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Consiglio di Stato, Sez. V, 21/5/2010 n. 3216
Sul regime transitorio degli affidamenti e delle concessioni di distribuzione del gas naturale: le scadenze previste dall'art. 23, I c., del D.L. n. 273 del 2005 non violano il principio di certezza del diritto.

La Corte di Giustizia, con la decisione del 17.7.2008 nella causa C-347/2006, ha stabilito sia che la direttiva 2003/55 non osta alla fissazione da parte degli Stati membri della durata del periodo transitorio al termine del quale deve cessare anticipatamente una concessione di distribuzione del gas, sia che gli artt. 43 CE, 49 CE e 86, n. 1, CE, non ostano al prolungamento della durata di esso periodo, purché esso possa essere considerato necessario al fine di permettere lo scioglimento dei rapporti contrattuali a condizioni accettabili in funzione dello svolgimento del servizio pubblico e dal punto di vista economico, il quale ha senso solo se riferito ad un periodo di prolungamento temporale significativo, atteso che un periodo di prolungamento relativamente breve, non idoneo a comportare conseguenze sfavorevoli ai singoli o alle imprese, è da considerare anche non idoneo a comportare la violazione del principio di certezza del diritto che la Corte ha stabilito che fosse meritevole di tutela.
L'art. 23, I c., del D.L. n. 273 del 2005, ha stabilito che "Il termine del periodo transitorio previsto dall'art. 15, c., 5, del decreto legislativo 23 maggio 2000, n. 164, è prorogato al 31 dicembre 2007 ed è automaticamente prolungato fino al 31 dicembre 2009 qualora si verifichi almeno una delle condizioni indicate al c. 7 del medesimo art. 15". Le scadenze previste per il periodo transitorio prima della emanazione del D.L. n. 273 del 2005, non sono state variate da questo in maniera tanto significativa da comportare conseguenze sfavorevoli, anche economiche, inaccettabili in capo ai singoli e alle imprese, perché di entità tale da non violare il principio di certezza del diritto che la Corte di Giustizia ha inteso tutelare con le direttive e la decisione sopra riportate.
Scopo dell' adozione dell'art. 23 del D. L. n. 273 del 2005 è stato quello di porre una disciplina unitaria in tutto il territorio nazionale in materia di regime transitorio degli affidamenti e delle concessioni di distribuzione del gas naturale, al precipuo scopo di tutelare la libera concorrenza in materia, per non ingenerare il rischio di abuso della posizione di privilegio derivante dal protrarsi dell'esercizio, in regime di monopolio, del servizio pubblico locale. Non vi è dubbio, pertanto, che le previsioni contenute nel citato art. 23 del D. L. n. 273 del 2005, a prescindere dalla natura di dettaglio o meno, siano state dettate dallo Stato a tutela della concorrenza, in materia riservata alla propria legislazione e senza incidere sulla potestà legislativa delle Regioni in materia.

Materia: gas / disciplina

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO 

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

 

DECISIONE

Sul ricorso numero di registro generale 10154 del 2008, proposto da:

COMUNE di CHIERI, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avv. Cesare Cereda e Marco Radice, unitamente ai quali è elettivamente domiciliato in Roma, alla Via di Porta Pinciana n. 4, presso l’avv. Fernando Maria De Matteis;

 

contro

ITALGAS - SOCIETA’ ITALIANA per il GAS per azioni, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avv. Franco Gaetano Scoca e Fabio Todarello, unitamente ai quali è elettivamente domiciliato presso il primo, in Roma, alla Via G. Paisiello, n. 55;

 

per la riforma

della sentenza del TAR Piemonte, Sezione seconda, n. 3280 del 2007;

inoltre per la reiezione di tutte le domande proposte con il ricorso di primo grado, nonché della domanda di accertamento e di quella di risarcimento con lo stesso formulate, perché irricevibili, inammissibili ed infondate in fatto e diritto;

infine per la declaratoria della nullità del contratto di concessione rep. n. 3054 del 3.11.1978 e della convenzione allegata sub A al predetto contratto.

Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio della Italgas – Società Italiana per il Gas per azioni;

Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;

Visti gli atti tutti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 23 febbraio 2010 il Cons. Antonio Amicuzzi e uditi per le parti gli avvocati Gigli, per delega dell'Avv. Scoca, e l'Avv. Cereda;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO

Con ricorso al T.A.R. Piemonte, Sezione seconda, n. 3280 del 2007 la Italgas- Società Italiana per il Gas per azioni (concessionaria esclusiva del pubblico servizio di distribuzione del gas nel territorio del Comune di Chieri, in virtù dell’atto di concessione del 3 novembre 1978, della durata di trenta anni e in scadenza alla data del 30 giugno 2010), ha chiesto l’annullamento della delibera 22.12.2005, n. 105, del Consiglio Comunale di Chieri (avente ad oggetto “rete di distribuzione gas-scadenza concessione società Italgas s.p.a.” e con la quale è stato disposto che la concessione in favore di Italgas s.p.a. del servizio di distribuzione del gas nel territorio comunale avrebbe avuto termine il 31.12.2005), della relativa nota accompagnatoria prot. n. 37950 datata 30.12.2005, nonché di qualsiasi atto ivi menzionato, inclusa la nota indicata in data 24.3.2005, prot. 8223 (di avvio del procedimento di esperimento di una nuova gara per l’affidamento del servizio di distribuzione del gas in attuazione del D. Lgs. n164, o, in alternativa, della verifica dei presupposti per concedere deroghe su iniziativa di parte).

Con detto ricorso sono stati chiesti anche l’accertamento e la declaratoria dell’errata e mancata applicazione dell’art. 15, comma 5, del D.Lgs. n. 164 del 2000, come modificato dall’art. 1, comma 69, della legge n. 239 del 2004 e dall’art. 23, comma 1, del D.L. 30.12.2005, n. 273, nonché dell’art. 15, comma 7, del D.Lgs. 164/2000; inoltre è stato chiesto l’accertamento della sussistenza in capo a Italgas S.p.A. del diritto alla permanenza del rapporto concessorio sino al 30.12.2011, ovvero - in denegata e gradata ipotesi - sino al 31.12.2009.

In via subordinata con il ricorso erano stati altresì chiesti l’accertamento e la declaratoria in via alternativa fra loro: della errata e mancata applicazione dell’art. 15, comma 7, del D.lgs. 164 del 2000, con sussistenza in capo a Italgs S.p.A. del diritto alla permanenza del rapporto concessorio fino al 31.12.2009, ovvero - in denegata e gradata ipotesi - sino al 31.12.2007; ovvero dell’errata e mancata applicazione dell’art. 15, comma 5, del D.lgs. n. 164 del 2000 (come modificato dall’art. 1, comma 69, della legge n. 239/2004 e dall’art. 23, comma 1, del D.L. 30.12.2005, n. 273), il quale prevede che il periodo transitorio base andrà a scadere al 31.12.2007, e della sussistenza in capo a Italgas S.p.A. del diritto alla permanenza del rapporto concessorio sino al 31.12.2007.

Il ricorso conteneva infine la richiesta di condanna ex artt. 33 e ss. del D.Lgs. n. 80 del 1998 e s.m.i. del Comune di Chieri al risarcimento dei danni patiti e patiendi dalla società ricorrente.

Con sentenza del T.A.R. Piemonte, Sezione seconda, n. 3280 del 2007 detto ricorso è stato dichiarato inammissibile per carenza di interesse alla sua decisione, essendo stata ritenuta risolutiva ed assorbente la nuova disciplina introdotta dall’art. 23 del decreto legge 31 dicembre 2005, n. 273, convertito senza modifiche, sul punto, nella legge 23 febbraio 2006, n. 51.

Con il ricorso in appello in epigrafe indicato il Comune di Chieri ha chiesto l’annullamento o la riforma della citata sentenza, nonché la reiezione di tutte le domande proposte con il ricorso di primo grado, comprese quelle di accertamento e di di risarcimento, perché irricevibili, inammissibili ed infondate in fatto e diritto; inoltre è stata chiesta la declaratoria della nullità del contratto di concessione rep. n. 3054 del 3.11.1978 e della convenzione allegata sub A al predetto contratto.

A sostegno del gravame sono stati dedotti i seguenti motivi:

1.- Erroneità ed ingiustizia della sentenza impugnata. Illegittimità costituzionale dell’art. 23, I c., del D.L. n. 273 del 2005, convertito con modificazioni dalla L. n. 51 del 2006.

2.- Illegittimità dell’art. 23 del D.L. n. 273 del 2005, convertito in L. n. 51 del 2006, per violazione e contrarietà al principio di apertura del mercato del gas alla concorrenza previsto dalla Direttiva CE n. 2003/55, con disapplicazione della normativa domestica ed applicabilità della sola normativa antecedente.

