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Consiglio di Stato, Sez. V, 18/12/2009 n. 8376
Sulla necessità di procedere mediante gara pubblica nel caso di aumento di capitale per l'ingresso di socio privato operativo in una società per azioni a capitale pubblico affidataria di un servizio e sulla sussistenza della giurisdizione del g.a.

L'art. 1, c. 2, del D.Lgs. n. 163/2006 (Codice dei contratti pubblici), secondo il quale la scelta di socio privato di società miste, a partecipazione pubblica anche minoritaria, che siano affidatarie di servizi pubblici, deve sempre avvenire con procedure di evidenza pubblica, si applica anche nell'ipotesi in cui una società mista, ove pure non originariamente tale, apra il proprio capitale all'apporto di un socio privato industriale attraverso un'operazione straordinaria di vendita di quote o di aumento di capitale, cosicché risulti modificato, per effetto di detta operazione, l'assetto soggettivo della gestione.
Ogniqualvolta - attraverso il ricorso ad operazioni di carattere straordinario destinate a mutare la compagine di una società che abbia ottenuto l'affidamento diretto o tramite gara di un servizio pubblico - si pervenga al risultato di dar vita a una società mista oppure, alternativamente, al risultato di modificare il profilo soggettivo del gestore del servizio pubblico già affidato (mediante l'associazione al capitale e alla gestione di nuove figure imprenditoriali o la sostanziale sostituzione delle imprese originariamente affidatarie), allora si realizza in via derivata anche un diverso affidamento del servizio pubblico.
L'affidamento di un servizio, quand'anche realizzato attraverso la costituzione, originaria o successiva, di una società mista con socio privato operativo, è un'attività sempre connotata da autoritatività a fronte della quale si stagliano interessi legittimi dei soggetti coinvolti e, come tale, esso soggiace anche all'osservanza delle regole pubblicistiche e si deve necessariamente svolgere attraverso procedure di evidenza pubblica, governate dai principi del diritto interno e sovranazionale.
Sulle vicende descritte nei precedenti punti, la giurisdizione spetta al g.a., in quanto giudice naturale di tutte le attività amministrative autoritative - qualunque siano gli strumenti giuridici utilizzati - seppure poste in essere per tramite di soggetti formalmente privati, ma controllati o dominati da pubbliche amministrazioni;
Esorbita invece dalla giurisdizione amministrativa, non configurandosi come un PPPI, ogni altra vicenda in cui una società affidataria di un servizio riceva apporti al proprio capitale da parte di soggetti privati che siano meri finanziatori, ossia non aventi le caratteristiche di soci industriali, o i quali comunque non partecipino direttamente alla gestione o allo svolgimento del servizio affidato.

Materia: società / scelta del socio privato

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Quinta Sezione

ha pronunciato la seguente

 

DECISIONE

sul ricorso in appello n. 7563 del 2008 proposto da AUTO GUIDOVIE ITALIANE S.P.A., costituitasi in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv.ti Vittorio Domenichelli, Stefano Bigolaro, Riccardo Maria Zanchetta e Luigi Manzi, elettivamente domiciliata in Roma, via Confalonieri, n. 5, presso lo studio dell'ultimo difensore nominato;

 

contro

la SOCIETA' PUBBLICA TRASPORTI S.P.A., costituitasi in persona del Presidente del Consiglio di amministrazione e legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv.ti Marco Sica e Mariano Protto, elettivamente domiciliata in Roma, via Chelini, n. 10, presso lo studio del secondo difensore nominato;

 

e nei confronti

della FNM S.P.A., della S.A.B. AUTOSERVIZI S.R.L. E della OMNIBUS PARTECIPAZIONI S.R.L., costituitesi in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentate e difese dagli avv.ti Alberto Sciumè, Stefano Bombelli, Danilo Tassan Mazzocco e Angelo Clarizia, elettivamente domiciliate in Roma, via Principessa Clotilde, n. 2, presso lo studio dell'ultimo difensore nominato;

 

e anche nei confronti

della ASF AUTOLINEE S.R.L., già S.P.T. LINEA S.R.L.,

non costituitasi in giudizio;

 

per l'annullamento

della sentenza n. 2065 del 17 giugno 2008 pronunciata dal Tribunale amministrativo regionale della Lombardia, sede di Milano, sez. I;

Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio delle parti intimate;

Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;

Visti gli atti tutti della causa;

Designato relatore il consigliere Gabriele Carlotti;

Uditi alla pubblica udienza del 5 giugno 2009 l’avv. Manzi, per l'appellante, l'avv. Protto per la Società pubblica trasporti S.p.A. e l'avv. Clarizia per le altre società costituite;

Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue.

