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Consiglio di Stato, Sez. V, 22/3/2010 n. 1651
La qualificazione differenziale tra attività strumentali e gestione di servizi pubblici ai fini dell'applicazione dell'art. 13 dl n. 223/06 deve essere riferita non all'oggetto della gara, bensì all'oggetto sociale delle imprese partecipanti ad essa.

Sul divieto alla partecipazione alle gare dei gestori di servizi pubblici locali in virtù di un affidamento diretto: disciplina di cui all'art. 113, commi 6 e 15-quater TUEL ed all'art. 23-bis, c. 9, e s.m.i. della legge n. 133/2009. La configurazione del servizio pubblico è compatibile con diversi schemi giuridici e con differenti modalità di remunerazione della prestazione.

L'enunciato dell'art. 13 del d.l. n. 223/06 (c.d. decreto Bersani), nel porre un divieto di partecipazione alle gare pubbliche per le società strumentali degli enti locali, evidenzia che la limitazione della legittimazione negoziale delle società strumentali si riferisce a qualsiasi prestazione a favore di soggetti terzi rispetto agli enti costituenti, partecipanti o affidanti, senza che a nulla rilevi la qualificazione di tali attività.
La qualificazione differenziale tra attività strumentali e gestione di servizi pubblici deve essere riferita non all'oggetto della gara, bensì invece all'oggetto sociale delle imprese partecipanti ad essa. Il divieto di fornire prestazioni a enti terzi, infatti, colpisce le società pubbliche strumentali alle amministrazioni regionali o locali, che esercitano attività amministrativa in forma privatistica, non anche le società destinate a gestire servizi pubblici locali, che esercitano attività d'impresa di enti pubblici: esso è posto al fine di separare le due sfere di attività per evitare che un soggetto, che svolge attività amministrativa, eserciti allo stesso tempo attività d'impresa, beneficiando dei privilegi dei quali esso può godere in quanto pubblica amministrazione.

Il divieto di cui al c. 6 dell'art. 113 t.u.e.l. si applica a decorrere dal 1° gennaio 2007, "salvo nei casi in cui si tratti dell'espletamento delle prime gare aventi ad oggetto i servizi forniti dalle società partecipanti alla gara stessa" (c. 15-quater dell'art. 113 t.u.e.l). I servizi messi a gara devono essere, perché operi la deroga, proprio quelli che le società fornivano all'amministrazione che ha indetto la gara. La sua ragion d'essere è quella di evitare che le società che forniscono servizi ad un'amministrazione ed hanno pertanto acquisito esperienza "sul territorio" siano automaticamente estromesse dalle gare per l'affidamento concorrenziale di quei servizi: non già, invece, quello di elargire agli attuali affidatari diretti una moratoria generalizzata a tutte le prime gare rispetto al termine del 1° gennaio 2007. Tutti questi elementi inducono ad affermare che la deroga deve intendersi ristretta alle società che gestivano i servizi oggetto della gara con affidamento diretto da parte dell'amministrazione che la indice.
Costrutto ben diverso da quello successivamente esibito dal c. 9 dell'art. 23-bis del d.l. n. 112 del 2008 conv. dalla l. n. 133 del 2008, modificato dall'art. 15 c. 1 lett. d) del d.l. n. 135 del 2009 convertito dalla l. n. 166 del 2009: "I soggetti affidatari diretti di servizi pubblici locali possono comunque concorrere su tutto il territorio nazionale alla prima gara successiva alla cessazione del servizio, svolta mediante procedura competitiva ad evidenza pubblica, avente ad oggetto i servizi da essi forniti", in cui il riferimento a "tutto il territorio nazionale" e alla "prima gara successiva alla cessazione del servizio" designa un diverso punto di rilevanza ermeneutica: quello dell'impresa affidataria.

