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TAR Lazio, sez. I, 19/3/2010 n. 4321
Rientra nella competenza della stazione appaltante la verifica della legittimità delle operazioni compiute dalla commissione di gara .

Nei casi in cui l'impresa partecipante ad una gara d'appalto non soddisfi la richiesta da parte della stazione appaltante di comprovare il possesso dei requisiti richiesti, l'incameramento della cauzione provvisoria costituisce un obbligo per la p.a..

La verifica della legittimità delle operazioni compiute dalla commissione di gara rientra nella competenza della stazione appaltante e ha lo scopo di "suggellare" gli esiti dell'attività svolta da quest'ultima. La commissione è, infatti, un organo straordinario e temporaneo dell'amministrazione la cui attività acquisisce rilevanza esterna solo in quanto recepita ed approvata dai competenti organi della stazione appaltante. Inoltre, il potere di riesame delle dichiarazioni (ovvero della documentazione) prodotte in sede di gara, ha carattere generale ed è espressione del potere di autotutela decisoria di cui dispone la p.a., anche indipendentemente da una specifica previsione del bando. Secondo un principio fondamentale dell'istruttoria amministrativa - oggi consacrato nell'art. 6, c. 1, lett. b) della l. n. 241/90 - l'amministrazione ha in particolare l'obbligo di accertare d'ufficio, per quanto possibile, la "realtà" dei fatti e degli atti, anche acquisendo, ove necessario, precisazioni relative all'interpretazione di istanze poco chiare, o troppo generiche, ovvero verificando direttamente la fondatezza e la veridicità delle dichiarazioni rese in istruttoria. Nel caso di specie, pertanto, l'amministrazione non solo poteva, ma, a ben vedere, era tenuta, a verificare il possesso dei requisiti di capacità tecnica richiesta, eventualmente anche mediante il riesame delle attestazioni e delle certificazioni presentate dalle imprese in sede di offerta.

La "sanzione" dell'incameramento della cauzione provvisoria è correlata alla violazione dell'obbligo di diligenza e dell'esatta e veritiera produzione documentale nelle trattative precontrattuali, che grava su ciascun concorrente sin dalla fase di partecipazione e di presentazione delle offerte. Ne consegue che nei casi in cui, come nel di specie, l'impresa partecipante non soddisfi la richiesta da parte della stazione appaltante di comprovare il possesso dei requisiti richiesti, detto incameramento costituisce un obbligo per la p.a.. Esso non postula, peraltro, neanche particolari indagini in ordine all'elemento psicologico del concorrente per verificare se abbia, o meno, falsamente o coscientemente, ovvero con colpa, dichiarato il possesso di requisiti di cui, invece, difetta o di cui comunque abbia omesso di dimostrare l'effettivo possesso, nei modi previsti dalla lex specialis di gara.

Materia: appalti / disciplina

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

 

SENTENZA

Sul ricorso numero di registro generale 6967 del 2009, integrato da motivi aggiunti, proposto da: Fontana Costruzioni s.p.a., in persona del legale rappresentante p.t., in proprio e nella qualità di capogruppo mandataria della costituenda a.t.i., formata con la società La Vela Group s.r.l., in persona dei rispettivi legali rappresentanti p.t., rappresentate e difese dagli avv. ti Biagio Capasso, Ignazio Lo Medico, con domicilio eletto presso Gennaro Terracciano in Roma, largo Arenula, 34;

 

contro

Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipartimento della Protezione Civile, Commissario Delegato per l'Emergenza Terremoto in Abruzzo ex d.P.C.M. del 6.4.2009, rappresentati e difesi dall'Avvocatura generale dello Stato, con domicilio ex lege in Roma, via dei Portoghesi n. 12;

Regione Abruzzo, n.c.;

 

nei confronti di

Ille Prefabbricati s.p.a., in proprio e quale capogruppo mandataria del r.t.i. tra le imprese Ille Prefabbricati s.p.a. e Belwood s.r.l., in persona dei rispettivi legali rappresentanti p.t., rappresentate e difese dagli avv. ti Marcello Russolo, Mario Maccaferri e Armando Montarsolo con domicilio eletto presso quest’ultimo in Roma, via Antonio Nibby, 7;

Consorzio Forcase, n.c.;

