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Consiglio di Stato, Sez. V, 22/2/2010 n. 1038
Sulla necessità per le imprese associate in A.T.I. partecipanti ad una gara di appalto di rendere note le quote di partecipazione di ciascuna di esse e sulla regolarizzabilità dell'omissione di tale dichiarazione.

Costituisce causa di esclusione il mancato adempimento dell'obbligo di dichiarare, in caso di imprese associate in A.T.I., le quote di partecipazione all'interno della compagine; obbligo imposto al fine di assicurare che la stazione appaltante possa in concreto verificare il possesso dei requisiti di qualificazione da parte delle singole imprese per l'effettiva parte di lavori che ciascuna deve espletare. Ne consegue che, nel caso di specie, è illegittimo il provvedimento di riammissione delle offerte di una RTI esclusa per mancata dichiarazione della quota dei lavori di ciascuna partecipante.

La regolarizzazione documentale è consentita nell'ipotesi di vizi puramente formali o imputabili a mero errore materiale, purchè inerenti a dichiarazioni o documenti non richiesti a pena di esclusione, non essendo, in tal caso, consentite la sanatoria o l'integrazione postuma, che verrebbero in tal modo a configurare una violazione dei termini ultimi di presentazione dell'offerta, nonchè della "par condicio" dei concorrenti. Inoltre, ai sensi dell'art. 46 d.lgs 163/06 (Codice dei contratti), i criteri disposti ai fini dell'integrazione documentale riguardano: il semplice chiarimento di un documento incompleto, ovvero un documento relativo a requisiti di partecipazione, e non all'offerta. Nella fattispecie la questione della integrazione è stata posta in relazione alla dichiarazione della quota di partecipazione, inerente l'offerta ed incidente sulle modalità di esecuzione della prestazione.

Materia: appalti / A.T.I.

REPUBBLICA ITALIANA

 

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

 

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

 

DECISIONE

Sul ricorso numero di registro generale 5483 del 2009, proposto da:

Provincia di Lodi, rappresentata e difesa dall'avv. Giuseppe Franco Ferrari, con domicilio eletto presso Giuseppe Franco Ferrari in Roma, via di Ripetta N.142;

 

contro

Fabiani Costruzioni Spa, rappresentata e difesa dagli avv. Paolo Carbone, Maria Bruna Chito, con domicilio eletto presso Paolo Carbone in Roma, viale Regina Margherita N. 290;

 

nei confronti di

Impresa Palladi di Palladi Giuseppe & C. Snc;

 

per la riforma

della sentenza del T.A.R. LOMBARDIA - MILANO: SEZIONE III n. 01343/2009, resa tra le parti, concernente la sentenza del T.a.r. Lombardia - Milano: Sezione III n. 01343/2009, resa tra le parti, e relativa all’AFFIDAMENTO LAVORI DI RIAMMODERNAMENTO STRADALE..

Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Fabiani Costruzioni Spa;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 27 ottobre 2009 il Cons. Giancarlo Montedoro e uditi per le parti gli avvocati avv. Mancini G. per delega dell'avv. Carbone, Ferrari G.F.;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:

 

FATTO

Con ricorso in primo grado la Fabiani Costruzioni spa impugnava gli atti di gara indetta dalla Provincia di Lodi per lavori di ammodernamento e variante della SS 234 fra Ospedaletto Lodigiano e Maleo ed il provvedimento di aggiudicazione definitiva intervenuto con determinazione dirigenziale n. 16 del 2004.

La gara era aggiudicata in via provvisoria alla Fabiani Costruzioni che aveva presentato un’offerta al ribasso sul prezzo a base di gara del 10,623%.

La Commissione, tuttavia, manifestava incertezze in ordine all’esclusione dell’ associazione temporanea fra imprese Impresa Fratelli Palladi/Comparini Melzo e chiedeva all’ufficio legale di essere confortata sul proprio operato.