3.- Violazione e falsa applicazione di legge, sub specie dell’art. 23, I c., del D.L. n. 273 del 2005, per essere stata erroneamente ritenuta applicabile la suddetta norma al caso di specie.

4.- Nell’ipotesi in cui sia dichiarata la illegittimità costituzionale dell’art. 23, I c., del D. L. n. 273 del 2005, o che tale norma debba essere disapplicata per contrasto con la normativa comunitaria o dovesse essere ritenuta non applicabile al caso di specie, è stata dedotta la legittimità della deliberazione del Consiglio Comunale n. 105 del 22.12.2005, impugnata con il ricorso di primo grado innanzi al T.A.R. Piemonte dalla Italgas – Società italiana per il gas per azioni; sarebbe infatti infondata la tesi secondo cui la scadenza del periodo transitorio debba ricondursi al 31.12.2007 e dovrebbe essere riconosciuta la legittimità di detta deliberazione, in cui è asserito che detta scadenza risaliva al 31.12.2005.

4.1.- Quanto al primo motivo del ricorso di primo grado: insussistenza della violazione dell'art. 10 bis della L. n.241 del 1990.

4.2.- Quanto al terzo motivo di detto ricorso: infondatezza della tesi che il prolungamento del periodo transitorio dovesse essere automatico nell’ipotesi in cui il concessionario fosse in possesso di almeno uno dei requisiti previsti dall’art. 15, comma 67°, del decreto “Letta”.

4.3.- Quanto al quarto motivo del citato ricorso: infondatezza della tesi che la delibera del C.C. del Comune di Chieri n. 105 del 2005 fosse illegittima perché era assente e sviata l’individuazione degli interessi pubblici sottesi alla scelta perseguita.

4.4.- Quanto al quinto motivo del ricorso de quo: Infondatezza della tesi che il Comune abbia omesso di considerare le conseguenze economiche che sullo stesso gravavano per la natura onerosa e non gratuita della devoluzione degli impianti a fine rapporto; infondatezza della tesi che l’atto fosse privo di copertura finanziaria e della pretesa che al provvedimento impugnato avrebbe dovuto essere allegato un parere in ordine alla regolarità tecnica del responsabile del servizio interessato ed il parere del responsabile di ragioneria in ordine alla regolarità contabile. Infondatezza della tesi che il Comune non abbia considerato la circostanza che la scadenza anticipata della concessione avrebbe comportato la corresponsione di un maggior indennizzo al gestore uscente. Infondatezza delle censure di carenza di istruttoria e di irragionevolezza, nonché di mancata previsione della riduzione di organico da parte della controparte.

4.5.- Quanto al sesto motivo del ricorso di primo grado: infondatezza della asserita illegittimità dell’atto impugnato per negazione dell’applicabilità della cumulabilità degli incrementi di cui all’art. 15, comma 8, del Decreto “Letta” e non con divisibilità della tesi che l’abrogazione di detto comma ad opera della legge Marzano non potesse trovare applicazione per gli operatori che avessero già maturato i requisiti previsti.

4.6.- Quanto alla questione di legittimità costituzionale sollevata con il ricorso di primo grado in via subordinata alle domande di annullamento: Manifesta infondatezza della dedotta illegittimità costituzionale dell’art. 15 del Decreto “Letta” per eccesso di delega.

4.7.- Quanto alla ulteriore questione di legittimità costituzionale sollevata con il ricorso di primo grado: Manifesta infondatezza della dedotta illegittimità costituzionale dell’art. 15 del Decreto “Letta” per violazione del principio dell’affidamento e degli artt. 3, 41 e 43 della Costituzione.

4.8.- Quanto alla richiesta di accertamento del diritto a mantenere l’affidamento del servizio fino al 31.12.2007 o ad una diversa data successiva formulata con il ricorso di primo grado dalla Italgas – Società italiana per il gas per azioni: Inammissibilità della domanda di accertamento non sussistendo al riguardo alcun diritto soggettivo della società.

5.- Infine l’atto di appello contiene la richiesta di declaratoria di nullità del contratto di concessione rep. n. 3054 del 3.11.1978 e della convenzione allegata sub A a detto contratto.

Con atto depositato il 20.2.2009 si è costituita in giudizio la Italgas, Società Italiana per il Gas per azioni, che ha chiesto la reiezione del ricorso in quanto inammissibile, improcedibile e comunque infondato.

Con memoria depositata il 12.2.2010 parte ricorrente ha ribadito tesi e richieste.

