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TAR Lazio, Sez. III ter, 6/11/2009 n. 10891
Sull'applicabilità del divieto disposto dall'art. 13 del d.l. 4 luglio 2006, n. 223, (c.d. decreto Bersani) alle sole società caratterizzate dalla strumentalità.

Sull'ambito applicativo dell'art. 3, c. 27, della l. n. 244 del 2007, rispetto a quello dell'art. 13 del d.l. n. 223/2006, (decreto Bersani).

L'art. 13 del d.l. 4 luglio 2006, n. 223, (c.d. decreto Bersani) convertito in l. 4 agosto 2006, n. 248, si applica alle sole società a capitale interamente pubblico o misto, caratterizzate dalla strumentalità all'attività degli enti e dall'essere moduli organizzativi interni delle amministrazioni affidanti.
Nel caso di specie, la società controinteressata, indirettamente partecipata da enti pubblici, è tuttavia priva dei vincoli della strumentalità e della funzionalità con l'ente pubblico, e si caratterizza, invece, dall'operare nel mercato in diretta concorrenza con le altre imprese pubbliche o private, pertanto, sfugge all'applicazione del divieto previsto dal citato art. 13 del decreto Bersani, poiché essa non svolge alcuna attività di supporto all'amministrazione territoriale e, quindi, non può sfruttare la posizione di privilegio che caratterizza le società pubbliche allorché operino quale "ente strumentale" del soggetto pubblico di riferimento a discapito di operatori privati.


L'ambito applicativo dell'art. 3, c. 27, della l. n. 244 del 2007, che vieta alle amministrazioni pubbliche di cui all'art. 1, c.2, del d. lvo n. 165 del 2001, di partecipare in società aventi per oggetto la produzione di beni e servizi non strettamente necessarie per il perseguimento delle proprie finalità istituzionali, vietando, altresì, di assumere o mantenere direttamente o indirettamente partecipazioni, anche in minoranza, in tali società, è diverso rispetto a quello dell'art. 13 del d.l. n. 223/2006, (decreto Bersani). Invero, mentre l'art. 13 citato riduce ex lege la capacità di agire di una società-veicolo, imponendo una esclusività dell'attività svolta in favore dell'ente di riferimento; l'art. 3, c. 27, della l. n. 244 del 2007 delimita la capacità di agire dell'ente titolare della partecipazione sociale a quelli che dovrebbero essere i suoi propri confini.


Materia: società / partecipazione pubblica

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza Ter)

ha pronunciato la presente

 

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 8683 del 2008, proposto dalla:

Soc. FINIFAST S.p.a. in persona del legale rappresentante pro-tempore, rappresentato e difeso dagli avv. Pietro Buccarelli, Antonio Lirosi, Marco Martinelli, Filippo Cammelli, con domicilio eletto, in Roma, via delle Quattro Fontane n.20, presso Gianni,Origoni,Grippo&Partners;

 

contro

Soc. AUTOSTRADE per l'ITALIA S.p.a., in persona del legale rappresentante pro-tempore, rappresentata e difesa dall'avv. Angelo Clarizia, presso il cui studio, in Roma, via Principessa Clotilde, 2, è elettivamente domiciliata;

Soc. ROLAND BERGER STRATEGY CONSULTANS S.r.l., in persona del legale rappresentante pro-tempore, rappresentata e difesa dagli avv. Alberto Fantini e Giovanni Mangialardi, con domicilio eletto, in Roma, via Principessa Clotilde, 7, presso lo studio del primo;

 

nei confronti di

Soc. AIRPORT ELITE S.r.l., in persona del legale rappresentante pro-tempore, rappresentata e difesa dagli avv. Vittorio Domenichelli e Mario Sanino, presso lo studio di quest’ultimo, in Roma, viale Parioli, 180, è elettivamente domiciliata;

 

per l'annullamento

previa sospensione dell'efficacia,

dell’aggiudicazione definitiva, comunicata con nota del 4 settembre 2008, disposta da Roland Berger, in qualità di advisor di Autostrade per l’Italia S.p.a., in favore della Società Airport Elite S.r.l. del servizio di ristoro da svolgersi nell’area autostrade di Angioina Ovest, di cui alla procedura di gara relativa al lotto 263;

della graduatoria definitiva della predetta procedura di gara, nella parte in cui è stata inclusa al primo porto la Soc. Airport Elite S.r.l.; e, per quanto occorra, tutti i verbali della Commissione di gara, nella parte in cui Airport Elite S.r.l. non è stata esclusa dalla procedura di gara relativa al lotto 263;

nonché, per la condanna

al risarcimento del danno cagionato a Finifast S.p.a. in forma specifica mediante aggiudicazione dalla gara e conseguente stipula della convenzione per l’affidamento del servizio di ristoro nell’area di servizio autostrade di Angioina Ovest di cui alla procedura di gara relativa al lotto 263 ovvero per equivalente;

Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Soc.Autostrade Per L'Italia S.p.a.

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Soc. Roland Berger Strategy Consultants S.r.l.;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Soc. Airport Elite S.r.l.;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 29 ottobre 2009 il Cons. Maria Luisa De Leoni e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:

 

FATTO

Con ricorso notificato il 19 settembre 2008 e depositato il successivo 20 settembre, la Società ricorrente impugna gli atti specificati in epigrafe e ne chiede l’annullamento.