 

per l'annullamento

a) del decreto della Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della Protezione Civile n. 3932 del 17.7.2009, recante la decadenza dell’ATI Fontana Costruzioni s.p.a./La Vela Group s.r.l., dall’aggiudicazione del lotto di fornitura relativo alla gara per la progettazione e realizzazione di edifici residenziali da costruire al di sopra di piastre sismiche isolate;

b) della nota prot. n. 00228751 del 17.7.2009, successivamente pervenuta, di comunicazione del predetto decreto, se ed in quanto lesiva;

c) delle note del Presidente del Consorzio Forcase del 7.7.2009, prot. n. U26/09 e del 15.7.2009, ivi richiamate, mai comunicate;

d) di ogni altro atto e provvedimento preordinato, collegato, connesso e conseguente, ivi comprese le note prot. n. 0026294 del 7.7.2009; n. 26627 dell’8.7.2009 e n. 00274455 del 13.7.2009, se ed in quanto lesive;

nonché dei seguenti atti impugnati con i primi motivi aggiunti:

a) decreto rep. n. 5301 del 14.9.2009;

b) art. 7 delle Norme Generali del Capitolato speciale d’appalto e il bando di gara, in parte qua, se ed in quanto lesivi;

nonché dei seguenti atti impugnati con i secondi motivi aggiunti:

a) del decreto della Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento della Protezione civile n. 4692 del 21.8.2009, successivamente notificato, recante conferma della decadenza dell’ATI Fontana Costruzioni s.p.a./La Vela Group s.r.l. dell’aggiudicazione del lotto di fornitura relativo all’appalto per la progettazione e la realizzazione di edifici residenziali da costruire sopra piastre sismicamente isolate;

b) della nota del Prefetto della Provincia di Caserta prot. n. 1302712b/12b616/ANT ARE 1^ del 14.7.2009, con la quale si assume che nei confronti della società Fontana Costruzioni s.p.a. e del sig. Fontana Nicola, sussistono le cause interdittive di cui all’art. 4 del d.lgs. n. 490/94, pur in assenza delle cause di cui all’art. 10 della l. 31.05.1965, n. 57;

c) della nota di trasmissione del provvedimento sub lett. b) della Prefettura dell’Aquila del 27.7.2009, prot. 111/2009720230/09, ivi richiamata se ed in quanto lesiva;

d) di ogni altro atto, e provvedimento, preordinato, collegato, connesso e conseguente

Visto il ricorso ed i motivi aggiunti, con i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio delle amministrazioni intimate e della società controinteressata;

Viste le memorie difensive;

Relatore alla pubblica udienza del giorno 10 febbraio 2010 la d.ssa Silvia Martino;

Uditi altresì gli avv.ti delle parti, come da verbale;

 

FATTO

1. La ricorrente ricorda, in via preliminare, che, a seguito degli eventi calamitosi che hanno colpito la Regione Abruzzo, la Presidenza del Consiglio dei Ministri, con d.l. 28.4.2009, n. 77, ha approvato un programma straordinario e urgente per la realizzazione di abitazioni, da destinare in via temporanea ai terremotati, denominato “Progetto Case”.

In attuazione del predetto programma, la Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipartimento della Protezione civile, ha pubblicato un bando di gara per “la selezione di operatori economici per la progettazione e realizzazione di edifici residenziali (n. 30 lotti costituito ognuno da cinque edifici, per un totale di 150 edifici) al di sopra di piastre sismicamente isolate”.

Alla predetta gara ha partecipato anche l’Ati odierna ricorrente, che, a seguito della selezione, è stata dichiarata vincitrice di un lotto per l’importo di euro 9.790.000,00, giusto decreto di aggiudicazione n. 3100 del 13.6.2009.

Successivamente, in ragione dell’urgenza, veniva consegnato il cantiere, con riserva di verifica del possesso dei requisiti dichiarati in sede di gara.

E’ tuttavia avvenuto che, con nota n. 26294 del 7.7.2009, l’amministrazione abbia comunicato alla ricorrente, relativamente alla verifica del possesso del requisito dichiarato in sede di gara, concernente la “documentazione comprovante l’esecuzione di lavori con tipologia costruttiva simile a quella offerta eseguiti nel triennio 2006 – 2008 per un importo non inferiore a euro 6.000.000,00”, la necessità di acquisire ulteriore documentazione “puntualmente comprovante in via specifica il possesso del suddetto requisito”, pena la dichiarazione di decadenza dall’aggiudicazione dell’appalto.

La ricorrente replicava di avere già prodotto la documentazione richiesta, allegandola comunque nuovamente ed evidenziando “la tipologia a pareti portanti così come già proposto nel progetto in fase di offerta”.

Con ulteriore nota dell’8.7.2009, la stazione appaltante comunicava che la documentazione trasmessa “non consente ancora di chiarire se codesta Ati nel triennio abbia effettuato lavori con tipologie costruttive simili a quella offerta in sede di gara”. Pertanto veniva richiesto alle ricorrenti di “precisare e documentare in modo specifico e dettagliato, anche attraverso la produzione dei relativi Sal, le categorie d’opera (strutture, finiture, impianti etc..), con indicazione degli importi di lavoro realizzati per ciascuna di esse, del quale intende avvalersi per dimostrare il possesso del requisito previsto in sede di gara”.

