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TAR Piemonte, Sez. II, 13/5/2010 n. 2388
Sulla sussistenza della giurisdizione del g.a. per la controversia relativa al recesso da parte di comune da un consorzio costituito ai sensi dell'art. 31 del d.lgs. n. 267 del 2000.

Allorché uno degli Enti locali partecipanti deliberi di recedere dal consorzio costituito ai sensi dell'art. 31 del d.lgs. n. 267 del 2000, ci si trova in presenza dell'esercizio di un potere discrezionale conferito dalla legge in capo allo stesso Ente deliberante, tale da radicare la giurisdizione del giudice amministrativo. Il consorzio tra Comuni è una particolare forma associativa prevista dalla legge, avente natura di ente pubblico, "per la gestione associata di uno o più servizi" nonché "per l'esercizio associato di funzioni": esso è quindi preordinato alla realizzazione di un servizio o di una funzione pubblica tale da assicurare, date le circostanze del caso concreto e previa valutazione delle necessità del territorio, maggiore affidamento di riuscita rispetto ad una gestione diretta lasciata alle amministrazioni singolarmente. La decisione di entrare a far parte di un consorzio - e, correlativamente, quella di recedervi - è quindi preordinata alla migliore gestione (o almeno, a quella discrezionalmente ritenuta tale) del servizio pubblico che di volta in volta viene in considerazione: le relative deliberazioni prese dall'Ente locale, pertanto, rappresentano una modalità di esercizio del potere discrezionale che la legge conferisce all'amministrazione locale per la migliore gestione del servizio pubblico. Non può dunque sostenersi, che i rapporti tra il consorzio e gli enti che ne fanno parte siano da inquadrare nei binari del diritto soggettivo e non dell'interesse legittimo: ne deriva, per le relative controversie, in base ai principi generali, la giurisdizione del giudice amministrativo.

Materia: enti locali / consorzi e associazioni

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

 

SENTENZA

Sul ricorso numero di registro generale 1607 del 1996, proposto da:

CONSORZIO BASSA VALSESIA PER LA RACCOLTA E LA DEPURAZIONE DELLE ACQUE REFLUE, in persona del Presidente sig. Zanaroli Mario, rappresentato e difeso dagli avv.ti Pierangelo Scacchi e Paolo Scaparone, con domicilio eletto presso lo studio del secondo in Torino, via S. Francesco d'Assisi, 14;

 

contro

il Comune di Cavallirio, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avv. Claudio Dal Piaz, con domicilio eletto presso lo studio dello stesso in Torino, via S. Agostino, 12;

 

per l'annullamento,

previa sospensione dell'efficacia,

della delibera del Consiglio Comunale di Cavallirio in data 30.3.1996 n. 15 di recesso dal Consorzio Bassa Valsesia per la raccolta e la depurazione delle acque reflue, nonchè di ogni atto presupposto, connesso o conseguente.

Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Cavallirio;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 14 aprile 2010 il dott. Antonino Masaracchia e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO

1. I Comuni di Grignasco, Prato Sesia, Romagnano Sesia, Ghemme, Sizzano, Fava Novarese, Cavallirio, Carpignano Sesia e Briona si sono costituiti in consorzio, ai sensi dell’art. 25 della legge n. 142 del 1990, per gestire, in forma associata, i servizi relativi al disinquinamento delle acque e al trattamento dei liquami e dei sottoprodotti, con riferimento alla zona complessivamente insistente sui rispettivi territori comunali.

Il consorzio, già costituito negli anni ’80, ha ufficialmente acquisito la denominazione di “Consorzio Bassa Valsesia per la Raccolta e la Depurazione delle Acque Reflue” a seguito di atto di trasformazione (rep. n. 15958, racc. n. 3611, in data 23 febbraio 1994) redatto, ai sensi degli artt. 60 e 24 della legge n. 142 del 1990, dal notaio Gian Vittorio Cafagno del Collegio notarile dei Distretti riuniti di Novara e Vercelli.