Riferisce in fatto di aver partecipato alla procedura di cui alla “sollecitazione alla domanda di partecipazione”, pubblicata il 7 settembre 2007 da Roland Berger, advisor della Società Autostrade con incarico di organizzare, gestire e controllare le procedura di affidamento delle concessioni del servizio oggetto della procedura e, in particolare, per l’area di servizio di Angioina Ovest, lotto 263 e di essere stata ammessa alla successiva fase di presentazione dell’offerta vincolante.

Il criterio di aggiudicazione è stato individuato in quello dell’offerta economicamente più vantaggiosa, con 40 punti per l’offerta economica e 60 punti per quella tecnica.

All’esito delle operazioni di valutazione delle offerte, la ricorrente si è classificata al secondo posto, con punti 82,60, mentre al primo posto si è posizionata la controinteressata Airport Elite, con punti 90,07, ed in favore di quest’ultima è stata disposta l’aggiudicazione definitiva, impugnata in questa sede.

Avverso il provvedimento di aggiudicazione, la ricorrente deduce:

1. violazione e falsa applicazione degli artt. 41 e 118 Cost.; dell’art. 13 del d.l. 4 luglio 2006, n. 223, convertito in legge 4 agosto 2006, n. 248; dell’art. 3, comma 27 e ss. Della legge 24 dicembre 2007, n. 244 (Legge finanziaria 2008); dell’art. 2 del d. lgs. n. 163 del 2006; violazione e falsa applicazione dei principi di libera concorrenza e parità di trattamento nell’ambio delle procedure di gara. Eccesso di potere in tutte le sue figure sintomatiche ed, in particolare, per difetto di istruttoria, carenza dei presupposti. Violazione del parere n. 213/2008 dell’Autorità per la vigilanza sui contratti di lavori, servizi e forniture.

La ricorrente, con un primo articolato motivo, dopo aver ricostruito la ratio della disposizione invocata (art. 13 d.l. n. 223/2006), in sostanza deduce la illegittimità dell’impugnata aggiudicazione per omessa esclusione dalla gara ai sensi dell’art. 13 del d.l. 4 luglio 2006, n. 223, convertito con la legge 4 agosto 2006, n. 248 e per effetto “della recente normativa in tema di limiti di operatività delle società a partecipazione pubblica, anche indiretta, della controinteressata Airport Elite.

Infatti, secondo la prospettazione della ricorrente, la Airport Elite è una società indirettamente partecipata da Enti pubblici e, in particolare, è partecipata all’86,50% da Save S.p.a. e per il restante 13,50% dalla Soc. La Serenissima s.r.l.

A sua volta, la Save è partecipata da altri Enti pubblici (specificamente indicati), e La Serenissima s.r.l. è interamente controllata da Autostrada Brescia-Venezia-Padova S.p.a. nel cui capitale figurano varie Province e Comuni (specificamente indicati). Sicché, in conclusione, data la rilevante partecipazione indiretta di Enti locali al capitale della Airport Elite S.r.l., quest’ultima – secondo il disposto dell’art. 13 d.l. n. 223 del 2006 – non avrebbe potuto partecipare alla procedura di affidamento di cui trattasi.

Aggiunge, parte ricorrente, che Airport Elite S.r.l. sarebbe stata appositamente costituita da Save allo specifico scopo di svolgere – in affidamento diretto – attività di sua pertinenza e, quindi, si porrebbe come articolazione organizzativa di quest’ultima. La Save, infatti, è stata istituita per la gestione dell’Aeroporto di Venezia Marco Polo in regime di concessione totale, sicché è in grado di beneficiare, tramite affidamenti diretti, la Airport Elite S.r.l..

Con atto notificato il 30 ottobre 2008 viene dedotto un ulteriore motivo:

2. violazione e falsa applicazione degli artt. 41 e 118 Cost.; dell’art. 13 del d.l. 4 luglio 2006, n. 223, convertito in legge 4 agosto 2006, n. 248; dell’art. 3, comma 27 e ss. Della legge 24 dicembre 2007, n. 244 (Legge finanziaria 2008); dell’art. 2 del d. lgs. n. 163 del 2006; violazione e falsa applicazione dei principi di libera concorrenza e parità di trattamento nell’ambio delle procedure di gara. Eccesso di potere in tutte le sue figure sintomatiche ed, in particolare, per difetto di istruttoria, carenza dei presupposti. Violazione del parere n. 213/2008 dell’Autorità per la vigilanza sui contratti di lavori, servizi e forniture.

Il motivo è prospettato sotto il profilo della violazione del principio di libera concorrenza e di parità di trattamento nell’ambito delle procedure di gara.

Illustra, infatti, parte ricorrente, la posizione di privilegio – già, peraltro, enunciata nel motivo che precede – che caratterizza la condizione della controinteressata nell’ambito delle gare. Tale posizione di privilegio si porrebbe in contrasto con il principio della concorrenza e con quello della “parità delle armi” tra i vari partecipanti. E’ chiaro, infatti, secondo la ricorrente, che chi gode della possibilità di un affidamento diretto e, quindi, di un mercato riservato, nel confronto con altri operatori economici che non usufruiscano di tale vantaggio, beneficia di un “doppio privilegio” che si concretizza in una sorta di “concorrenza sleale”.

Con successivo atto, notificato il 14 novembre 2008, vengono dedotti ulteriori motivi:

3. violazione e falsa applicazione dei principi generali in tema di procedure competitive con il criterio di aggiudicazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa; del principio di concorrenza nell’ambito delle procedure competitive; dell’art. 83 del d. lgs. n. 163 del 2006. Eccesso di potere in tutte le sue figure sintomatiche ed, in particolare, per illogicità manifesta, irragionevolezza, contraddittorietà, disparità di trattamento, sviamento.

