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TAR Piemonte, Sez. I, 15/2/2010 n. 934
Sono soggette al diritto di accesso da parte dei consiglieri comunali ex art. 43 del TUEL tutte le società di cui si avvalgono gli enti locali per la gestione dei servizi pubblici.

Sono soggette al diritto di accesso da parte dei consiglieri comunali ex art. 43 del TUEL tutte le società di cui si avvalgono gli enti locali per la gestione dei servizi pubblici, a prescindere dalla misura della partecipazione del comune al capitale sociale e dalla qualità di società partecipata dall'ente o di mero concessionario della gestione dei servizi. Pertanto, è illegittimo il provvedimento di diniego emesso nei confronti di un consigliere comunale, di accedere agli atti di una società mista a partecipazione pubblica maggioritaria, affidataria di alcuni servizi locali, sul rilievo che la società intimata, pur essendo partecipata maggioritariamente al 53% dal comune non era qualificabile come ente o azienda dipendente dal medesimo, ai sensi dell'art. 43 del TUEL, difettando il requisito del controllo analogo.

Materia: enti locali / consiglieri comunali

REPUBBLICA ITALIANA 

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO 

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte (Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

 

SENTENZA

Sul ricorso numero di registro generale 1271 del 2009, proposto da:

Paolo Ronchetti, rappresentato e difeso dall'avv. Antonio Ciccia, con domicilio eletto presso lo stesso in Torino, via Susa, 23;

 

contro

Societa' Asmt Servizi Industriali S.p.A., rappresentata e difesa dagli avv. Cinzia Picco, prof. Paolo Scaparone, con domicilio eletto presso il secodno in Torino, via S. Francesco D'Assisi, 14; Comune di Tortona;

 

per l'annullamento

previa sospensione dell'efficacia,

del provvedimento prot. 3627/P7sg del 20/10/2009 a firma dell'Amministratore delegato della società Asmt, con il quale è stata rigettata l'istanza di accesso ai documenti amministrativi presentata dal sig. Paolo Ronchetti, pervenuta il 1° ottobre 2009;

di tutti gli atti antecedenti, presupposti, connessi, derivati e conseguenziali;

nonché per la declaratoria del ricorrente a detto accesso e per il conseguente ordine all'ASMT di esibizione della documentazione richiesta e di rilascio di copie.

Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Societa' Asmt Servizi Industriali S.p.A.;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella Camera di Consiglio del giorno 17/12/2009 il Referendario Avv. Alfonso Graziano e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:

 

FATTO e DIRITTO

1. Con istanza del 28.9.2009 (doc. 3 ricorrente) il sig. Ronchetti, Consigliere comunale di Tortona, richiedeva all’A.S.M.T. Servizi industriali S.p.A., società mista a partecipazione pubblica maggioritaria, affidataria di alcuni servizi pubblici locali da parte dell’Ente territoriale, di potere accedere all’elenco fornitori della società per gli anni 2006 - 2009, assumendo la strumentalità del richiesto diritto d’accesso all’espletamento del suo mandato elettivo.

La società domandava un parere legale all’attuale patrono della stessa nel presente giudizio, il quale concludeva nel senso della legittimità del diniego sul rilievo che la società intimata, pur essendo partecipata maggioritariamente al 53% dal Comune di Tortona non sarebbe qualificabile come ente o azienda dipendente dal medesimo, ai sensi dell’art. 43 del TUEL, difettando il requisito del controllo analogo.

Al che la società in questione denegava al Ronchetti il richiesto accesso documentale.

Con il gravame in epigrafe insorge avverso il diniego, assunto con nota del 20.10.2009 (doc. 1 ricorrente) il Consigliere Ronchetti.

Si costituiva in giudizio l’A.S.M.T. s.p.a con atto del 4.12.2009.

Alla Camera di Consiglio del 17.12.2009 udita la lunga discussione dei procuratori delle parti e la Relazione del Referendario Avv. Alfonso Graziano, il ricorso è stato ritenuto in decisione.

2.1. Deduce il ricorrente un unico motivo di ricorso, conciso ma centrato, lamentando violazione dell’art. 43 del d.lgs. n. 267/2000 e 39 del Regolamento del Consiglio Comunale e delle Commissioni permanenti del Comune di Tortona, oltreché eccesso di potere per difetto di motivazione.