 

FATTO E DIRITTO

1. - Viene in decisione l'appello interposto dalla Auto Guidovie Italiane S.p.A. (d'ora innanzi “AGI”) contro la sentenza, di estremi specificati in epigrafe, con la quale il T.a.r. della Lombardia ha dichiarato inammissibile il ricorso promosso in prime cure dall'odierna appellante per difetto della giurisdizione amministrativa.

2. - Si sono costituite, per resistere all'appello, la Società pubblica trasporti S.p.A. (nel prosieguo “STP”), nonché la FNM S.p.A. (dipoi “FNM”), la S.A.B. Autoservizi S.r.l.  (in seguito “SAB”) e la Omnibus Partecipazioni  S.r.l..

3. - All'udienza pubblica del 5 giugno 2009 il ricorso è stato trattenuto in decisione.

4. - Giova premettere alla successiva esposizione una succinta ricostruzione della vicenda sulla quale si è innestata la presente controversia.

5. - Nel 2006 la STP - società per azioni a capitale interamente pubblico, partecipata dal Comune di Como, dalla Provincia di Como, dalla Provincia di Lecco e dal Consorzio Pubblici Trasporti – indisse una gara informale per la sottoscrizione di un aumento di capitale, per una significativa quota di minoranza (fino al 49%), della controllata S.P.T. Linea S.r.l. (d'ora in poi “Linea”), divenuta affidataria, a seguito di procedure di evidenza pubblica, di servizi di trasporto pubblico locale.

  La Linea è controllata al 99,91% dalla SPT (con la residua, minimale partecipazione di Ferrovienord S.p.A.).

6. - La gara fu aggiudicata al raggruppamento costituito tra SAB e FNM; la AGI si collocò al secondo posto.

7. - Il contratto tra la STP e il raggruppamento resosi aggiudicatario fu stipulato il 21 giugno 2007.

8. - La AGI adì il T.a.r. della Lombardia onde ottenere, tra l'altro, l'annullamento del verbale del Consiglio di amministrazione della STP recante l'approvazione degli atti della gara.

9. - Il T.a.r. dichiarò, tuttavia, l'inammissibilità del ricorso per difetto di giurisdizione.

10. - L'articolato itinerario decisorio percorso dal primo Giudice è così ricostruibile:

a) la STP non è un ente pubblico in forma societaria, pertanto il fondamento dell'eventuale giurisdizione amministrativa va ricercato in una specifica previsione normativa che abbia esteso il tradizionale ambito soggettivo di detta juris dictio;

b) tale previsione va rinvenuta nel combinato disposto degli artt. 1, comma 2, e 244, comma 1, del D.Lgs. n. 163/2006, dal momento che la prima disposizione citata  si applica anche al caso di una società mista che già operi quale affidataria di un servizio pubblico e che, nondimeno, intenda aprire il proprio capitale all'ingresso di privati;

c) nella fattispecie la STP non era però tenuta, ai sensi del sunnominato art. 1, comma 2, a indire una procedura di evidenza pubblica, in quanto i servizi di trasporto pubblico locale (TPL) erano stati già affidati alle Linea, mentre la gara contestata era unicamente volta a individuare un socio di minoranza e, quindi, essa si configurava come un'operazione del tutto scevra di risvolti pubblicistici;

d) invero, è soltanto l'affidamento del servizio pubblico, inteso quale atto autoritativo, che giustifica l'attribuzione al giudice amministrativo di una giurisdizione sulle procedure di scelta del socio privato delle società miste;

e) la scelta del socio privato, inoltre, è una vicenda attratta nell'ambito della giurisdizione amministrativa solo quando attraverso di essa si realizzi una modalità di affidamento del servizio;

f) per contro, qualora l'affidamento del servizio e la scelta del socio si presentino disarticolati, sia sul piano soggettivo sia sul versante temporale, allora si determina l'impossibilità di una riemersione di momenti autoritativi ormai esauriti, con conseguente e definitiva fuoriuscita di ogni eventuale controversia dall'alveo della giurisdizione amministrativa.

