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TAR Campania, Napoli, Sez. IV, 1/3/2010 n. 1213
Il lodo arbitrale è insuscettibile di esecuzione attraverso lo speciale rimedio del ricorso per ottemperanza.

Il lodo arbitrale è insuscettibile di esecuzione attraverso lo speciale rimedio del ricorso per ottemperanza, in quanto, data la sua connotazione in termini negoziali, gli è estranea la possibilità di conseguire quella particolare qualità o stabilità consistente nella immutabilità dell'accertamento, ossia il "far stato tra le parti" previsto per le sentenze dall'art. 2909 c.c., che è proprio ed esclusivo delle sentenze che provengono dall'autorità giurisdizionale statuale". Si può, dunque, affermare che sebbene il lodo abbia "efficacia di sentenza", l'assimilazione del lodo alla sentenza può riguardare soltanto gli effetti processuali della decisione e il suo regime di impugnazione, non potendo valere a fare acquisire al lodo, data la propria inidoneità in tal senso, l'autorità di cosa giudicata ex art. 2909 c.c., ancorché non più impugnabile per nullità".

Materia: giustizia amministrativa / giudizio di ottemperanza

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

 

SENTENZA

Sul ricorso numero di registro generale 6059 del 2009, proposto da:

Erg Petroli Spa, in persona dell’amm.re delegato e legale rapp.te p.t., ing. Pier Francesco Pinelli, rappresentata e difesa dagli avv. Rodolfo Radius, Ambrogio Coppola e Giorgio Falini, con domicilio eletto in Napoli, via S. Brigida, 39;

 

contro

il Consorzio Smaltimento Rifiuti RSU Comuni Bacino Na 3, in persona del legale rapp.te p.t., non costituito;

 

 

per l’ottemperanza

<<del lodo sottoscritto in Roma in data 3 aprile 2008 dagli arbitri, Avv. Giuseppe Tepedino, Avv. Anna Rita dell’Olmo, Avv. Nicola Nanni, notificato al Consorzio Smaltimento Rifiuti RSU Comuni Bacino Na 3 ai fini del passaggio in giudicato in data 4 giugno 2008 e non impugnato, dichiarato esecutivo in data 24 settembre 2008, munito della relativa formula in data 27 ottobre 2008 ed in tale forma notificato al Consorzio in data 17 dicembre 2008>>.

Visto il ricorso con i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 28 gennaio 2010 il dott. Paolo Carpentieri e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO e DIRITTO

Con ricorso notificato il 9 novembre 2009 e depositato in segreteria il successivo giorno 13, la società Erg Petroli s.p.a. ha chiesto l’esecuzione del lodo arbitrale in epigrafe indicato con il quale il Consorzio Smaltimento Rifiuti RSU Comuni Bacino Na 3 è stato condannato al pagamento, in favore di essa società ricorrente, del complessivo importo di euro 38.184,30, oltre interessi e spese di funzionamento del collegio arbitrale, per forniture non pagate di carburante per autotrazione.

 

La società ricorrente ha depositato il lodo notificato e il certificato di non proposta impugnazione, nonché l’atto di diffida e messa in mora notificato il 28 maggio 2009.

 

La segreteria della Sezione ha dato comunicazione del deposito del ricorso all’Amministrazione intimata in data 4 dicembre 2009, ai sensi dell'art. 91, 2° comma, r.d. 17 agosto 1907, n. 642.

 

Il Consorzio intimato non si è costituito in giudizio e non ha fatto pervenire proprie osservazioni.

 

Alla camera di consiglio del 28 gennaio 2010 la causa è stata chiamata e assunta in decisione.

 

Il ricorso è inammissibile.

 

Conformemente a specifiche, precedenti pronunce (sentenze 10 aprile 2009, n. 1940 e 1 settembre 2009, n. 4862), la Sezione aderisce all’orientamento negativo del potere del giudice amministrativo, in sede di ottemperanza, di dare esecuzione al lodo arbitrale, inaugurato da una recente giurisprudenza (Tar Puglia, Lecce, sez. I, n. 2800 del 2008), che ha fornito una compiuta e analitica disamina della problematica processuale de qua agitur.