Le imprese ricorrenti inviavano, tra l’altro, i certificati lavori con le relative documentazioni contabili attestanti l’effettiva realizzazione, nei tempi e nei modi predetti, delle seguenti opere: 1) Completamento scuola media F. Illuminato e Museo Ipogeo in Mugnano di Napoli (opere edili e impianti, sottolinea l’Ati Fontana, sono tipologicamente e tecnologicamente simili a quelle offerte); 2) Realizzazione Istituto Comprensivo in Villarica (Na) – I lotto; 3) Consorzio sole – Lavori di ristrutturazione e riconversione presso l’edificio denominato “Villa” nel Parco Ammaturo in Giugliano in Campania (Na) (la struttura di copertura, prosegue parte ricorrente, è identica a quella da offerta); 4) Enea – gestione e manutenzione ordinaria e straordinaria degli impianti tecnologici del Centro ricerche Enea a Portici (Na); 5) Realizzazione di un fabbricato per attività industriale in S. Cipriano d’Aversa (la struttura è a telai e pannelli portanti prefabbricati, tipologicamente simile a quella offerta); 6) Lavori di riqualificazione ambientale e recupero funzionale dell’ex deposito del CTP di Napoli in Aversa (CE).

L’amministrazione ha però ritenuto siffatta documentazione insufficiente, invitando l’Ati Fontana a dimostrare che i lavori oggetto dei certificati di esecuzione fossero specificamente riferiti a “pareti portanti in legno”.

Infine, con il provvedimento impugnato con il ricorso principale, l’amministrazione ha disposto la decadenza dell’aggiudicataria ritenendo che i certificati e la documentazione trasmessa non si riferissero a lavori similari a quelli oggetto di gara.

Avverso siffatte determinazioni, parte ricorrente deduce:

1) Violazione e falsa applicazione d.lgs. n. 163 del 12.4.2006 – Violazione del bando di gara – Violazione l. n. 241 del 1990 - Eccesso di potere – Erroneità – Inesistenza dei presupposti – Difetto di motivazione – Violazione del giusto procedimento.

Il bando di gara prevedeva, tra l’altro, la presentazione, a pena di esclusione, di “documentazione comprovante l’esecuzione di lavori con tipologia costruttiva simile a quella offerta eseguiti nel triennio 2006/2008 per un importo non inferiore a euro 6.000.000,00”.

La documentazione presentata, sostiene l’Ati Fontana, è stata esaminata in corso di gara, con la conseguente preclusione, per la stazione appaltante, di sindacare e/o rettificare le decisioni di natura valutativo – discrezionale assunte dalla commissione giudicatrice.

Secondo parte ricorrente, l’art. 3 del bando prescrive, esclusivamente, la verifica delle “dichiarazioni” rese dai concorrenti e non dei documenti presentati in sede di gara, la cui valutazione deve ritenersi assolta, ed esaurita, in tale sede.

La stazione appaltante si ostina a pretendere, soggiunge, la perfetta identità tra i lavori eseguiti (e documentati) e quelli oggetto della proposta costruttiva la quale, invece, non è richiesta da alcuna disposizione del bando di gara.

2) Violazione e falsa applicazione del t.u. n. 163 del 12.4.2006 – Violazione del bando di gara – Violazione l. 7.8.1990, n. 241 – Eccesso di potere – Erroneità – Inesistenza dei presupposti – Difetto di motivazione.

L’Ati Fontana ha offerto l’utilizzo di una tecnologia in legno denominata “platform frame”, molto usata nei paesi anglosassoni e del Nord – Europa, a struttura portante solitamente in legno massiccio, con montanti verticali e orizzontali.

Vi è, a dire delle ricorrente, un totale similitudine tra i lavori documentati e quelli oggetto dell’offerta (produce, all’uopo, una relazione tecnica), specie ove gli stessi vengano posti in rapporto all’intero processo costruttivo che comprende anche i materiali per le rifiniture, gli isolamenti, i componenti per gli impianti, tutti gli elementi strutturali e il loro assemblaggio.

Si sono costituite, per resistere, la Presidenza del Consiglio dei Ministri e la società Ille Prefabbricati s.p.a., in proprio e quale capogruppo mandataria del r.t.i. tra le imprese Ille Prefabbricati s.p.a. e Belwood s.r.l..