Con deliberazione del Consiglio comunale, n. 15 del 30 marzo 1996, il Comune di Cavallirio (NO) ha deciso di recedere dal suddetto consorzio, cui aveva aderito sin dal 6 marzo 1986, adducendo quale motivazione le seguenti circostanze: 1) il Comune di Cavallirio non era “ancora allacciato alla rete del Consorzio e quindi non usufruisce del servizio” nonostante che, già sette anni prima, “gli fu assicurato che in breve tempo si sarebbe provveduto ai lavori di allacciamento”; 2) anche in caso di allacciamento, “potrebbe essere smaltito solamente il 50% del territorio comunale e ciò a causa della configurazione del terreno e della situazione della rete fognaria comunale”; 3) “i costi che il Consorzio deve sopportare per la sua gestione risulterebbero troppo elevati rispetto ad una gestione diretta del Comune e tali da non giustificare comunque la permanenza nel suddetto Ente”.

 

2. Avverso tale deliberazione il Consorzio Bassa Valsesia per la Raccolta e la Depurazione delle Acque Reflue, in persona del proprio Presidente, ha presentato ricorso a questo TAR, chiedendone l’annullamento previa sospensione cautelare.

Il ricorso è affidato ad un unico motivo di gravame, così rubricato: “Eccesso di potere per mancanza od insufficienza di motivazione e falso presupposto, nonchè violazione della norma dell’art. 4, 3° comma, della convenzione tra i Comuni consortisti”.

La norma della convenzione appena citata, pur riconoscendo ai singoli Comuni partecipanti al consorzio il potere di revoca della scelta di aderirvi, “impone, quale limitazione di esercizio dello stesso, la motivazione della decisione”. A parere del ricorrente, la delibera impugnata risulterebbe “proprio viziata dalla mancanza o dalla insufficienza della motivazione”.

Sul primo motivo sollevato dal Comune di Cavallirio, il consorzio, pur riconoscendo che la mancanza dell’allacciamento costituisce “un fatto incontrovertibile”, replica che il tratto di canalizzazione realizzato raggiunge “quasi” il territorio del Comune di Cavallirio “nei tre punti ove è prevista la raccolta dei reflui”: i lavori di completamento dell’allacciamento “potrebbero essere eseguiti con una spesa modesta in confronto all’intervento già effettuato”, sicché non parrebbe dubbio “che il primo motivo di recesso poggi su basi scarsamente salde”.

Sul secondo motivo di recesso, il consorzio replica che “il progetto consortile [...] soddisfa pienamente le esigenze del predetto comune, intervenendo su tutto il territorio dell’ente locale” e che comunque eventuali ostacoli legati alla configurazione del terreno sarebbero stati superati con realizzazione di una copertura integrale del territorio del Comune recedente.

Sul terzo motivo, il consorzio replica che esso “è totalmente indimostrato”, non avendo il Comune compiuto “il minimo sforzo per dar corpo all’argomento dedotto”.

 

3. Si è costituito in giudizio il Comune di Cavallirio, in persona del proprio Sindaco, depositando documenti e chiedendo il rigetto del ricorso con memoria di stile.

 

3.1. Con successiva memoria, depositata il 3 settembre 1996, il Comune di Cavallirio ha precisato le proprie difese, eccependo preliminarmente il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo. I rapporti tra Comuni consorziati ed il consorzio non sarebbero qualificabili in termini di interesse legittimo, “sibbene di diritto soggettivo, se si vuole di diritto pubblico soggettivo”. Le amministrazioni partecipanti al consorzio, infatti, “si presentano nei rispettivi confronti e nei confronti dell’Ente consortile come dei soggetti in posizione di autonomia e non come delle pubbliche autorità”.

Nel merito, l’amministrazione resistente sostiene che, una volta che sia consentita la possibilità di recesso da specifica disposizione dello statuto consortile, “questa possibilità viene esercitata da ciascuno dei partecipanti al Consorzio sulla base di una propria autonoma scelta, che non è in alcun modo sindacabile dagli altri partecipanti nè dal Consorzio e che non può, perciò, essere contestata avanti l’autorità giurisdizionale”. Né, del resto, la controparte potrebbe “dedurre un preteso danno dal recesso”, posto che il previsto meccanismo del “preavviso” è “istituzionalmente deputato ad evitare il verificarsi di qualsivoglia danno nei rapporti tra i consorziati”. Non si tratterebbe, pertanto, di un atto di autotutela, ma solo della scelta di “porre termine al rapporto di durata, qual è l’adesione ad un Consorzio”.

