HomeSentenzeArticoliLegislazionePrivacyRicercaChi siamo
Consiglio di Stato, Sez. VI, 19/1/2010 n. 188
Sul giudizio di anomalia dell'offerta nelle gare d'appalto.

La funzione del giudizio di anomalia dell'offerta è quella di garantire un equilibrio tra la convenienza della p.a. ad affidare l'appalto al prezzo più basso e l'esigenza di evitarne l'esecuzione con un ribasso che si attesti al di là del ragionevole limite dettato dalle leggi di mercato. In particolare il sub-procedimento di verifica dell'anomalia non tende a selezionare l'offerta che è più conveniente per la stazione appaltante, la ratio cui è preordinato l'indicato meccanismo di controllo consiste, invece, nell'assicurare la piena affidabilità della proposta contrattuale.

E' corretta la valutazione operata dall'amministrazione sull'anomalia di una offerta formulata in una gara d'appalto, fondata sull'analisi dei prezzi unitari, sui preventivi dei fornitori, sull'indicazione dei tempi di esecuzione dei lavori in relazione a quelli ritenuti ordinariamente necessari. A tal fine l'amministrazione gode di potere discrezionale nel determinare su quali prezzi fondare il proprio giudizio di congruità per escludere l'anomalia. Pertanto, l'amministrazione, per verificare l'anomalia dell'offerta, può indagare sui rapporti a monte e sulle condizioni dei fornitori di parte offerente, anche con riferimento all'approvvigionamento di beni da parte di questi ultimi.

Materia: appalti / disciplina

REPUBBLICA ITALIANA 

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

 

DECISIONE

Sul ricorso numero di registro generale 3799 del 2009, proposto da:

Consip Spa, rappresentato e difeso dall'avv. Angelo Clarizia, con domicilio eletto presso Angelo Clarizia in Roma, via Principessa Clotilde, 2;

 

contro

Energy Service Srl, rappresentato e difeso dagli avv. Pietro Adami, Silvio Bozzi, con domicilio eletto presso & Associati Studio Legale Recchia in Roma, corso Trieste, 88;

per la revocazione della sentenza del CONSIGLIO DI STATO :Sezione VI n. 01417/2009,

Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Visto l'art. 23 bis comma sesto della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, introdotto dalla legge 21 luglio 2000, n. 205;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 15 dicembre 2009 il Consigliere Fabio Taormina e uditi per le parti gli avvocati Clarizia e Bozzi;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO

Con la sentenza censurata in revocazione la Sezione ha accolto l’appello proposto dalla soc. Energy Service S.r.l per l’annullamento della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio - Roma, n. 3180 del 2008, depositata in data 15 aprile 2008, con cui è stato respinto il ricorso iscritto al n. 10085 del 2007.

La vicenda processuale può essere sintetizzata nei seguenti termini: la soc. Energy Service s.r.l aveva partecipato alla gara di appalto indetta dalla Consip S.p.A. avente ad oggetto la stipula di una convenzione per la fornitura del servizio di energia e dei servizi connessi in favore delle Pubbliche Amministrazioni, anche ai sensi dell’art. 1 del d.P.R. 26 agosto 1993, n. 412; aveva presentato offerte in relazione ai lotti numm. 1, 2, 3, 4, 7 ed 8 e tutte le offerte presentate erano risultate essere quelle economicamente più vantaggiose.

Con nota in data 27 ottobre 2006, la Commissione di gara aveva rilevato il carattere anomalmente basso delle offerte presentate dalla società predetta (comma 4 dell’art. 19, d.lgs. 24 luglio 1992, n. 358) e aveva chiesto puntuali giustificazioni in ordine agli elementi costitutivi dell’offerta economica.

In particolare, la Commissione aveva richiesto alla Energy Service di produrre giustificazioni (e la relativa documentazione a supporto, ivi compresi i contratti con i propri fornitori) in relazione ai costi di approvvigionamento del gasolio tradizionale e del gasolio ecologico.