La nozione di servizio pubblico prescelta dal legislatore, quella oggettiva, si fonda su due elementi: 1) la preordinazione dell'attività a soddisfare in modo diretto esigenze proprie di una platea indifferenziata di utenti; 2) la sottoposizione del gestore ad una serie di obblighi, tra i quali quelli di esercizio e tariffari, volti a conformare l'espletamento dell'attività a regole di continuità, regolarità, capacità tecnico-professionale e qualità. Ne consegue che, fermi gli elementi essenziali sopra menzionati, la configurazione del servizio pubblico è compatibile con diversi schemi giuridici e con differenti modalità di remunerazione della prestazione.
Pertanto, nel caso di specie, a nulla rileva che oggetto dell'affidamento fosse soltanto la raccolta dei rifiuti e non l'intero servizio dell'igiene ambientale, così come non rileva che il gestore fosse remunerato dal soggetto aggiudicatore: quel che conta, infatti, è che l'attività del gestore fosse diretta ad una platea indifferenziata di utenti e che esso fosse destinatario di obblighi funzionali alla destinazione al pubblico dell'attività dovuta.



Materia: servizi pubblici / disciplina

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

 

DECISIONE

Sul ricorso numero di registro generale 3683 del 2008, proposto da:

Sit - Societa' Igiene Territorio Spa, rappresentato e difeso dagli avv. Maurizio Borra, Andrea Musenga, con domicilio eletto presso Andrea Musenga in Roma, viale America, 11;

 

contro

Comune di Selvezzano Dentro; Progetto Salvaguardia Ambiente Spa (Trasporti Ecologici Srl), rappresentato e difeso dagli avv. Alessandro Lolli, Mario Sanino, con domicilio eletto presso Sanino in Roma, viale Parioli N.180; Etra Spa - Energia Territorio Risorse Ambientali, rappresentato e difeso dall'avv. Luigi Manzi, con domicilio eletto presso Luigi Manzi in Roma, via Federico Confalonieri, 5; Sesa - Societa' Estense Servizi Ambientali Spa, rappresentato e difeso dagli avv. Marcello Maria Fracanzani, Paolo Stella Richter, con domicilio eletto presso Paolo Stella Ritcher in Roma, via Mazzini, 11;

 

per la riforma

della sentenza del TAR VENETO - VENEZIA :Sezione I n. 00788/2008, resa tra le parti, concernente della sentenza del TAR VENETO - VENEZIA :Sezione I n. 00788/2008, resa tra le parti, concernente APPALTO SERVIZIO PLURIENNALE RACCOLTA E TRASPORTO DI RIFIUTI URBANI..

Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 18 novembre 2008 il Cons. Giancarlo Giambartolomei e uditi per le parti gli avvocati A. Musenga, A. Lolli, L. Manzi e P. Stella Richter;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:

 

FATTO

Con ricorso al Tar del Veneto la società Trasporti Ecologici s.r.l.. impugnava gli atti della gara a procedura aperta indetta dalla Etra s.p.a., società a capitale interamente pubblico concessionaria per il servizio integrato dei rifiuti del Comune di Selvazzano Dentro da cui era partecipata insieme ad altri comuni, per l’affidamento del servizio pluriennale di raccolta e trasporto di rifiuti urbani ed assimilati, gara in cui la ricorrente si era classificata terza, dopo l’aggiudicataria Sesa s.p.a. e la Sit s.p.a.

Deduceva che: 1) le due imprese classificate al primo e al secondo posto dovevano essere escluse perché, trattandosi di appalto di servizi ed essendo esse società strumentali di enti locali, incorrevano nel divieto di cui all’art. 13 del d.l. n. 223/06 conv. dalla l. n. 248/06 di svolgere prestazioni a favore di soggetti diversi da quelli ausiliati; 2) dette imprese dovevano essere escluse, in quanto società miste a prevalente partecipazione pubblica, anche perché il servizio oggetto dell’affidamento costituiva un’attività extraterritoriale per la quale non era stata verificata la compatibilità con le esigenze della collettività locale; 3) il bando e il disciplinare di gara erano illegittimi per aver confuso requisiti di idoneità e criteri di individuazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa; 4) il giudizio di non anomalia dell’offerta della Sesa era carente di motivazione.

Si costituivano in giudizio resistendo al ricorso il soggetto aggiudicatore Etra e l’aggiudicataria Sesa.