In ogni caso, prosegue la resistente, “le ragioni che hanno indotto l’Amministrazione comunale di Cavallirio a recedere dal Consorzio sono state esaurientemente chiarite”, anche in considerazione della circostanza che il medesimo Comune “ha, nel tempo, visto modificare le proprie esigenze e che è in grado di provvedere autonomamente alle sue necessità”.

 

4. Alla camera di consiglio del 9 ottobre 1996, chiamata per la discussione dell’incidente cautelare, il ricorrente ha dichiarato di rinunciare alla sospensiva.

 

5. In prossimità della pubblica udienza di discussione, in data 2 aprile 2010 il Comune di Cavallirio ha depositato una memoria, argomentando il venir meno, in capo al ricorrente, di un “interesse concreto ed attuale alla coltivazione della presente vertenza”.

Sostiene il Comune che, a seguito delle modificazioni che hanno interessato la disciplina sulla gestione dei servizi idrici, la convenzione che ha dato vita al consorzio de quo sarebbe da considerare ormai “superata”. In particolare, a seguito della legge n. 36 del 1994, che ha previsto un unico “Sistema idrico integrato” anche per i servizi di fognatura e depurazione delle acque reflue, e della legge della Regione Piemonte n. 13 del 1997, che l’ha attuata, la forma di collaborazione tra gli Enti locali è, ormai, quella della “convenzione” ai sensi dell’art. 24 della legge n. 142 del 1990, che dà vita ad un organismo denominato “Autorità d’Ambito”, il quale “esercita le proprie funzioni in nome e per conto di tutti gli Enti Locali appartenenti all’Autorità d’Ambito Territoriale Ottimale”. Dal 1 luglio 2007 il servizio di depurazione delle acque per il territorio delle Province di Novara e del Verbano Cusio Ossola è stato affidato, in base ad apposita convenzione, alla società “Acqua Novara VCO” s.p.a.: i vecchi consorzi, pertanto, “sono divenuti mere società patrimoniali” le quali, “di fatto, non svolgono più alcuna attività di gestione del servizio un tempo loro affidato”.

 

6. Alla pubblica udienza del 14 aprile 2010 il ricorso è stato trattenuto in decisione.

 

DIRITTO

1. Oggetto del presente giudizio è la legittimità della deliberazione con la quale il Comune di Cavallirio, già membro del “Consorzio Bassa Valsesia per la Raccolta e la Depurazione delle Acque Reflue” (costituito ai sensi dell’art. 25 della legge n. 142 del 1990, ora confluito nell’art. 31 del d.lgs. n. 267 del 2000), ha deciso di recedere dal medesimo consorzio.

Il consorzio ricorrente deduce la mancanza o, comunque, l’insufficienza della motivazione addotta dal Comune recedente e su tale esclusiva base chiede l’annullamento della delibera.

 

2. Deve preliminarmente essere scrutinata l’eccezione di inammissibilità per difetto di giurisdizione del giudice amministrativo, sollevata dal Comune di Cavallirio.

L’eccezione non è fondata.

Rileva il Collegio che, allorché uno degli Enti locali partecipanti deliberi di recedere dal consorzio costituito ai sensi dell’art. 31 del d.lgs. n. 267 del 2000, ci si trova in presenza dell’esercizio di un potere discrezionale conferito dalla legge in capo allo stesso Ente deliberante, tale da radicare la giurisdizione del giudice amministrativo. Il consorzio tra Comuni è una particolare forma associativa prevista dalla legge, avente natura di ente pubblico (cfr. Cassaz., sez. un., n. 14475 del 2002), “per la gestione associata di uno o più servizi” nonché “per l’esercizio associato di funzioni”: esso è quindi preordinato alla realizzazione di un servizio o di una funzione pubblica tale da assicurare, date le circostanze del caso concreto e previa valutazione delle necessità del territorio, maggiore affidamento di riuscita rispetto ad una gestione diretta lasciata alle amministrazioni singolarmente.

La decisione di entrare a far parte di un consorzio – e, correlativamente, quella di recedervi – è quindi preordinata alla migliore gestione (o almeno, a quella discrezionalmente ritenuta tale) del servizio pubblico che di volta in volta viene in considerazione: le relative deliberazioni prese dall’Ente locale, pertanto, rappresentano una modalità di esercizio del potere discrezionale che la legge conferisce all’amministrazione locale per la migliore gestione del servizio pubblico.

