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Consiglio di Stato, Sez. VI, 4/8/2009 n. 4890
Sulla differenza tra appalto e concessione di servizi e sulla necessità per le amministrazioni pubbliche qualora debbano affidare servizi o beni pubblici di individuare i propri contraenti attraverso procedimenti di tipo concorsuale.

Secondo la giurisprudenza la differenza tra appalto di servizi e concessione di servizi sta nel fatto che nell'appalto di servizi le prestazioni vengono rese in favore dell'Amministrazione, mentre nella concessione di servizi si instaura un rapporto trilaterale, tra Amministrazione, concessionario ed utenti. In particolare nella concessione di servizi il costo del servizio grava sugli utenti, mentre nell'appalto di servizi spetta all'Amministrazione compensare l'attività svolta dal privato e secondo cui, più specificamente, nell'affidamento della gestione degli spazi pubblicitari non può ravvisarsi un appalto, bensì una concessione di servizi, instaurandosi il rapporto trilaterale anzidetto; sicché, una volta affidata la gestione degli spazi, il concessionario agisce in luogo dell'Amministrazione cedendo gli spazi stessi a terzi, dietro compenso, e, nei confronti dell'Amministrazione medesima è tenuto al pagamento di un canone.

Le Amministrazioni pubbliche qualora debbano affidare servizi o beni pubblici debbono individuare in ogni caso i propri contraenti attraverso procedimenti di tipo concorsuale (acquisizione giurisprudenziale questa che vale anche in materia di concessioni di beni pubblici), con la conseguenza che ogni diversa modalità che consente di escludere tale procedura è da considerarsi eccezionale e tipica, e che fa sì che la trattativa privata costituisca in definitiva un sistema di deroga eccezionale rispetto al regime di gara per la scelta del contraente a cui ricorrere solo provando che sussista una delle condizioni giustificate nell'ordinamento.

Materia: appalti / disciplina

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

 

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) ha pronunciato la seguente

 

DECISIONE

sul ricorso in appello n. 1890 del 2004 proposto dal Consorzio per lo Sviluppo Industriale dell’Area Chieti-Pescara, in persona del rappresentante legale pro-tempore, rappresentato e difeso dall’avv. Alfonso Vasile ed elettivamente domiciliato presso lo studio dell’avv. Aldo Guglielmi in Roma,via S. Tomaso d’Aquino n.108;

 

contro

la Società Cibra Pubblicità s.r.l., in persona del legale rappresentante pro-tempore, rappresentata e difesa dall’avv. Francesca Mastroviti e dall’avv. Andrea Manzi ed elettivamente domiciliata presso lo studio dell’ultimo in Roma, via Confalonieri n.5;

 

e nei confronti

della Publi Rotorcinque s.r.l., in persona del rappresentante legale p.t., non costituito in giudizio;

 

per l’annullamento

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale dell’Abruzzo, Sezione staccata di Pescara, n.1032/03 in data 20 novembre 2003, resa tra le parti;

visto il ricorso in appello con i relativi allegati;

vista la memoria di costituzione della società Cibra Pubblicità s.r.l.;

visti gli atti tutti della causa;

alla pubblica udienza del 19 maggio 2009, relatore il consigliere Domenico Cafini, uditi l’avv. Vasile e l’avv. Manzi;

ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:

 

FATTO

1. Con ricorso proposto al T.a.r. dell’Abruzzo, sede di Pescara, la Società Cibra Pubblicità s.r.l. impugnava la deliberazione 14.3.2003, n. 123, con la quale il Commissario del Consorzio per lo sviluppo industriale dell’area Chieti-Pescara aveva esteso anche alle aree dell’agglomerato principale la gestione dell’installazione in esclusiva di attrezzature di arredo urbano riportanti inserti pubblicitari, affidata alla Publi Rotorcinque s.r.l.. con contratto in data 22.5.2001. A sostegno del gravame la ricorrente deduceva censure di violazione degli artt. 3, 4, 6 e 37 del R.D. 18.11.1923, n. 2440, degli artt. 41 e 92 del R.D. 23.5.1924, n. 827 e degli artt. 41 e 97 della Costituzione nonché censure di eccesso di potere sotto vari profili. Nel giudizio si costituivano il Consorzio per lo sviluppo industriale dell’area Chieti-Pescara e la soc. Publi Rotarcinque che si opponevano all’accoglimento del  ricorso.