Quest’ultima proponeva altresì ricorso incidentale, deducendo che la ricorrente avrebbe dovuto essere esclusa dalla gara perché il contratto di affidamento del servizio di nettezza urbana da essa stipulato con il Comune di Selvazzano Dentro era nullo per mancanza dei presupposti per l’affidamento diretto e perché la ricorrente, tra i cui soci non era la Etra, incorreva nel divieto di extraterritorialità.

Con ricorso per motivi aggiunti la ricorrente principale deduceva un’ulteriore causa di esclusione delle imprese Sesa e Sit, nel caso che fosse ritenuto oggetto di affidamento un servizio pubblico, in quanto dette imprese gestivano servizi pubblici in virtù di affidamento diretto; lamentava incongrua assegnazione di punteggi e censurava il bando e il capitolato per irragionevolezza di criteri.

Con sentenza 31 marzo 2008, n. 788 della I sezione il Tar del Veneto definiva il giudizio, accogliendo il ricorso principale e annullando gli atti di gara, sul rilievo che l’affidamento controverso consisteva in un appalto di servizi cui le imprese classificate ai primi due posti non potevano partecipare in quanto imprese strumentali di enti pubblici e in quanto non avevano provato di essere affidatarie di servizi pubblici locali, dichiarando assorbiti i motivi aggiunti e rigettando il ricorso incidentale.

Avverso tale sentenza propone appello la Sit, deducendone l’erroneità in quanto la Sit non svolgeva attività strumentale rispetto ai fini istituzionali dei comuni soci ed era partecipata anche dal Comune di Selvazzano Dentro, per cui non incorreva nel divieto di cui all’art. 13 del d.l. n. 223/06.

Propone appello incidentale la Etra, deducendo che la sentenza aveva erroneamente qualificato l’affidamento controverso come appalto di servizi invece che come concessione di pubblici servizi, cui era estranea la previsione dell’art. 13 cit., e le imprese resistenti come società strumentali, quantunque la parte ricorrente non avesse adempiuto all’onere di provare il suo assunto.

Anche la Sesa propone appello incidentale, deducendo che la sentenza impugnata aveva errato nel qualificare l’affidamento come relativo ad un appalto di servizi anziché ad una concessione di servizio pubblico, nel considerare la Sesa come società strumentale e nel ritenere che la Sesa non potesse partecipare alla gara in quanto affidataria diretta di un servizio pubblico, in quanto nella specie non era in questione l’affidamento di un servizio pubblico ma soltanto di un segmento di servizio pubblico.

Si costituiva in giudizio la Progetto Salvaguardia Ambiente s.p.a., società risultante dalla modifica della Trasporti Ecologici s.r.l., resistendo agli esposti appelli e riproponendo tutti i motivi di ricorso di primo grado.

All’udienza del 18 novembre 2008, uditi i difensori delle parti, la causa è stata trattenuta in decisione e decisa come da dispositivo del 21 novembre 2008 n. 697.

Successivamente, deceduto il relatore Cons. Giambartolomei prima di poter stendere la motivazione della sentenza, nella supposizione che, a causa del collocamento a riposo del presidente di quel collegio, fosse impossibile designare validamente un nuovo estensore della motivazione della sentenza, la causa veniva nuovamente fissata per l’udienza del 15 dicembre 2009, trattenuta in decisione e quindi rimessa sul ruolo con ordinanza 15 dicembre 2009 n. 117.

 

DIRITTO

1. Va premesso che, ai sensi dell’art. 276 comma 5 c.p.c., qualora il relatore non possa o non voglia stendere la motivazione della sentenza, il presidente provvede a stenderla egli stesso o ad affidarne la stesura ad altro componente del collegio.

Nella specie, a differenza di altre cause nelle quali era stato relatore il Cons. Giambartolomei, il presidente del collegio che aveva deciso la causa in seguito all’udienza del 18 novembre 2008 è tuttora in servizio e può provvedere ai sensi dell’art. 276 comma 5 c.p.c., come in effetti provvede a stendere egli stesso la motivazione della sentenza.