11. - Il ragionamento sviluppato dal T.a.r., il cui impianto logico poggia implicitamente sulla sentenza n. 204/2004 della Corte costituzionale nonché su alcune suggestioni tratte dal parere della n. 456/2007 della Seconda Sezione e dalla decisione n. 1/2008 dell'Adunanza plenaria di questo Consiglio, è stato criticato dall'AGI con plurime argomentazioni. In via devolutiva l'appellante ha riproposto anche i motivi non esaminati dal Tribunale.

12. - Dal canto loro, le appellate hanno invece sostenuto la correttezza della pronuncia impugnata.

13. -  Merita, ovviamente, prioritario scrutinio il mezzo di gravame incentrato sull'affermazione, nella fattispecie, della giurisdizione declinata dal T.a.r..

  La questione è pregiudiziale e dirimente rispetto ad ogni altro aspetto della controversia. Ed invero, qualora fosse confermata, sul punto, la sentenza impugnata non vi sarebbe spazio alcuno per la trattazione di altri profili della controversia; specularmente, laddove fosse invece annullata la decisione, allora dovrebbe rimettersi al Tribunale lombardo lo scrutinio di tutti gli altri aspetti del contenzioso non esaminati in primo grado, a cominciare dalle eccezioni di inammissibilità del primitivo ricorso (per motivi diversi dalla giurisdizione).

14. - Tanto premesso, può anticiparsi che il Collegio ritiene di dover annullare la sentenza gravata, disponendo il rinvio della controversia al primo Giudice ai sensi dell'art. 35 della L. n. 1034/1971; contrariamente a quanto statuito dal T.a.r. la lite appartiene infatti alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo.

15. - Onde illustrare le ragioni di tale convincimento, occorre muovere dai formanti indicati dal Tribunale alla stregua di altrettante norme fondative, nello specifico, della juris dictio amministrativa. Al riguardo il Collegio ritiene che la selezione delle disposizioni rilevanti, operata in sentenza, sia corretta, ma incompleta. Difatti, ancorché non rilevi il combinato disposto degli artt. 210 e 23 del  Codice dei contratti pubblici (dal quale si ricava l'estraneità rispetto al campo di applicazione del decreto dei soli appalti relativi alla prestazione di un servizio pubblico), merita di esser richiamato anche il D.Lgs. n. 422/1997 (e non già l'art. 113 del D.Lgs. n. 267/2000, impropriamente citato dal T.a.r.; si veda, sul punto, il comma 1-bis del predetto art. 113), che reca la disciplina sostanziale dei servizi di TPL.

16. - Detti servizi, seppure regolati da contratti di servizio (art. 18, comma 1, del D.Lgs. n. 422/1997), sono oggetto di un rapporto di natura concessoria.

  Essi inoltre sono affidati con procedure di evidenza pubblica, in conformità alla normativa comunitaria e nazionale sugli appalti pubblici di servizio (tanto si ricava dall'art. 18 del citato decreto).

17. - Appartiene dunque al novero delle norme che radicano la giurisdizione amministrativa esclusiva sui servizi di TPL e sulle relative procedure di affidamento, in aggiunta agli artt. 1 e 244 del D.Lgs. n. 163/2006 (si veda l'allegato II al decreto che contempla vari servizi di trasporto), anche l'art. 33 del D.Lgs. n. 80/1998; i relativi contratti di servizio sono peraltro attratti alla medesima giurisdizione in forza dell'art. 11 della L. n. 241/1990.

18. - L'art. 33 del D.Lgs. n. 80/1998, nel testo riscritto dalla Corte costituzionale, attribuisce al giudice amministrativo, le controversie in materia di pubblici servizi relative a concessioni di pubblici servizi, escluse quelle concernenti indennità, canoni ed altri corrispettivi, ovvero relative a provvedimenti adottati dalla pubblica amministrazione o dal gestore di un pubblico servizio in un procedimento amministrativo disciplinato dalla legge 7 agosto 1990, n. 241, ovvero ancora relative all'affidamento di un pubblico servizio, ed alla vigilanza e controllo nei confronti del gestore, nonché quelli afferenti alla vigilanza sul credito, sulle assicurazioni e sul mercato mobiliare, al servizio farmaceutico, ai trasporti, alle telecomunicazioni e ai servizi di cui alla legge 14 novembre 1995, n. 481.