L’Ati Fontana ha quindi proposto un primo ricorso per motivi aggiunti avverso il provvedimento con il quale la stazione appaltante ha disposto l’escussione della cauzione provvisoria, per l’importo complessivo di euro 110.000,00 nonché avverso l’art. 7 delle “Norme Generali” del Capitolato speciale d’appalto.

E’ bene precisare che, tra le premesse di siffatto provvedimento, si richiama anche il decreto rep. n. 4692 del 21.8.2009 (di “conferma” dell’esclusione dell’Ati Fontana dalla gara di cui si controverte in ragione, anche, di una c.d. “interdittiva” antimafia emessa dalla Prefettura di Caserta).

Tale decreto, unitamente alle determinazioni dell’amministrazione dell’Interno, sebbene cronologicamente precedenti a quello ora in esame, sono stati impugnati solo successivamente e formano oggetto dei secondi motivi aggiunti.

Avverso l’escussione della cauzione provvisoria, parte ricorrente deduce:

1) Violazione e falsa applicazione dell’art. 48 t.u. n. 163 del 12.4.2006 – Violazione del bando di gara – violazione l. 7.8.1990, n. 241 – Eccesso di potere – Erroneità – Inesistenza dei presupposti – Difetto di motivazione – Violazione del giusto procedimento.

L’incameramento della cauzione provvisoria viene previsto, dal bando, quale forma di sanzione per l’insussistenza della documentazione atta a comprovare i requisiti dichiarati ovvero nel caso in cui la documentazione prodotta o comunque acquisita dall’amministrazione dimostri che l’aggiudicatario ha reso dichiarazioni non veritiere.

Il bando, però, non prevedeva alcuna dichiarazione da rendere in ordine alla pregressa esecuzione di opera simili a quelle oggetto di offerta, bensì, direttamente, la produzione della documentazione attestante la capacità tecnica ed economico – finanziaria per l’esecuzione dei lavori.

L’ati ricorrente ha documentato sin dalla presentazione della propria offerta l’avvenuta esecuzione di lavori che essa riteneva simili a quelli oggetto di gara, senza, dunque, che possa esserle addebitata la diversa valutazione svolta dalla stazione appaltante.

2) Violazione e falsa applicazione del t.u. n. 163 del 12.4.2006 – Violazione del bando di gara – Violazione l. 7.8.1990, n. 241 – Eccesso di potere – Erroneità – Inesistenza dei presupposti – Difetto di motivazione – Violazione del giusto procedimento.

Parte ricorrente premette di avere già impugnato il provvedimento prot. n. 1302712b/12b16/ANT/Area I^ del 14 luglio 2009 della Prefettura di Caserta, dinanzi al TAR Campani. Essa ritiene, comunque, che siffatta interdittiva non sia, di per sé, idonea a giustificare l’incameramento della cauzione provvisoria, posto che, nella fattispecie, l’insussistenza delle cause ostative previste dall’art. 4 del d.lgs. n. 490/94 non doveva essere oggetto di “dichiarazione” da parte delle concorrenti. Trattasi, del resto, di un requisito di ordine generale in relazione al quale la giurisprudenza esclude, pacificamente, l’applicabilità della sanzione accessoria dell’escussione della polizza fideiussoria.

3) Sull’illegittimità dell’art. 7 del capitolato speciale d’appalto, nonché del bando di gara, in parte qua.

La disposizione in rubrica introduce elementi di forte contraddittorietà nell’ambito della lex specialisdi gara in quanto il requisito la cui mancanza è stata, nella fattispecie, sanzionata, non doveva essere oggetto di alcuna dichiarazione.

Come già accennato, l’Ati Fontana ha quindi impugnato anche il provvedimento di “conferma” della decadenza dall’aggiudicazione del lotto di fornitura relativo all’appalto per la progettazione e realizzazione di edifici residenziali da costruire sopra piastre sismicamente isolate, motivato con il richiamo alla c.d. “interdittiva” resa dalla Prefettura di Caserta in data 14 luglio 2009.

 

Deduce:

1) Violazione e falsa applicazione dell’art. 4 del d.lgs. 8.8.1994, n. 490 e d.P.R. n. 252 del 3.6.1998 - Violazione art. 10 l. 31.5.1965, n. 575 e d.l. 6.9.1982, n. 629, convertito nella l. 726 del 1982 - Violazione l. 7.8.1990, n. 241 - Eccesso di potere - Erroneità – Inesistenza dei presupposti – Genericità – Difetto di motivazione.

Non è chiara la natura dell’ “informativa” prefettizia richiamata nel provvedimento commissariale. Nel caso in cui la stessa appartenga al novero delle c.d. informative “atipiche”, ne evidenzia l’insufficiente approfondimento istruttorio in quanto, almeno apparentemente, fondata sulla sola posizione dell’amministratore unico della società Fontana Costruzioni s.p.a., a carico del quale non risultano però procedimenti penali, definiti, ovvero in corso.