Non può dunque sostenersi, come fa l’amministrazione resistente, che i rapporti tra il consorzio e gli enti che ne fanno parte siano da inquadrare nei binari del diritto soggettivo e non dell’interesse legittimo: ne deriva, per le relative controversie, in base ai principi generali, la giurisdizione del giudice amministrativo.

 

3. Non è fondata nemmeno l’eccezione con la quale il Comune di Cavallirio ha sostenuto la sopravvenuta carenza di interesse in capo al consorzio ricorrente.

E’ sufficiente osservare, al riguardo, che il nuovo statuto del consorzio, approvato nel 2005 in occasione della trasformazione del consorzio in società per azioni (con la denominazione di “Servizi Idrici Bassa Valsesia s.p.a.”: doc. n. 2, depositato dal ricorrente in data 31 agosto 2009), prevede che oggetto sociale di tale organismo è, pur sempre, la gestione del servizio idrico “nelle fasi di captazione, adduzione, distribuzione, fognatura e depurazione”, nonché lo svolgimento di attività di progettazione e realizzazione di impianti anche di “distribuzione e raccolta delle acque e della loro depurazione” (art. 4 dello statuto). Si tratta, in sostanza, di attività assimilabili a quelle che il consorzio già svolgeva all’epoca in cui il Comune di Cavallirio ha deciso di recedere (si vd. l’art. 2 dello statuto approvato nel 1994: doc. n. 2 dell’amministrazione resistente), senza che pertanto, nonostante il passare del tempo e le modificazioni intervenute nelle forme di gestione dei servizi idrici, possa essere venuto meno l’assetto di interessi che, già all’epoca, aveva caratterizzato i rapporti tra il consorzio medesimo ed i Comuni che ne facevano parte.

 

4. Nel merito, il ricorso non è fondato.

L’unico motivo di censura sviluppato dal ricorrente consiste nella presunta mancanza od insufficienza della motivazione che il Comune recedente ha addotto per giustificare il venir meno della propria partecipazione.

Al riguardo, l’art. 4, comma 2, dello statuto consortile del 1994 (doc. n. 2 dell’amministrazioneresistente) aveva previsto che “i singoli Comuni hanno la possibilità, previa deliberazione motivata adottata dal competente organo, di recedere con preavviso da comunicare entro il 30 giugno dell’anno precedente”. Ai fini del recesso, pertanto, era necessaria e sufficiente una “deliberazione motivata”: che è precisamente ciò che il Comune di Cavallirio ha fatto con la deliberazione in questa sede impugnata.

Tale deliberazione, invero, reca, con sufficiente esaustività, le ragioni che, secondo il discrezionale apprezzamento del Consiglio comunale, non facevano ritenere opportuno il proseguimento della partecipazione al consorzio: si legge, infatti, che tale partecipazione – oltre a determinare costi superiori rispetto a quelli derivanti da una gestione diretta, da parte del Comune, del servizio – non avrebbe comunque garantito la totale copertura del servizio per il territorio comunale, posto che l’allacciamento del Comune alla rete consortile non era ancora avvenuto (dopo ben dieci anni dall’entrata del Comune di Cavallirio nel consorzio) e che, comunque, l’eventuale allacciamento avrebbe coperto solo il 50% delle effettive necessità. Ragioni che, a tutta evidenza, sono da considerarsi sufficienti per spiegare, ai sensi dell’art. 4, comma 2, dello statuto consortile, la decisione adottata dall’amministrazione comunale resistente.

 

5. Le spese di giudizio seguono l’ordinaria regola della soccombenza e sono da liquidarsi, con valutazione equitativa, in euro 1.000,00 (mille/00).

 

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte, sez. II, definitivamente pronunciando,

Respinge il ricorso in epigrafe.

Condanna parte ricorrente al pagamento delle spese processuali nella misura di Euro 1.000,00 (mille/00), oltre accessori di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.Così deciso in Torino nella camera di consiglio del giorno 14 aprile 2010 con l'intervento dei Magistrati:

Giuseppe Calvo, Presidente

Ariberto Sabino Limongelli, Referendario

Antonino Masaracchia, Referendario, Estensore

 

L'ESTENSORE  IL PRESIDENTE

   

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 13/05/2010

 

(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)

 

IL SEGRETARIO

 

 

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