Assume, parte ricorrente, la illogicità della formula matematica che ha stabilito il punteggio individuale dell’offerta economica.

Tale formula ha condotto ad un appiattimento del valore spettante all’offerta economica che “da un range effettivo, potenziale e qualificante, di 40 punti è passato ad uno reale di meno di 1 punto”. Infatti, dall’esame dei punteggi risulta che i 40 punti previsti per la voce “offerta economica” si sono tradotti nell’attribuzione di un punteggio che va da 39,42 punti (con un rilancio del 50,2%) e 40 punti (per un rilancio del 67,4%), sicché tale formula non ha consentito di utilizzare concretamente il potenziale range differenziale di 40 punti che la lex specialis assegnava all’offerta economica, ed ha comportato una indebita compressione della voce relativa al prezzo a fronte di offerte nettamente diverse (sia in termini assoluti che percentuali), con conseguente alterazione del confronto concorrenziale.

A fronte del sistema delineato, si pone come preponderante l’incidenza dell’offerta tecnica, la quale, conservando effettivamente tutto il range previsto da 0 a 60 punti, ha assunto una preponderanza assolutamente determinante, vanificando il principio giurisprudenziale, secondo cui l’aggiudicazione del contratto deve avvenire a seguito di congiunta considerazione dell’offerta tecnica e dell’offerta economica, non essendo consentito assegnare ad una delle due il ruolo di criterio selettivo principale;

4. violazione e falsa applicazione della Lettera di invito in tema di valutazione ed attribuzione dei punteggi dell’offerta tecnica. Eccesso di potere in tutte le sue figure sintomatiche ed, in particolare, per illogicità manifesta, irragionevolezza, contraddittorietà, difetto di istruttoria, carenza dei presupposti di fatto, travisamento ed erronea valutazione di fatti, difetto di motivazione.

Assume, parte ricorrente, che, in relazione all’offerta tecnica, la controinteressata avrebbe dovuto ricevere un punteggio inferiore rispetto a quello che le è stato attribuito; mentre, l’offerta tecnica della ricorrente avrebbe meritato un più alto punteggio rispetto a quello attribuitole.

La Lettera di invito, infatti, disponeva con riferimento al “Concept” (unica componente che viene censurata) il punteggio massimo di 50 punti, ripartito per ciascuna Sezione del Concept, in relazione ai contenuti per i vari Concept richiesti di ciascuna Sezione e per i vari Elementi oggetto di Valutazione di ciascun Contenuto richiesto (cfr. p. 4.1.1.1. della Lettera di invito).

Quanto alle modalità di assegnazione il p. 4.1.2.1. prevedeva un’analisi comparativa delle offerte pervenute, dettando i criteri di valutazione ed i giudizi da esprimere (Basso, Medio, Alto o Eccellente), applicando una determinata formula ivi descritta.

Orbene, nella specie, in relazione alla Sezione A – Formula Commerciale ed al Contenuto Richiesto, con specifico riferimento all’Elemento Oggetto di Valutazione “Gamma prodotti”, per il quale era previsto un punteggio massimo di 3 punti, la Commissione ha errato nell’attribuire ad Airport Elite il giudizio “Eccellente” ed a Finifast il giudizio di “Alto”, in quanto l’offerta della ricorrente ha correttamente rappresentato tutti gli elementi richiesti dalla lettera di invito per la “Gamma prodotti”, mentre lo stesso non può dirsi dell’offerta della controinteressata, laddove viene affermato che “si dà modesta evidenza di una rilevante profondità della gamma ristoro” e “si dà parziale evidenza di una rilevante profondità della gamma bar”, mentre il giudizio espresso per la ricorrente è: “si dà parziale evidenza di una rilevante profondità della gamma market” e “si dà parziale evidenza del bilanciamento tra prodotti premium ed economici nell’offerta”, sicché appare evidente che le due offerte sono equipollenti e, quindi, non avrebbero dovuto ricevere un giudizio differente.

Per la Sezione B-Politiche gestionali ed al Contenuto Richiesto Standard operativi, con riferimento all’unico Elemento Oggetto di Valutazione “Politiche a favore della qualità e dell’ambiente”, la Commissione ha attribuito alla controinteressata il giudizio “Eccellente” e alla ricorrente il giudizio “Alto”.

Anche in questo caso la Commissione ha errato, posto che nell’offerta di Airpot Elite era stata rilevata “l’assenza di iniziative volte alla riduzione delle emissioni inquinanti”; elemento, questo rilevante che non avrebbe dovuto condurre al giudizio di “Eccellente”.

Quanto alla Sezione C – Progetto tecnico e al Contenuto Richiesto Concept Architettonico, con riferimento all’unico Elemento Oggetto di Valutazione “Layout del punto vendita”, la Commissione ha attribuito sia alla ricorrente che alla controinteressata il giudizio di “Alto”. Tale giudizio, mentre appariva corretto nei confronti della ricorrente per aver questa rappresentato tutti gli elementi richiesti; non altrettanto può dirsi per la controinteressata laddove viene affermato dalla stessa Commissione che “non si dà evidenza dell’assenza di percorsi obbligati; le scaffalature del market costituiscono un percorso obbligato”.

Conclude, sul punto la ricorrente, esprimendo il giudizio, che – a suo avviso – sarebbe stato corretto attribuire alla controinteressata punti 1,32 e non punti 2,64.