19. - Vale ricordare, a tal proposito, che questo Consiglio ha avuto occasione per ribadire (tra le molte, si ricorda la decisione della Sesta Sezione, 27 febbraio 2006 , n. 838) che le controversie attinenti alla materia dei trasporti continuano a ricadere, anche a seguito della nuova formulazione del predetto art. 33, nella sfera di giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, poiché in tale settore vi è sempre e comunque esercizio di un potere autoritativo da parte della pubblica amministrazione.

20. - E' poi incontestato che il D.Lgs. n. 422/1997 contempla, tra le varie modalità di gestione dei servizi di TPL, le società miste (si veda, sul punto, ancora l'art. 18 summenzionato).

21. - L'art. 1, comma 2, del Codice dei contratti pubblici viene in rilievo come norma dichiarativa di un principio generale, già peraltro affermatosi nell'ordinamento interno (mercé il D.P.R. 533/1996, attuativo dell'art. 12 della L. n. 498/1992, ora rifluito nell'art. 116 del D.Lgs.  n. 267/2000; l'art. 6, comma 2, della L. n. 205/2000, recepito nell'art. 244 del Codice dei contratti, nonché, per quanto concerne la giurisprudenza, la decisione di questa Sezione n. 2516/2003, insieme a numerose altre), secondo il quale la scelta di socio privato di società miste, a partecipazione pubblica anche minoritaria, che siano affidatarie di servizi pubblici, deve sempre avvenire con procedure di evidenza pubblica.

22. - Tale approdo è, del resto, conforme al diritto sopranazionale in materia di partenariati pubblico-privati istituzionalizzati (PPPI), dei quali la società mista è una tipica epifania. Vale richiamare, sul punto, la Comunicazione interpretativa della Commissione europea sull'applicazione del diritto comunitario degli appalti pubblici e delle concessioni ai partenariati pubblico-privati istituzionalizzati (PPPI), pubblicata sulla G.U. C 91 del 12 aprile 2008 (5 febbraio 2008, C-2007/6661), là dove si è osservato che: “Nel diritto comunitario, le autorità pubbliche sono ... libere di esercitare in proprio un'attività economica o di affidarla a terzi, ad esempio ad entità a capitale misto costituite nell'ambito di un partenariato pubblico-privato. Tuttavia, se un soggetto pubblico decide di far partecipare un soggetto terzo all'esercizio di un'attività economica a condizioni che configurano un appalto pubblico o una concessione, è tenuto a rispettare le disposizioni del diritto comunitario applicabili in materia. L'obiettivo di tali disposizioni è permettere a tutti gli operatori economici interessati di concorrere all'aggiudicazione di appalti pubblici e concessioni a condizioni eque e trasparenti nello spirito del mercato interno europeo, elevando in tal modo la qualità di questo tipo di progetti e riducendone i costi grazie ad una maggiore concorrenza. Dalla consultazione pubblica sul Libro verde relativo ai partenariati pubblico-privati ed al diritto comunitario degli appalti pubblici e delle concessioni è emersa la necessità concreta di chiarire l'applicazione di tali regole nel caso dei partenariati pubblico-privati cosiddetti «istituzionalizzati» (PPPI). Per partenariato pubblico-privato istituzionalizzato la Commissione intende la cooperazione tra partner pubblici e privati che costituiscono un'entità a capitale misto per l'esecuzione di appalti pubblici o di concessioni. L'apporto privato alle attività del PPPI consiste, a parte il conferimento di capitali o altri beni, nella partecipazione attiva all'esecuzione dei compiti assegnati all'entità a capitale misto e/o nella gestione di tale entità. Al contrario, il semplice conferimento di fondi da parte di un investitore privato ad un'impresa pubblica non costituisce un PPPI.”.

   Inoltre, in tal senso dispone oggi anche l'art. 3, comma 15-ter, del Codice dei contratti pubblici, introdotto dal c.d. “terzo correttivo”.

23. - Per riassumere tutto quanto finora osservato, può dunque affermarsi che:

- rientrano nella giurisdizione amministrativa esclusiva, per il convergere di plurime indicazioni normative e giurisprudenziali, tutte le controversie in materia di affidamento di servizi di TPL;

- per la scelta del socio privato delle società miste affidatarie di tali servizi, occorre rispettare le procedure di evidenza pubblica.