 

Ha, in particolare, osservato il Tar leccese, muovendo dal principio dell’effettività della tutela (art. 24 Cost., Corte cost. n. 127 del 1977, n. 419 e n. 435 del 1995), che “ciò che connota la giurisdizione e che la rende una funzione squisitamente caratterizzante la sovranità dello Stato non è l’attività di giudizio in quanto tale (rispetto alla quale non esiste una situazione di monopolio, dal momento che l’ordinamento ammette pacificamente il ricorso a giudici privati), quanto piuttosto il fatto che ad essa soltanto compete quella forza, ossia la forza del giudicato, idonea ad esaurire ogni potestà di giudizio sullo specifico frammento di vita e a troncare in modo irreversibile e ad ogni effetto il nesso tra la fattispecie concreta e quella astratta (il c.d. monopolio della forza)”. Così correttamente focalizzato il principio di effettività della tutela, il giudice pugliese ne ha dedotto la conseguenza secondo cui “l’esecuzione in forma coattiva, allorché espressione del principio di effettività della tutela, debba essere riservata a quelle decisioni adottate unicamente da coloro che esercitano la funzione giurisdizionale; con esclusione, quindi, delle statuizioni eventualmente disposte da soggetti posti al di fuori di siffatto ambito, e tra questi gli arbitri privati”, la cui pronuncia “non assume la natura di decisione di merito da parte di un organo giurisdizionale dello Stato od assimilabile ad un siffatto organo” (Cass., sez. un., 3 agosto 2000, n. 527; Id., 3 luglio 2006, n. 15204). In questo senso – prosegue il Tar Lecce – “l’ordinamento positivo ha “processualizzato” il procedimento arbitrale, ma non lo ha anche “giurisdizionalizzato”, nemmeno mediante l’exequatur”. Con la conclusione – coerentemente e condivisibilmente tratta dalla citata sentenza del Tar leccese – per cui “il canone dell’effettività della tutela, da cui promana la forza coercitiva della sentenza (da intendersi come il potere di imporre, anche coattivamente in caso di necessità, il rispetto della statuizione in essa definitivamente contenuta), non può trovare espressione al di fuori degli organi cui la Costituzione riserva la funzione giurisdizionale: organi tra i quali non rientra, come ampiamente dimostrato, il collegio arbitrale privato”.

 

La citata sentenza n. 2800 del 2008 del Tar Lecce ha quindi cura di precisare che le ora raggiunte conclusioni non mutano allorquando si abbia a che fare, come nel caso qui in esame, con un lodo “confermato” dalla Corte d’appello in sede di rigetto dell’impugnazione di nullità prevista dal codice di rito civile. La Cassazione (ss.uu., 3 agosto 2000, n. 527), infatti, precisa che il lodo arbitrale è un atto negoziale (una “decisione privata di una lite privata”), riconducibile al dictum di soggetti privati, “la cui natura originaria non è immutata dalla attribuzione degli effetti della sentenza”. Ed infatti, prosegue la sentenza citata, “se anche può convenirsi che il lodo ha una sua valenza imperativa, nel senso che con esso gli arbitri decidono la lite e nel senso che lo stesso finisce per dettare la lex specialis del rapporto giuridico controverso, appare tuttavia contrario al fondamento negoziale dell’istituto ed alla fonte privata dei poteri esercitati dagli arbitri postulare una assoluta irretrattabilità e incontrovertibilità del comando contenuto nel lodo, anche una volta che questo non sia più soggetto alle previste impugnazioni” (e, deve aggiungersi, anche ove le previste impugnazioni siano state esperite con esito confermativo del lodo, poiché la sentenza di rigetto della Corte d’appello non si sostituisce in alcun modo alla decisione privata e non potrebbe comunque avere ex se valenza di giudicato esterno, trattandosi di pronuncia di rigetto).