Sostiene, in particolare, il deducente che il diniego del richiesto accesso, ancorato sulla presunta non riconducibilità dell’A.S.M.T. S.p.A. al novero delle aziende dipendenti dal Comune di Tortona, conduce a restringere il diritto di accesso dei consiglieri rispetto a quello riconosciuto alla generalità dei cives, posto che ai sensi dell’art. 22 delle L. n. 241/1990, il diritto d’accesso c.d. ordinario vige anche nei riguardi dei soggetti di diritto privato gestori di pubblici servizi, qual è sicuramente la resistente Azienda.

Non osterebbero a parere del Ronchetti al richiesto diritto di accesso, né il dato che la partecipazione maggioritaria del Comune alla Azienda non equivalga a qualificarla ente dipendente dal Comune, né la presenza nella compagine societaria della medesima di un socio privato minoritario.

Non consta inoltre alcuna norma che delimiti la nozione di ente dipendente dal comune alle sole società in house.

2.2. A parere della Sezione le doglianze del ricorrente evidenziano tratti di manifesta fondatezza e vano conseguentemente accolte.

Non persuadono le ragioni del diniego, desunte dal parere legale acquisito dall’Amministrazione ed allegato alla impugnata nota di diniego.

Tale parere fonda la negazione della domanda di accesso sul rilievo che la A.S.M.T. pur essendo una società posseduta in misura maggioritaria dal Comune di Tortona, non sarebbe definibile in termini di ente o azienda dipendente del medesimo, ex art. 43 del d.lgs. n. 267/2000, non configurando il modello gestorio di cui al’art. 113 del Testo Unico, dell’in house providing, per difetto del fondamentale presupposto del controllo analogo.

Del pari non convince la semplificazione della questione e la sua riduzione alle sole norme civilistiche di cui all’art. 2381 c.c. che escluderebbe il diritto degli azionisti di ottenere informazioni sulla gestione della società al di fuori dell’assemblea.

2.3.1.1. Ritiene opportuno il Collegio procedere ad una rapida ricostruzione del corpus normativo che disciplina il diritto di accesso dei Consiglieri comunale e non può all’uopo non richiamare la recente sentenza del Tribunale, che ha avuto vasta eco e che ha effettuato una ricognizione dei limiti e delle condizioni del diritto d’accesso dei consiglieri comunali in relazione agli atti dell’ente locale.

Si è in quella sede (T.A.R. Piemonte, Sez. II, 31.7.2009, n. 2128 ) condivisibilmente conferita al diritto di accesso dei consiglieri comunali un’accezione alquanto ampia, tale da involgere qualsiasi informazione ritenuta dal richiedente utile all’espletamento del mandato elettivo, con esclusione delle sole richieste strumentali ed indeterminate, svincolando l’istanza sia dall’onere motivazionale che da quello formale della espressione in forma scritta.

Sul versante oggettivo rammenta il Collegio che anche il Giudice di secondo grado accredita una nozione particolarmente lata di informazioni utili all’espletamento del mandato consiliare, precisando che “dal termine "utili" contenuto nella norma in oggetto non consegue, quindi, alcuna limitazione al diritto di accesso dei consiglieri comunali, bensì l'estensione di tale diritto a qualsiasi atto ravvisato utile all'espletamento del mandato".(Consiglio di Stato, Sez. V, 09 ottobre 2007, n. 5264).Né per altro verso può riconoscersi all’Amministrazione uno spazio di sindacato in punto all’interesse del consigliere alla visione degli atti e all’ottenimento delle informazioni, poiché “l'interesse del consigliere comunale ad ottenere determinate informazioni o copia di specifici atti detenuti dall'amministrazione civica non si presta, pertanto, ad alcuno scrutinio di merito da parte degli uffici interpellati in quanto, sul piano oggettivo, esso ha la medesima latitudine dei compiti di indirizzo e controllo riservati al Consiglio comunale (al cui svolgimento è funzionale)”(Consiglio di Stato, Sez. V, 2 settembre 2005, n. 4471).

2.3.1.2. Deve qui la Sezione unicamente aggiungere che il diritto d’accesso dei consiglieri comunali si estende anche agli atti formati o stabilmente detenuti da tutte le aziende o enti partecipati dal comune, non richiedendosi che le stesse integrino la figura dell’in house providing.

Va al riguardo condivisa la tesi espressa dalla difesa del ricorrente, circa l’inesistenza di una norma di copertura all’argomento portato dal parere legale richiesto dalla ASMT, secondo il quale il diritto d’accesso dei consiglieri comunali può estendersi solo alle aziende comunali riconducibili all’alveo del’in house providing.

