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TAR Lombardia, Milano, sez. I, 11/1/2010 n. 8
Una società mista operativa sia nel settore dei servizi pubblici locali, sia in quello dei servizi strumentali a favore dell'ente pubblico partecipante ricade nel divieto di partecipazione di cui all'art. 13 D.L. n. 223/2006 (decreto Bersani).

Le società miste che nel loro oggetto sociale abbiano incluso sia servizi strumentali che servizi pubblici locali ricadono nel divieto di partecipazione di cui all'art. 13 del D.L. n. 223/2006 (decreto Bersani). La giurisprudenza ha chiarito, infatti, che "anche le società miste che hanno per oggetto la gestione dei servizi pubblici locali, pur non rientrando in via diretta nell'ambito di applicazione del c. 2 dell'art. 13, devono avere oggetto sociale esclusivo. Se, infatti, sono assoggettate a tale prescrizione le società di cui al c. 1, ossia le società che svolgono (attività di produzione di beni e) servizi strumentali, le quali pertanto non possono comprendere nel loro oggetto sociale lo svolgimento di servizi pubblici locali, ne deriva come conseguenza che anche le società miste, le quali intendano dedicarsi alla gestione di questi ultimi, devono prevedere quale loro oggetto sociale esclusivo la gestione dei servizi pubblici locali. Del resto, ove non si ritenga condivisibile tale soluzione interpretativa, occorrerebbe ammettere che il divieto introdotto dal c. 1 dell'art. 13 sarebbe inapplicabile in tutte le ipotesi di società miste che nel loro oggetto sociale abbiano incluso sia servizi strumentali che servizi pubblici locali. In tale prospettiva, la semplice presenza di tale ultima attività renderebbe operante l'eccezione al divieto (di cui all'inciso "con esclusione dei servizi pubblici locali"). Ma questa appare una lettura inaccettabile poiché priva la disposizione in esame di qualsiasi significato normativo.

Materia: società / partecipazione pubblica

REPUBBLICA ITALIANA 

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

 

SENTENZA

Sul ricorso numero di registro generale 654 del 2009, proposto da: Tecnocivis Spa, rappresentata e difesa dagli avv. Sergio D'Arienzo, Paolo Gaggero, Giampiero Tabbo', con domicilio eletto presso Sergio D'Arienzo in Milano 6530af, via della Guastalla 2;

 

contro

Comune di Varese, rappresentato e difeso dall'avv. Emanuele Boscolo, con domicilio eletto presso Anna Arduino in Milano 7276af, viale Sabotino, 2;

 

per l'annullamento

previa sospensione dell'efficacia,

della determinazione dirigenziale n. 1 del 05.01.2009, avente ad oggetto “procedura aperta per l’appalto del servizio di controllo degli impianti termici nel triennio 2008-2011. Provvedimenti conseguenti all’aggiudicazione provvisoria”, e di ogni altro atto presupposto, antecedente, conseguente o comunque connesso con quello impugnato, ivi espressamente comprendendo, in quanto occorra, le note partecipative prot. n. 58163 del 10.11.2008, n. 60148 del 18.11.2008 e n. 63581 del 04.12.2008

e sui motivi aggiunti, notificati in data 07.05.2009, per l’annullamento

della determinazione dirigenziale n. 314 del 25.03.2009, avente ad oggetto “procedura aperta per l’appalto del servizio di controllo degli impianti termici triennio 2008-2011. Ulteriori provvedimenti conseguenti all’aggiudicazione provvisoria”, con la quale l’Amministrazione intimata ha deciso “di confermare per le motivazioni di cui alla determinazione dirigenziale n. 1 del 05.01.2009, integrate da quelle di cui al presente provvedimento, l’esclusione dalla procedura in oggetto delle Tecnocivis S.p.a.”