2. Con la sentenza in epigrafe specificata, l’adito T.a.r. accoglieva il gravame, rilevando, tra l’altro, che il ricorso alla trattativa privata era un mezzo eccezionale utilizzabile solo in ipotesi strettamente consentite e nella osservanza dei limiti e delle condizioni previste dalla normativa, nella specie non sussistenti e non indicati.

3. Avverso tale sentenza ha interposto l’odierno appello il Consorzio per lo sviluppo industriale dell’area Chieti-Pescara che, a suo sostegno, ha dedotto rilievi di “omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione in ordine a punti decisivi della controversia, e nel trasferimento dei fatti e poi, nella violazione e falsa applicazione di norme e principi di diritto” Ha sostenuto, in particolare, la parte appellante che le concessioni in uso dei beni pubblici, come quello oggetto della controversia, rimangono disciplinati dall’art. 267 del T.U. della Finanza locale, secondo cui essi devono essere affidati mediante procedure concorsuali, salvo motivate circostanze speciali, la cui mancata indicazione rende illegittimo l’atto di affidamento e che per le concessioni di servizi è consentito anche l’affidamento a trattativa privata nei casi, come nell’ipotesi in esame, di estrema urgenza e di presenza di particolari ragioni tecniche, sicché non può assurgere a vizio di legittimità del provvedimento di concessione impugnato in prime cure la circostanza che l’ente abbia affidato la concessione a trattativa privata in presenza delle ragioni di urgenza e delle necessità tecniche dedotte nel provvedimento stesso.  Non contrasterebbe, peraltro, con tale assunto la disposizione di cui all’art.25, comma 5, L. fin. 27.12.2002, n.289, trattandosi di norma che riguarda esclusivamente “l’acquisto di beni e servizi con conseguenti oneri finanziari per l’ente e che non trova applicazione nei casi in cui (per la P.A) non si verifichi un acquisto con conseguente spesa, disposizione che, comunque, risulta essere stata abrogata dalla successiva L. fin. n. 350 del 2003 (art. 3, comma 166). In ogni caso la normativa sugli appalti troverebbe applicazione solo in relazione a lavori e a servizi di importo superiore ad un certo valore, con la conseguenza che, al di sotto di quei valori, l’appalto può avvenire a trattativa privata senza particellari limitazioni, sicché, non condividendo tale tesi, il T.a.r. avrebbe errato  nello statuire che, anche negli appalti e nelle concessioni che hanno ad oggetto lavori e servizi che non superano tali valori, si possa fare ricorso alla trattativa privata solo nei casi espressamente previsti dal legislatore, da valutarsi dall’Amministrazione comunque con margini di discrezionalità adeguatamente motivati. Il giudice di primo grado, così facendo, avrebbe violato, in conclusione, sempre secondo l’appellante, l’art.24 della legge n.109/1994 e l’art.1 del D.Lgs. n.137/1995 (di attuazione della Direttiva comunitaria n.92/50 CEE), dovendo ritenersi legittimo “l’estendimento” della concessione di cui trattasi con il sistema della trattativa privata e quindi legittimo il provvedimento impugnato in prime grado, con conseguente infondatezza del ricorso originario proposto dalla Società Cibra Pubblicità. Ricostituitosi il contraddittorio nell’attuale fase giudiziale, la Società Cibra Pubblicità s.r.l. ha chiesto, con breve memoria, la reiezione dell’appello in quanto inammissibile, improcedibile e comunque infondato nel merito.

4. La causa, infine, è stata assunta in decisione nella pubblica udienza del 19 maggio 2009, su concorde richiesta delle parti.