24. - Le conclusioni testé rassegnate sono, peraltro, rafforzate dall'obiettiva disamina delle conseguenze di natura “sostanziale” prodotte dall'ingresso di un socio privato in una società mista che gestisca un servizio pubblico.

  In effetti, qualora detto socio non sia un mero finanziatore, ma presenti le caratteristiche di un socio “operativo” o “industriale”, allora è indubbio che, attraverso la sua partecipazione al capitale sociale, si realizzi anche un parallelo fenomeno di circolazione dell'affidamento. Ricorre pertanto, anche in tale ipotesi, l'esigenza di osservare i principi di pubblicità, trasparenza, non discriminazione, parità di trattamento e concorrenza immanenti in ogni vicenda in cui si abbia l'attribuzione, all'esterno del circuito pubblicistico, di un'utilità economicamente valutabile (argomenti, in tal senso, si ricavano da numerose altre previsioni di carattere generale, quali, ad esempio, gli artt. 30 del D.Lgs. n. 163/2006 e 12 della L. n. 241/1990).

25. - Bisogna ora verificare se il quadro sopra delineato si attagli anche al caso in esame.

26. - Ad avviso del Collegio si deve prendere l'abbrivo da un fondamentale dato di fatto, ossia che l'aumento di capitale, senza diritto di opzione, nella Linea, è stato promosso dalla SPT al precipuo fine di selezionare soggetti privati in grado di “contribuire, tramite il loro coinvolgimento nella gestione, alla crescita e allo sviluppo” (v. l'”invito a manifestare interesse”) della propria controllata. Non è un caso, invero, che i partecipanti alla gara fossero imprese operanti nel settore dei trasporti.

27. - E' pertanto indiscutibile che la SPT si sia rivolta al mercato, non già per reperire capitali di rischio, ma al preciso scopo di associare alla Linea un partner operativo (industriale), in grado di concorrere alla gestione dei servizi di TPL su gomma già affidati alla Linea da alcune delle stesse amministrazioni locali controllanti la SPT (ossia la Provincia e il Comune di Como).

28. - Riguardata la vicenda da questa prospettiva, emerge con evidenza la circostanza che, attraverso la sottoscrizione dell'aumento di capitale, la SPT ha inteso realizzare, nei fatti, un sub-affidamento dei servizi di TPL.

29. - Sebbene quello appena descritto sia l'indubbio effetto, sopra definito “sostanziale”, dell'intera operazione societaria straordinaria della quale si controverte, il Collegio non ignora che la fattispecie concreta presenti talune peculiarità.

   Segnatamente:

  - la SPT non è un'amministrazione pubblica;

  - la SPT non è l'affidante dei servizi gestiti dalla Linea;

  - l'ingresso dei soci privati nella Linea non si è avuto contestualmente alla costituzione della società né in occasione dell'affidamento dei servizi di TPL succitati, ma in epoca successiva; si è verificata cioè quella disarticolazione, sia soggettiva sia cronologica, alla quale ha accennato il primo Giudice.

30. - Il Collegio è tuttavia dell'opinione che nessuna delle richiamate circostanze valga ad escludere la riconducibilità della vicenda entro l'ambito della giurisdizione amministrativa esclusiva.

31. - La SPT, benché non sia un'amministrazione pubblica, è comunque una società totalmente partecipata da amministrazioni pubbliche locali.

  La forma societaria non può però far velo alla pubblicità reale della sua attività (almeno di quella parte di attività ora sottoposta al vaglio giurisdizionale). Il ricorso a schemi organizzativi di tipo privatistico non oscura difatti il dato sostanziale rappresentato dal concreto esercizio di poteri autoritativi, consistiti nell'affidamento, in via mediata, di servizi pubblici.

  In questo senso depongono, d'altronde, molte previsioni del Codice dei contratti pubblici applicabili, come noto, anche agli organismi di diritto pubblico e alle imprese pubbliche (e imprese pubbliche sono sicuramente sia la SPT sia la Linea, anche all'indomani dell'aumento di capitale).

  L'uso degli schermi societari non può, d'altra parte, risolversi in un “abuso” della personalità (o della soggettività) giuridica tale da sottrarre l'attività delle amministrazioni al dominio della legge e all'osservanza delle vincolanti e imperative discipline per esse dettate.

  Diversamente opinando si aprirebbero le porte a gravi elusioni del principio di legalità amministrativa, del tutto inaccettabili in uno Stato di diritto che riconosce nell'art. 97 Cost. l'essenziale statuto delle  pubbliche amministrazioni.