Procede, infine, alla disamina della propria offerta, evidenziando l’erroneità del giudizio della Commissione laddove, in relazione alla Sezione B – Politiche gestionali e al Contenuto Richiesto Standard Operativi, con specifico riferimento all’Elemento Oggetto di Valutazione: “Efficacia del monitoraggio delle performance economiche e del servizio del punto vendita”, ha attribuito alla Finifast il giudizio di “Alto” ed alla controinteressata il giudizio di “Eccellente”, poiché ciò che differenzia le due offerte è che per la Finifast la Commissione non ha rilevato – come per la controinteressata – un monitoraggio giornaliero della produttività del punto vendita. Ciò avrebbe comportato, anche per la ricorrente, un giudizio di “Eccellente”.

Conclude per l’accoglimento del ricorso, con ogni consequenziale statuizione in ordine alle spese ed onorari di giudizio.

Si sono costituiti il Roland Berger Strategy Consultans S.r.l.; la Società Autostrade per l’Italia S.p.a. e la controinteressata Soc. Airport Elite s.r.l., concludendo per il rigetto del ricorso.

All’Udienza del 29 ottobre 2009 la causa è stata trattenuta in decisione.

 

DIRITTO

Oggetto del presente ricorso è il provvedimento di aggiudicazione alla Società Airport Elite s.r.l. del servizio di ristoro da svolgersi nell’area di servizio autostradale di Angioina Ovest relativa al lotto 263.

Con i primi due motivi di ricorso, la ricorrente deduce la violazione del principio di concorrenza e di parità di trattamento per illegittima ammissione alla gara della Società controinteressata. Infatti, essendo questa beneficiaria di affidamenti diretti da parte di SAVE, sarebbe titolare di una posizione di vantaggio rispetto agli altri concorrenti. In particolare, essendo la Airpot Elite s.r.l. partecipata nella misura dell’86,50% da Save e per il restante 13,50% da La Serenissima, entrambi, a loro volta, partecipati direttamente o indirettamente da enti locali, e, quindi, con significativa partecipazione pubblica, discenderebbe il divieto di partecipare a procedure competitive come quella in esame, ai sensi dell’art. 13 del d.l. 4 luglio 2006, n. 223, convertito in legge 4 agosto 2006, n. 248.

Il Collegio, pur non ignorando le difficoltà interpretative in materia ed il dibattito giurisprudenziale che ne è scaturito, condivide l’orientamento giurisprudenziale affermato in materia dal Giudice di appello, e ritiene l’art. 13 del d.l. 4 luglio 2006, n. 223, convertito in legge 4 agosto 2006, n. 248, non applicabile al caso di specie.

La norma, invero, al fine di evitare alterazioni e distorsioni della concorrenza e del mercato e, nel contempo, assicurare la parità tra gli operatori, impone a società a capitale interamente pubblico o misto, costituite o partecipate dalle amministrazioni pubbliche regionali o locali di operare esclusivamente con gli enti costituenti o partecipanti o affidanti, vietando alle medesime di svolgere prestazioni in favore di altri soggetti pubblici o privati, sia in affidamento diretto sia con gara e vietando, altresì, di partecipare ad altre società o enti (Cons. Stato, Sez. VI, 16.1.2009, n. 215).

La ratio del divieto introdotto dalla disposizione in questione consiste nell’impedire che soggetti intrinsecamente connessi all’espletamento di funzioni della Pubblica Amministrazione potessero, in forza della propria rendita di posizione, agire come competitors sul libero mercato.

E tale ratio è stata colta dalla giurisprudenza che ha configurato tali le società che possono definirsi strumentali, vale a dire quelle costituite o partecipate per la produzione di beni e servizi strumentali all’attività dell’amministrazione regionale o locale in funzione della medesima, con esclusione dei servizi pubblici locali.

La giurisprudenza più recente, infatti, nell’individuare le due diverse categorie di società a partecipazione pubblica, ha individuato, quale presupposto necessario ed indefettibile per l’applicazione della norma, la strumentalità dei beni e servizi prodotti finalizzati a soddisfare l’esigenza dell’ente pubblico partecipante per individuare la prima, mentre le società del secondo tipo sono state ricondotte a moduli paritetici ove il ruolo degli enti territoriali non si differenzia da quello dell’azionista di una società per azioni. ( TAR Valle D’Aosta 20.2.2009, n. 8; TAR Veneto, Sez. I, 31 marzo 2008, n. 788; TAR Lazio, Sez. II, 5.6.2007, n. 5192, confermata da Cons. Stato, Sez. IV, 5 marzo 2009, n. 946, TAR Lazio, Sez. III, 14 aprile 2008, n, 3109).

Anche la Corte costituzionale (sentenza 13 agosto 2008, n. 326) ha chiarito la portata della disposizione, sicché può ritenersi superato l’orientamento che considerava il divieto introdotto dall’art. 13 rivolto in via generale a tutte le società costituite o comunque partecipate da amministrazioni locali (orientamento cui va ricondotto anche il parere dell’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture n. 135 del 2007, richiamato dalla ricorrente), laddove ha rilevato che la disposizione de qua definisce “il proprio ambito di applicazione non secondo il titolo giuridico in base al quale le società operano, ma in relazione all’oggetto sociale di queste ultime” Ed ancora, la Corte osserva che la disposizione è fondata “sulla distinzione tra attività amministrativa in forma privatistica e attività d’impresa di entri pubblici. L’una e l’altra possono essere svolte attraverso società di capitali, ma le condizioni di svolgimento sono diverse. Nel primo caso vi è attività amministrativa, di natura finale o strumentale, posta in essere da società di capitali che operano per conto di una pubblica amministrazione. Nel secondo caso, vi è erogazione di servizi rivolta al pubblico (consumatori o utenti), in regime di concorrenza”.