Dopo una fitta corrispondenza, e dopo che la soc. Energy Service s.r.l aveva provveduto a chiarire che le “riduzioni di costo” discendevano dalle favorevoli condizioni di acquisto dei combustibili da parte dei propri fornitori (in specie: da parte della soc. Petrolvilla & Bortolotti S.p.A., nonché da parte della soc. Trentino Energia S.r.l.), la Commissione riteneva di chiedere chiarimenti anche con riferimento a tali aspetti (elementi di ulteriore e maggiore dettaglio in relazione alle condizioni di fornitura dei combustibili da parte delle due richiamate società).

Con successiva nota in data 21 dicembre 2006, l’odierna intimata in revocazione aveva riscontrato in modo parziale le richieste della Commissione di gara, significando – tuttavia – che un integrale riscontro alle richieste formulate esulava dalla propria disponibilità, postulando che i propri fornitori acconsentissero all’integrale divulgazione dei dati relativi alle proprie relazioni commerciali con soggetti ‘quarti’, anche sui mercati internazionali (e che le controparti contrattuali dei propri fornitori acconsentissero a propria volta a tale divulgazione).

Si richiedeva quindi un pronunciamento dell’Autorità di vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture. Venivano in proposito resi due distinti pareri; con il secondo di essi, l’Autorità sposava una tesi maggiormente coincidente con quella dell’amministrazione aggiudicatrice: la disciplina applicabile al caso di specie (in particolare: art. 19 del d.lgs. 358 del 1992) imponeva che, in sede di valutazione delle giustificazioni relative ad offerte anomale, l’Amministrazione fosse posta in grado di formulare il proprio giudizio involgendo in modo effettivo ed a largo spettro ogni elemento dell’offerta.

In particolare, nell’esame relativo al se l’offerta formulata abbia potuto giovarsi di condizioni particolarmente favorevoli, graverebbe sul privato l’onere di fornire ogni prova al riguardo, senza tendenziali limitazioni relative alla struttura dei costi dei propri fornitori e non risultando ammissibili giustificazioni basate sull’argomento della rinuncia all’utile o su un utile estremamente esiguo.

Con nota in data 10 maggio 2007, la Commissione rivolgeva alla Energy Service un’ulteriore richiesta di chiarimenti (prendendo al contempo atto della rinuncia da parte di questa alle offerte relative ai lotti numeri 1, 7 ed 8).

Nell’occasione, la Commissione rappresentava che gli atti e le informazioni inviate non risultassero ancora sufficienti a concludere in modo favorevole l’analisi delle giustificazioni relative all’offerta di gara e che a tal fine restava necessario acquisire i contratti di approvvigionamento conclusi dalla soc. Petrolvilla & Bortolotti con i propri fornitori.

Con ulteriore nota di riscontro in data 16 maggio 2007, la Energy Service aveva riferito che il proprio fornitore non si era dichiarato disposto a trasmettere i dati relativi alle proprie fonti di approvvigionamento con fornitori esteri, in tal modo ponendo la società offerente nell’impossibilità di fornire i dati medesimi.

Nell’occasione, essa aveva sottolineato comunque che (anche a prescindere dal contenuto puntuale dei rapporti contrattuali intercorrenti fra soc. Petrolvilla & Bortolotti ed i propri fornitori), la circostanza non risultasse dirimente al fine di risolvere il dubbio circa la complessiva attendibilità economica dell’offerta.

Ed infatti, in considerazione dei rilevanti margini di utile che l’offerta formulata avrebbe garantito, l’offerente sarebbe stata comunque in grado di coprire in modo più che adeguato i propri costi anche laddove i carburanti acquisiti dalla soc. Petrolvilla & Bortolotti (i quali, oltretutto, non rappresentavano una quota preponderante sul totale della fornitura) fossero stati comperati a normali condizioni di mercato.

Con il provvedimento in data 26 luglio 2007 (adottato in conformità alla proposta della Commissione) la Consip comunicava di aver ritenuto non adeguate le giustificazioni fornite dalla soc. Energy Service e di averne conseguentemente disposto l’esclusione dalla gara di che trattasi.