Mancava, quindi, il presupposto dell’impossibilità giuridica di stendere la motivazione della sentenza e quindi il presupposto per una nuova trattazione in udienza pubblica: di ciò ha dato atto l’ ordinanza 15 dicembre 2009 n. 117.

2. Ciò premesso in rito, si osserva che la sentenza appellata ha ritenuto determinante ai fini del decidere, in relazione alla norma (art. 13 del c.d. decreto Bersani) di cui la ricorrente principale aveva denunciato la violazione, la qualificazione giuridica dell’affidamento controverso.

Ad avviso della sentenza impugnata era determinante accertare se l’affidamento controverso avesse ad oggetto un appalto di servizi, come dedotto dalla ricorrente principale, ovvero la gestione di un servizio pubblico, il che avrebbe sottratto le imprese partecipanti al divieto di partecipazione alle gare di cui all’art. 13 predetto.

La ricorrente principale, comunque, in sede di motivi aggiunti aveva denunciato che, quand’anche si fosse trattato di un servizio pubblico, le due imprese prime classificate avrebbero dovuto essere escluse ai sensi dell’art. 113 t.u.e.l., in quanto gestivano servizi pubblici in virtù di affidamento diretto.

La sentenza impugnata ha qualificato l’affidamento come appalto di servizi e ha accolto la censura concernente l’art. 13, non ritenendo provata la qualità attuale di soggetto gestore di servizi pubblici locali della soc. Sesa.

Su quest’ultimo punto, il primo giudice ha dichiarato assorbiti i motivi aggiunti, anche se ha espresso in un obiter dictum il convincimento che le due società intimate fossero state affidatarie dirette di servizi pubblici, sicchè sarebbero comunque incorse nel divieto di cui all’art. 113 t.u.e.l.

3. Ciò posto, è fondato il rilievo svolto nell’appello principale della Sit alle pp. 8-9.

Ed invero, la sentenza impugnata si è fondata sull’erroneo presupposto interpretativo secondo cui la qualificazione differenziale tra attività strumentale e gestione di servizio pubblico dovesse essere riferita all’oggetto della gara.

L’art. 13 predetto, nel porre un divieto di partecipazione alle gare pubbliche per le società strumentali degli enti locali, così dispone: “…le società, a capitale interamente pubblico o misto, costituite o partecipate dalle amministrazioni pubbliche regionali e locali per la produzione di beni e servizi strumentali all’attività di tali enti in funzione dello loro attività, con esclusione dei servizi pubblici locali…non possono svolgere prestazioni a favore di altri soggetti pubblici o privati…”.

L’enunciato dell’art. 13 rende evidente che la limitazione della legittimazione negoziale delle società strumentali si riferisce a qualsiasi prestazione a favore di soggetti terzi rispetto agli enti costituenti, partecipanti o affidanti, senza che a nulla rilevi la qualificazione di tali attività.

La qualificazione differenziale tra attività strumentali e gestione di servizi pubblici deve essere invece riferita non all’oggetto della gara, bensì invece all’oggetto sociale delle imprese partecipanti ad essa.

Il divieto di fornire prestazioni a enti terzi, infatti, colpisce le società pubbliche strumentali alle amministrazioni regionali o locali, che esercitano attività amministrativa in forma privatistica, non anche le società destinate a gestire servizi pubblici locali, che esercitano attività d’impresa di enti pubblici: esso è posto al fine di separare le due sfere di attività per evitare che un soggetto, che svolge attività amministrativa, eserciti allo stesso tempo attività d'impresa, beneficiando dei privilegi dei quali esso può godere in quanto pubblica amministrazione (Corte cost., sent. n. 328 del 2008).

Ciò posto, la ricorrente principale in primo grado ha allegato la strumentalità di Sesa e di Sit soltanto sul presupposto che l’enunciato: “con esclusione dei servizi pubblici” fosse riferibile alle prestazioni a favore degli enti terzi e sotto il profilo che le controinteressate erano state costituite da enti locali, non per contestare che esse fossero destinate a gestire servizi pubblici, circostanza che anzi ammette sia in sede di ricorso (a pag. 7 e ss.) che in sede di primo motivo aggiunto, fondato per l’appunto sulla qualità di affidatarie dirette di servizi pubblici delle due società controinteressate.