 

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Forma oggetto dell’odierno appello la sentenza in epigrafe specificata, con la quale il T.a.r. dell’Abruzzo, Sezione staccata  di Pescara, ha accolto il ricorso proposto dalla Società Cibra Pubblicità s.r.l. avverso la deliberazione n.123 in data 14.3. 2003, con la quale il Commissario del Consorzio per lo sviluppo industriale dell’area Chieti-Pescara aveva esteso anche alle aree dell’agglomerato principale, con un procedura non ad evidenza pubblica,  la gestione dell’installazione in esclusiva di attrezzature di arredo urbano riportanti inserti pubblicitari, affidata alla Publi Rotorcinque s.r.l. con contratto datato 22.5.2001.

2. Prima di procedere all’esame dell’appello, giova evidenziare, in particolare,che:  

- il Consorzio per lo sviluppo industriale dell’area Chieti-Pescara (con contratto del 2.11.1993) aveva concesso per nove anni alla ditta ADP Pubblicità, alla quale era poi subentrata la Società Cibra Pubblicità s.r.l., l’autorizzazione ad installare, in via esclusiva, attrezzature di arredo urbano riportanti inserti pubblicitari nelle aree di competenza consortile dell’agglomerato principale; mentre con altro contratto in data 22.5.2001 lo stesso Consorzio aveva concesso, per il periodo di tre anni, alla Publi Rotorcinque s.r.l. analoga autorizzazione con riguardo però alle aree di competenza consortile diverse dall’agglomerato principale;

- dopo aver provveduto ad effettuare la disdetta del primo contratto, il Commissario del menzionato Consorzio aveva esteso fino al 21.3.2004, con la citata deliberazione n.123/2003 - allo scopo di “uniformare all’interno di tutte le sue aree le tipologie degli impianti pubblicitari di arredo urbano affidandone la gestione ad un unico concessionario” - anche alle aree dell’agglomerato principale la gestione della installazione in esclusiva di attrezzature di arredo urbano riportanti inserti pubblicitari affidata alla Publi Rotorcinque s.r.l., con l’intento poi di provvedere a quella data all’affidamento dell’unica gestione con apposita procedura ad evidenza pubblica;

- la detta deliberazione era stata adottata anche con riguardo alle ulteriori considerazioni che la disdetta del contratto era stata determinata da inadempienze contrattuali della società Cibra Pubblicità, che il valore del contratto aggiuntivo era di importo inferiore a € 100.000 e che il contratto con la Publi Rotocinque sarebbe scaduto il 21.3.2004, per cui prima di tale data non avrebbe potuto rendersi omogenee le tipologie degli impianti pubblicitari.

Va evidenziato, inoltre, che la citata deliberazione veniva impugnata innanzi al T.a.r. dell’Abruzzo, sezione di Pescara, dalla Società Cibra Pubblicità, che deduceva le censure sopra specificate, rilevando nella sostanza che il ricorso alla trattativa privata era un mezzo eccezionale, utilizzabile solo nelle ipotesi espressamente consentite e nella stretta osservanza dei limiti e delle condizioni previste dalla normativa nella specie non  sussistenti e che il proposto gravame veniva poi accolto con la sentenza ora oggetto di esame, dopo avere disatteso i primi giudici le argomentazioni del resistente Consorzio per lo sviluppo industriale dell’area Chieti-Pescara, tese a sostenere, in particolare, che la normativa di cui era stata dedotta la violazione non era applicabile nel caso di specie, non trattandosi nè di un appalto di opere pubbliche, nè di un appalto di servizi, ma di una concessione di pubblico servizio e che in ogni caso il ricorso alla trattativa privata in base alla attuale normativa sarebbe stato ammissibile per le gare di importo inferiore a € 100.000 per gli appalti di opere pubbliche ed a € 200.000 per gli appalti di servizi.