Il dubbio giuridico riguardava l’interpretazione della clausola del bando secondo la quale “nel caso di ricorso all’ATI la dichiarazione di partecipazione in raggruppamento deve essere sottoscritta , a pena di esclusione, da tutti i rappresentanti legali delle imprese associate e deve specificare il tipo di ATI prescelto con l’indicazione dell’impresa capogruppo, la quota dei lavori che ciascuna impresa intenda eseguire e che contenga l’impegno che , in caso di aggiudicazione della gara, esse conferiranno mandato alla capogruppo.”

In particolare la Commissione chiedeva di sapere se “è corretto interpretare il punto 8 del disciplinare di gara in oggetto nel senso che la sola omessa sottoscrizione congiunta della dichiarazione di partecipazione in ATI alla gara costituisca causa di esclusione e non gli ulteriori adempimenti che possono , quindi, essere regolarizzati qualora omessi.”

Nel rispondere al quesito l’ufficio legale chiariva che l’inciso “a pena di esclusione” si riferiva esclusivamente alla mancata sottoscrizione congiunta della dichiarazione, mentre l’incidenza della violazione delle altre prescrizioni previste dal punto 8) del bando sulla partecipazione alla gara avrebbe dovuto essere valutata dalla Commissione di gara con adeguata motivazione.

Ricevuto il parere la Commissione riteneva che le offerte escluse potessero essere regolarizzate.

In particolare l’ATI Fratelli Palladi veniva invitata a presentare entro le ore 12 del giorno 8/1/2004 la dichiarazione relativa alla quota dei lavori che ciascuna impresa intendeva eseguire.

Prevenuta la dichiarazione, l’ATI Fratelli Palladi veniva riammessa alla gara aggiudicandosela con un ribasso del 10,63%.

Avverso l’aggiudicazione proponeva ricorso la Fabiani Costruzioni spa.

La sentenza impugnata accoglieva il ricorso annullando gli atti impugnati e condannando in forma generica l’amministrazione al risarcimento dei danni, oltre le spese.

 

DIRITTO

L’appello è fondato per quanto di ragione in punto di quantificazione del risarcimento dei danni.

Nel merito – esaminando prioritariamente perché preliminari sul piano logico le doglianze relative alla statuizione di annullamento - va rilevato che la riammissione delle offerte delle ATI escluse per mancata dichiarazione sulla quota dei lavori di ciascuna partecipante all’ATI è illegittima.

La giurisprudenza del Consiglio di Stato è granitica sul punto ed il Collegio non vede ragione di discostarsene.

Costituisce causa di esclusione il mancato adempimento dell'obbligo di dichiarare, in caso di imprese associate in A.T.I., le quote di partecipazione all'interno della compagine; obbligo imposto al fine di assicurare che la stazione appaltante possa in concreto verificare il possesso dei requisiti di qualificazione da parte delle singole imprese per l'effettiva parte di lavori che ciascuna deve espletare (ex plurimis fra le più recenti Consiglio Stato , sez. VI, 23 luglio 2009, n. 4627; CdS sez. V 22 dicembre 2008 n. 6493; CdS sez. VI 25 novembre 2008 n. 5787 ; CdS sez. V 7 maggio 2008 n. 2079 fra le risalenti CdS sez. V 12 ottobre 2004 n. 6586 ; CGA 13 giugno 2005 n. 358; CdS sez. VI 1 marzo 2007 n. 1001 CdS sez. V 9 ottobre 2007 n. 5260 ).

La regolarizzazione documentale può essere consentita quando i vizi siano puramente formali o chiaramente imputabili a errore solo materiale, e sempre che riguardino dichiarazioni o documenti che non sono richiesti a pena di esclusione, non essendo, in quest'ultima ipotesi, consentita la sanatoria o l'integrazione postuma che si tradurrebbero in una violazione dei termini massimi di presentazione dell'offerta e, in definitiva, in una violazione della "par condicio". (Consiglio Stato , sez. IV, 19 giugno 2006 , n. 3660).

Sanatorie documentali sono possibili, in conclusione, con la possibilità di integrare successivamente la documentazione prodotta con la domanda di partecipazione alla gara o, comunque, con l'offerta, con un duplice limite: a) la regolarizzazione deve riferirsi a carenze puramente formali od imputabili ad errori solo materiali (Cons. St., sez. VI, 31 agosto 2004, n. 5734); b) la regolarizzazione non può mai riguardare produzioni documentali violative di prescrizioni del bando (o della lettera di invito) presidiate dalla comminatoria di esclusione (Cons. St., sez. IV; 9 dicembre 2002, n. 6675).