Peraltro, la Consip aveva comunicato,di avere individuato comunque (‘ad abundantiam’, come è dato leggere nel testo del provvedimento) ulteriori elementi relativi alla struttura dei costi dell’offerta presentata dalla società predetta, i quali avrebbero comunque giustificato la sua esclusione dalla gara, con particolare riguardo:

a) all’ammontare incongruo dei costi della logistica;

b) alla ‘prova di forza’ relativa ai dati posti a supporto dell’offerta, svolta alla luce del d.lgs. 192 del 2005;

c) all’indagine relativa ai ‘gradi giorno’, determinati in base al d.P.R. 412 del 1993;

d) alle complessive ‘ore di riscaldamento’ necessarie per eseguire l’appalto,

e) all’utilizzo del gasolio ecologico, nonché

f) all’adeguatezza dei costi del personale necessario per svolgere correttamente la commessa;

La Energy Service era insorta impugnando la disposta esclusione. Il Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio ha respinto l’impugnazione ritenendo che la determinazione assunta dalla Consip non avesse travalicato i limiti entro i quali può essere correttamente esercitato il giudizio relativo all’anomalia delle offerte (e non procedendo, in quanto superflua, alla verifica della correttezza degli ulteriori motivi di esclusione individuati dalla Consip).

La ricorrente in primo grado ha proposto appello avverso detta decisione del Tar, e la Sezione - con la decisione n. 1417/2009 avverso la quale è stato proposto il ricorso per revocazione- ha accolto l’appello censurando sia la determinazione espulsiva concernente la questione dei rapporti dell’offerente con i fornitori, che la determinazione concretatasi nella individuazione di autonome ragioni di esclusione sulla quale non si era pronunciato il Tar.

La Consip, originaria appellata rimasta soccombente, ha chiesto la revocazione della decisione in epigrafe, ai sensi dell’art. 395 n. 4 cpc, assumendo che la sentenza era fondata su due errori di fatto.

Il primo di essi, si è affermato nel ricorso per revocazione, sarebbe contenuto alla pag. 15 della richiamata decisione n. 1417/2009 laddove si rinviene l’affermazione che di seguito si riporta: “ non può in alcun modo condividersi il provvedimento impugnato in prime cure, laddove esso afferma (pag. 3) che “l’omessa produzione dei contratti è suscettibile di esclusione, in quanto l’espressa richiesta era stata formulata dall’assegnazione con assegnazione di un termine perentorio, pena in difetto, l’espressa sanzione dell’esclusione”.

Ciò perché, - si legge nella decisione medesima- “in assenza di una previsione della lex specialis la quale espressamente preveda una siffatta ipotesi di esclusione, essa non può essere introdotta motu proprio dalla Commissione, in tal modo annettendo un rilievo para-sanzionatorio alla mancata ottemperanza alla richiesta di fornire integrazioni istruttorie e documentali utili per il vaglio circa il carattere di anomalia dell’offerta.” Ad avviso della ricorrente in revocazione, il disposto di cui a pag 25, VI trattino del disciplinare (previsione, quest’ultima, mai impugnata), aveva espressamente attribuito al seggio di gara il potere di fissare un termine per la produzione da parte delle offerenti di integrazioni, precisazioni, e/o giustificazioni, sanzionando l’inottemperanza al termine fissato con la esclusione dell’offerta.

Ulteriore errore di fatto revocatorio riposava nella circostanza che la Sezione aveva dichiarato inammissibile la domanda risarcitoria proposta dalla soc. Energy Service omettendo di esaminare,prioritariamente,l’eccezione di difetto di interesse (a cagione della omessa impugnazione dei provvedimenti di aggiudicazione definitiva) sollevata dalla Consip medesima.

La intimata Energy Service ha depositato due articolate memorie chiedendo di dichiarare inammissibile o comunque respingere il gravame revocatorio.