 

2) Violazione e falsa applicazione art. 4 d.lgs. 8.8.1994, n. 490 e d.P.R. n. 252 del 3.6.1998 – Violazione e falsa applicazione art. 10 l.n. 575 del 1965 e d.l. 6.9.1982, n. 639, convertito nella l. 726 del 1982 – Violazione l. 7.8.1990, n. 241 – Eccesso di potere – Inesistenza dei presupposti – Erroneità.

Dalla certificazione della Camera di Commercio è possibile evincere che nessuno degli amministratori della Fontana Costruzioni risulta sottoposto a procedimento penale in corso ovvero concluso.

La parte pubblica resiste anche ai motivi aggiunti.

Le parti hanno depositato memorie.

Il ricorso, e i motivi aggiunti, sono stati trattenuti per la decisione alla pubblica udienza del 10 febbraio 2010.

 

DIRITTO

1. L’associazione temporanea di imprese Fontana Costruzioni s.p.a./La Vela Group s.r.l. è stata dichiarata decaduta dall’aggiudicazione del lotto di fornitura relativo alla procedura di selezione finalizzata alla ricerca di “operatori economici per la progettazione e realizzazione di edifici residenziali (n. 30 lotti costituito ognuno da cinque edifici per un totale di centocinquanta edifici) al di sopra di piastre sismicamente isolate”. indetta con bando del 22 maggio 2009 della Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della Protezione Civile - Ufficio Amministrazione e Bilancio, da realizzarsi nel territorio comunale dell'Aquila, per le esigenze connesse alla immediata sistemazione alloggiativa della popolazione della Regione Abruzzo colpita dal sisma del 6 aprile 2009, ai sensi del combinato disposto di cui all'art. 2,comma 9, del decreto legge 28 aprile 2009, n. 39, dell'art. 58 del D.Lgs. 163 del 2006 e s.m.e.i., dell'art. 5 comma 2 dell'Ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri del 15 Aprile n. 3775 e dell'art. 6 dell'Ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri del 19 Maggio 2009 n. 3771.

Successivamente, l’amministrazione ha ritenuto di dovere “confermare la validità” del suddetto provvedimento di decadenza, anche alla luce di una “informativa” resa dal Prefetto di Caserta in data 14 luglio 2009, ai sensi dell’art. 4 del d.lgs. n. 490 del 1994, nei confronti della società Fontana Costruzioni e di Fontana Nicola, amministratore unico della predetta società.

Infine, richiamato l’art. 7 del capitolato speciale d’appalto, con provvedimento del 14.9.2009, ha disposto l’escussione della cauzione provvisoria.

Parte ricorrente è insorta avverso il complesso di tali provvedimenti, con il ricorso principale e successivi motivi aggiunti, domandando, altresì, il risarcimento dei danni.

Va, tuttavia, preliminarmente dato atto che la società Fontana, in proprio e nella qualità di capogruppo mandataria della (costituenda) a.t.i. con la Vela Group s.r.l., ha dichiarato, con istanza dell’8 gennaio 2010, di rinunciare alla domanda di risarcimento del danno.

 

1.1. Il bando di gara in esame ha per oggetto la “progettazione esecutiva completa (strutturale, impiantistica, sicurezza) previa acquisizione del progetto definitivo in sede di offerta, di un edificio posato al di sopra di una piastra sismicamente isolata” nonché la “realizzazione di un lotto minimo composto da cinque edifici residenziali [...]”.

Al fine di comprovare la capacità tecnica per l’esecuzione dei lavori, viene prescritto, a pena di esclusione, l’obbligo di presentare, tra l’altro, la “documentazione comprovante l’esecuzione di lavori con tipologia costruttiva simile a quella offerta, eseguiti nel triennio 2006 – 2008, per un importo non inferiore a 6.000.000, 00” di euro (“Contenuto del plico” – lett. f).

Viene altresì precisato (“Altre informazioni”) che “Data l’urgenza di acquisire/affidare i lavori l’amministrazione procederà all’affidamento nelle more degli accertamenti di rito” e che “in caso di mancato possesso dei requisiti di ordine morale, economico – finanziario e tecnico dichiarati l’affidamento si intenderà risolto di diritto e nulla sarà dovuto alla società per l’attività svolta”.