Nella specie sussiste un duplice ostacolo alla regolarizzazione documentale : sia l’essenzialità dell’elemento da regolarizzare, non avente carattere formale perché all’interesse dell’amministrazione alla verifica , sin dalla fase dell’offerta, della corrispondenza sostanziale tra quote di qualificazione e quote di partecipazione ( ai sensi dell’art. 13 comma 1 della legge n. 109/1994 applicabile ratione temporis ) sia la comminatoria espressa di esclusione prevista testualmente dalla lex specialis della gara ( punto ( del disciplinare di gara ) in modo chiaro e specifico alla luce della interpretazione letterale e sistematica ( sicché appare fuorviante il parere reso dall’ufficio legale a fronte del tenore del punto 8 del disciplinare di gara ).

Va altresì considerato che i criteri normativamente ( arg.ex art. 46 del codice dei contratti pubblici ) disposti per l’integrazione documentale sono precisi : a) deve trattarsi di integrazione o chiarimento di un documento incompleto e non di produzione di un documento mancante; b) il documento deve attenere a requisiti di partecipazione e non all’offerta.

Nella specie la questione della integrazione è stata posta in relazione ad un elemento ( la dichiarazione della quota di partecipazione ) inerente l’offerta ed incidente sulle modalità di esecuzione della prestazione.

Giova riportare il testo della prima decisione del Consiglio di Stato sull’argomento della quota di partecipazione all’esecuzione per aver idea dell’interesse in giuoco che, non avendo carattere formale non consente la regolarizzazione nel modo preteso ( ed attuato ) dalla Provincia di Lodi.

La decisione è CdS V , 12 ottobre 2004 n. 6586 intervenuta dopo il venir meno del divieto dell’ATI costituenda nella riforma della disciplina degli appalti dovuta alla legge c.d. Merloni ter ( l n. 415/1998) .

In tale decisum si era statuito nel modo seguente :

“Nel nuovo testo in vigore, introdotto dall'art. 9, l. 415/1998, dopo il venire meno del divieto originariamente previsto dal legislatore 109/1004 di costituire associazioni temporanee e consorzi concomitanti o successivi all'aggiudicazione della gara a pena di nullità della medesima, la norma nulla prevede circa il momento in cui la partecipante è tenuta a dichiarare l'importo dei lavori del raggruppamento in relazione alle singole compartecipanti, se sin dall'ammissione alla gara o successivamente all'aggiudicazione. Sintomatico nel senso della necessità del possesso di siffatti requisiti anteriormente a tale ultima fase e sin dall'ammissione è, però, che il legislatore, in fase di riscrittura dell'art. 13, non abbia inteso emendare il comma 1, laddove subordina la partecipazione alla procedura concorsuale delle associazioni temporanee alla condizione che la mandataria e le altre imprese del raggruppamento siano già in possesso dei requisiti di qualificazione per la rispettiva quota percentuale, con ciò evidentemente riaffermando la necessità delle previa indicazione delle quote di partecipazione. Se l'esplicitazione di tale necessità era giustificata nel precedente divieto di costituire raggruppamenti durante o dopo l'aggiudicazione, non avrebbe senso alcuno una volta caduto tale divieto: averla mantenuta è chiaro indice dell'intento del legislatore di conservare la preventiva verifica dei requisiti in relazione alle singole quote di partecipazione anche nel nuovo regime. Ben avrebbe, infatti, il legislatore potuto emendare, oltre al quinto, anche il comma primo dell'art. 13, l. 109/1994, ed ammettere alla procedura le costituende associazioni temporanee a prescindere dal momento in cui dimostrare il possesso dei requisiti, cosi eliminando ogni dubbio circa la possibilità per le imprese non ancora raggruppate di dichiarare le rispettive quote di partecipazione anche dopo la fase dell'aggiudicazione. L'invarianza della disposizione evidenzia, sotto l'aspetto puramente ermeneutico, l'intento legislativo di ammettere alla gara i soli raggruppamenti e consorzi, ancorché costituendi, che siano e che dimostrino di essere gia in possesso dei requisiti di capacità economico finanziaria e tecnico-organizzativa secondo le relative percentuali e prima dell'aggiudicazione. Depongono in tale senso non solo le ordinarie regole di trasparenza e di pubblicità cui l'attività della stazione appaltante deve essere informata ai sensi della legge n. 241/1990 e il canone della par condicio fra tutti i partecipanti alla gara: principi in base alle quali il possesso dei requisiti di partecipazione (anche riguardo alle singole quote) deve essere presente all'atto dell'ammissione alla procedura, ma anche più specifici principi inerenti il legittimo andamento della gara, ben potendo la determinazione della soglia di anomalia ai sensi del comma 1-bis della l. n. 109/1994 variare a seconda del numero delle offerte ammissibili, con evidenti riflessi sulle aspettative dei partecipanti alla gara.

