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TAR Calabria, sez. Reggio Calabria, 11/3/2010 n. 249
Spetta alla p.a. dimostrare che si è trattato di un errore scusabile, nel caso in cui il privato danneggiato dall'illegittimo esercizio dell'azione amministrativa invochi, ai fini della prova della colpa della p.a., l'illegittimità del provvedimento.

Laddove il privato danneggiato dall'illegittimo esercizio dell'azione amministrativa invochi, ai fini della prova della colpa della p.a., l'illegittimità del provvedimento quale indice presuntivo della colpa o alleghi circostanze ulteriori idonee a dimostrare che si è trattato di un errore non scusabile, spetta alla p.a. dimostrare che si è trattato di un errore scusabile, configurabile in caso di contrasti giurisprudenziali sull'interpretazione di una norma, di formulazione incerta di norme da poco entrate in vigore, di rilevante complessità del fatto, di influenza determinante di comportamenti di altri soggetti, di illegittimità derivante da una successiva dichiarazione di incostituzionalità della norma applicata, etc.

Materia: pubblica amministrazione / responsabilità

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

 

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria Sezione Staccata di Reggio Calabria

ha pronunciato la presente

 

SENTENZA

Sul ricorso numero di registro generale 1524 del 2003, proposto da:

Giordano S.r.l., in persona dell’amministratore, Frank Giordano, rappresentato e difeso dagli avv. Francesca Terzi, Francesco Terzi, con domicilio eletto presso Aldo Raffaello Abenavoli, avv. in Reggio Calabria, via Castello, 13;

 

contro

Ministero Beni e Attività Culturali, in persona del Ministro p.t., rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale, domiciliata per legge in Reggio Calabria, via del Plebiscito, 15;

 

per la condanna

dell’amministrazione al risarcimento del danno derivante dall’illegittima esclusione della Giordano s.r.l., dalla gara finalizzata all’appalto dei lavori di adeguamento e completamento del museo archeologico di Sibari.

Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero Beni e Attività Culturali;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 24/02/2010 il dott. Giulio Veltri e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:

 

FATTO e DIRITTO

1. La Soprintendenza per i Beni Archeologici della Calabria bandiva una pubblica gara per l’affidamento di lavori di adeguamento e completamento del museo archeologico di Sibari, alla quale partecipavano tra le altre, la Sicer di F.lli Donzelli e l’impresa Giordano s.r.l., quest’ultima odierna ricorrente. Entrambe le imprese venivano escluse dalla gara e rimaneva aggiudicataria l’ATI Maragno - Galiuto - D’Attolico.

1.1. La Giordano s.r.l. impugnava l’esclusione (sia quella propria, sia quella della Sicer in quanto influente sul calcolo dell’anomalia), chiedendo al contempo il risarcimento conseguente alla mancata aggiudicazione.

1.2. Questo Tribunale, con sentenza 57/2003, in accoglimento del ricorso citato, annullava l’atto impugnato (per l’esattezza il verbale di aggiudicazione e contestuale esclusione delle imprese prive dei requisiti) nella parte in cui escludeva dalla gara la Giordano s.r.l. e la Sicer di F.lli Donzelli, e nella parte relativa all’aggiudicazione in favore della menzionata ATI.

Sul risarcimento del danno, pur chiesto in sede impugnatoria, il Tribunale, invece, nulla disponeva, ritenendo la sentenza costitutiva di annullamento comunque satisfattiva della pretesa fatta valere in giudizio, in relazione all’ancora possibile conseguimento dell’aggiudicazione.

1.3. Tuttavia, nelle more del deposito e della notifica della sentenza, l’amministrazione dava esecuzione all’impugnata aggiudicazione stipulando il contratto di appalto con l’originario aggiudicatario e consegnando i lavori, poi completati dall’appaltatore nel giro di pochi mesi.

2. La Giordano s.r.l., agisce oggi per conseguire una condanna dell’amministrazione al risarcimento del danno sofferto, e ciò sul dichiarato presupposto che se l’amministrazione avesse correttamente agito e comunque tempestivamente ottemperato, essa sarebbe risultata aggiudicataria.

3. Si è costituita l’amministrazione eccependo la sussistenza di un giudicato di rigetto sulla domanda risarcitoria, la non dimostrabilità della spettanza dell’aggiudicazione ed infine la non rinvenibilità di profili di colpa nel comportamento adottato.