Sicchè, deve ritenersi che solo alle società del primo tipo sia applicabile il divieto di operare con enti diversi da quelli di riferimento.

Deve, altresì, sottolinearsi il carattere eccezionale e di stretta e tassativa interpretazione della disposizione in questione, più volte affermato dalla giurisprudenza e, conseguentemente, la sua applicabilità alle sole società a capitale interamente pubblico o misto, caratterizzate dalla strumentalità all’attività degli enti e dall’essere moduli organizzativi interni delle amministrazioni affidanti.

Tenuto conto delle considerazioni appena svolte, deve osservarsi che la Società controinteressata, indirettamente partecipata da enti pubblici, è tuttavia priva dei vincoli della strumentalità e della funzionalità con l’ente pubblico, e si caratterizza, invece, dall’operare nel mercato in diretta concorrenza con le altre imprese pubbliche o private.

La controinteressata Airport Elite S.r.l., quindi, sfugge all’applicazione della normativa invocata, poiché essa non svolge alcuna attività di supporto all’amministrazione territoriale e, quindi, non può sfruttare la posizione di privilegio che caratterizza le società pubbliche allorché operino quale “ente strumentale” del soggetto pubblico di riferimento a discapito di operatori privati.

D’altro canto, l’attività che Airpot Elite ambisce svolgere attiene alla concessione per la gestione di un’area di servizio autostradale, che configura una “procedura di affidamento in (sub) concessione di un bene pubblico, nel cui ambito gli affidatari prestano a ben definite categorie di utenti un servizio pubblico consistente in attività specificamente individuate dalla legge” (TAR Lazio, Sez. III, 2.8.2004, n. 7571); quindi, un’attività strumentale e pertinente alla concessione della rete, e non strumentale nei confronti degli enti locali.

I limiti imposti dalla norma sopra richiamata non operano neanche nei confronti della Società di gestione aeroportuale Save S.p.a. per assenza dei presupposti richiesti dalla norma.

Ed invero, la Save S.p.a., anche se partecipata da enti pubblici locali, è società di capitali quotata in borsa, e si occupa di trasporto aereo, attività questa che, certo, non può essere configurata come strumentale dell’ente locale ovvero finalizzata alla produzione di beni e servizi da erogare a supporto di funzioni amministrative di natura pubblicistica, di cui resta titolare l’ente di riferimento e con i quali lo stesso ente provvede al perseguimento dei suoi fini istituzionali (cfr. TAR Piemonte, 24 ottobre 2008, n. 2676), ma, al contrario, essa svolge in regime di concessione un servizio pubblico di interesse generale in un settore oggetto di normativa specifica e sul mercato rivolto verso gli operatori del traffico e verso gli utenti; oltre ad attività che comprende l’acquisizione di partecipazioni in altre società aeroportuali, la gestione di altri aeroporti, nonché, l’acquisizione di partecipazioni in società nazionali o internazionali svolgenti attività di ristorazione

Consegue che anche la controllante Soc. Save è sottratta all’ambito di applicabilità della disposizione in esame.

La ricorrente valorizza, inoltre, con forza, la circostanza che la controinteressata abbia fruito di affidamenti diretti da parte di Save, in particolare nello svolgere attività di ristorazione presso l’aeroporto di Venezia, sicché, l’utilizzo da parte di Save di una propria società per detto servizio, porrebbe tale società in una posizione di privilegio, in contrasto con i principi della concorrenza.

L’assunto non può essere condiviso.

Giova osservare, in primo luogo, che quando il legislatore ha voluto escludere dalla partecipazione alle gare alcuni soggetti o enti in ragione della loro composizione o delle specifiche caratteristiche della loro attività lo ha espressamente stabilito e, come abbiamo visto, le norme devono essere ancorate ad una interpretazione costituzionalmente e comunitariamente orientata con l’esclusione di applicazioni analogiche, come peraltro ribadito dalla Corte costituzionale, sicché, nella specie, non può costituire elemento pregiudicante per la controinteressata la circostanza che la società controllante Save, società per azioni, abbia quali soci enti locali. La partecipazione pubblica non può costituire una condizione soggettiva di esclusione assoluta dagli appalti ulteriore rispetto a quelle tassativamente indicate dalle direttive comunitarie.

Deve, altresì, considerarsi che l’evenienza di essere affidatario diretto del servizio di ristorazione e bar nell’ambito dell’aeroporto di Venezia non sembra idonea a realizzare una distorsione del mercato o della concorrenza, costituendo tale attività una parte limitata dell’attività della società controinteressata, come risulta dallo Statuto della Società stessa, da cui si rileva che Airport Elite è stata costituita quale soggetto pronto ad operare sul mercato ed a fornire ad un pubblico indifferenziato i propri servizi.

Analogo discorso può farsi per quanto riguarda la Soc. Serenissima, la quale compie attività di progettazione e gestione di autostrade e, quindi, è soggetto imprenditoriale a tutti gli effetti, che svolge un servizio di interesse generale, certo non riconducibile alla nozione di servizio strumentale all’attività degli enti locali che la partecipano.

La ricorrente, inoltre, richiama l’art. 3, comma 27, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, che fa divieto, alle amministrazioni pubbliche di cui all’art. 1, comma 2, del decreto legislativo n. 165 del 2001, di partecipare in società aventi per oggetto la produzione di beni e servizi non strettamente necessarie per il perseguimento delle proprie finalità istituzionali, vietando, altresì, di assumere o mantenere direttamente o indirettamente partecipazioni, anche in minoranza, in tali società. In sostanza, con tale disposizione, il legislatore ha esteso a tutte le società pubbliche il divieto di attività extra moenia posto dal discusso art. 13.