Visto il ricorso ed i motivi aggiunti, con i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Varese;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 21/10/2009 il dott. Mauro Gatti e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:

 

FATTO e DIRITTO

Con bando di gara del 28.07.2008, il Comune di Varese ha indetto una procedura di evidenza pubblica, per l’affidamento del servizio comunale di verifica degli impianti termici siti nel territorio comunale.

La ricorrente, aggiudicataria provvisoria, è stata esclusa dalla predetta procedura, con la determinazione n. 1 del 05.01.2009, impugnata con il gravame principale. Il citato provvedimento era fondato sulla presa d’atto dell’applicabilità al caso di specie dell’art. 13 D.L. n. 223/2006, e ciò poiché la ricorrente era società partecipata dalla Provincia di Savona, e poiché si trattava di un affidamento avente ad oggetto un appalto di servizi, anziché una concessione di servizio pubblico locale. Con determinazione n. 314 del 25.03.2009, impugnata con motivi aggiunti, la stazione appaltante ha ritenuto di “confermare, per le motivazioni di cui alla determinazione n. 1 del 05.01.2009, integrate da quelle di cui al presente provvedimento, l’esclusione dalla procedura della Tecnocivis S.p.a.”. Quanto precede a seguito di “un ulteriore approfondimento della posizione di Tecnocivis S.p.a.”, richiedendo alla stessa ulteriori elementi, dal cui esame la stazione appaltante ha ribadito la natura di appalto di servizi dell’affidamento di che trattasi, osservando inoltre come la ricorrente “pure costituita per l’esercizio di servizi pubblici locali, è autorizzata ad espletare, da atto costitutivo, anche una serie di attività economiche che risultano non riconducibili ai servizi pubblici, ma a mere attività strumentali alla funzione dell’Ente proprietario”.

Il ricorso è infondato.

Con il primo ed il secondo motivo, la ricorrente sostiene l’inapplicabilità del cit. art. 13 al caso di specie, in quanto il medesimo esclude la sua operatività nei confronti dei soggetti che gestirebbero un servizio pubblico in regime di concessione. L’affidamento in concessione all’attuale ricorrente, da parte della Provincia di Savona, di un servizio, la cui remunerazione è carico della collettività, comporterebbe l’inapplicabilità al caso di specie del divieto di cui al cit. art. 13, destinato ad operare solo per quei soggetti costituiti per svolgere attività rivolte essenzialmente alla p.a. e non al pubblico. Il motivo è infondato. L’art. 13 D.L. n. 223/2006 prevede che “le società, a capitale interamente pubblico o misto, costituite o partecipate dalle amministrazioni pubbliche regionali e locali per la produzione di beni e servizi strumentali all'attività di tali enti in funzione della loro attività, con esclusione dei servizi pubblici locali e dei servizi di committenza o delle centrali di committenza apprestati a livello regionale a supporto di enti senza scopo di lucro e di amministrazioni aggiudicatrici di cui all'articolo 3, comma 25, del codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, nonché, nei casi consentiti dalla legge, per lo svolgimento esternalizzato di funzioni amministrative di loro competenza, devono operare con gli enti costituenti o partecipanti o affidanti, non possono svolgere prestazioni a favore di altri soggetti pubblici o privati, né in affidamento diretto né con gara, e non possono partecipare ad altre società o enti aventi sede nel territorio nazionale”. I motivi di ricorso ritengono in sostanza che l’espressione “con esclusione dei servizi pubblici locali” comporterebbe l’impossibilità di applicare il divieto di partecipazione di cui all’art. 13 nei casi in cui il concorrente sia un soggetto operante nel predetto settore dei servizi pubblici locali. La giurisprudenza ha già avuto modo di chiarire che “anche le società miste che hanno per oggetto la gestione dei servizi pubblici locali, pur non rientrando in via diretta nell'ambito di applicazione del secondo comma dell'art. 13, devono avere oggetto sociale esclusivo. Se, infatti, sono assoggettate a tale prescrizione le società di cui al comma 1, ossia le società che svolgono (attività di produzione di beni e) servizi strumentali, le quali pertanto non possono comprendere nel loro oggetto sociale lo svolgimento di servizi pubblici locali, ne deriva come conseguenza che anche le società miste, le quali intendano dedicarsi alla gestione di questi ultimi, devono prevedere quale loro oggetto sociale esclusivo la gestione dei servizi pubblici locali. Del resto, ove non si ritenga condivisibile tale soluzione interpretativa, occorrerebbe ammettere che il divieto introdotto dal comma 1 dell'art. 13 sarebbe inapplicabile in tutte le ipotesi di società miste che nel loro oggetto sociale abbiano incluso sia servizi strumentali che servizi pubblici locali. In tale prospettiva, la semplice presenza di tale ultima attività renderebbe operante l'eccezione al divieto (di cui all'inciso «con esclusione dei servizi pubblici locali»). Ma questa appare una lettura inaccettabile poiché priva la disposizione in esame di qualsiasi significato normativo” (T.A.R. Sardegna sez. I, 11 luglio 2008 , n. 1371). La ricorrente è società operativa sia nel settore dei servizi pubblici locali, sia in quello dei servizi strumentali a favore dell’ente pubblico partecipante, e ricade pertanto nel divieto di partecipazione di cui all’art. 13 cit.