Nessuno degli argomenti portati dall'appellante nei tre motivi in esame è in grado di indurre a diverse conclusioni. Non l'art. 21, Dir. 14/6/1993, n. 93/37/CEE, meramente abolitivo del divieto della trasformazione dei raggruppamenti in una forma giuridica predeterminata dopo la presentazione dell'offerta, né la determinazione 18/7/2001, n. 15 dell'Autorità per la vigilanza sui lavori pubblici: la rilevanza della quota di partecipazione in sede di esecuzione del contratto che la circolare afferma attiene evidentemente ad una fase successiva all'aggiudicazione e nulla prova nel senso inteso dall'appellante.

Altrettanto sterile è il richiamo alla verifica ex comma 1-quater dell'art. 10, l. n. 109/1994 che attiene ad un esame meramente eventuale del possesso dei requisiti e neppure la circostanza che l'Ati Sotgiu abbia pienamente provato, successivamente all'aggiudicazione, il possesso delle quote di partecipazione della associate in base alle modalità dell'art. 35, L.R. n. 14/2002. Esaurite le valutazioni di scelta del contraente, l'effettivo possesso di un requisito non documentato nella precedente fase degrada a circostanza di mero fatto, inidonea a indurre a diverse conclusioni. Quanto stabilito in ordine al primo motivo determina l'infondatezza del terzo, ove si sostiene che l'omessa specificazione delle quote di partecipazione doveva essere qualificata come mera irregolarità emendabile, non essendo neppure prevista dal bando di gara. Quest'ultimo va infatti integrato con le prescrizioni di legge, allorché previste per la valida partecipazione alla stessa, come lo sono quelle dell'art. 13, comma quinto, l. n. 109/1994. La mancanza in capo all'appellante dei requisiti per conseguire l'aggiudicazione rende superfluo l'esame del secondo motivo di violazione dell'art. 4, D.P.R. 34/2000 sull'assunto che né la capogruppo né le imprese raggruppate erano tenute a dimostrare o a possedere gli elementi significativi e tra loro correlati del sistema di qualità perché non prescritto dall'art. 35, L.R. n. 14/20002.”

Questo iter argomentativo è stato poi assunto a fondamento di un principio costantemente ribadito nella giurisprudenza successiva.

Passando all’esame della questione risarcitoria, va notato che , provata l’illegittimità dell’aggiudicazione impugnata dall’impresa odierna appellata, è superata la censura sollevata dalla Provincia di Lodi nel motivo 3.1 del ricorso di appello ( illegittimità della statuizione risarcitoria in presenza di un esercizio legittimo del potere ).

Né può dirsi che non vi sia prova del danno, o che il danno non sia riconducibile all’esercizio illegittimo del potere amministrativo in quanto la Fabiani era risultata originariamente aggiudicataria provvisoria e la mancata stipula del contratto ( con la perdita di utilità economiche giuridicamente rilevanti ) è intervenuta solo a seguito dell’illegittima riammissione di offerte che erano state in un primo momento legittimamente escluse.