Deve, in proposito, richiamarsi l’art. 71, comma 1, lett. b) della legge 18 giugno 2009, n. 140 che ha modificato la disposizione in esame, eliminando nel suo contesto l’avverbio “o indirettamente”, consentendo così agli enti locali di partecipare, con proprie società, ad altre società, senza contare che l’ambito applicativo della disposizione è diverso rispetto a quello dell’art. 13. Invero, mentre l’art. 13 citato riduce ex lege la capacità di agire di una società-veicolo, imponendo una esclusività dell’attività svolta in favore dell’ente di riferimento; l’art. 3, comma 27, della legge n. 244 del 2007 delimita la capacità di agire dell’ente titolare della partecipazione sociale a quelli che dovrebbero essere i suoi propri confini.

Alla luce delle su esposte argomentazioni, viene meno il profilo di censura relativo alla violazione dei principi di libera concorrenza e parità di trattamento nell’ambito delle procedure di gara.

Con un ulteriore motivo Finifast deduce la illegittimità della formula matematica prevista dal bando/lettera di invito per l’attribuzione del punteggio dell’offerta economica sotto il profilo della illogicità, in quanto relegherebbe la valutazione dell’offerta economica ad un ruolo subalterno e, in particolare, la tale formula non avrebbe consentito di utilizzare concretamente il potenziale range differenziale di 40 punti che la lex specialis assegnava all’offerta economica.

Va condivisa l’eccezione di inammissibilità per difetto di interesse dedotta dai resistenti, trattandosi di doglianza palesemente incompatibile – per gli effetti demolitori che, ove riconosciuta fondata, produrrebbe sull’intero procedimento – con la richiesta esplicita ed inequivocabilemente avanzata dalla ricorrente di aggiudicazione dell’appalto e, solo in via gradata, di risarcimento del danno per equivalente.

Come già affermato da questa Sezione con sentenza n. 10720 del 2009 resa sulla stessa gara, ma per lotti diversi, contestata dalla stessa Finifast S.p.a., non può infatti essere seguita la ricorrente allorché, nella memoria (non notificata) depositata alla vigilia dell’udienza di discussione, oppone all’eccezione dei resistenti il suo interesse strumentale all’annullamento dell’intero procedimento, e richiama a supporto dello stesso la decisione dell’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato 18 novembre 2008 n. 11, peraltro assegnando ad essa affermazioni di principio non pertinenti rispetto al thema decidendum sul quale il Collegio è chiamato a pronunciare.

Ed invero, con puntuale richiamo a principi da considerare acquisiti nella giurisprudenza del giudice amministrativo, l’Adunanza plenaria ha precisato che l’impresa partecipante ad una gara pubblica è titolare di un interesse a ricorrere non solo quando “mira” ad ottenere l’aggiudicazione dell’appalto, che le è stata negata, ma anche quando, quale titolare di un interesse strumentale, “mira” ad ottenere l’annullamento di tutti gli atti del procedimento, affinché la gara sia interamente ripetuta con l’individuazione di un nuovo bando, emendato delle clausole da essa ritenute illegittime.

Utilizzando il verbo “mira” per ambedue le ipotesi innanzi richiamate l’Adunanza plenaria ha inteso identificare i diversi obiettivi, normalmente gradati, che il ricorrente è legittimato a perseguire, ma che devono essere chiaramente specificati, nel rispetto delle forme, delle modalità e dei termini di rito, sia nella motivazione che nelle conclusioni dell’atto introduttivo del giudizio.

Sarebbe infatti irragionevole il solo supporre che in un processo di parti, quale è quello amministrativo, il giudice adito possa sostituirsi al ricorrente, che è assolutamente libero di impostare come crede la propria linea difensiva, riconoscendogli d’ufficio un interesse ulteriore e diverso da quello, unico, che egli aveva dedotto nei suoi scritti difensivi, intervenendo quindi in funzione di supporto rispetto ad errori o comunque a carenze dell’interessato nella difesa, nel rito e/o nel merito, delle proprie ragioni.

Sarebbe egualmente contrario a principi sia di logica che di diritto il solo supporre che i resistenti, che hanno tempestivamente e ritualmente rilevato le contraddizioni nelle quali è incorso il ricorrente nell’impostare la difesa delle proprie ragioni, possano essere irritualmente chiamati a fronteggiare, nella pendenza del giudizio, un nuovo capo di domanda (perché tale è l’annullamento dell’intero procedimento rispetto all’originaria e unica richiesta di aggiudicazione dell’appalto), prodotto fra l’altro oltre i termini decadenziali e con memoria non notificata.

Si vuole dire, in altri termini, che l’interesse strumentale, non diversamente da quello diretto, non è nella disponibilità del giudice, che può riconoscerlo non a chi ne è solo potenzialmente titolare ma a chi lo fa concretamente valere in giudizio nel rispetto delle regole che presiedono il processo amministrativo, e non a chi pretenda di utilizzarlo a mò di rimedio a originarie carenze difensive.

Nella specie è incontestabile che la ricorrente ha sempre chiesto, nel preambolo, nella parte motiva e nelle conclusioni dell’atto introduttivo del giudizio, solo l’aggiudicazione dell’appalto che assume essere stato illegittimamente assegnato alla controinteressata e in via gradata, per l’evenienza che nelle more del giudizio sia già stato stipulato il contratto fra la stazione appaltante e l’aggiudicataria, il riconoscimento del danno per equivalente.

