. 78;
e nei confronti
della società MONTECO S.R.L., rappresentata e difesa dall’avv. Federico MASSA con domicilio eletto in Roma, via degli Avignonesi n. 5;
per la riforma
della sentenza del TAR PUGLIA - LECCE: SEZIONE II n.4161 del 5 dicembre 2007, resa tra le parti, concernente REVOCA AGGIUDICAZIONE DEFINITIVA APPALTO SERVIZI DI IGIENE - RIS. DANNO ;
Visto l’atto di appello con i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di
COMUNE DI VEGLIE
MONTECO S.R.L.
Viste le memorie difensive;
Visti gli atti tutti della causa;
Alla pubblica udienza del 21 Ottobre 2008, relatore il Consigliere Francesco Caringella ed uditi, altresì, gli avvocati Pietro Quinto, Saverio Sticchi Damiani, per delega dell’avv.to Ernesto Sticchi Damiani, e l’avv.to A. Abbamonte, per delega dell’avv.to Federico Massa;
FATTO E DIRITTO
1. La presente controversia ruota attorno al provvedimento con il quale il Comune di Veglie ha revocato l’aggiudicazione definitiva dell’ appalto di igiene urbana intervenuta in favore del RTI costituito dalla ricorrente con la Geotec (mandante), dando seguito all’informativa interdittiva posta in essere, ad opera della Prefettura di Lecce, nei confronti della società Geotec.
Parte appellante contesta la sentenza con la quale i Primi Giudici hanno respinto il ricorso.
Resistono la stazione appaltante e la parte controinteressata.
Le parti hanno affidato al deposito di apposite memorie l’ulteriore illustrazione delle rispettive posizioni difensive.
All’udienza del 21 ottobre 2008 la causa è stata trattenuta per la decisione.
2. L’appello non è fondato.
2.1. In ordine alla censura tesa a stigmatizzare la violazione delle guarentigie partecipative cristallizzate dagli artt. 7 e segg. della legge 7 agosto 1990, n. 241, è sufficiente osservare che, sulla scorta di motivazione congrua e non illogica, il provvedimento impugnato, dopo avere evidenziato la peculiarità dell’appalto e del servizio (“ la cui interruzione rischia di creare particolari disagi igienico-ambientali”- ragione per la quale si procedeva all’avvio tempestivo del servizio con la R.T.I. con decorrenza 1° febbraio 2007), ha chiarito di non poter procedere alla comunicazione dell’avvio del procedimento in forza delle esigenze di celerità connesse all’adozione della misure conseguenti all’informativa prefettizia nell’ottica della non rinunciabile assicurazione della continuità del servizio pubblico essenziale. Si deve soggiungere che, secondo il consolidato indirizzo di questo Consiglio, l’amministrazione è esonerata dall'obbligo di comunicazione di cui all'art. 7, l. 7 agosto 1990 n. 241, relativamente all'informativa antimafia ed al successivo provvedimento di revoca un’aggiudicazione rilasciata, atteso che si tratta di procedimento in materia di tutela antimafia, come tale intrinsecamente caratterizzato da profili di urgenza (Consiglio Stato , sez. VI, 7 novembre 2006 , n. 6555; conf. anche Cons. Stato, sez. IV, 11 febbraio 1999, n. 150; sez. V 28 febbraio 2006, n. 851).
2.2. Venendo al merito della vicenda, non coglie nel segno l’articolata censura con la quale si contesta la disposta revoca dell’aggiudicazione nell’assunto che la mandataria del raggruppamento, in quanto dotata della necessaria qualificazione, avrebbe potuto eseguire singolarmente l’appalto in forza della disciplina all’uopo recata dall’art. 12 del d.P.R. n. 252/1998.
Va rammentato che, a mente dell’art. 12 cit., contenente espressamente le “disposizioni relative ai lavori pubblici”, se taluna delle situazioni di infiltrazione mafiosa indicate nell'articolo 10, comma 7, interessa un'impresa diversa da quella mandataria che partecipa ad un'associazione o raggruppamento temporaneo di imprese, le cause di divieto o di sospensione di cui all'articolo 10 della legge 31 maggio 1965, n. 575 , e quelle di divieto di cui all'articolo 4, comma 6, del decreto legislativo n. 490 del 1994 , “non operano nei confronti delle altre imprese partecipanti quando la predetta impresa sia estromessa o sostituita anteriormente alla stipulazione del contratto o alla concessione dei lavori. La sostituzione può essere effettuata entro trenta giorni dalla comunicazione delle informazioni del prefetto qualora esse pervengano successivamente alla stipulazione del contratto o alla concessione dei lavori”.