Con memoria depositata il 17.2.2010 la società resistente ha dedotto la infondatezza dell’appello, confermando la rinuncia al motivo del ricorso originario di cui il T.A.R. aveva già preso atto e riproponendo in via devolutiva i medesimi motivi di ricorso che il Giudice di primo grado ha ritenuto assorbiti. Inoltre detta società ha contestato la fondatezza della domanda di accertamento incidentale della nullità della convenzione per violazione di norme imperative. Con l’atto è stata confermata la richiesta di reiezione del ricorso in appello.

Alla pubblica udienza del 23.2.2010 il ricorso è stato trattenuto in decisione alla presenza degli avvocati delle parti come da verbale di causa agli atti del giudizio.

 

DIRITTO

1.- Con sentenza del T.A.R. Piemonte, Sezione seconda, n. 3280 del 2007 è stato dichiarato inammissibile il ricorso proposto dalla Italgas- Società Italiana per il Gas per azioni, per l’annullamento della delibera 22.12.2005, n. 105, del Consiglio Comunale di Chieri, della relativa nota accompagnatoria prot. n. 37950 datata 30.12.2005, nonché di qualsiasi atto ivi menzionato, inclusa la nota indicata in data 24.3.2005, prot. 8223, con la quale l’Amministrazione Comunale ha dato avvio al procedimento relativo “all’esperimento di nuova gara per l’affidamento del servizio pubblico di distribuzione del gas, in attuazione del d.lgs. n. 164 o, in alternativa, alla verifica dei presupposti di legge e di opportunità per concedere una o più delle proroghe su iniziativa di parte”. Il ricorso conteneva anche domanda di accertamento e di declaratoria dell’errata e mancata applicazione dell’art. 15, comma 5, del D. Lgs. n. 164/2000, oltre che dell’art. 15, comma 7, del D.Lgs. 164/2000, nonché, in via subordinata, l’accertamento e la declaratoria in via alternativa fra loro: della errata e mancata applicazione dell’art. 15, comma 7, del D.lgs. 164/2000, ovvero dell’errata e mancata applicazione dell’art. 15, comma 5, del D.lgs. n. 164/2000. Infine detto ricorso conteneva la richiesta di condanna ex artt. 33 e ss. D.Lgs. 80/98 e s.m.i. del Comune di Chieri al risarcimento dei danni patiti e patiendi dalla società ricorrente.

2.- Con il ricorso in appello, in epigrafe specificato, il Comune di Chieri ha chiesto l’annullamento o la riforma di detta sentenza, nonché la reiezione di tutte le domande proposte con il ricorso di primo grado, comprese le domande di accertamento e di risarcimento danni, perché irricevibili, inammissibili ed infondate in fatto e diritto; inoltre la declaratoria della nullità del contratto di concessione rep. n. 3054 del 3.11.1978 e della convenzione allegata sub A al predetto contratto.

3.- La sentenza del T.A.R. Piemonte citata ha dichiarato inammissibile detto ricorso per carenza di interesse alla sua decisione, ritenendo risolutiva ed assorbente la nuova disciplina introdotta dall’art. 23 del decreto legge 31 dicembre 2005, n. 273, convertito senza modifiche, sul punto, nella legge 23 febbraio 2006, n. 51, laddove ha stabilito che: “1. Il termine del periodo transitorio previsto dall’art. 15, comma 5, del D. Lgs. 23 maggio 2000, n. 164, è prorogato al 31 dicembre 2007 ed è automaticamente prolungato fino al 31 dicembre 2009 qualora si verifichi almeno una delle condizioni indicate al comma 7 del medesimo art. 15.

2. I termini di cui al comma 1 possono essere ulteriormente prorogati di un anno, con atto dell’ente locale affidante o concedente, per comprovate e motivate ragioni di pubblico interesse”.

Ha invero ritenuto detto T.A.R. che, per effetto di tali disposizioni, la convenzione in essere con l’odierna ricorrente (che altrimenti sarebbe stata risolta, a far data dal 1° gennaio 2006, con l’impugnata deliberazione consiliare) fosse automaticamente prorogata fino al 31 dicembre 2007, essendo stata sottratta in tal modo alle previsioni delle parti la disciplina del rapporto, quanto alla sua durata, in quanto determinata dalla norma legislativa richiamata. Non si sarebbe trattato, secondo il T.A.R., dell’applicazione retroattiva della norma sul termine della concessione, in quanto il rapporto giuridico derivante dall’atto concessorio, nel momento in cui era intervenuta la disciplina legislativa (il 31 dicembre 2005), non aveva ancora esaurito i suoi effetti giuridici.