4. All’udienza del 24 febbraio 2010, la causa è stata trattenuta per la decisione.

5. La domanda è fondata.

5.1. Priva di pregio è l’eccezione di giudicato sulla domanda risarcitoria. Il Tribunale ha ritenuto che il “bene della vita” cui il ricorrente legittimamente aspirava poteva ancora essere conseguito mediante la riedizione dell’attività amministrativa, così da rendere ultroneo un risarcimento per equivalente, come tale invece necessario solo in ipotesi di irreversibile compromissione del bene.

Non ha dunque provveduto sull’istanza risarcitoria per equivalente non perché ne abbia ravvisato la mancanza di fondamento, quanto, piuttosto, perché ha ritenuto di poter garantire una tutela, più penetrante e satisfattiva, in ispecie coincidente con la rimozione del segmento amministrativo viziato e la sua sostituzione attraverso una futura azione amministrativa foriera di una possibile aggiudicazione, in favore del ricorrente.

L’amministrazione, pendente il giudizio e nelle more del deposito della pronuncia definitiva, ha invece ritenuto di procedere con l’azione amministrativa già intrapresa, stipulando il contratto e consegnando i lavori sulla base dell’aggiudicazione contestata, talchè, al momento della notifica della pronuncia di annullamento, i lavori sono risultati già ultimati. Il presupposto che il Tribunale aveva implicitamente posto a base del mancato esame della domanda risarcitoria, id est, impregiudicata possibilità di conseguimento dell’aggiudicazione, è stato dunque obliterato dal comportamento dell’amministrazione, coevo e successivo al giudizio.

Sulla base di questo comportamento, il collegio è ora chiamato a decidere dell’istanza risarcitoria.

6. Ciò chiarito, e venendo all’esame della lesione sofferta dall’impresa ricorrente e, specularmente, alla verifica della spettanza del bene preteso, la medesima sostiene che se le due imprese non fossero state escluse, per come chiarito dal TAR, la Sicer di F.lli Donzelli sarebbe risultata anomala e quindi automaticamente esclusa (essendo le offerte validamente presentate pari a cinque), e quella della Giordano s.r.l. sarebbe risultata la migliore offerta in gara, avendo offerto un ribasso del 13,58%.

L’esame del fascicolo processuale e del verbale di aggiudicazione parzialmente annullato, induce a condividere siffatta conclusione.

6.1. Dagli effetti demolitori della pronuncia sarebbe dovuta derivare l’ammissione alla gara di sole cinque offerte. L'art. 21, comma 1 bis, l. 11 febbraio 1994 n. 109, norma ratione temporis applicabile alla fattispecie, prevede, relativamente ai soli appalti pubblici di importo inferiore alla soglia comunitaria in cui il numero delle offerte risulti pari o superiore a cinque, che l'amministrazione interessata proceda all'esclusione automatica delle offerte che presentino una percentuale di ribasso pari o superiore alla soglia di anomalia determinata dalla media aritmetica dei ribassi percentuali di tutte le offerte ammesse, con esclusione del dieci per cento, arrotondato all'unità superiore, rispettivamente delle offerte di maggior ribasso e di quelle di minor ribasso, incrementata dello scarto medio aritmetico dei ribassi percentuali che superano la predetta media.

Dall’applicazione del sopradescritto meccanismo alle cinque offerte presentate (Cons Coop 12,150%; Vitaltec 13,170%; Giordano 13,580%; Sicer 15,00%; ATI Maragno 18,710%) discende, ai fini del calcolo della soglia di anomalia, che il 10% delle offerte ammesse arrotondato all’unità era pari ad 1. Dalla media aritmetica dei ribassi percentuali occorreva pertanto escludere una offerta di maggior ribasso (ATI Maragno 18,710%) ed una di minor ribasso (Cons Coop 12,150%); indi, la media così individuata (13,9167) doveva essere incrementata dello scarto medio aritmetico dei ribassi percentuali che superavano la predetta media (1,0833). Così procedendo, la soglia di anomalia derivante, come innanzi detto, dalla somma della media aritmetica e dello scarto medio aritmetico, sarebbe stata pari a 15,000 (13,9167 + 1,0833).

Sia l’ATI Maragno che la Sicer avrebbero dunque dovuto essere escluse automaticamente poiché avevano formulato un’offerta rispettivamente, superiore (18,710%), e pari (15,00%) alla soglia così individuata; per l’effetto, aggiudicataria sarebbe dovuta risultare la Giordano s.r.l. (migliore delle offerte non anomale).