Quanto all’elemento della colpa va rilevato che essa sussiste , anche se in forma lieve, in considerazione della circostanza che l’orientamento giurisprudenziale richiamato nell’esame della statuizione di annullamento non si era ancora formato.

Ai fini del risarcimento del danno, la mera illegittimità del provvedimento amministrativo non è di per sé sola sufficiente a integrare il richiesto elemento soggettivo della condotta.

Infatti, allorché si deve vagliare la sussistenza dell'elemento soggettivo della colpa in capo all'amministrazione-apparato, si deve rendere un giudizio prognostico, secondo l'"id quod plerumque accidit" facente riferimento esclusivamente all'epoca in cui la censurata condotta è stata resa (Consiglio Stato , sez. VI, 03 dicembre 2008 , n. 5945).

La colpa di apparato è sussistente, nella specie, soprattutto alla luce della testuale previsione della clausola del disciplinare di gara ( art. 8 ) contenente comminatoria espressa di esclusione.

La condotta tenuta complessivamente dall’apparato si è concretata , a fronte del chiaro tenore della clausola, nella richiesta di parere legale avanzata dalla Commissione di gara che, dopo l’aggiudicazione alla Fabiani, ebbe a manifestare perplessità interpretative di propria iniziativa, seguita da un parere legale che invitava a motivare l’esclusione nel caso in cui non si trattasse della mancata sottoscrizione congiunta della dichiarazione di partecipazione, parere che veniva interpretato come un parere che consentiva la regolarizzazione senza motivare in ordine alla mancata applicazione dell’esclusione ( il parere si concludeva nel senso che la Commissione dovesse , motivando adeguatamente, specificare se tali omissioni potessero essere causa di esclusione o richiesta di integrazione).

Può quindi farsi applicazione di quell’insegnamento giurisprudenziale a tenore del quale ai fini dell'ammissibilità dell'azione di risarcimento danni proposta dinanzi al giudice amministrativo, l'accertamento dell'illegittimità del provvedimento, dal quale deriva la lesione in capo al soggetto destinatario dell'interesse legittimo, costituisce presupposto necessario, ma non sufficiente, affinché si configuri una responsabilità dell'apparato amministrativo procedente; occorre infatti la prova dell'esistenza di un danno, che l'interessato deve fornire ( prova consistente nella specie nella documentazione che attesta la perdita dell’aggiudicazione già avvenuta sia pure in forma provvisoria e della perdita del contratto poi eseguito dal raggruppamento illegittimamente riammesso alla gara ), l'accertamento del nesso di causalità diretta tra l'evento dannoso e l'operato dell'amministrazione ( il contratto è stato stipulato ed eseguito ed esso sarebbe spettato all’impresa Fabiani se non fosse intervenuta la regolarizzazione postuma – illegittima – delle domande dell’ATI Fratelli Palladi ) e, infine, l'imputazione dell'elemento dannoso a titolo di dolo o colpa della p.a., da ritenersi sussistente nell'ipotesi in cui l'adozione della determinazione illegittima, che apporti lesione all'interesse del soggetto si sia verificata in violazione delle regole di imparzialità, di correttezza e di buona amministrazione a cui deve ispirarsi l'attività amministrativa nel proprio esercizio, ovvero quando l'azione dell'amministrazione sia caratterizzata da negligenza nell'interpretare ed applicare la vigente normativa (Consiglio Stato , sez. VI, 18 marzo 2008 , n. 1113).

Tale colpa può ritenersi sussistente , sia pure in grado lieve, in considerazione del tempo in cui è avvenuto il fatto illecito, alla luce della clausola del disciplinare di gara e dell’andamento della procedura prima evidenziato.

L’art. 2043 – fondamento della responsabilità civile della pubblica amministrazione per lesione di interessi legittimi – non conosce quale rete di contenimento l’intensità della colpa, sicchè la responsabilità della pubblica amministrazione va ammessa anche quando la colpa è di grado lieve e ciò risulti positivamente.

