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TAR Calabria, Catanzaro, sez. II, 6/10/2009 n. 1023
Sulla legittimità della disdetta da parte di un sindaco di un rapporto concessorio con la società che gestiva il servizio di illuminazione votiva nel cimitero comunale.

E' legittimo l'atto con cui un sindaco ha comunicato la volontà dell'ente di interrompere il rapporto in corso con la società che gestiva il servizio di illuminazione votiva nel cimitero comunale, nonostante fosse previsto in una clausola del capitolato che la concessione avesse durata di venticinque anni e che la stessa fosse tacitamente rinnovabile di anno in anno, salvo regolare disdetta da inviare almeno sei mesi prima. La suddetta clausola stipulata prima della legge n. 537 del 1993, pur valida al momento della sua adozione, deve ritenersi inefficace in ragione del chiaro divieto normativo vigente al momento dell'asserita verificazione della rinnovazione tacita. In altri termini, l'incidenza su un rapporto di durata di un divieto normativo intervenuto successivamente alla stipulazione della concessione determina la privazione di efficacia del rapporto stesso. Si puntualizza che non è corretto qualificare il precetto contenuto nella concessione come nullo, atteso che la nullità attiene ad un vizio strutturale della fattispecie non essendo configurabile una nullità sopravvenuta.

Materia: servizi pubblici / funerari

 

REPUBBLICA ITALIANA

 

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

 

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

 

SENTENZA

Sul ricorso numero di registro generale 2217 del 1999, proposto da:

Societa' I.L.V.C. Impianti Elettrici, rappresentato e difeso dall'avv. Giuseppe Leporace, con domicilio eletto presso Antonio Pallone in Catanzaro, via Citriniti,5;

 

contro

Comune di Tarsia;

 

per l'annullamento

previa sospensione dell'efficacia,

 

della nota comunale n. 3489 del 07/10/1999 e della nota comunale n. 4175 del 06/12/1999.

Visto il ricorso con i relativi allegati;

 

Viste le memorie difensive;

 

Visti tutti gli atti della causa;

 

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 08/05/2009 il dott. Vincenzo Lopilato e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

 

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:

 

FATTO

 

1.— Con ricorso regolarmente notificato e depositato la ricorrente premette che, con deliberazione della giunta comunale n. 36 del 19 luglio 1974, veniva affidato alla stessa il compito di realizzare l’impianto elettrico del Cimitero comunale, la gestione del servizio di illuminazione votiva delle tombe e delle fosse. Le condizioni di cui al citato atto di concessione prevedevano una durata di 25 anni, rinnovabile tacitamente di anno in anno qualora una delle parti non avesse comunicato regolare disdetta almeno sei mesi prima dello scadere della concessione (punto 2 del capitolato).

 

In occasione della prima scadenza del rapporto (6 agosto 1999), in mancanza di rituale disdetta, il rapporto, sottolinea la ricorrente, si era rinnovato per un ulteriore anno.

 

Al punto 7 del capitolato si era, inoltre, espressamente previsto che «qualora il cimitero venisse ampliato o costruito ex novo in altro luogo, la società dovrà provvedere ad ampliare o rifare la rete elettrica. In tal caso la società ha diritto ad una proroga della durata della concessione». In attuazione di tale clausola, la ricorrente, a seguito di ampliamenti del cimitero comunale, provvedeva «a potenziare l’impianto di distribuzione dell’energia elettrica per le lampade votive al servizio dei nuovi manufatti cimiteriali e all’istallazione dell’impianto di illuminazione anche nel cimitero riattivato».

 

Nonostante ciò, si sottolinea, il Comune, con l’impugnata nota n. 3489 del 7 ottobre 1999, comunicava la disdetta del servizio di illuminazione votiva del cimitero comunale.

 

A seguito della predetta nota la società richiedeva la proroga della durata della concessione in conseguenza dell’avvenuto potenziamento dell’impianto elettrico. Con nota del 6 dicembre 1999, anch’essa impugnata, il Sindaco comunicava il mancato accoglimento della richiesta di proroga affermando che fosse necessario esperire una apposita gara per il nuovo affidamento.