Con il terzo motivo si contesta sotto altro profilo l’applicabilità del citato art. 13 al caso di specie, ritenendo che l’affidamento di che trattasi dovrebbe essere ascritto alla categoria delle concessioni di pubblico servizio, e non invece a quella dell’appalto di servizi. Quanto precede in considerazione dei limitati rapporti intercorrenti tra l’Amministrazione e l’affidatario, circoscritti agli aspetti legati alla sua remunerazione, laddove tutte le prestazioni sarebbero rivolte unicamente a favore del pubblico. Il motivo è infondato. Lo stesso ricorrente evidenzia come nel caso di specie sia l’Amministrazione, e non gli utenti, a remunerare il servizio, citando, nell’ambito del primo motivo, la giurisprudenza che ritiene tale circostanza dirimente ai fini dell’ascrivibilità del servizio alla categoria degli appalti, in luogo di quella dei servizi pubblici (T.A.R. Lombardia, Sez. I 19.10.2007 n. 6137).

Con ricorso per motivi aggiunti, si censura la determinazione dirigenziale n. 314 del 25.03.2009, nella parte in cui interpreta il citato art. 13, ritenendo che i divieti in esso menzionati si applichino anche alle società costituite per rendere servizi pubblici agli enti di riferimento. Il motivo è infondato per le medesime considerazioni già espresse in occasione dello scrutino delle prime due censure, a cui si rinvia.

Il provvedimento impugnato con motivi aggiunti costituirebbe inoltre un’illegittima integrazione della motivazione in corso di giudizio, volta a supplire la carenza di quella contenuta nel provvedimento impugnato con il ricorso principale. Il gravame è infondato anche riguardo a tale ultimo aspetto. La determina n. 314/2009 si è limitata ad ampliare la motivazione dell’esclusione della ricorrente, già espressamente e puntualmente enunciata nella determina n. 1/2009. L’esclusione della ricorrente è stata disposta in considerazione della violazione dell’art. 13 cit. essendo la stessa società mista partecipata dalla Provincia di Savona; come evidenziato nella citata determina n. 1/2009

Il ricorso è respinto.

Sussistono giusti motivi per compensare tra le parti costituite le spese di giudizio, in conseguenza delle oggettive difficoltà interpretative delle norme disciplinanti la materia.

 

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo per la Lombardia – Sezione Prima – respinge il ricorso.

Spese compensate

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Milano nella camera di consiglio del giorno 21/10/2009 con l'intervento dei Magistrati:

Piermaria Piacentini, Presidente

Hadrian Simonetti, Referendario

Mauro Gatti, Consigliere, Estensore

                       

L'ESTENSORE                     IL PRESIDENTE

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 11/01/2010

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