Ha aggiunto il Tribunale che la ricorrente Italgas aveva diritto a mantenere la gestione del servizio certamente fino al 31 dicembre 2007 e che l’amministrazione comunale sarebbe dovuta ritornare sulle sue determinazioni, anche al fine di esaminare, su richiesta della ricorrente, se ricorressero una o più di quelle condizioni che danno titolo all’ulteriore proroga fino al 31 dicembre 2009 (ed eventualmente per un ulteriore anno: ai sensi dell’art. 23, II c., del D.L. n. 273 del 2005, cit.).

Il Tribunale ha quindi giudicato prive di rilevanza le numerose ed articolate questioni di costituzionalità sollevate dalla ricorrente ed ha respinto anche la domanda di risarcimento dei danni da essa formulata.

4.- Innanzi tutto il Collegio deve verificare, anche ai fini dell’accertamento della rilevanza della sollevata questione di legittimità costituzionale dell’art. 23, I c., del D.L. n. 273 del 2005, sulla applicabilità del quale alla fattispecie il Giudice di primo grado ha fondato la sua decisione, la fondatezza del secondo motivo di appello, con il quale è stata dedotta la illegittimità dell’art. 23 del D.L. n. 273 del 2005, convertito in L. n. 51 del 2006 (con il quale il periodo transitorio previsto dall’art. 15, comma 5, del D. Lgs. 23 maggio 2000, n. 164, è stato prorogato al 31 dicembre 2007 consentendo al T.A.R. di dichiarare improcedibile il ricorso), per violazione e contrarietà al principio di apertura del mercato del gas alla concorrenza previsto dalla Direttiva CE n. 2003/55.

Alla fondatezza della censura conseguirebbe infatti la disapplicazione da parte del Giudice nazionale, con non applicabilità della normativa domestica ed applicabilità della sola normativa antecedente; tanto esimerebbe il Collegio dall’esaminare se, oltre che rilevante, la censura di illegittimità costituzionale della norma sopra citata sia o no manifestamente infondata.

4.1.- Sostiene l’appellante che le direttive comunitarie n. 98/30 e n. 2003/55, in materia di mercato interno per il gas naturale, sono state adottate con l’obiettivo di liberalizzare detto mercato e renderlo concorrenziale, obiettivo perseguibile mediante la previsione di un periodo transitorio entro il quale far cessare le vecchie concessioni di distribuzione del gas, da non vanificare con la previsione di proroghe delle scadenze; inoltre la sentenza della Corte di Giustizia 17.7.2008, nella causa C-347/2006, ha stabilito che gli artt. 43 CE, 49 CE e 86, n. 1, CE non osterebbero al prolungamento di un periodo transitorio, purché esso possa essere considerato necessario per permettere alle parti di sciogliere i rispettivi rapporti contrattuali a condizioni accettabili. Tale esigenza nel caso del citato art. 23 del D.L. n. 273 del 2005 non sarebbe sussistita perché il periodo originariamente previsto non era troppo breve.

Infatti la durata di cinque anni del periodo transitorio (pari al 45 % del periodo di durata delle concessioni a regime) prevista dal “Decreto Letta” sarebbe stata sufficiente a consentire la risoluzione dei rapporti in essere a condizioni accettabili, sia dal punto di vista delle esigenze del servizio pubblico che di quello economico; incomprensibili sarebbero le ragioni della ulteriore proroga prevista dal citato art. 23 del D.L. n. 273 del 2005, considerato peraltro che le concessioni di cui dispone la proroga erano state affidate senza procedura ad evidenza pubblica e erano quindi immeritevoli di tutela.

Non sarebbe quindi sussistito nel caso di specie alcuno dei motivi giustificanti una proroga: durata del periodo transitorio troppo breve, eventi eccezionali che rendessero iniquo il termine originariamente fissato e necessità di tutelare una situazione particolarmente meritevole.

Con memoria parte ricorrente ha ulteriormente dedotto al riguardo che le tesi sopra riportate sarebbero confortate da sentenze del T.A.R. Brescia e della Corte Costituzionale.

4.2.- Va osservato al riguardo che la Corte di Giustizia, con detta decisione del 17.7.2008 nella causa C-347/2006, ha stabilito sia che la direttiva 2003/55 non osta alla fissazione da parte degli Stati membri della durata del periodo transitorio al termine del quale deve cessare anticipatamente una concessione di distribuzione del gas, sia che gli artt. 43 CE, 49 CE e 86, n. 1, CE, non ostano al prolungamento della durata di esso periodo, purché esso possa essere considerato necessario al fine di permettere lo scioglimento dei rapporti contrattuali a condizioni accettabili in funzione dello svolgimento del servizio pubblico e dal punto di vista economico.