 

Esposto ciò, si adducono i seguenti motivi di illegittimità.

 

A) Violazione del punto due del capitolato che dispone che la concessione ha durata di venticinque anni e che la stessa sia tacitamente rinnovabile di anno in anno, salvo regolare disdetta da inviare almeno sei mesi prima. Nella specie, si assume, tale clausola non è stata rispettata, atteso che il Sindaco ha comunicato la volontà di interrompere il rapporto solo in data 16 ottobre 1999.

 

B) Incompetenza del Sindaco: l’art. 32, lettere f) e m) della legge n. 142 del 1990 attribuisce al Consiglio comunale la competenza in ordine all’affidamento di attività o servizi in concessione «e quindi è l’unico organo competente a negarne il rinnovo o a disporne, in ipotesi, il riscatto o la revoca». Si aggiunge, inoltre, che l’assunzione in gestione diretta del servizio di illuminazione votiva del cimitero comunale sarebbe anch’essa di competenza del Consiglio comunale.

 

C) Violazione del punto 7 del capitolato. Omessa motivazione. Si osserva come la ricorrente, in attuazione del citato punto 7, sopra riportato, ha provveduto «con notevole sforzo economico e organizzativo all’ampliamento della rete elettrica a servizio dei nuovi manufatti cimiteriali». Nonostante ciò, il Comune avrebbe negato il diritto di proroga «senza peraltro motivare al riguardo».

 

D) Violazione dei principi in materia di revoca degli atti amministrativi: non sarebbero stati indicati i motivi di interesse pubblico concreto e attuale che giustificano l’esercizio del potere di revoca.

 

E) Violazione dell’obbligo di comunicazione dell’avvio del procedimento.

 

2.— Il Comune di Tarsia non si è costituito in giudizio.

 

3.— Con ordinanza del 19 aprile 2001 n. 316, questo Tribunale ha rigettato la domanda cautelare.

 

DIRITTO

 

1.— La ricorrente assume che il rapporto concessorio, avente ad oggetto il servizio di illuminazione votiva nel cimitero comunale, sorto in data 19 luglio 1974, si sarebbe rinnovato tacitamente, non avendo l’amministrazione provveduto a comunicare espressa disdetta nel termine e secondo le modalità predeterminate nella stessa concessione. In questa prospettiva, si assume l’illegittimità degli atti impugnati con cui il Sindaco ha comunicato la volontà dell’ente di interrompere il rapporto in corso.

 

2.— Il ricorso non è fondato.

 

3.— Le parti hanno stipulato una convenzione che deve qualificarsi, in ragione del fatto che il suo oggetto è rappresentato dalla erogazione di prestazioni a favore dell’utenza con rischio di gestione a carico dell’impresa, come concessione di servizi pubblici.

 

Chiarito ciò, è bene sottolineare come l’art. 6, secondo comma, della legge 24 dicembre 1993 n. 537 (Interventi correttivi di finanza pubblica), vigente all’epoca dell’emanazione dell’atto oggetto di impugnazione, prevedesse che è vietato il «rinnovo tacito dei contratti delle pubbliche amministrazioni per la fornitura di beni e servizi», comprendendo espressamente anche «quelli affidati in concessione a soggetti iscritti in appositi albi». Si è, inoltre, puntualizzato che «i contratti stipulati in violazione del predetto divieto sono nulli».

 

Il legislatore, con la norma contenuta nella prima parte della riportata disposizione, ha chiaramente introdotto un precetto imperativo operante in relazione a tutti i rapporti in corso al momento della sua emanazione (Consiglio di Stato, sez. V, 20 ottobre 1998, n. 1508). Tale interpretazione è il risultato, non solo dell’analisi del dato letterale, ma anche e soprattutto della valutazione delle ragioni che hanno giustificato l’intervento normativo, rappresentate, in particolare, da motivi connessi all’esigenza di permettere l’apertura del mercato alla libera concorrenza. Consentire rinnovi taciti in materia, nella specie, di concessione di servizi implica, infatti, una eccessiva durata dei rapporto in corso con impedimento ad altri operatori di inserirsi in quel determinato mercato e consequenziale violazione, tra l’altro, dei principi di matrice comunitaria di libera circolazione delle persone e delle merci.