Il concetto viene ribadito, altresì, all’art. 3 del decreto di aggiudicazione definitiva (“l’aggiudicazione di cui al presente decreto è risolutivamente condizionata all’esito positivo dell’iter di verifica del possesso di tutti i requisiti di ordine generale, economico – finanziari e tecnico – professionali dichiarati in sede di partecipazione alla gara [...].In caso di accertato mancato possesso dei prescritti requisiti sarà comminata la decadenza dell’aggiudicazione e nulla sarà dovuto all’operatore economico affidatario in ordine alle prestazioni effettuate”.

Il bando di gara avverte, infine, che la cauzione provvisoria verrà incamerata qualora “l’aggiudicatario non fornisca la documentazione necessaria a comprovare la sussistenza dei requisiti dichiarati ovvero qualora la documentazione prodotta o comunque acquisita dall’amministrazione dimostri che l’aggiudicatario ha reso dichiarazioni non veritiere”.

 

1.2. Il ricorso principale verte sull’argomentazione secondo cui la stazione appaltante avrebbe dovuto limitarsi a verificare il possesso dei soli requisiti “dichiarati” in sede di gara, ma non già anche di quelli relativamente ai quali il bando prevede, già in sede di presentazione dell’offerta, la produzione di apposita documentazione.

Nel caso di specie, la società assume che tale documentazione abbia già formato oggetto di positivo apprezzamento da parte della Commissione giudicatrice, senza dunque che, tale valutazione, possa venire sovvertita dall’amministrazione procedente.

 

1.3. Il Collegio rileva, in primo luogo che, attesa l’urgenza di provvedere all’affidamento dei lavori, il bando prevede espressamente che gli “accertamenti di rito” vengano effettuati successivamente all’aggiudicazione.

Non consta, peraltro, che la Commissione di gara abbia essa stessa effettuato una specifica disamina dei requisiti di capacità tecnica documentati dalle imprese offerenti, essendo stata invece espressamente deputata a valutare il merito tecnico dei progetti presentati (cfr. pag. 7 del bando, “Formazione della graduatoria”).

Tuttavia, anche nell’ipotesi in cui una simile valutazione sia stata effettivamente operata, è privo di pregio l’assunto secondo cui la stazione appaltante sarebbe tenuta a recepire, acriticamente, l’operato della Commissione giudicatrice.

E’, viceversa, giurisprudenza del tutto pacifica quella secondo cui la verifica della legittimità delle operazioni compiute dalla Commissione di gara rientra nella competenza della stazione appaltante e ha lo scopo di “suggellare” gli esiti dell’attività svolta da quest’ultima.

La Commissione è, infatti, un organo straordinario e temporaneo dell'amministrazione la cui attività acquisisce rilevanza esterna solo in quanto recepita ed approvata dai competenti organi della stazione appaltante (cfr., da ultimo, Cons. St., sez. V, 19.6.2009 n. 4068, e la giurisprudenza ivi richiamata).

Inoltre, il potere di riesame delle dichiarazioni (ovvero della documentazione) prodotte in sede di gara, ha carattere generale (cfr., sul punto, Cons. St., sez. V, 11 giugno 2001, n. 3130), ed è espressione del potere di autotutela decisoria di cui dispone la p.a., anche indipendentemente da una specifica previsione del bando.

Secondo un principio fondamentale dell’istruttoria amministrativa – oggi consacrato nell’art. 6, comma 1, lett. b) della l. n. 241/90 – l’amministrazione ha in particolare l’obbligo di accertare d’ufficio, per quanto possibile, la “realtà” dei fatti e degli atti, anche acquisendo, ove necessario, precisazioni relative all’interpretazione di istanze poco chiare, o troppo generiche, ovvero verificando direttamente la fondatezza e la veridicità delle dichiarazioni rese in istruttoria (cfr. Cons. St., VI, 9 maggio 2002, n. 2531)

Nel caso di specie, dunque, l’amministrazione non solo poteva, ma, a ben vedere, era tenuta, a verificare il possesso dei requisiti di capacità tecnica richiesta, eventualmente anche mediante il riesame delle attestazioni e delle certificazioni presentate dalle imprese in sede di offerta.

 

2. Nel merito, l’amministrazione ha ritenuto che la documentazione trasmessa dalla ricorrente “non consente di chiarire in modo inequivocabile la tipologia costruttiva cui fa riferimento”, e che, pertanto, fosse insussistente il requisito relativo all’esperienza maturata nell’esecuzione di lavori “con tipologia costruttiva simile a quelle offerta”.

Al riguardo, la stessa stazione appaltante aveva avuto modo di chiarire, sul proprio sito internet, in risposta alle richieste di chiarimenti delle ditte aspiranti alla partecipazione alla gara che “per tipologia costruttiva simile a quella offerta si fa riferimento al sistema costruttivo (materiali, componenti, modalità di assemblaggio) e non alla destinazione d’uso. A titolo esemplificativo, nel caso di proposta di un sistema prefabbricato a pareti portanti, si fa riferimento ad interventi, anche non residenziali, realizzati con la stessa tecnica”.