L’assunto della natura di società strumentali di Sesa e di Sit era quindi anch’esso fondato sul medesimo erroneo presupposto interpretativo e cade insieme ad esso.

Ne consegue che la censura di violazione dell’art. 13 cit. doveva essere dichiarata infondata.

4. Occorre dunque esaminare il motivo aggiunto concernente la violazione dell’art. 113 t.u.e.l., motivo esplicitamente dichiarato assorbito dalla sentenza impugnata e ritualmente riproposto dall’appellata con memoria tempestivamente depositata il 7 novembre 2008, dieci giorni prima dell’udienza del 18 novembre successivo.

Il comma 6 dell’art. 113 t.u.e.l. dispone che non sono ammesse a partecipare alle gare di cui al comma 5 le società che, in Italia o all'estero, gestiscono a qualunque titolo servizi pubblici locali in virtù di un affidamento diretto.

5. Occorre ora esaminare gli argomenti degli appellanti diretti ad escludere l’applicabilità in diritto alle imprese Sesa e Sit della predetta disposizione.

Preliminarmente si deve accertare se sia applicabile alla fattispecie la deroga introdotta dal comma 15-quater della stessa disposizione, secondo cui il divieto di cui al comma 6 si applica a decorrere dal 1° gennaio 2007, “salvo nei casi in cui si tratti dell'espletamento delle prime gare aventi ad oggetto i servizi forniti dalle società partecipanti alla gara stessa”.

La dizione letterale della norma si incentra sull’enunciato: “…le prime gare aventi ad oggetto i servizi forniti dalle società partecipanti alla gara”, dunque non genericamente “servizi identici” o “analoghi”: ciò lascia intendere che i servizi messi a gara devono essere, perché operi la deroga, proprio quelli che le società fornivano all’amministrazione che ha indetto la gara.

Inoltre, l’enunciato normativo collega implicitamente in un unico “insieme” i concetti di “prime gare”, “servizi forniti” e “società partecipanti alla gara”.

Costrutto ben diverso da quello successivamente esibito dal comma 9 dell’art. 23-bis del d.l. n. 112 del 2008 conv. dalla l. n. 133 del 2008, modificato dall’art. 15 comma 1 lett. d) del d.l. n. 135 del 2009 convertito dalla legge n. 166 del 2009: “I soggetti affidatari diretti di servizi pubblici locali possono comunque concorrere su tutto il territorio nazionale alla prima gara successiva alla cessazione del servizio, svolta mediante procedura competitiva ad evidenza pubblica, avente ad oggetto i servizi da essi forniti”, in cui il riferimento a “tutto il territorio nazionale” e alla “prima gara successiva alla cessazione del servizio” designa un diverso punto di rilevanza ermeneutica: quello dell’impresa affidataria.

Del resto, il carattere derogatorio, dunque eccezionale, della norma, ne impone una interpretazione restrittiva.

La sua ragion d’essere è plausibilmente quella di evitare che le società che forniscono servizi ad un’amministrazione ed hanno pertanto acquisito esperienza “sul territorio” siano automaticamente estromesse dalle gare per l’affidamento concorrenziale di quei servizi: non già, invece, quello di elargire agli attuali affidatari diretti una moratoria generalizzata a tutte le prime gare rispetto al termine del 1° gennaio 2007.

Tutti questi elementi inducono ad affermare che la deroga deve intendersi ristretta alle società che gestivano i servizi oggetto della gara con affidamento diretto da parte dell’amministrazione che la indice.

Ne consegue che Sesa e Sit non potevano fruire della deroga di cui al comma 15-quater ed era loro applicabile il divieto di cui al comma 6.

6. In secondo luogo, vanno esaminate le argomentazioni (di Etra e di Sesa) secondo le quali il divieto (di cui al comma 6 predetto) di partecipare alle gare per l’affidamento di un servizio pubblico non sussisterebbe nel caso di specie, venendo in considerazione non la titolarità (ex comma 5) di un servizio pubblico ma la gestione di un segmento di servizio pubblico.