3. Ciò premesso in ordine ai fatti che hanno preceduto l’instaurazione dell’attuale giudizio di appello, ritiene il Collegio di  doversi soffermare sulle controverse nozioni di appalto e concessione di servizi, rilevando che la giurisprudenza ha ritenuto, in proposito, che l’appalto si abbia per prestazioni rese in favore dell’Amministrazione, mentre la concessione di servizi instaura un rapporto trilaterale, tra Amministrazione, concessionario ed utenti (Cons. St., sez. VI n.3333/2006; sez. V, n. 2294/2002, decisioni queste secondo cui, in particolare, nella concessione di servizi il costo del servizio grava sugli utenti, mentre nell’appalto di servizi spetta all’Amministrazione compensare l’attività svolta dal privato e secondo cui, più specificamente, nell’affidamento della gestione degli spazi pubblicitari non può ravvisarsi un appalto, bensì una concessione di servizi, instaurandosi il rapporto trilaterale anzidetto; sicché, una volta affidata la gestione degli spazi, il concessionario agisce in luogo dell’Amministrazione cedendo gli spazi stessi a terzi, dietro compenso, e, nei confronti dell’Amministrazione medesima è tenuto al pagamento di un canone).

 Alla stregua di quanto precede, ritiene il Collegio che non possa condividersi dunque la tesi dell’appellante secondo cui la normativa invocata dalla Società Cibra Pubblicità nel giudizio di primo grado non sarebbe applicabile al caso in esame, riguardando il conferimento in appalto di opere pubbliche e di servizi, ma non anche le concessioni, e secondo cui, in definitiva, per le concessioni di servizi, è pure consentito l’affidamento a trattativa privata nei casi di estrema urgenza e di presenza di particolari ragioni tecniche, come verificatosi appunto nella specie, per cui non può ritenersi viziato di illegittimità il provvedimento di concessione impugnato in prime cure, per avere affidato il menzionato Consorzio la concessione a trattativa privata della gestione in esclusiva di attrezzature di arredo urbano riportanti inserti pubblicitari alla Publi Rotarcinque s.r.l..

4. Nel passare, più specificamente, all’esame delle censure proposte nell’appello, il Collegio deve osservare anzitutto che, pur non riguardando il caso in esame la stipula di un appalto di opere pubbliche o di servizi, bensì una concessione per l’uso di beni pubblici, ciò non incide comunque sulla sostanza della questione, in quanto, come è noto, i servizi pubblici locali non di rilevanza industriale, ove ricorrano particolari condizioni, possono essere dati in concessione a terzi, sempre, però, che l’affidamento avvenga sulla base di ”procedure ad evidenza pubblica”, secondo quanto stabilito dall’art. 113-bis del D.Lgs.18.8.2000, n. 267, richiamato nella gravata pronuncia, disposizione questa che ribadisce un principio di carattere generale vigente in materia, stabilendo che con riguardo ai servizi pubblici locali le procedure di scelta del contraente non possono sottrarsi ai principi dell’evidenza pubblica, potendo essere affidati solo a soggetti individuati attraverso l’espletamento di gare con procedure di tipo concorsuale, limitandosi con ciò alla p.a. la possibilità di ricorrere alla trattativa privata alle sole ipotesi espressamente stabilite dalla legge.

Tale principio di carattere generale - in base al quale le Amministrazioni pubbliche debbono individuare in ogni caso i propri contraenti attraverso procedimenti di tipo concorsuale, con la conseguenza che ogni diversa modalità che consente di escludere tale procedura è da considerarsi eccezionale e tipica, e che fa sì che la trattativa privata costituisca in definitiva un sistema di deroga eccezionale rispetto al regime di gara per la scelta del contraente a cui ricorrere solo provando che sussista una delle condizioni giustificate nell’ordinamento - è stato peraltro ribadito dall’art.. 24, comma 5, della legge fin. 27.12.2002, n. 289, vigente all’epoca di approvazione della delibera impugnata, con cui è stato previsto che, come evidenziato nella decisione impugnata, “anche nelle ipotesi in cui la vigente normativa consente la trattativa privata, le pubbliche amministrazioni possono farvi ricorso solo in casi eccezionali e motivati, previo esperimento di una documentata indagine di mercato, dandone comunicazione alla sezione regionale della Corte dei Conti”, così limitando ulteriormente in via generale la possibilità di ricorrere alla trattativa privata.