6.2. Chiarito, dunque, che il regolare svolgersi della gara, secondo i principi e le statuizioni affermati dal TAR nella pronuncia 57/2003, avrebbe condotto all’aggiudicazione della gara in favore del ricorrente, può dunque passarsi all’esame dei profili soggettivi della responsabilità dell’amministrazione, sub specie della sussistenza di un comportamento colposo.

La più recente giurisprudenza ha chiarito che laddove il privato danneggiato dall'illegittimo esercizio dell'azione amministrativa invochi, ai fini della prova della colpa della p.a., l'illegittimità del provvedimento quale indice presuntivo della colpa o alleghi circostanze ulteriori idonee a dimostrare che si è trattato di un errore non scusabile, spetta alla p.a. dimostrare che si è trattato di un errore scusabile, configurabile in caso di contrasti giurisprudenziali sull'interpretazione di una norma, di formulazione incerta di norme da poco entrate in vigore, di rilevante complessità del fatto, di influenza determinante di comportamenti di altri soggetti, di illegittimità derivante da una successiva dichiarazione di incostituzionalità della norma applicata, etc. (Consiglio Stato , sez. V, 12 giugno 2009, n. 3785; T.A.R. Toscana Firenze, sez. II, 29 gennaio 2009, n. 149; Consiglio Stato, sez. VI, 09 marzo 2007, n. 1114; T.A.R. Calabria Catanzaro, sez. II, 25 giugno 2007, n. 855).

Nel caso di specie, all’accertata illegittimità dell’aggiudicazione ha fatto seguito un comportamento dell’amministrazione che ha eliso la parentesi giudiziaria, sul presupposto, poi rivelatosi erroneo, della correttezza del proprio operato e, ciò nonostante in sede cautelare il Tribunale avesse concesso tutela attraverso la fissazione, nello strettissimo termine di legge, dell’udienza di discussione. L’illegittimità del provvedimento, traguardata alla luce del comportamento successivo dell’amministrazione e vagliata in relazione alle non esaustive e convincenti giustificazioni dell’amministrazione circa la scusabilità dell’errore, depongono quindi per la sussistenza anche di una profilo colposo sufficiente a generare responsabilità.

6.3. Con riferimento alla quantificazione del danno da “mancata aggiudicazione” il lucro cessante può essere direttamente rapportato all'utile che l'impresa avrebbe conseguito a seguito dell'aggiudicazione illegittimamente negata. Tale utile, che la prevalente giurisprudenza mutua dall'art. 345 della legge 20.3.1865, n. 2248, all. F (riprodotto dall'art. 122 del regolamento, emanato con D.P.R. 21.12.1999, n. 554 e dall'art. 37 septies, comma 1, lettera c, della legge 11.2.1994, n. 109, ora art. 134, d.lgs. 163 del 2006), può individuarsi nella misura del 10% del valore dell'importo che avrebbe dovuto essere corrisposto in caso di effettiva aggiudicazione, a condizione, tuttavia, che il danneggiato documenti di non aver potuto utilizzare le maestranze ed i mezzi, lasciati disponibili per l'espletamento dell'appalto; essendo ragionevolmente presumibile, in caso di mancata dimostrazione, che l'impresa abbia riutilizzato i mezzi e la manodopera per lo svolgimento di altri lavori, la percentuale indicata deve essere equitativamente ridotta (T.A.R. Calabria Catanzaro, sez. II, 04 dicembre 2008, n. 1565; T.A.R. Sardegna Cagliari, sez. I, 12 agosto 2008, n. 1721; Consiglio Stato, sez. VI, 09 marzo 2007, n. 1114; Cons. Stato, V, 24 ottobre 2002 n. 5860; VI; 9 novembre 2006 n. 6607).

Né può diversamente argomentarsi sulla base di una presunta disparità fra la quantificazione del danno da recesso ed il danno da mancata aggiudicazione, giacché, non solo il secondo non è oggetto di prescrizione normativa (il giudice fa applicazione del primo, quale parametro per una valutazione che rimane di natura equitativa), ma concerne altresì una fattispecie, parzialmente diversa, nella quale l’impresa ha già predisposto il cantiere o comunque ha impegnato mezzi e risorse in vista dell’esecuzione del contratto di appalto, confidando, con ragionevole certezza, sull’esecuzione dei lavori appaltati. In tale ultima ipotesi è ragionevole presumere che l’impresa si astenga, per il periodo contemplato dal cronoprogramma dei lavori appaltati, dall’assumere ulteriori impegni o, comunque, non riesca, durante il tempo che residua a seguito del recesso, a reperire altre occasioni parimenti remunerative. Nel caso della mancata aggiudicazione, invece, siffatta presunzione non ha ragione giustificatrice, costituendo, la procedura concorsuale e la conseguente aggiudicazione, una mera aspettativa, ex post, rivelatasi ingiustamente negata.