Gli argomenti in esame non hanno pregio.

Sotto il primo profilo, il servizio pubblico postula per sua natura che l’amministrazione ne dia in affidamento a terzi la gestione, conservandone la titolarità.

L’enunciato: “conferimento della titolarità del servizio” di cui al comma 5 citato, quindi, altro non è che un termine atecnico per designare la gestione del servizio: esso non può essere interpretato in maniera letterale - ma asistematica - per escludere che il caso di specie sia sussumibile nella fattispecie legale.

Sotto il secondo profilo, il fatto che l’affidamento in esame abbia ad oggetto prestazioni specificamente determinate (la sola raccolta dei rifiuti), ovvero un segmento del servizio pubblico, come dedotto dalla Sesa, a nulla rileva per escludere l’applicabilità del divieto di cui al comma 6.

La nozione di servizio pubblico prescelta dal legislatore, infatti, quella oggettiva, si fonda su due elementi: 1) la preordinazione dell’attività a soddisfare in modo diretto esigenze proprie di una platea indifferenziata di utenti; 2) la sottoposizione del gestore ad una serie di obblighi, tra i quali quelli di esercizio e tariffari, volti a conformare l’espletamento dell’attività a regole di continuità, regolarità, capacità tecnico-professionale e qualità (sez. V, 12 ottobre 2004, n. 6574).

Ne consegue che, fermi gli elementi essenziali sopra menzionati, la configurazione del servizio pubblico è compatibile con diversi schemi giuridici e con differenti modalità di remunerazione della prestazione.

A nulla quindi rileva che oggetto dell’affidamento fosse soltanto la raccolta dei rifiuti e non l’intero servizio dell’igiene ambientale, così come non rileva che il gestore fosse remunerato dal soggetto aggiudicatore: quel che conta, infatti, è che l’attività del gestore fosse diretta ad una platea indifferenziata di utenti e che esso fosse destinatario di obblighi funzionali alla destinazione al pubblico dell’attività dovuta.

7. Anche la circostanza, allegata dalla Sesa, che il socio privato fosse stato scelto con procedura di evidenza pubblica non giova ad escludere l’applicabilità del divieto di cui al comma 6.

Quel che rileva ai fini dell’osservanza della procedura dell’evidenza pubblica ed agli effetti che ne derivano in termini di affidamento di servizi pubblici locali, infatti, è che si tratti di scelta di un socio privato operativo (sez. VI, 23 settembre 2008, n. 4603; sez. II, par. 18 aprile 2007, n. 456/2007; sez. V, 13 dicembre 2006, n. 7369) e non di un mero socio finanziatore.

Nella specie, dalle delibere del Comune di Este costitutive della Sesa, la n. 64 del 1993 e la n. 11 del 1995, si desume che il socio privato per la cui scelta veniva indetta procedura di evidenza pubblica era un socio finanziatore, il che non giova a neutralizzare gli affidamenti diretti di servizi pubblici alla società mista.

8. In fatto, non è controverso che la Sesa fosse affidataria diretta di servizi pubblici locali da parte del Comune di Este.

La circostanza, preannunciata dalle citate deliberazioni del consiglio comunale di Este n. 65 del 1993 e n. 11 del 1995, risulta dalla visura camerale in atti (doc. 16 fascicolo di primo grado della Trasporti Ecologici), che evidenzia affidamenti di servizi di verde pubblico e custodia giardini, servizi cimiteriali, servizi depurativi e gestione impianto trattamento reflui da parte del Comune di Este e non è contestato dalla Sesa.

9. Per quanto riguarda la Sit, al suo capitale sociale partecipa in misura maggioritaria, come evidenziato dai motivi aggiunti al ricorso principale di primo grado (p. 32), la AIM, società pubblica costituita ed interamente partecipata dal Comune di Vicenza allo scopo di gestire i servizi pubblici locali indicati nell’oggetto sociale: servizio energetico, servizio gas, servizio telecomunicazioni, servizio idrico integrato, servizi integrati della mobilità, servizi di igiene ambientale, oltre ai servizi accessori.