L’offerta della ricorrente prevede l’utilizzo di una tecnologia in legno denominata “platform frame”, molto usata, secondo quanto la stessa riferisce, nel Nord Europa e nei paesi anglosassoni.

Essa prevede una “struttura portante solitamente in legno massiccio con montanti verticali ed orizzontali” e, in particolare:

1. un collegamento a secco della fondazione di base già predisposta;

2. la posa in opera di un telaio in travi e pilastri in lamellare.

3. la controvetratura di pannelli in legno con alloggiate all’interno le bucature degli infissi;

4. impalcati in elementi prefabbricati in lamellare con eventuali getti in completamento;

5. chiusura con tetto in lamellare.

Osserva il Collegio che è la stessa ricorrente ad evidenziare, come appena accennato, che siffatta tecnologia non è diffusa in Italia ma è tipica dei paesi del Nord – Europa.

Si tratta, dunque, di una metodologia costruttiva particolare, alla quale essa pretende di assimilare una serie di lavori svolti in Italia, in relazione ai quali però, da un lato, omette di indicare il tipo di struttura portante e le modalità di montaggio ed assemblaggio, dall’altro, di evidenziare le analogie con la tecnica e i materiali proposti.

Siffatta analogie possono invero riscontrarsi (come in definitiva ammesso dalla stessa ricorrente nella memoria conclusionale) esclusivamente in relazione al tetto in lamellare realizzato in occasione dei lavori di ristrutturazione e riconversione di un edificio sito in Giugliano (Na), per un importo unitario, però, di soli euro 177.014, 42, e quindi, ben al di sotto di quello richiesto.

E se è vero che il bando prescrive di comprovare l’esecuzione di lavori “simili” e non già la perfetta identità tra le opere già realizzate e quelle offerte, tuttavia il concetto di “lavori analoghi” non può essere dilatato sino al punto di ricomprendervi generiche attestazioni relative a interventi rientranti nella categoria OG1, diversamente vanificandosi l’esigenza di particolare qualificazione dei concorrenti, richiesta, peraltro, in rapporto a modalità costruttive da essi stessi proposte e ammesse dall’amministrazione in considerazione dell’obiettivo di provvedere celermente alla sistemazione alloggiativa della popolazione colpita dal sisma.

Infine, non può imputarsi all’amministrazione procedente neppure un insufficiente approfondimento istruttorio posto che, attraverso plurime richieste di integrazioni documentali, la stessa ha chiaramente informato la ricorrente in ordine alla necessità che “i lavori addotti a dimostrazione del requisito si riferiscano a strutture portanti in legno”.

Tale dimostrazione, invero, non è stata data nemmeno in sede di gravame, a tanto non essendo sufficienti i ripetuti richiamati ai certificati prodotti, in quanto privi di specifiche indicazioni circa le analogie con la struttura oggetto di offerta.

Per quanto appena argomentato, pertanto, il ricorso principale deve essere respinto.

 

3. Con i primi motivi aggiunti l’Ati Fontana ha impugnato il provvedimento che ha disposto l’incameramento della cauzione provvisoria.

 

3.1. Al riguardo, va preliminarmente sgombrato il campo dalla prospettazione di parte ricorrente secondo cui siffatto provvedimento si basi (anche) sull’ “interdittiva informativa” antimafia emessa dalla Prefettura di Caserta.

Il provvedimento di escussione della cauzione si ricollega infatti, direttamente ed esclusivamente all’art. 7 delle “Norme generali” del Capitolato speciale, secondo cui “la cauzione provvisoria verrà incamerata qualora”, tra l’altro “l’aggiudicatario non fornisca la documentazione necessaria a comprovare la sussistenza dei requisiti dichiarati ovvero qualora la documentazione prodotta o comunque acquisita dall’amministrazione dimostri che l’aggiudicatario ha reso dichiarazioni non veritiere”.

La ricorrente censura, da un lato, la formulazione, pretesamente contraddittoria, della disposizione, dall’altro, invoca la propria “buona fede” relativamente all’esibizione, già in sede di offerta, di una documentazione che essa riteneva sufficiente a comprovare il possesso dei requisiti di capacità tecnica richiesti dal bando.

Orbene, entrambi gli assunti si fondano su una concezione esclusivamente “sanzionatoria” dell’incameramento della cauzione provvisoria che, invece, la più recente giurisprudenza amministrativa riconduce all’istituto della caparra confirmatoria e quindi alla garanzia della serietà e affidabilità dell’offerta (così, da ultimo, Cons. St., sez. V, 11 maggio 2009, n. 2885).