5. In definitiva, il nostro ordinamento, anche in forza degli impulsi in tal senso derivanti dal diritto comunitario, è attestato attualmente,  per effetto pure  di una lettura interpretativa delle disposizioni nazionali orientata al rispetto dei principi di cui Trattato CE, sulla necessità che le Amministrazioni pubbliche adottino procedure comparative ad evidenza pubblica qualora debbano affidare servizi o beni pubblici di rilevante interesse economico; e, al riguardo, la giurisprudenza del Consiglio di Stato ha affermato, sulla base anche di talune decisioni della stessa Corte di giustizia, che l’inveramento nell’ordinamento nazionale di fondamentali principi di diritto comunitario, rinvenibili direttamente nel Trattato CE, non possa prescindere dall’assoggettamento delle pubbliche Amministrazioni all’obbligo di esperire procedure ad evidenza pubblica ai fini della individuazione del soggetto contraente (acquisizione giurisprudenziale questa che vale anche in materia di concessioni di beni pubblici: in tal senso, cfr. Cons, St, sez. VI n.2559/2009).

In proposito va rilevato peraltro che, persino in in materia di concessioni demaniali marittime, nel cui ambito è riconosciuto un diritto di insistenza in favore del precedente concessionario, in sede di rinnovazione del rapporto concessorio, il Consiglio di Stato  ha avuto occasione di affermare che tale diritto non può comunque vanificare l’obbligo della Amministrazione concedente di assoggettare a procedura comparativa l’offerta del precedente concessionario, dato che solo in tal modo risulta soddisfatto il prevalente interesse alla individuazione del soggetto contraente che offra migliori condizioni al concedente pubblico (in tal senso, cfr. Cons. St., Sez. VI  n. 3642/2008; n.2559/2009).

Ciò precisato, il Collegio reputa che gli anzidetti condivisibili principi devono trovare applicazione anche nel caso in esame, in cui, come accennato nella esposizione che precede, si controverte  sostanzialmente sul punto se il ricorso alla trattativa privata fosse nella specie un mezzo eccezionale, utilizzabile solo nelle ipotesi espressamente consentite e nella stretta osservanza dei limiti e delle condizioni previste dalla normativa  e  circa la mancata indicazione nella specie di elementi idonei a giustificare il mancato ricorso a procedure concorsuali.

6. Ribadita la necessaria osservanza della procedura ad evidenza pubblica per la selezione del concessionario, deve esaminarsi quindi se la motivazione addotta dal Consorzio ricorrente nella deliberazione impugnata in primo grado possa ritenersi comunque sufficiente a  giustificare nello specifico una eventuale deroga al suddetto obbligo di far luogo al confronto competitivo tra più offerte.

Per risolvere la questione proposta deve verificarsi, invero, la legittimità dell’atto impugnato alla luce di tale parametro normativo e non limitarsi semplicemente, come assunto dal Consorzio ricorrente, a considerare il valore del contratto e a ritenere, in particolare, che il ricorso alla trattativa privata sarebbe ammissibile per le gare di importo inferiore a € 100.000 per gli appalti di opere pubbliche ed a € 200.000 per gli appalti di servizi, in base alla normativa generale.

Ora, esaminando gli atti depositati in giudizio e, più specificamente, la motivazione a base della deliberazione impugnata in prime cure, il Collegio deve osservare invero che nel caso in esame non ricorrevano quelle condizioni eccezionali che non consentono “l’indugio” della licitazione privata  e degli incanti, che avrebbero potuto, in ipotesi, giustificare il ricorso alla trattativa privata.