  Anche l'attività amministrativa concretantesi nella costituzione e nella gestione di società di capitali, ogniqualvolta essa si risolva nell'esercizio (ove pure indiretto) di potestà autoritative pubbliche, è e rimane “attività funzionalizzata” (sulla “funzionalizzazione”  si richiama il recente precedente della Sezione n. 1365/2009) e, come tale, soggiace anche alla disciplina pubblicistica che le è propria.

  Non bisogna invero confondere lo strumentario giuridico utilizzato, nella specie il diritto commerciale societario, con i poteri esercitati.

  L'ordinamento amministrativo attuale, in cui molteplici e sofisticate sono ormai le manifestazioni della “privatizzazione”, offre del resto numerosi esempi in cui alla veste formale civilistica del soggetto agente si accompagna, in realtà, l'esercizio di poteri indiscutibilmente pubblicistici.

 Quand'anche svolta secondo moduli organizzativi di tipo privatistico, l'attività amministrativa autoritativa non muta tuttavia la sua essenza e deve sempre perseguire “i fini determinati dalla legge ed è retta da criteri di economicità, di efficacia, di pubblicità e di trasparenza secondo le modalità previste dalla ... legge ..., nonché dai principi dell'ordinamento comunitario” (art. 1 della L. n. 241/1990).

 Il principio, testé enunciato, è tanto più valido del settore degli appalti e delle concessioni di servizi, in cui assai variegato è il catalogo dei soggetti affidanti.

32. - Nemmeno rileva, contro l'affermazione della giurisdizione amministrativa, il fatto che non sia stata la SPT ad aver affidato alla controllata Linea i servizi di TPL da quest'ultima gestiti.

  Si è già osservato, al riguardo, che l'aumento di capitale ha comportato un sub-affidamento di un servizio: l'unica particolarità è che la circolazione del servizio, ossia il suo affidamento di secondo grado, è stata decisa e attuata dalle amministrazioni pubbliche locali che indirettamente – cioè attraverso l'intermediazione di SPT - controllano la Linea.

  La circostanza che la SPT non sia l'affidataria del servizio non cambia la “sostanza” dell'operazione posta in essere né incide sulla natura dell'utilitas e, per certi versi, del munus fatto circolare. E' indubbiamente l'oggetto di tale circolazione (ossia il servizio affidato) più che la forma organizzativa del soggetto che la realizza a scriminare la disciplina applicabile, anche sul piano del riparto giurisdizionale.

 L'esistenza di una non obliterabile “pubblicità reale” al di sotto delle apparenze privatistiche è d'altronde un fenomeno da lungo tempo noto alla giurisprudenza costituzionale, civile, contabile e amministrativa (si pensi, solo per citare uno dei precedenti più rilevanti, alla celeberrima sentenza della Corte costituzionale, 28 dicembre 1993, n. 466) e pure diffusamente disciplinato da molti plessi normativi vigenti (uno per tutti il Codice dei contratti pubblici, ma può spaziarsi dagli artt. 1, comma 1-ter, e 23 della L. n. 241/1990 fino al recente art. 16-bis della L. n. 248/2007). 

  Si ignora se le amministrazioni pubbliche locali che ebbero ad affidare i servizi alla Linea (in parte soggettivamente coincidenti con i soci della SPT) abbiano, o no, imposto a quest'ultima vincoli al mutamento della propria compagine societaria, ma quand'anche divieti del genere non siano stati stabiliti, viene comunque in rilievo - e si tratta di una rilevanza assorbente - che nel caso in esame si è comunque attuato un affidamento, dipendente da quello originariamente perfezionatosi in capo alla Linea e a questo avvinto da un nesso di collegamento e di derivazione.

  Orbene, come ha giustamente affermato il T.a.r., il ricorso alle procedure di evidenza pubblica si giustifica ogniqualvolta si abbia affidamento di un servizio; ne consegue che anche nel caso di specie, in cui un affidamento, sia pur del tipo sopra descritto, ha avuto luogo, la SPT avrebbe dovuto far applicazione delle discipline sull'evidenza pubblica.

33. - Le considerazioni appena svolte valgono anche per la terza peculiarità della vicenda, ossia per quella “disarticolazione” alla quale si è già accennato e che maggiormente è stata valorizzata dal T.a.r. come elemento per declinare la giurisdizione amministrativa.