La partecipazione del Comune di Vicenza al capitale sociale di AIM è totalitaria.

La partecipazione totalitaria del Comune di Vicenza nella costituzione di AIM e l’oggetto sociale di quest’ultima, comprendente un ampio spettro di servizi pubblici locali, costituiscono indizi gravi, precisi e concordanti per presumere che la stessa fosse affidataria diretta di servizi pubblici da parte del Comune di Vicenza, sicut erat in votis, ed anche al momento della gara in questione.

AIM, Sit e la serie di società da essa controllate o ad essa collegate costituiscono un gruppo di società.

La documentazione proveniente dal Comune di Vicenza e diretta a comprovare che il medesimo ha poteri di ingerenza soltanto su AIM e non sulle controllate e partecipate di quest’ultima è rilevante al fine di escludere che la Sit sia società strumentale del Comune di Vicenza, ma non ai fini che rilevano in causa.

Orbene, nei casi di rapporti di controllo tra società ex art. 2359 c.c. le attuali linee direttive dell’ordinamento giuridico, da cui è desumibile un principio generale, attribuiscono rilevanza giuridica esterna al gruppo di società limitando il criterio formale, ricollegabile alla personalità giuridica, dell’autonomia delle medesime.

Tale rapporto fa presumere ai fini delle responsabilità, ai sensi dell’art. 2497-sexies c.c., che l’attività di direzione e coordinamento di società sia esercitato dalla società che le controlla ai sensi dell’art. 2359 c.c..

Esso, inoltre, esclude la legittimazione delle società in relazione di controllo a partecipare alla medesima gara, ex art. 34 comma 2 cod. contr. (d. lg. n. 163 del 2006).

Allo stesso modo, è coerente con il quadro sistematico che il rapporto di controllo tra società sia rilevante per determinare l’ambito soggettivo del divieto di partecipazione alle gare per le imprese affidatarie dirette di servizi pubblici di cui al comma 6 dell’art. 113 cit.

Non sembra dunque implausibile affermare che la forma della partecipazione alle gare vietata a tali imprese è non soltanto quella diretta, ma anche quella tramite società controllate o partecipate: come poi è stato specificato, in applicazione dell’esposto principio, dal comma 9 dell’art. 23-bis del d.l. n. 112 del 2008 conv. dalla l. n. 133 del 2008, modificato dall’art. 15 comma 1 lett. d) del d.l. n. 135 del 2009 convertito dalla legge n. 166 del 2009.

Allo stesso modo, le società controllate sono equiparate alle società pubbliche controllanti ai fini della cessazione degli affidamenti diretti, ai sensi del comma 8 lett. d) dell’art. 23-bis del d.l. n. 112 del 2008 conv. dalla l. n. 133 del 2008, modificato dall’art. 15 comma 1 lett. d) del d.l. n. 135 del 2009 convertito dalla legge n. 166 del 2009.

Ne consegue che Sit, controllata da AIM affidataria diretta della gestione di servizi pubblici locali da parte del Comune di Vicenza, incorreva nel divieto di cui al comma 6 dell’art. 113 cit.

10. Per le suesposte considerazioni, il motivo aggiunto di primo grado, riproposto in appello, concernente la violazione dell’art. 113 t.u.e.l., è fondato.

La sentenza impugnata, pur erroneamente motivata in diritto, non è soggetta a riforma, ma soltanto a correzione della motivazione, in quanto il dispositivo è conforme al diritto.

Gli appelli, principale ed incidentali, devono dunque essere respinti.

Ogni altra questione resta assorbita.

Avuto riguardo alla soccombenza reciproca, sussistono giusti motivi per compensare le spese del giudizio.

 

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, sezione V, respinge l’appello principale e gli appelli incidentali. Compensa le spese.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 18 novembre 2008 con l'intervento dei Signori:

Stefano Baccarini, Presidente, Estensore

Claudio Marchitiello, Consigliere

Marzio Branca, Consigliere

Adolfo Metro, Consigliere

Giancarlo Giambartolomei, Consigliere

                       

IL PRESIDENTE, ESTENSORE               

           

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 22/03/2010

 

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