Nessuna norma di legge o principio costituzionale abilita l’interprete ad operare una simile discriminazione, che oltre a non essere consentita dal legge a non rinvenire supporti ne diritto positivo, infrange de plano anche i canoni ermeneutici di scaturigine costituzionale, quali promananti dagli artt. 24 , 3 e 113 della Costituzione.

2.3.2. Quando il legislatore del TUEL del 2000 adoperava l’espressione “aziende o enti dipendenti” del Comune, invero, non poteva minimamente additare gli organismi in house, in allora sconosciuti (benché la sentenza Teckal sia stata resa dalla Corte del Lussemburgo il 1999) poiché non ancora elevati dalla giurisprudenza e poi dal legislatore a figura organizzatoria tipica. Basti pensale che la famosa predetta sentenza Teckal, del 1999, costituente il leading case in subiecta materia, originava da un rinvio interpretativo effettuato dal T.A.R. Emilia Romagna – Parma, vertente non certo in materia di pubblici servizi, ma di appalti pubblici di servizi misti a forniture, domandandosi principalmente il TAR parmense se le attività di fornitura, che economicamente si configuravano prevalenti rispetto al servizio di gestione di impianti termici comunali, erano tali da indurre a qualificare il contratto misto come appalto di servizi ovvero di forniture, i fini dell’applicazione della deroga al regime concorsuale sancita dall’art. 6 della Direttiva n, 92/50CEE disciplinante i soli appalti di servizi e non le forniture pubbliche.

Quel primigenio precedente, che peraltro tanta fortuna e seguito ha avuto in tutta la giurisprudenza della Corte di Giustizia, non era peraltro idoneo in allora a delineare l’istituto e la figura dell’in house providing quale è stato poi tramandato alla dottrina pubblicistica e alla giurisprudenza dei tempi recenti, fino a rinvenire espressa sanzione nell’art. 113 del d.lgs. n. 267/200 (con le modifiche apportate nel 2003) e nell’art. 51 del d.lgs. n. 496/1997 in materia di servizio di riscossione delle entrate comunali.

2.3.3. Orbene, opina la Sezione che il criterio ermeneutico di interpretazione delle leggi scolpito all’art. 12 delle preleggi al codice civile e individuabile in quello che la dottrina costituzionalistica ab immemorabile definisce criterio storico evolutivo, sia il primo dato deponente nel senso della piena assoggettabilità al diritto d’accesso dei consiglieri comunali, delle Aziende partecipate in misura maggioritaria dal Comune, introducendo il requisito pretorio comunitario del controllo analogo, un quid novi sconosciuto al legislatore del Testo unico del 2000.

Prima di una fugace disamina dei principi costituzionali sopra lumeggiati, ritiene il Collegio di dover soggiungere che oltre al tratteggiato elemento interpretativo appuntato sulla contestualizzazione storica dell’art. 43 del d.lgs. n. 267/2000, alla quale è estraneo ogni riferimento al postumo requisito dell’in house ai fini di predicare la soggezione al diritto d’accesso dei consiglieri comunali di ogni azienda o società privata partecipata maggioritariamente dagli enti locali (comuni e province), ebbene, oltre al delineato elemento esegetico, milita a forte suffragio della divisata soggezione dell’ azienda a partecipazione pubblica locale maggioritaria, anche la riflessione in ordine alla prospettiva funzionale della partecipazione pubblica maggioritaria.

Al riguardo non può trascurarsi che la ratio dell’estensione del diritto d’accesso dei consiglieri, operata dall’art. 43 del TUEL anche nei confronti delle aziende o enti dipendenti del Comune, risiede nel fatto che tali aziende ed enti dipendenti sono quelli che gestiscono pubblici servizi locali.

Il legislatore ha cioè inteso individuare quali soggetti passivi del diritto di accesso dei rappresentanti della popolazione locale, gli enti o aziende dipendenti che gestiscano servizi pubblici locali per il Comune.

La figura della società in house, pertanto, è solo uno dei possibili soggetti legittimati passivi della richiesta e del diritto di accesso dei consiglieri, non esaurendo certo il novero di tutti i legittimati passivi, poiché tale figura non esaurisce il novero delle società partecipate dall’Ente locale che possono gestire i servizi pubblici locali.

2.3.4. La prospettiva ermeneutica caldeggiata, sulla scorta dell’invocato parere legale, dalla società resistente, invero oblitera di considerare che i servizi pubblici locali possono essere gestiti oltre che in via diretta dagli organismi in house, ossia senza l’intermediazione di una procedura concorsuale, anche dalle società miste a prevalente capitale pubblico, quali la resistente ASMT.