Nel caso di specie, la Giordano s.r.l. si è limitata ad invocare l’applicabilità del parametro dal quale il giudice avrebbe dovuto trarre spunto per la valutazione equitativa, senza nulla allegare e dedurre circa l’effettivo e concreto profitto stimato e, soprattutto, circa il mancato svolgimento, nel periodo considerato, di altra attività di impiego delle maestranze e dei mezzi di impresa, parimenti lucrativa, resasi astrattamente e presuntivamente possibile proprio a causa della mancata aggiudicazione.

6.4. In ragione di quanto sopra, il lucro cessante può equitativamente individuarsi attraverso una congrua riduzione della percentuale prevista dai riferimenti normativi citati, da fissarsi nel 5%. Dall’applicazione dell’aliquota citata alla somma dell’importo del contratto (importo dei lavori al netto del ribasso: € 469.027,63) deriva la liquidazione di un danno equivalente ad € 23.451,38.

La somma così individuata, costituendo obbligazione di valore, deve essere annualmente rivalutata con decorrenza dal 20 novembre 2002 (data di ultimazione dei lavori fissata dall’amministrazione in sede di consegna dei lavori all’appaltatore, quest’ultima da considerare quale adempimento che fonda il diritto al pagamento), sino alla data di pubblicazione della presente sentenza.

Com’è noto, in tema di responsabilità extracontrattuale da fatto illecito, sulla somma riconosciuta al danneggiato a titolo di risarcimento occorre inoltre considerare anche il nocumento finanziario (lucro cessante) subito a causa della mancata, tempestiva disponibilità della somma di denaro dovuta a titolo di risarcimento (somma che, se tempestivamente corrisposta, avrebbe potuto essere investita per lucrarne un vantaggio finanziario). Siffatto danno forfettariamente risarcibile a mezzo degli interessi al saggio legale, deve essere calcolato non sulla somma originaria, né sulla rivalutazione al momento della liquidazione, ma sulla somma originaria rivalutata anno per anno ovvero sulla somma originaria rivalutata in base ad un indice medio con la decorrenza già indicata, in linea con il fondamentale insegnamento di Cass. S.U. n. 1712 del 1995.

La complessiva somma citata deve considerarsi compensativa, ad avviso del Collegio, anche del "danno emergente", identificato nel costo affrontato dalla Giordano s.r.l. per la presentazione dell'offerta (€.477,56). Non risultando, infatti, che tale costo fosse da rimborsare all’offerente in caso di aggiudicazione dell'appalto, deve ritenersi che la somma relativa costituisse un investimento ed al contempo un rischio di impresa funzionale alla previsione di guadagno già sopra quantificata e ritenuta liquidabile (cfr. fra le tante, Consiglio Stato, sez. VI, 02 marzo 2009, n. 1180; Cass. civ, sez. I, 25.10.2007, n. 22370; Cons. St., sez. V, 12.2.2007, n. 593 e 6.2.2007, n. 478).

In relazione a tale somma è disposta la condanna dell’amministrazione.

7. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

 

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Calabria - Sezione staccata di Reggio Calabria, definitivamente decidendo sul ricorso, in epigrafe indicato, accoglie la domanda per come precisato in parte motiva, e per l’effetto:

Condanna il Ministero Beni e Attività Culturali, in persona del Ministro p. t. al pagamento, in favore della ricorrente, della somma di € 23.451,38, oltre rivalutazione ed interessi, secondo quanto in premessa chiarito;

Condanna il Ministero Beni e Attività Culturali, in persona del Ministro p. t. al pagamento, in favore del ricorrente, delle spese processuali che liquida in € 414,00 per spese, ed € 2.500,00 per diritti ed onorari, oltre Iva e Cpa come per legge,

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Reggio Calabria nella camera di consiglio del giorno 24/02/2010 con l'intervento dei Magistrati:

Italo Vitellio, Presidente

Caterina Criscenti, Consigliere

Giulio Veltri, Referendario, Estensore

                       

L'ESTENSORE                     IL PRESIDENTE

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 11/03/2010

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