Quanto al primo profilo, la sentenza si era espressa sul punto; la questione aveva costituito “punto controverso”, e pertanto il ricorso era palesemente inammissibile.

In ogni caso, la censura era anche palesemente infondata, posto che la clausola del disciplinare non legittimava la Commissione a richiedere singoli e specifici documenti (nel caso in esame i contratti di fornitori terzi) con comminatoria di termine perentorio assistito da sanzione espulsiva.

A monte, la decisione aveva chiarito (ed il punto in oggetto, n. 2.2.5 non era attinto dalla richiesta revocatoria) che l’operato dell’amministrazione era errato per non avere valutato la globalità dell’offerta: un eventuale accoglimento della richiesta di revocazione non avrebbe quindi prodotto alcun effetto conservativo degli (illegittimi) atti adottati dall’amministrazione.

Anche il secondo motivo di revocazione prospettato era inammissibile, in quanto la sentenza aveva implicitamente delibato sul punto in questione.

Con ulteriore memoria datata 6 ottobre 2009 la ricorrente in revocazione ha puntualizzato che le prescrizioni del disciplinare non erano state impugnate ed ha ribadito che permaneva, pieno, l’interesse ad ottenere il riconoscimento dell’errore di fatto in cui era incorso il Giudice d’appello: ininfluenti, a tal proposito, apparivano le affermazioni contenute al punto 2.2.5 della decisione.

In ultimo, sulla questione del petitum risarcitorio, emergeva per tabulas l’omessa decisione sulla eccezione di inammissibilità, ex art. 100 cpc, della domanda risarcitoria, in carenza di preventiva impugnazione dei provvedimenti di aggiudicazione.

All’adunanza camerale del 26.05.2009 fissata per l’esame della domanda di sospensione della esecutività della appellata decisione, con ordinanza n. 2621/2009 l’istanza cautelare è stata respinta tenuto conto della circostanza che “la domanda di sospensione cautelare non può essere esperita in sede di revocazione, non essendo prevista la relativa possibilità dalle norme che disciplinano la revocazione e considerato, peraltro che, ad una prima sommaria delibazione, il ricorso non appare fornito di adeguato fumus boni iuris”.

Alla pubblica udienza del 13 ottobre 2009 la causa è stata posta in decisione e la Sezione ha delibato in ordine al petitum rescindente accogliendo il 13 ottobre 2009 il ricorso per revocazione con la decisione n.7039/2009 e per l’effetto annullando l’impugnata decisione della Sezione n. 1417/2009; ha poi pronunziato interlocutoriamente ai fini della fase rescissoria, disponendo acquisirsi il fascicolo relativo all’appello e rinviando la trattazione del procedimento all’odierna udienza pubblica.

Sia l’appellante Energy Service SRL che Consip SPA in vista della odierna pubblica udienza del 15.12.2009 hanno depositato articolate memorie conclusionali insistendo nelle rispettive tesi ed argomentazioni.

 

DIRITTO

L’esito del segmento rescissorio della impugnazione appare in larga parte delineato da quanto si è già rappresentato nella statuizione rescindente, il cui iter motivazionale è da intendersi integralmente richiamato in questa sede.

L’appello proposto da Energy Service SRL avverso la decisione del Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio - Roma, n. 3180 del 2008 deve essere pertanto respinto

Sintetizzando i termini della questione, va rammentato che il Tar del Lazio ha respinto l’impugnazione proposta dalla Energy avverso la propria esclusione sul rilievo che la mancata ottemperanza alla clausola del bando (giovandosi della quale l’amministrazione appaltante in sede di verifica dell’anomalia dell’offerta richiese alla predetta concorrente la produzione dei contratti stipulati dai propri fornitori Petrolvilla & Bortolotti S.p.A. con i terzi) nel termine perentorio impostole dall’amministrazione integrasse giusta causa di esclusione della medesima dalla gara.