In tale ottica, la “sanzione” dell’incameramento della cauzione provvisoria è correlata alla violazione dell’obbligo di diligenza e dell’esatta e veritiera produzione documentale nelle trattative precontrattuali, che grava su ciascun concorrente sin dalla fase di partecipazione e di presentazione delle offerte.

Ne consegue che nei casi in cui, come nella fattispecie, l’impresa partecipante non soddisfi la richiesta da parte della stazione appaltante di comprovare il possesso dei requisiti richiesti, detto incameramento costituisce un obbligo per la p.a.. Esso non postula, peraltro, neanche particolari indagini in ordine all’elemento psicologico del concorrente per verificare se abbia, o meno, falsamente o coscientemente, ovvero con colpa, dichiarato il possesso di requisiti di cui, invece, difetta o di cui comunque abbia omesso di dimostrare l’effettivo possesso, nei modi previsti dalla lex specialis di gara (cfr. Cons. St., sez. IV, 12 gennaio 2005, n. 142).

Nella fattispecie, la clausola di cui all’art. 7 delle Norme generali del c.s.a. appare in linea con siffatta giurisprudenza, nonché con la funzione assunta dall’istituto nella più recente legislazione in materia di evidenza pubblica.

Per quanto occorrer possa, il comportamento della ricorrente non può dirsi, nella specie, neanche incolpevole, atteso che l’esperienza e la qualificazione tecnica richiesta dal bando erano chiaramente calibrati sul peculiare oggetto della commessa, incentrato sulla scelta, da parte dei concorrenti, della stessa metodologia costruttiva, in quanto ritenuta più idonea alla celere realizzazione degli alloggi.

A nulla rileva, infine, che i requisiti di capacità tecnica, in sede di offerta, non abbiano semplicemente formato oggetto di autocertificazione, bensì di una vera e propria allegazione documentale.

Si è visto, infatti, che l’impianto di gara prevedeva comunque la verifica, ex post, dell’idoneità di siffatta documentazione a comprovare il possesso dei requisiti richiesti, con conseguente piena assimilabilità, sotto tale profilo, fra requisiti dichiarati e, invero solo provvisoriamente, “documentati”.

 

4. I secondi motivi aggiunti vertono sul provvedimento di “conferma” della decadenza dall’aggiudicazione provvisoria nonché sull’ “interdittiva” antimafia resa dalla Prefettura di Caserta (provvedimento n. 1302712/12b 16/ANT/ARE del 10 – 14/7/2009).

Al riguardo parte ricorrente, in sede di memoria conclusionale, ha rappresentato che gli atti istruttori richiamati da tale informativa sono gli stessi alla base di due analoghi provvedimenti del Prefetto di Caserta, annullati dal TAR Campania con le sentenze n. 519 e 520 del 28 gennaio 2010.

Il Collegio reputa perciò che sia venuto meno l’interesse a coltivare i secondi motivi aggiunti, quantomeno nella prospettiva di una impugnativa “autonoma” della misura interdittiva.

Ad analoga conclusione, deve pervenirsi anche in rapporto al provvedimento di “conferma” della decadenza dall’aggiudicazione, posto che, anche nell’ipotesi in cui siffatta misura interdittiva venisse effettivamente e definitivamente annullata, parte ricorrente non potrebbe comunque conseguire il bene della vita cui aspira, comunque preclusole per effetto dell’assenza dei requisiti di capacità tecnica, già in precedenza rilevata dalla stazione appaltante.

 

5. In definitiva, per quanto argomentato, il ricorso principale e i primi motivi aggiunti debbono essere respinti.

I secondi motivi aggiunti vanno dichiarati improcedibili per sopravvenuta carenza di interesse.

Sembra equo, peraltro, in ragione della peculiarità della fattispecie, compensare integralmente tra le parti le spese e gli onorari di giudizio.

 

P.Q.M.

Il Tribunale amministrativo regionale del Lazio, sede di Roma, sez. I^, definitivamente pronunciando, così provvede:

1) respinge il ricorso principale;

2) respinge i primi motivi aggiunti;

3) dichiara improcedibili i secondi motivi aggiunti per sopravvenuta carenza di interesse;

4) compensa le spese.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 10 febbraio 2010 con l'intervento dei Magistrati:

Roberto Politi, Presidente FF

Silvia Martino, Consigliere, Estensore

Anna Bottiglieri, Consigliere

 

L'ESTENSORE  IL PRESIDENTE

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 19/03/2010

 

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