 

Giova aggiungere e precisare, sotto il profilo da ultimo considerato, che l’avvenuta proposizione, con il ricorso in esame, di una domanda di esecuzione del giudicato formatosi sulla sentenza della Corte d’appello di Napoli n. 3799/2007 del 5 dicembre 2007 di rigetto dell’impugnativa di nullità esperita dal Consorzio intimato non muta in alcun modo i termini e le conclusioni del discorso, atteso che, come detto, la sentenza di rigetto (dell’azione di nullità del lodo) è insuscettibile, in quanto tale, di costituire regiudicata sostanziale capace di esecuzione autonoma e distinta rispetto al lodo arbitrale, di talché l’unico titolo esecutivo è e resta, per l’appunto, il lodo arbitrale, né più né meno di quanto accade in caso di conferma in appello di una sentenza del giudice di primo grado. Ciò di cui si chiede, dunque, nella presente sede, l’esecuzione è (e non potrebbe essere altro che) il lodo, a nulla rilevando, a questi effetti, la sentenza della Corte d’appello n. 3799 del 2007.

 

Conclusivamente, il Tar Puglia osserva condivisibilmente che “al lodo arbitrale, data la sua connotazione in termini negoziali, è estranea la possibilità di conseguire quella particolare qualità o stabilità consistente nella immutabilità dell’accertamento, ossia il “far stato tra le parti” previsto per le sentenze dall’art. 2909 c.c., che è proprio ed esclusivo delle sentenze che provengono dall'autorità giurisdizionale statuale” (Cass., sez. III, 5 giugno 2007, n. 13067).

 

“A tale riguardo, infatti, le norme codicistiche che disciplinano l’arbitrato continuano a distinguere – anche dopo la novella del 2006 – tra efficacia della sentenza, la quale coincide con il requisito della imperatività (ossia il vincolo concreto per le parti), e l’autorità di cosa giudicata, la quale non è un effetto della sentenza, ma una particolare qualità di tali effetti, consistente nella immutabilità e incontrovertibilità in essa contenuto. Ai predetti fini, le norme suddette assegnano al modello arbitrale il primo requisito, non anche il secondo”.

 

Si può dunque affermare che il lodo abbia “efficacia di sentenza”, purché sia chiaro che questa assimilazione del lodo alla sentenza può riguardare soltanto gli effetti processuali della decisione e il suo regime di impugnazione, non potendo valere a fare acquisire al lodo – data la propria inidoneità in tal senso, come testé dimostrato – l’autorità di cosa giudicata ex art. 2909 c.c., ancorché non più impugnabile per nullità”.

 

Un ulteriore argomento speso dal Tar pugliese, che pure sembra meritevole di piena adesione, consiste nel rilievo che sarebbe irrazionale negare – come pacificamente è negato – il rimedio dell’ottemperanza alla decisione del ricorso straordinario al Capo dello Stato, per ammetterlo, invece, per il lodo arbitrale, “che analogamente al ricorso straordinario è senz’altro ritenuto strumento alternativo di giurisdizione”.

 

In conclusione, per tutti gli esposti motivi, il lodo arbitrale deve giudicarsi insuscettibile di esecuzione attraverso lo speciale rimedio del ricorso per ottemperanza. Il ricorso in esame deve dunque essere dichiarato inammissibile.

 

Stante la novità della questione, sussistono giusti motivi per compensare integralmente tra le parti le spese del presente giudizio.

 

P.Q.M.

IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA CAMPANIA, V^ Sezione, definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe indicato, lo dichiara inammissibile.

Spese compensate

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 28 gennaio 2010 con l'intervento dei Signori:

Antonio Onorato, Presidente

Paolo Carpentieri, Consigliere, Estensore

Gabriele Nunziata, Consigliere

 

 

L'ESTENSORE  IL PRESIDENTE

   

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 01/03/2010

 

(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)

 

IL SEGRETARIO

 

 

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