  La scissione tra l'affidamento del servizio e la successiva trasformazione della Linea in società mista (rectius, il successivo incremento della quota del capitale privato) non ha affatto determinato, siccome ritenuto dal T.a.r., un esaurimento del momento autoritativo. L'autoritatività è sempre immanente nella scelta del socio privato quando questi faccia ingresso, nella veste e con i compiti del socio operativo, in una società in mano pubblica che sia anche affidataria di un pubblico servizio, senza che possa rilevare in contrario il momento in cui detto ingresso si perfezioni.

  Del tutto condivisibilmente, peraltro, il T.a.r. della Lombardia ha sostenuto che l'art. 1, comma 2, del Codice dei contratti pubblici richiede un'interpretazione estensiva, dovendo la disposizione trovare applicazione anche nelle ipotesi in cui una società già operi come affidataria di un servizio.

 Da tale premessa però il primo Giudice avrebbe  dovuto trarre coerenti conclusioni anche sul piano della giurisdizione. Non è sostenibile, invero, che una medesima vicenda possa, o meno, rientrare nella cognitio di un determinato plesso magistratuale a seconda della concreta successione temporale in cui venga ad esistenza la relativa fattispecie. Affermare il contrario, significherebbe ammettere, in ispregio della  inderogabilità dei criteri di riparto, che l'individuazione della giurisdizione possa scaturire, non già dall'applicazione di regole oggettive, ma dalle scelte delle parti, qualora rese libere di selezionare il giudice attraverso l'accorto governo degli elementi giuridici costitutivi di un determinato effetto giuridico.

  Lo stesso Tribunale, d'altra parte, ha affermato che ogni affidamento consiste in realtà nell'esercizio di una potestà pubblica autoritativa, ma allora, in quanto tale, esso deve essere necessariamente procedimentalizzato, a prescindere dal momento in cui esso si verifichi, posto che – come ha da lungo tempo insegnato la migliore dottrina amministrativistica – il procedimento, aperto alla partecipazione e al controllo diffuso dei soggetti coinvolti, è l'unica dimensione in cui in uno Stato veramente democratico possono estrinsecarsi i poteri di supremazia.

  Divisando diversamente risulterebbe ben agevole per le amministrazioni percorrere la via della “privatizzazione” delle forme organizzative, sia pure indiretta e postuma (ossia, successiva all'affidamento), per gestire in piena libertà (ovvero con i soli strumenti del diritto privato) la circolazione di una res (il servizio) naturalmente soggetta al dominio pubblico e al controllo in via amministrativa da parte delle collettività di riferimento.

34. - Traendo le conclusioni da tutto quanto sopra considerato, il Collegio ritiene che la fattispecie dedotta in contenzioso non esorbiti dall'ambito della giurisdizione  esclusiva del giudice amministrativo.

35. - Né vale invocare la L. n. 474/1994 (di conversione del D.L. n. 332/1994, in tema di dismissione dell'azionariato pubblico), sulla cui applicabilità alla vicenda molto hanno insistito le avversarie dell'AGI.

  Innanzitutto è dubbio che il caso in esame sia regolato anche dalla legge citata (ossia, in aggiunta alla normativa sull'evidenza pubblica). La legge n. 474/1994 infatti deroga alla normativa primaria e secondaria in materia di contabilità pubblica e, dunque, reca disposizioni eccezionali e di stretta interpretazione. Ne consegue che il provvedimento legislativo sunnominato non può trovare applicazione a operazioni diverse dall'alienazione di azioni di società a partecipazione pubblica (non, quindi, all'ipotesi di sottoscrizione di quote di una s.r.l.).

  Al di là di tale perplessità, che spetterà al T.a.r. dissolvere (esulando la questione dall'oggetto del presente grado di giudizio), è comunque dirimente osservare che la predetta L. n. 474/1994 non fonda alcuna giurisdizione, ma la presuppone.

 Come stabilito dalla Corte costituzionale, il riparto della giurisdizione tra i giudici amministrativi e quelli ordinari dipende soltanto dall'esistenza, o no, di un momento autoritativo, inteso quale fatto generatore di interessi legittimi. E' dunque indifferente, sotto certi aspetti, stabilire quale sia la normativa, sostanziale o procedurale, alla quale ricondurre la soluzione delle singole controversie, posto che la ricerca dei formanti pertinenti ai fini del decidere postula la preventiva individuazione del giudice chiamato a selezionarli e ad applicarli.