L’art. 113, comma 5, lett. b) del d.lgs. n. 267/2000 individua, infatti, quali soggetti gestori di servizi pubblici locali le società a partecipazione pubblica maggioritaria, le vecchie società di cui all’art. 22, 3° comma, lett. e) della L. N. 142/1990, il cui socio privato sia stato scelto mediante una procedura concorsuale ad evidenza pubblica.

E questo è il caso della resistente ASMT, il cui capitale sociale risulta costituito e posseduto per ben il 53% dal Comune di Tortona e per la residua parte da alcuni comuni contermini e poi per la restante parte dalla società privata Iride s.p.a selezionata per il tramite di procedura ad evidenza pubblica.

Ne consegue che l’A.S.M.T. è una società affidataria della gestione di servizi pubblici locali per il Comune di Tortona ai seni dell’art. 113, comma 5 lett. b) del TUEL, pur non integrando gli estremi dell’in house providing, figura individuata quale possibile modello gestorio dei servizi locali dalla lettera c) del comma 5 dell’art, 113 cit., in alternativa alla società mista a prevalente capitale pubblico locale.

2.3.5. Non individua pertanto la Sezione la ragione giuridica per la quale doversi predicare l’assoggettamento al diritto di accesso dei consiglieri comunali delle sole figure gestionali societarie dei servizi pubblici inquadrabili nel modello dell’in house, per escluderla nei confronti di società private che: 1. siano possedute dal Comune in misura maggioritaria; 2. siano affidatarie della gestione dei servizi pubblici parimenti in via diretta, ossia senza il previo espletamento di una pubblica gara, ma nelle quali il socio privato operativo sia stato scelto mediante gara.

2.4.1. Il Tribunale è quindi del parere che il proprium che contrassegna le aziende o enti dipendenti del Comune, di cui all’art. 43 del d.lgs. n. 267/2000 i fini dell’assoggettamento al diritto di accesso dei consiglieri comunali, è da individuare nell’essere l’azienda o l’ente affidatario della gestione di un pubblico servizio locale, dovendosi includere nel novero di tali enti o aziende dipendenti, nei cui confronti il consigliere comunale vanta il diritto di accedere a tutti agli atti e informazioni utili all’espletamento del suo mandato, anche le società partecipate dal Comune o dalla Provincia in misura maggioritaria e che gestiscano servizi pubblici locali per conto del Comune o della Provincia.

2.4.2. Militano nel senso della delineata ragionevole estensione del quadro dei soggetti societari obbligati ad ostendere i documenti o a fornire le informazioni richieste dal conigliere comunale o provinciale, anche i principi costituzionali scaturenti dall’art. 24 che ritaglia il diritto di difesa, dell’art. 3 sul principio di uguaglianza, che sarebbe irragionevolmente compresso se si escludessero dall’obbligo di concedere l’accesso le società a partecipazione pubblica maggioritaria ma non integranti l’in house, nonché lo stesso art. 113 della Costituzione, in forza del quale contro gli ati della pubblica amministrazione è sempre ammessa la tutela giurisdizionale dei diritti e degli interessi legittimi dinanzi agli organi di giurisdizione ordinaria o amministrativa. Anche tale ultimo diritto di azione del consigliere comunale sarebbe irragionevolmente compresso se gli si negasse di accedere agli atti delle aziende partecipate maggioritariamente dal Comune e affidatarie della gestione dei servizi pubblici locali.

2.4.3. Segnala il Collegio che recentissimamente la giurisprudenza ha ritenuto soggette al diritto d’accesso de consiglieri comunali ex art. 43 del TUEL tutte le società di cui si avvalgono gli enti locali per la gestione dei servizi gestione di servizi, a prescindere dalla misura della partecipazione del comune al capitale sociale e dalla qualità di società partecipata dall’ente o di mero concessionario della gestione dei servizi.

Si è infatti condivisibilmente precisato che “la natura di società di capitale non preclude, pertanto, l'esercizio del diritto de quo, atteso che la proprietà della medesima è in parte imputabile al Comune; dalla partecipazione pubblica discende l'esercizio di attività certamente rientranti nella più generale attività dell'ente locale, che giustifica e legittima quindi la richiesta documentazione.