Nel caso, dunque, in cui l'operato della P.A., all'atto di emanazione del provvedimento amministrativo poi annullato in via giurisdizionale, sia correlato all'esistenza di particolari circostanze, quali l'equivocità e contraddittorietà della normativa applicabile, la novità delle questioni, le oscillazioni giurisprudenziali nella materia, che possano avere influito sull'illegittimità della comportamento dell'Amministrazione stessa, deve ritenersi non possa configurarsi una situazione soggettiva di colpa dell'Amministrazione suscettibile di generare un obbligo di risarcimento del danno subito in favore del soggetto interessato.

Nella specie non si era ancora formata la giurisprudenza ( granitica ) che poi ebbe a formarsi a partire da CdS V 12 ottobre 2004 ma non si segnalavano sul punto ritenuto controverso o dubbio dalla Commissione, vivi contrasti interpretativi e , soprattutto, vi era il chiaro tenore della lex specialis che prevedeva una comminatoria di esclusione per una dichiarazione di partecipazione formulata da ATI in modo non conforme al disciplinare di gara ( ossia senza indicazione delle quote di partecipazione degli aderenti all’ATI ).

In conclusione, per quanto detto, deve ritenersi sussistente la colpa , sia pure di lieve intensità, dell’apparato, nella regolarizzazione delle offerte escluse.

Sul quantum debeatur, limitato all’unica voce di danno richiesta, ossia il lucro cessante, la sentenza va invece riformata, occorrendo limitare la corresponsione del risarcimento alla minor somma fra l’utile dichiarato dall’impresa all’atto della presentazione dell’offerta ( o desumibile dal tenore complessivo di essa ) e la percentuale del 10% dell’importo complessivo a base d’asta ( unico parametro astrattamente considerato dal giudice di prime cure che così isolatamente considerato consentirebbe un’ingiusta locupletazione all’impresa danneggiata).

La somma dovuta a titolo di risarcimento danni dovrà essere liquidata d’accordo fra le parti ai sensi dell’art. 35 del d.lgs. n. 80/1998.

La condanna al risarcimento del danno nella forma di « sentenza sui criteri », ex art. 35 comma 2, d.lg. 31 marzo 1998 n. 80, modificato dalla l. 21 luglio 2000 n. 205 è applicabile ove la quantificazione del danno necessiti di una ulteriore attività collaborativa dell'Amministrazione; infatti in tali casi, ai fini della liquidazione del danno cagionato dalla Pubblica amministrazione, può essere utilizzato lo strumento previsto dal succitato art. 35 comma 2, d.lg. n. 80 del 1998, che consente al giudice amministrativo di stabilire i criteri in base ai quali l'Amministrazione deve proporre in favore dell'avente titolo il pagamento della somma entro un congruo termine, prevedendo che, qualora permanga il disaccordo, le parti possano rivolgersi nuovamente al giudice per la determinazione delle somme dovute nelle forme del giudizio di ottemperanza (Consiglio Stato , sez. IV, 06 luglio 2009 , n. 4325).

Le spese del doppio grado di giudizio possono essere compensate sussistendone gli eccezionali motivi in ragione della novità delle questioni e dell’accoglimento solo parziale dell’appello.

 

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato, Sezione Quinta , definitivamente pronunciando nel contraddittorio delle parti sul ricorso in epigrafe specificato:

Rigetta l’appello sulla statuizione di annullamento ;

Accoglie in parte l’appello in ordine alla statuizione risarcitoria e , per l’effetto, condanna l’amministrazione al risarcimento dei danni, da liquidarsi, in accordo con la ricorrente, nella minor somma fra quella pari alla percentuale dell’utile dichiarato in offerta dalla Fabiani Costruzioni spa e quella pari al dieci per cento dell’importo a base d’asta, decurtato degli oneri di sicurezza e della percentuale di ribasso offerta dall’impresa.

Compensa integralmente le spese del giudizio.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 27 ottobre 2009 con l'intervento dei Signori:

Stefano Baccarini, Presidente

Cesare Lamberti, Consigliere

Marzio Branca, Consigliere

Carlo Saltelli, Consigliere

Giancarlo Montedoro, Consigliere, Estensore

                       

L'ESTENSORE                     IL PRESIDENTE

                       

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 22/02/2010

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