 Una diversa esegesi (come quella patrocinata dalle appellate) porterebbe, del resto, a considerare, analogamente alla L. n. 474/1994, anche l'art. 23-bis, lett. e), della L. n. 1034/1971 come norma fondativa della juris dictio e, quindi, a ritenere che ogni vicenda dismissiva, costitutiva, modificativa o estintiva di imprese pubbliche sia automaticamente attratta alla cognizione della giurisdizione amministrativa.

 Invece, notoriamente, così non è, giacché pure l'art. 23-bis sunnominato presuppone, e non pone, la giurisdizione, essendo quest'ultima, come già osservato, una variabile dipendente dalla natura, autoritativa, o no, del segmento di attività amministrativa di volta in volta dedotto in lite.

36. - L'approdo delle superiori, assorbenti riflessioni è l'annullamento della sentenza impugnata, con rinvio della controversia al T.a.r. della Lombardia (alla medesima sezione in diversa composizione soggettiva o, qualora ciò sia impossibile, a diversa sezione), ai sensi e per gli effetti dell'art. 35, commi 2 e 4, della L. n. 1034/1971.

37. - Si enunciano, in conclusione, i seguenti principi:

1) l'art. 1, comma 2, del D.Lgs. n. 163/2006 si applica anche nell'ipotesi in cui una società mista, ove pure non originariamente tale, apra il proprio capitale all'apporto di un socio privato industriale attraverso un'operazione straordinaria di vendita di quote o di aumento di capitale, cosicché risulti modificato, per effetto di detta operazione, l'assetto soggettivo della gestione;

2) ogniqualvolta - attraverso il ricorso ad operazioni di carattere straordinario destinate a mutare la compagine  di una società che abbia ottenuto l'affidamento diretto o tramite gara di un servizio pubblico - si pervenga al risultato di dar vita a una società mista oppure, alternativamente, al risultato di  modificare il profilo soggettivo del gestore del servizio pubblico già affidato (mediante l'associazione al capitale e alla gestione di nuove figure imprenditoriali o la sostanziale sostituzione delle imprese originariamente affidatarie), allora si realizza in via derivata anche un diverso affidamento del servizio pubblico;

3) l'affidamento di un servizio, quand'anche realizzato attraverso la costituzione, originaria o successiva, di una società mista con socio privato operativo, è un'attività sempre connotata da autoritatività a fronte della quale si stagliano interessi legittimi dei soggetti coinvolti e, come tale, esso soggiace anche all'osservanza delle regole pubblicistiche e si deve necessariamente svolgere attraverso procedure di evidenza pubblica, governate dai principi del diritto interno e sovranazionale;

4)  sulle vicende descritte nei precedenti punti, la giurisdizione spetta al giudice amministrativo, in quanto giudice naturale di tutte le attività amministrative autoritative - qualunque siano gli strumenti giuridici utilizzati - seppure poste in essere per tramite di soggetti formalmente privati, ma controllati o dominati da pubbliche amministrazioni;

5) esorbita invece dalla giurisdizione amministrativa, non configurandosi come un PPPI, ogni altra vicenda in cui una società affidataria di un servizio riceva apporti al proprio capitale da parte di soggetti privati che siano meri finanziatori, ossia non aventi le caratteristiche di soci industriali, o i quali comunque non partecipino direttamente alla gestione o allo svolgimento del servizio affidato.

38. - E' riservato al Giudice del rinvio l'esame di tutte le altre questioni dedotte dalle parti (che non è stato possibile esaminare in questa sede in ossequio al principio del doppio grado di giurisdizione).

39. - Va infine rimessa alla decisione definitiva ogni determinazione sulla liquidazione delle spese processuali del presente grado.

 

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, accoglie l’appello e, per l'effetto, annulla la sentenza impugnata, con rinvio dell'affare al T.a.r. della Lombardia.

Spese al definitivo.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.

Così deciso in Roma dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, nella camera di consiglio del 5 giugno 2009, con l'intervento dei magistrati:

Marzio Branca            Presidente

Francesco Caringella  Consigliere

Carlo Saltelli   Consigliere

Gabriele Carlotti         Consigliere estensore

Roberto Capuzzi        Consigliere

 

L'ESTENSORE                                            IL PRESIDENTE

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 18.12.2009

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