In conclusione, risulta evidente, anche alla luce di recenti indici normativi, che le società partecipate pubbliche, siano esse strumentali agli enti partecipanti o concessionarie o affidatarie di servizi pubblici locali, restano assoggettate alle regole di buona amministrazione imparziale, secondo il principio di legalità, di cui all’art. 97 Cost. e al capo I della legge n. 241 del 1990. Finché questi strumenti societari impiegano soldi pubblici per lo svolgimento di funzioni pubbliche o per l’erogazione di servizi pubblici, non è consentito che il rivestimento formale privatistico possa consentire ad essi di sottrarsi alle regole di trasparenza e di controllabilità che indefettibilmente caratterizzano la funzione e il servizio pubblici”.( T.A.R. Campania - Napoli, Sez. V, 28 gennaio 2010 n. 448).

Il caso di specie concerneva una richiesta di accesso formulata da un consigliere comunale nei riguardi di una società consortile comunale, nella quale è verosimile che il Comune possedesse solo una quota no maggioritaria del capitale sociale.

2.4.4. In conclusione, ritiene il Collegio che sia riduttiva la linea interpretativa accreditata dall’Amministrazione sulla scorta del parere legale acquisito, secondo cui la richiesta di accesso dei consiglieri comunali riguardo gli atti delle società partecipate non sfugga al disposto degl’’art. 2381 e 2403 c.c. in forza dei quali l’accesso va negato ai soggetti estranei agli organi della società e non può esercitarsi al di fuori dell’assemblea.

Tale esegesi oblitera l’ineludibile contrassegno delle società digestione dei pubblici servizi, rappresentato dal vincolo della funzionalizzazione dell’attività della società agli scopi di pubblico interesse sottesi alla gestione di servizi di pubblica utilità.

Rammenta per contro il Collegio che sono anni che il Consiglio di Stato insegna che il modulo gestionale della società mista, pur essendo apparentato agli schemi civilistici di diritto comune, partecipa della medesima natura delle figure istituzionali pubblicistiche, essendo accomunato dal vincolo di scopo. Ebbe infatti a precisare il Giudice d’appello che la società mista partecipata dall’ente locale “costituisce un modello organizzativo e gestionale sì alternativo a quello dell'azienda speciale, ma non per questo del tutto alieno a connotati e finalità sostanzialmente pubblici, perché, ai fini dell'identificazione di un soggetto pubblico, la forma societaria assume veste neutrale ed il perseguimento di uno scopo pubblico non è di per sé in contraddizione con il fine societario lucrativo - art. 2247 c.c. - (cfr. Cons. Stato, sez. V, 3/09/2001, n.4586).

Ancor prima fu chiarito che “il modulo organizzativo della società mista per azioni ex art. 22 comma 3 lett. e), l. 8 giugno 1990 n. 142 (a prevalente capitale pubblico) delinea una forma di gestione diretta del servizio pubblico nel cui ambito non solo il rapporto tra pubblica amministrazione e società è di natura giuspubblicistica, ma soprattutto la società stessa diviene organo indiretto dell'ente, deputato allo svolgimento del servizio affidatole”( Cons. Stato, sez. V, 19/02/1998, n.192)".

In definitiva, il gravame si profila fondato e va accolto, conseguendone l’annullamento della nota diniego di accesso impugnata e l’ordine all’A.S.M.T. di consentire al Cons. Ronchetti di accedere all’elenco dei fornitori 2006-2009 nonché ai bilanci trimestrali per gli stessi anni.

Le spese di lite vanno poste a carico della parte resistente in ossequio al principio della soccombenza e sono liquidate in dispositivo.

 

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale del Piemonte – Prima Sezione – definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe lo Accoglie e, per l’effetto, Annulla la nota del 20.10.2009 prot. 3627/P/sg dell’A.S.M.T. S.p.A. ed Ordina alla medesima di consentire l’accesso al Cons. Paolo Ronchetti all’elenco dei fornitori nonché ai bilanci trimestrali per gli anni 2006,2007,2008 e 2009.

Condanna l’A.S.M.T S.p.A. a pagare al ricorrente le spese di lite, che liquida in € 1.000,00 oltre IVA e CNAP e rimborso del contributo unificato.

Ordina che la presente Sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.

Così deciso in Torino nella Camera di Consiglio del giorno 17/12/2009 con l'intervento dei Magistrati:

Franco Bianchi, Presidente

Alfonso Graziano, Referendario, Estensore

Paola Malanetto, Referendario

                       

L'ESTENSORE                     IL PRESIDENTE

                       

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 15/02/2010

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