 

Da quanto esposto ne consegue che la clausola contenuta in una concessione di servizi stipulata prima della legge n. 537 del 1993, pur valida al momento della sua adozione, deve ritenersi inefficace in ragione del chiaro divieto normativo vigente al momento dell’asserita verificazione della rinnovazione tacita. In altri termini, l’incidenza su un rapporto di durata di un divieto normativo intervenuto successivamente alla stipulazione della concessione determina la privazione di efficacia del rapporto stesso. E’ bene puntualizzare che non sarebbe corretto qualificare il precetto contenuto nella concessione come nullo, atteso che la nullità attiene ad un vizio strutturale della fattispecie non essendo configurabile una nullità sopravvenuta.

 

Di nullità testuale può parlarsi, invece, in relazione ai contratti stipulati successivamente all’entrata in vigore della legge in esame, come espressamente previsto dall’ultimo inciso della norma sopra riportata. Infatti, una clausola di rinnovo tacito contenuta in una concessione di servizi perfezionata nel periodo di vigenza della legge contrasta con la norma imperativa vigente al momento del sua emanazione.

 

Da quanto esposto, ne consegue che il citato art. 6 si applica anche alla fattispecie sottoposta al giudizio di questo Tribunale.

 

Le parti hanno, infatti, stipulato nel 1974 una concessione di servizi pubblici: durante lo svolgimento del rapporto, e prima del rinnovo tacito, è intervenuto il citato art. 6 che, in ragione della sua portata imperativa, ha determinato la inefficacia del predetto rapporto.

 

Con le note impugnate il Sindaco, pertanto, non ha fatto altro che prendere atto della produzione di un “effetto legale” che ha automaticamente inciso sulla concessione in corso di svolgimento (in questo senso si è già espresso questo Tribunale con sentenza del 22 aprile 2009 n. 330).

 

In questa prospettiva, sono destituiti di fondamento i motivi del ricorso che fanno riferimento alla incompetenza del Sindaco, al difetto di motivazione e alla omessa comunicazione dell’avvio del procedimento: una volta ritenuto che l’amministrazione si sia limitata a prendere atto di un effetto prodotto ex lege è evidente come non possano trovare ingresso nel presente giudizio le censure in esame (citata sentenza n. 330 del 2009).

 

Né si può pervenire ad una conclusione diversa soltanto perché le parti avevano concordato che in caso si ampliamento del cimitero sarebbe stata ampliata anche la «rete elettrica a servizio dei nuovi manufatti cimiteriali». Si tratta, infatti, di una clausola di per sé non idonea ad impedire l’operatività immediata del divieto legislativo di rinnovo tacito.

 

4.— In definitiva, dunque, per le ragioni sin qui esposte, il ricorso deve essere rigettato.

 

5.— La natura della controversia giustifica un integrale compensazione tra le parti delle spese di giudizio.

 

P.Q.M.

 

Il Tribunale amministrativo per la Calabria, Catanzaro, Sezione Seconda, definitivamente pronunciando, rigetta il ricorso indicato in epigrafe.

 

Spese compensate.

 

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

 

Così deciso in Catanzaro nella camera di consiglio del giorno 08/05/2009 con l'intervento dei Magistrati:

 

Vincenzo Fiorentino, Presidente

 

Daniele Burzichelli, Consigliere

 

Vincenzo Lopilato, Referendario, Estensore

 

 

L'ESTENSORE  IL PRESIDENTE

   

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

 

Il 06/10/2009

 

(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)

 

IL SEGRETARIO

 

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