Il Tar ha respinto il ricorso avendo rilevato che la predetta clausola del disciplinare non era stata impugnata, ritenendo la pretesa dell’amministrazione conforme al tenore della clausola, ed irrobustendo l’iter motivazionale chiarendo che (si riporta di seguito uno stralcio dell’iter motivazionale della sentenza del Tar appellata) “deve ritenersi la legittimità dell’operato della Commissione giudicatrice nel caso di esame, che ha richiesto, al fine di valutare la congruità dei costi di approvvigionamento del gasolio, la documentazione per verificare le condizioni contrattuali praticate dai subfornitori.

In presenza, come risulta nel caso di specie, di un prezzo particolarmente basso dei prodotti, nel contratto di fornitura ciò può dipendere, se non si è in presenza di un produttore, esclusivamente dal prezzo e dalle altre condizioni di acquisto del prodotto stesso. Poiché l’Amministrazione deve valutare la complessiva affidabilità dell’offerta, è evidente che, per verificare se tali bassi prezzi siano effettivamente praticabili, anche nel successivo arco temporale della fornitura, può procedere all’analisi non solo del rapporto tra il fornitore ed il suo subfornitore, ma anche delle modalità di approvvigionamento di quest’ultimo sul mercato. E’ noto, infatti, che nei rapporti commerciali, nei quali un prodotto subisce più passaggi, le modificazioni contrattuali e le variazioni di prezzo si riverberano sui successivi acquirenti.

Inoltre, che il rapporto di subfornitura anche dei cd. subfornitori, abbia una rilevanza per l’ordinamento non può essere messo in dubbio, in relazione alla disciplina dell’art 4 della legge n.° 192 del 18-6-1998, che regola gli ulteriori contratti di fornitura dei subfornitori, anche se si tratta di disciplina relativa ai rapporti tra privati e con funzione di tutela dei subfornitori.

Nell’ambito dei contratti pubblici, vi è invece la particolare esigenza di tutela della Amministrazione. La funzione del giudizio di anomalia dell'offerta è quella di garantire un equilibrio tra la convenienza della p.a. ad affidare l'appalto al prezzo più basso e l'esigenza di evitarne l'esecuzione con un ribasso che si attesti al di là del ragionevole limite dettato dalle leggi di mercato (T.A.R. Lombardia Milano, sez. III, 18 gennaio 2006 , n. 98; T.A.R. Lazio Roma, sez. III, 21 aprile 2005 , n. 2982); in particolare il sub-procedimento di verifica dell'anomalia non tende a selezionare l'offerta che è più conveniente per la stazione appaltante; la ratio cui è preordinato l'indicato meccanismo di controllo consiste, invece, nell'assicurare la piena affidabilità della proposta contrattuale”.

L’impugnazione proposta dalla Energy avverso il decisum reiettivo di primo grado è stata accolta con la decisione oggetto di impugnazione per revocazione.

In sede rescindente la decisione d’appello è stata revocata.

Permane quindi il dovere di valutare il gravame proposto dalla Energy avverso la già citata decisione del Tar del Lazio.

Esso non è fondato.

Ciò perché, il punto nodale della decisione riposa nel disposto di cui a pag 25, trattino VI dell’inimpugnato disciplinare di gara.

Ritiene il Collegio che esso avesse un significato univoco, coincidente con quello ravvisato dal Tar, e che – in disparte la omessa impugnazione del medesimo, che assume un rilievo troncante, sia con riguardo alla presunta incompatibilità con la disciplina comunitaria in materia di verifica dell’anomalia delle offerte che, sotto il profilo sistematico, con la disciplina italiana- prevedesse una sanzione espulsiva discendente dalla mancata ottemperanza ad un onere formale.

Ritiene in sostanza il Collegio – i punti in esame saranno di seguito oggetto di più approfondito esame- che, da un canto, la clausola del bando prevedesse una sanzione espulsiva a fronte dell’inottemperanza di una delle offerenti a produrre quanto richiestole dall’amministrazione appaltante in sede di verifica delle offerte sospettate di anomalia.