Segue da quanto fino ad ora esposto che non può essere seguita la ricorrente allorché nella succitata memoria, e al fine di fronteggiare l’eccezione dei resistenti, sostiene che il suo intento a far valere anche un interesse strumentale era agevolmente desumibile dalla censura dedotta contro una specifica clausola del bando. E’ infatti agevole opporre che ogni censura deve essere valutata dal giudice con riferimento, prima ancora che alla sua fondatezza, alla sua idoneità a far ottenere al soggetto, che l’ha proposta, il risultato vantaggiosa al quale egli “mira”, ed è quindi inammissibile allorché il risultato che potenzialmente sarebbe in grado di assicurargli va in senso diametralmente opposto a quello che costituiva l’oggetto del suo petitum originario. Quest’ultimo, in sostanza, è il paramento al quale il giudice deve fare riferimento per valutare l’ammissibilità della doglianza.

Del resto una ulteriore riprova, ove necessaria, che l’obiettivo effettivamente perseguito dalla ricorrente con la proposizione della censura in questione non fosse l’annullamento dell’intero procedimento, ma solo la riaggiudicazione dell’appalto di un servizio che da tempo gestiva, è rinvenibile nel fatto che ben sei lotti, degli 81 oggetto di gare separate, le sono stati aggiudicati applicando la stessa formula matematica ora contestata ed utilizzata per tutte le gare oggetto di separate procedure concorsuali, con la conseguenza che essa non poteva ignorare né trascurare, alla luce del comune buon senso che deve riconoscersi ad un imprenditore, che, ove ne fosse stata riconosciuta l’illegittimità, si esponeva al rischio concreto di un annullamento d’ufficio di tutti gli affidamenti ottenuti, al quale la stazione appaltante avrebbe potuto ritenersi obbligata al fine di conformarsi al dictum del suo giudice e a garanzia della par condicio di tutte le imprese concorrenti.

Il motivo in esame, oltre che inammissibile (e la relativa declaratoria è da considerarsi assorbente), è comunque infondato nel merito.

Va infatti subito chiarito che l’art. 2, comma 85, D.L. 3 ottobre 2006 n. 262, convertito in L. 24 novembre 2006 n. 286, come modificato dall’art. 1, comma 939, L. 27 dicembre 2006 n. 296 (Finanziaria 2007), ha introdotto una disciplina ad hoc per l’affidamento dell’attività di ristorazione nelle aree di servizio autostradale, disponendo, tra l’altro, che lo stesso deve essere effettuato a conclusione di una “b) valutazione delle offerte dei concorrenti che valorizzino l'efficienza, la qualità e la varietà dei servizi, gli investimenti in coerenza con la durata degli affidamenti e la pluralità dei marchi. I processi di selezione devono assicurare una prevalente importanza al progetto tecnico-commerciale rispetto alle condizioni economiche proposte”.

E’ quindi la stessa norma che impone alla stazione appaltante di dare prevalenza all’offerta tecnica rispetto a quella economica, affinché sia garantita la qualità del servizio a tutela dell’utenza, che secondo noti principi di scienza dell’economia risulterebbe inevitabilmente compromessa da offerte al rialzo che raggiungessero, come in effetti è avvenuto nella specie, picchi incompatibili con il reddito che ogni imprenditore ha titolo a ricavare dall’attività che svolge e che in taluni casi raggiungono livelli incompatibili con il passivo plurimilionario di bilancio afferente all’esercizio della medesima attività svolta, con canoni più vantaggiosi per il gestore, negli esercizi precedenti, siccome affermato dai resistenti e non contestato dalla ricorrente.

Segue da ciò che la formula matematica di cui la ricorrente si duole, perché penalizzerebbe oltre il dovuto l’offerta economica a vantaggio di quella tecnica e di cui peraltro essa si è avvalsa, come già detto, per ottenere l’affidamento di sei lotti, è il sistema di valutazione saggiamente predisposto dall’advisor e adottato dalla stazione appaltante al fine di evitare che, in contrasto con il chiaro ed inequivoco dettato della normativa in materia, rialzi dell’offerta economica in misura incompatibile con le leggi del mercato si traducano, come è inevitabile, in un corrispondente abbassamento della qualità dell’offerta tecnica.

Del pari infondato è l’ultimo motivo, volto a contestare l’operato della Commissione in relazione all’offerta tecnica, la quale, se correttamente valutata, avrebbe dovuto condurre ad un punteggio inferiore rispetto a quello ottenuto nei confronti dell’aggiudicataria e ad un più alto punteggio rispetto a quello attribuito nei confronti della ricorrente.

In particolare, la ricorrente assume che la Commissione avrebbe attribuito ad alcune offerte, specificamente richiamate, qualificazioni (fra le quattro a sua disposizione: “basso”, “medio”, “alto”, “eccellente”) non corrispondenti ai punteggi effettivamente spettanti per ciascuna di esse; di contro, avrebbe attribuito a talune sue offerte, anche in questo caso specificamente indicate, punteggi inferiori a quelli dovuti, con conseguente assegnazione di una qualifica inferiore a quella che le sarebbe spettata.

La ricorrente specifica le singole voci in ordine alle quali il modus procedendi seguito dalla Commissione di gara non sarebbe stato corretto, afferma che ad una revisione in pejus dei punteggi assegnabili alla aggiudicataria deve seguire l’assegnazione alla stessa di una qualificazione inferiore, così come ad una revisione in meljus dei singoli punteggi ad essa attribuiti, il riconoscimento di una qualificazione superiore.