Infatti - posto che l’originaria ricorrente (come ricordato nella gravata pronuncia) era stata autorizzata, sulla base di un contratto di durata novennale scaduto nel novembre 2002, ad installare in esclusiva attrezzature di arredo urbano riportanti inserti pubblicitari nelle aree di competenza consortile dell’agglomerato principale e che la società Publi Rotorcinque s.r.l.. aveva simile autorizzazione  con riferimento alle aree di competenza consortile diverse dall’agglomerato principale con contratto avente scadenza alla data del 22.5. 2004 - il Commissario del Consorzio nel caso in esame ha esteso, con la deliberazione impugnata in prime cure, anche alle aree dell’agglomerato principale la gestione dell’installazione in esclusiva di attrezzature di arredo urbano riportanti inserti pubblicitari affidata alla Publi Rotorcinque s.r.l., con l’intenzione di  provvedere successivamente all’affidamento dell’unica gestione con apposita procedura ad evidenza pubblica; e ciò allo scopo di “uniformare all’interno di tutte le sue aree le tipologie degli impianti pubblicitari di arredo urbano affidandone la gestione ad un unico concessionario” mediante la stipula a trattativa privata del contratto in questione della durata di soli quindici mesi, perché venissero rimossi gli impianti pubblicitari realizzati dal vecchio concessionario e venissero realizzati nuovi impianti per poter eventualmente indire poi una procedura concorsuale ad evidenza pubblica per la scelta del contraente, stipula riferita all’area principale del Consorzio che ricomprende, circa il 90% dell’intera area consortile e per un maggior introito per il Consorzio stesso di solo il 25% rispetto alle tariffe determinate nel lontano 1993.

Dall’esame di tali atti appare, pertanto, evidente al Collegio che, come ha ritenuto già il giudice di primo grado, non si era di certo in presenza nel caso in esame di un “caso eccezionale” – cui si riferisce la normativa sopra ricordata - attesa la fungibilità delle prestazioni richieste e l’assenza di ogni urgenza a provvedere; nè sotto altro profilo appare evidente la convenienza per l’Amministrazione a stipulare un nuovo contratto nei termini sopra accennati, sicché, in definitiva, il ricorso alla trattativa privata non era di certo giustificabile nella specie, atteso che per ottenere l’uniformità degli impianti pubblicitari il Consorzio, come anche osservato nella decisione contestata, ben avrebbe potuto indire una nuova gara, senza disporre nelle more una modificazione irreversibile dello stato di fatto esistente a vantaggio della controinteressata con la sostituzione degli impianti; e ciò, tanto più se si consideri da una parte l’estensione dell’area consortile in questione e dall’altra l’esiguo maggior introito conseguito dall’ente a fronte, peraltro, di una integrale sostituzione degli impianti per un periodo di tempo assai limitato e non certamente remunerativo per il nuovo concessionario.

In conclusione gli argomenti sostenuti nell’appello (complessivamente considerati) non appaiono idonei a rappresentare giustificato motivo per consentire di derogare all’obbligo di affidare la concessione più volte indicata a mezzo di procedura selettiva  di confronto comparativo.

Deve reputarsi pertanto corretta la statuizione del T.a.r. che, non avendo  riscontrato alcun elemento di urgenza o specialità della prestazione, nè tanto più giustificazioni per la preferenza accordata alla società scelta senza alcun motivo verificabile oggettivamente, ha annullato la scelta amministrativa della società contraente, nel caso in esame operata, nell’opportunità di procedere ad un più ampio confronto concorrenziale per la ricerca di soluzioni ottimali (cfr: Cons. St., sez. V,  n. 408/2002).

7. Alla stregua delle considerazioni che precedono l’appello in esame deve essere, pertanto, respinto. Le spese, come di regola, seguono la soccombenza e sono liquidate per questo grado di giudizio secondo quanto precisato in dispositivo.

 

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale, Sezione VI, respinge il ricorso in appello specificato in epigrafe e, per l’effetto, conferma l’impugnata sentenza. Condanna il Consorzio per lo Sviluppo Industriale dell’Area Chieti-Pescara al pagamento in favore della società appellata costituita (Cibra Pubblicità s.r.l.) delle spese e degli onorari che liquida per questo grado di giudizio nella complessiva somma di € 4.000 (quattromila). Nulla per il resto.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 19 maggio 2009, con l'intervento dei signori magistrati:

Giuseppe Barbagallo                          Presidente

Paolo Buovino                                  Consigliere

Aldo Fera                                           Consigliere

Rosanna De Nictolis                          Consigliere

Domenico Cafini                               Consigliere est.

 

Presidente

 

Consigliere                                                                            Segretario

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 04/08/2009

(Art. 55, L.27/4/1982, n.186)

p.Il Direttore della Sezione

Giovanni Ceci

 

 

 

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