Sotto altro profilo che il dato letterale della clausola (“precisazioni e giustificazioni”)fosse ben atto a ricomprendere una richiesta “minor”, (sotto il profilo sia quantitativo che “qualitativo”), quale la richiesta di singoli documenti.

Infine, che la richiesta suddetta non fosse né illogica, né arbitraria (unico parametro valutativo cui deve restare ancorata la verifica giudiziale, a fronte della penetrante discrezionalità amministrativa sia in sede di valutazione dell’anomalia che, a fortiori, di scelta di quali “strumenti” di indagine e verifica avvalersi per dissipare i dubbi di anomalia dell’offerta).

Ciò premesso, deve riconoscersi che parte appellante ha abilmente impostato il ricorso in appello ricorrendo ad esempi-limite, volti ad affermare la inesattezza del modus procedendi dell’amministrazione (rectius: la inesigibilità del medesimo) e giungendo a dubitare della compatibilità del medesimo con i principi comunitari.

Secondo tale argomentare, infatti, non sarebbe consentito all’Amministrazione di procedere ad un esame relativo ai rapporti contrattuali fra l’offerente ed i propri fornitori, o addirittura (e – per così dire - più ‘a monte’) ad un esame relativo alle modalità di approvvigionamento dei fornitori sul mercato.

Un siffatto, penetrante vaglio eccederebbe i limiti di quanto correttamente esercitabile nell’ambito di un’attività connotata dalla spendita di discrezionalità tecnica non risultando necessario ad acquisire gli elementi necessari onde scrutinare la piena affidabilità della proposta contrattuale.

Tale modus procedendi, peraltro, secondo l’appellante, potrebbe prolungarsi ad infinitum, e sarebbe comunque errato posto che non ci si troverebbe al cospetto di un subappaltatore, coinvolto nella esecuzione del contratto, ma di un (mero) fornitore.

Anche tale angolo prospettico non offre ad avviso del Collegio margini di positiva valutazione: e ciò non soltanto per la (pur doverosamente valutabile) positiva adesione (sia pure dopo una prima risposta “problematica”) che all’operato dell’amministrazione è stata fornita dalla interpellata Autorità di Vigilanza (delib. 122/2007).

E neppure unicamente per il principio per cui la discrezionalità tecnica che assiste il seggio di gara in materia di valutazione dell’anomalia dell’offerta (si veda, tra le tante, Consiglio Stato , sez. IV, 05 agosto 2005, n. 4196) deve a fortiori considerarsi sussistente (o addirittura rafforzato) in tema di delibazioni in ordine alla tipologia delle “indagini” da svolgere, od individuazione di quali documenti acquisire al fine di verificare la congruenza dell’offerta, salve le ipotesi di manifesta abnormità, ovvero di distonia con l’oggetto del contratto (queste sì sindacabili dal Giudice, ma oggettivamente non ricorrenti nel caso di specie).

Neppure decisiva deve ritenersi la circostanza che, in concreto, la “fornitrice” Petrolvilla & Bortolotti S.p.A era la controllante della odierna appellante ( circostanza non mai evidenziata nel ricorso in appello, dedotta dalla contro interessata, e non contestata dall’appellante principale), di guisa che appare arduo ipotizzare un regime di “separatezza societaria” tale da legittimare un interesse di quest’ultima a non fornire all’amministrazione i dati richiesti.

Anche volendo considerare secondari i superiori elementi, e ricorrere agli ordinari principi civilistici, pur a più riprese invocati dall’appellante, la tesi da questa patrocinata non convince.

Il, punto dal quale occorre muovere, per successivamente scandagliare la predicabilità della tesi dell’appellante riposa nel costante orientamento civilistico secondo il quale

“A norma dell'art. 1381 c.c., per il quale colui che ha promesso l'obbligazione o il fatto di un terzo è tenuto a indennizzare l'altro contraente, se il terzo rifiuta di obbligarsi o non compie il fatto promesso, il mancato adempimento del terzo obbliga di per sè il promittente ad indennizzare il promissario, riversando sull'obbligato l'onere di allegare e provare fatti eventualmente escludenti la sua responsabilità.” (Cassazione civile , sez. lav., 21 settembre 1979, n. 4872).