Osserva il Collegio che all’applicazione della norma in esame alla fattispecie in considerazione, relativa ad un appalto di servizi, osta la sua la portata derogatoria rispetto alle cause ostative di cui al precedente articolo 10 comma 7 del medesimo DPR 252/98 e, soprattutto, rispetto al principio generale di immodificabilità, in corso di gara o a valle del suo esaurimento, della compagine che abbia partecipato alla procedura comparativa.
Se si considera, infatti, che la disposizione in parola, sia nella sua intestazione che nel suo contenuto, da leggere in contrapposizione alla portata generale delle norme precedenti, si riferisce ai soli appalti di lavori pubblici, si deve giocoforza convenire nel senso dell’inapplicabilità analogica di una disposizione eccezionale, alla stregua del canone fissato dall’art. 14 delle disposizioni sulla legge in generale.
Va rammentato all’uopo che l’art. 10 comma 2 del DPR 252/98, laddove dispone il divieto, per le amministrazioni cui siano fornite le relative informazioni in tema di infiltrazioni mafiose, di stipulare, approvare o autorizzare i contratti o subcontratti, e di autorizzare, rilasciare o comunque consentire le concessioni e le erogazioni, persegue un’esigenza di tutela dell’ordine pubblico secondo una logica di anticipazione della soglia di difesa sociale ai fini di una tutela avanzata nel campo del contrasto della criminalità organizzata, rispetto alla quale l’articolo 12 si pone quale eccezione insofferente ad una manipolazione analogica. Di qui la legittimità della revoca dell’aggiudicazione intervenuta con riguardo ad un’offerta presentata con la partecipazione di un’impresa destinataria di interdittiva antimafia, inevitabilmente influenzata, nella sua portata oggettiva, da detto contributo.
La scelta normativa di non estendere il citato art. 12 del DPR 252/98 anche agli appalti di servizi, pur se opinabile, non risulta irragionevole alla luce delle più cospicue garanzie ratione temporis predisposte in tema di appalti di lavori (si pensi all’albo costruttori e, quindi, all’Autorità per la vigilanza sui lavori pubblici ed al sistema di qualificazione SOA), idonee a garantire un controllo sull’affidabilità delle imprese operanti in questo settore, più penetrante rispetto al campo degli appalti di servizi e di forniture.
Non può trovare infine applicazione l’art. 37, comma 19, del D. legs. 163/06, che, a seguito delle modifiche apportate dal D. legs. 113/2007, ha consentito, in via generale, l’esecuzione dell’appalto da parte del mandatario dotato di idonea qualificazione in caso di sottoposizione a informativa interdittiva di una o più mandanti. Nella specie viene, infatti, in rilievo un appalto anteriore all’entrata in vigore di tale norma, non soggetto allo jus superveniens. Anzi, proprio l’intervento di detta modifica normativa conferma la non operatività generale di detta regola conservativa in epoca anteriore. Il riferimento ai lavori preparatori relativi al d. lgs. n. 113, dove si fa riferimento, alla finalità perseguita dallo jus superveniens, di porre rimedio a sviste ed errori materiali, non è sufficiente a derubricare in termini così riduttivi un intervento che assume una portata sostanzialmente innovativa nella parte in cui estende anche al campo della normativa antimafia le pregresse deroghe al principio generale di immodificabilità soggettiva.
3. Il ricorso va quindi respinto.
Sussistono nondimeno giustificati motivi per disporre la compensazione delle spese di giudizio stante la complessità della principale questione di diritto.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, respinge l’appello.
Spese compensate.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella Camera di Consiglio del 21 Ottobre 2008 con l’intervento dei Sigg.ri:
Pres. Domenico La Medica
Cons. Cesare Lamberti
Cons. Claudio Marchitiello
Cons. Francesco Caringella Est.
Cons. Adolfo Metro
ESTENSORE IL PRESIDENTE
f.to Francesco Caringella f.to Domenico La Medica
IL SEGRETARIO
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
il................02/03/09.................
(Art. 55. L. 27/4/1982, n. 186)
IL DIRIGENTE
f.to Antonio Natale
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