Il metodo adottato dalla ricorrente per dimostrare la fondatezza del suo assunto è il raffronto fra gli elementi, che costituiscono le richieste componenti delle specifiche offerte che essa assume essere state non correttamente valutate, e i prefissati parametri di valutazione; dall’esito di tale raffronto essa fa discendere l’obbligo per la stazione appaltante di rivedere i punteggi attribuiti assegnando a ciascuna offerta, complessivamente considerata in tutte le sue componenti, una qualificazione fra le quattro assegnabili (“basso”, “medio”, “alto” ed “eccellente”) inferiore o superiore a quella irregolarmente attribuita. E’ chiaro che la retrocessione ad una qualifica inferiore è invocata dalla ricorrente per le offerte dell’aggiudicataria, in quanto risultate a suo avviso sopravalutate a conclusione di detta verifica; il passaggio ad una superiore qualificazione è chiesta per talune sue offerte, che assume essere state invece illegittimamente sottovalutate.

La conclusione che la ricorrente trae dal suo ampio argomentare e dai conteggi da essa effettuati, che sottopone al vaglio del Collegio, è che all’aggiudicataria sarebbe stato corretto attribuire per l’offerta tecnica punti 1,32 e non punti 2,64. Al tempo stesso una corretta assegnazione dei punteggi spettanti alla ricorrente per le diverse offerte da essa indicate e il correlativo passaggio a qualificazioni superiori comporrebbero l’assegnazione a suo favore di un punteggio aggiuntivo di 3 punti in luogo dei punti 1,98, vale a dire 1,02 in più. Complessivamente, se la Commissione avesse correttamente valutato le offerte tecniche, Airport Elite avrebbe avuto un punteggio pari a 47,29 punti piuttosto che 50,65 punti; mentre, Finifast avrebbe dovuto ricevere un punteggio pari a 43,62 piuttosto che 42,60 punti che le sono stati assegnati. Consegue che, sottraendo all’aggiudicataria i punti ad essa non spettanti, il suo punteggio complessivo scenderebbe a 47,29, laddove quello da riconoscere alla ricorrente salirebbe a 43,62.

Con memoria depositata in prossimità della pubblica udienza, le resistenti hanno ampiamente contestato il metodo seguito dalla ricorrente in sede di verifica della correttezza dei punteggi assegnati per l’offerta tecnica e delle relative qualificazioni.

Giova premettere, seguendo un principio da ritenersi acquisito nella giurisprudenza del giudice amministrativo e come già chiarito nella citata sentenza di questo Tribunale n. 10720 del 2009, che le valutazioni effettuate dall’organo tecnico e che sono espressione non solo di discrezionalità amministrativa ma, come nella specie, anche e soprattutto di discrezionalità tecnica, sono soggette al sindacato del giudice amministrativo entro limiti ridottissimi, che riflettono non solo i rapporti fra i poteri che l’ordinamento assegna all’Amministrazione e quelli propri del suo giudice, ma anche la competenza specifica ed esclusiva che la normativa riconosce in determinati settori all’organo tecnico dell’Amministrazione, alla quale non si contrappone una eguale competenza da parte del giudicante. Corollario obbligato di detta premessa è, in punto di diritto, che non si può chiedere al giudice di sovrapporre la sua valutazione (comunque espressiva di una competenza specifica che non possiede) a quella dell’organo tecnico, ma solo di annullarla, rimettendo allo stesso il compito di riprovvedere, emendandola dai vizi riscontrati, fra i quali assumono rilevanza, come elementi giustificativi di una eventuale pronuncia cassatoria, la manifesta illogicità, il travisamento dei fatti e la carenza, ictu oculi rilevabile, dei presupposti che la normativa di riferimento (legge, regolamento e/o lex specialis) richiama come parametri ai quali la Commissione di gara deve conformarsi nel formulare il suo giudizio.

Tuttavia, al riguardo il Collegio osserva che, pur seguendo la tesi difensiva di parte ricorrente e assumendo come fondate le censure dedotte e i punteggi contestati, il punteggio della controinteressata per l’offerta tecnica si ridurrebbe a 47,29 punti e i punti in più che Finifast riceverebbe sarebbero 1,02. Sicché ove si sottraggano punti 3,36 al punteggio complessivo ( 90,07) conseguito da Airport Elit, si otterrebbe il punteggio di 86,71. Nel contempo, ove si aggiungessero punti 1,02 al punteggio complessivo (82,60) conseguito da Finifast si otterrebbe il punteggio di 83,62.

Consegue da ciò che anche accogliendo le censure dedotte, la controinteressata rimarrebbe comunque aggiudicataria della procedura de qua.

Consegue la inammissibilità del motivo, in quanto, pur accogliendo tutte le censure analiticamente articolate da Finifast, l’offerta migliore rimarrebbe comunque quella di Airport Elite.

Per le argomentazioni che precedono, il ricorso deve essere respinto.

La complessità delle questioni sottoposte all’esame del Collegio giustifica l’integrale compensazione fra le parti in causa costituite delle spese e degli onorari del giudizio.

 

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, Sez. III Ter, definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 29 ottobre 2009 con l'intervento dei Magistrati:

Maria Luisa De Leoni, Presidente FF, Estensore

Donatella Scala, Consigliere

Giulia Ferrari, Consigliere

IL PRESIDENTE, ESTENSORE  

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 06/11/2009

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