Secondo gli ordinari canoni civilistici, pertanto, il contraente promissario è ben garantito dal promittente, nell’ipotesi in cui il terzo, la cui prestazione è stata dedotta in contratto, non l’adempia.

Secondo l’argomentare di parte appellante, tale principio, grosso modo, dovrebbe operare nel caso di specie: l’amministrazione negoziava (unicamente) con l’offerente Energy; Energy a propria volta, si serviva di merce consegnatagli da Petrolvilla & Bortolotti S.p.A; ne conseguirebbe che l’amministrazione era tenuta a disinteressarsi di tale rapporto, posto a monte dell’offerta di Energy (in quanto, è da ritenere, ben garantita, in ipotesi di inadempimento negoziale, dall’assunzione di responsabilità della propria contraente Energy, unica con la quale aveva intrattenuto rapporti: Petrolvilla & Bortolotti S.p.A neppure era subappaltatrice, ma soggetto terzo).

E’ vero invece il contrario.

Una tesi qual quella patrocinata dall’appellante non appare condivisibile in quanto in grado, ove portata alle estreme conseguenze sotto il profilo teorico, di scardinare la stessa legittimazione dell’amministrazione alla verifica dell’anomalia dell’offerta (non tenendo conto degli interessi pubblicistici che entrano in gioco, non certamente pienamente restaurabili mediante tutela risarcitoria, allorchè un contratto stipulato dall’amministrazione rimanga inadempiuto): non si vede infatti perché l’amministrazione dovrebbe onerarsi di una tale verifica, a fronte della garanzia generica risarcitoria incombente sul soggetto che con essa contratti.

Come è noto, invece, per evidenti fini di tutela del pubblico interesse, nel sistema vige il principio esattamente contrario: la "ratio" cui è preordinato il meccanismo di verifica della offerta anomala è la piena affidabilità della proposta contrattuale.”(Consiglio Stato , sez. V, 05 ottobre 2005, n. 5315).

Conseguenzialmente alla premessa, già in passato si è affermato che tale procedura possa “coinvolgere” la posizione dei fornitori, essendosi condivisibilmente affermato che “è corretta la valutazione operata dall'amministrazione sull'anomalia di una offerta formulata in una gara d'appalto, fondata sull'analisi dei prezzi unitari, sui preventivi dei fornitori, sull'indicazione dei tempi di esecuzione dei lavori in relazione a quelli ritenuti ordinariamente necessari. A tal fine l'amministrazione gode di potere discrezionale nel determinare su quali prezzi fondare il proprio giudizio di congruità per escludere l'anomalia.” (Consiglio Stato , sez. IV, 30 marzo 1998, n. 508).

La sequenza appare logica e condivisibile: ben può l’amministrazione, per verificare l’anomalia dell’offerta, indagare sui rapporti a monte e sulle condizioni dei fornitori di parte offerente, anche con riferimento all’approvvigionamento di beni da parte di questi ultimi.

Non ravvisandosi abnormità o illogicità nelle richieste della Commissione (ed avuto anche riguardo alla circostanza che la offerente odierna appellante contava su una fornitura da parte della Petrolvilla & Bortolotti S.p.A pari a più del 50% del prodotto offerto) residua l’inadempimento della appellante all’invito a depositare la richiesta documentazione: e detto adempimento era assistito da sanzione espulsiva.

Che poi il proprio inadempimento discendesse dal rifiuto del proprio fornitore a depositare la richiesta documentazione, è circostanza del tutto ininfluente ai fini delle delibazioni del seggio di gara.

Il proprio onere discendente dalla qualità di offerente conformatasi alle prescrizioni del seggio di gara non è certamente “traslabile” sul proprio fornitore; nè costituisce clausola di esonero dalle sanzioni espulsive discendenti dall’inottemperanza alla clausola del bando la circostanza che il proprio fornitore si sia rifiutato di ostendere la richiesta documentazione, rimanendo tale circostanza – questa sì- in un’alveo strettamente privatistico afferente ai rapporti intercorrenti tra le private contraenti ed alle eventuali contestazioni che l’appellante, in sede civilistica, vorrà eventualmente muovere all’operato della propria fornitrice, in quanto causalmente ricollegabile alla sanzione espulsiva subìta.

Quanto all’asserito vizio ex art. 112 cpc asseritamente attingente la decisione in esame (evidenziando che il Tar non ebbe a pronunciarsi sugli ulteriori motivi di gravame, volti a chiarire la non anomalia dell’offerta) all’evidenza il vizio non sussiste (ed anche nella presente decisione si ometterà l’esame dei medesimi) atteso che, rilevata la riconducibilità della sanzione espulsiva alla inottemperanza ad un obbligo formale ed affermata la sussistenza della inottemperanza medesima, non v’era né spazio né ragione di esaminare il merito della valutazione di anomalia (soltanto “ad abundantiam”, secondo il tenore letterale della impugnata nota, esposta dall’amministrazione).

In ultimo, e quanto alla (riproposta con memoria depositata il 9.12.2009) questione della non riconducibilità della terminologia “precisazioni e giustificazioni” contenuta nel disciplinare di gara alla richiesta di singola documentazione in realtà avanzata dalla stazione appaltante, ritiene il Collegio di potere aggiungere alcune considerazioni a quanto già esposto nella decisione rescindente: la richiesta di produzione documentale (minus, già sotto il profilo ontologico, in quanto non postulante analisi e valutazioni, rispetto alla previsione del bando ) è semmai procedura maggiormente garantista nei confronti delle offerenti; rientra a pieno titolo nel complessivo concetto di “giustificazione”; atteneva ad una porzione non irrilevante dell’offerta.

I timori paventati dall’appellante e relativi al possibile (in via ipotetica) proliferare ad infinitum di consimili richieste, semmai, dovrebbero investire fattispecie in cui l’amministrazione appaltante richieda genericamente ad una singola offerente prove valutative ed argomentazioni deduttive (queste sì difficilmente esaudibili, e suscettibili di non essere considerate esaustive): non già allorchè l’amministrazione richieda un singolo e specifico (o più singoli e specifici) documenti.

Ciò induce peraltro a ritenere non sussistente alcun dubbio di compatibilità della condotta dell’amministrazione, della inimpugnata previsione del bando, e della interpretazione che di essa è stata condivisibilmente resa dal Tar - secondo cui essa era in grado di ricomprendere la pretesa all’ostensione di singoli contratti stipulati dal fornitore dell’offerente- con le prescrizioni comunitarie.

La richiesta della stazione appaltante (non abnorme né distonica dall’oggetto del procedimento, per le già chiarite ragioni, attenendo strettamente alla “giustificazione” del prezzo offerto ) rimase inottemperata, nella parte relativa alla richiesta di produzione dei contratti di approvvigionamento della fornitrice della offerente e, pertanto, l’appello deve essere respinto con conseguente conferma dell’appellata decisione.

Sussistono le condizioni di legge, riposanti in particolare nella novità e particolarità delle questioni giuridiche affrontate per disporre la compensazione delle spese di giudizio.

 

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Sesta, rescissoriamente pronunciando, respinge, nei termini di cui alla motivazione che precede, il ricorso in appello proposto da Energy Service SRL avverso la sentenza del Tar del Lazio – Roma- n. 3180 del 2008 che per l’effetto è integralmente confermata.

Spese compensate.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 15 dicembre 2009 con l'intervento dei Signori:

Claudio Varrone, Presidente

Paolo Buonvino, Consigliere

Domenico Cafini, Consigliere

Roberto Chieppa, Consigliere

Fabio Taormina, Consigliere, Estensore

                       

L'ESTENSORE                     IL PRESIDENTE

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 19/01/2010

 

HomeSentenzeArticoliLegislazioneLinksRicercaScrivici