Ha precisato con detta decisione la Corte di Giustizia sia che “…il principio della certezza del diritto esige, segnatamente, che le norme giuridiche siano chiare, precise e prevedibili nei loro effetti, in particolare qualora esse possano comportare conseguenze sfavorevoli in capo ai singoli e alle imprese…”, sia che “Compete al giudice del rinvio valutare se, in particolare, il prolungamento della durata del periodo transitorio, posto in atto da una normativa come quella in questione nella causa principale, possa essere considerato necessario ai fini del rispetto del principio della certezza del diritto”.

4.3.- Secondo il Collegio il punto della decisione della Corte di Giustizia sopra indicata, in cui afferma che il prolungamento di un periodo transitorio è conforme ai principi comunitari se esso è necessario per permettere alle parti di sciogliere i rispettivi rapporti contrattuali a condizioni accettabili, ha senso solo se riferito ad un periodo di prolungamento temporale significativo, atteso che un periodo di prolungamento relativamente breve, non idoneo a comportare conseguenze sfavorevoli ai singoli o alle imprese, è da considerare anche non idoneo a comportare la violazione del principio di certezza del diritto che la Corte ha stabilito che fosse meritevole di tutela.

Con riferimento al caso che occupa va evidenziato che l’art. 15, VII c., del D. Lgs. n. 164 del 2000 stabiliva che “Il periodo transitorio di cui al comma 5 è fissato in cinque anni a decorrere dal 31 dicembre 2000. Tale periodo può essere incrementato, alle condizioni sotto indicate, in misura non superiore a: a) un anno nel caso in cui, almeno un anno prima dello scadere dei cinque anni, si realizzi una fusione societaria che consenta di servire un'utenza complessivamente non inferiore a due volte quella originariamente servita dalla maggiore delle società oggetto di fusione;

b) due anni nel caso in cui, entro il termine di cui alla lettera a ), l'utenza servita risulti superiore a centomila clienti finali, o il gas naturale distribuito superi i cento milioni di metri cubi all'anno, ovvero l'impresa operi in un ambito corrispondente almeno all'intero territorio provinciale; c) due anni nel caso in cui, entro il termine di cui alla lettera a ), il capitale privato costituisca almeno il 40% del capitale sociale”.

Inoltre l’art. 1, 69° comma della L. n. 239 del 2004 ha previsto che “La disposizione di cui all'articolo 15, comma 5, del decreto legislativo 23 maggio 2000, n. 164, relativa al regime transitorio degli affidamenti e delle concessioni in essere al 21 giugno 2000, data di entrata in vigore del medesimo decreto legislativo, va interpretata nel senso che è fatta salva la facoltà di riscatto anticipato, durante il periodo transitorio, se stabilita nei relativi atti di affidamento o di concessione. Tale facoltà va esercitata secondo le norme ivi stabilite. Le gare sono svolte in conformità all'articolo 14 del decreto legislativo 23 maggio 2000, n. 164. Il periodo transitorio di cui al citato articolo 15, comma 5, termina entro il 31 dicembre 2007, fatta salva la facoltà per l'ente locale affidante o concedente di prorogare, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, per un anno la durata del periodo transitorio, qualora vengano ravvisate motivazioni di pubblico interesse. Nei casi previsti dall'articolo 15, comma 9, del decreto legislativo 23 maggio 2000, n. 164, il periodo transitorio non può comunque terminare oltre il 31 dicembre 2012. È abrogato il comma 8 dell'articolo 15 dello stesso decreto legislativo n. 164 del 2000”.

L’art. 23, I c., del D.L. n. 273 del 2005 ha quindi stabilito che “Il termine del periodo transitorio previsto dall'articolo 15, comma 5, del decreto legislativo 23 maggio 2000, n. 164, è prorogato al 31 dicembre 2007 ed è automaticamente prolungato fino al 31 dicembre 2009 qualora si verifichi almeno una delle condizioni indicate al comma 7 del medesimo articolo 15”.

4.4.- La disamina della sopra riportata normativa dimostra che le scadenze previste per il periodo transitorio prima della emanazione del D.L. n. 273 del 2005 non sono state quindi variate da questo in maniera tanto significativa da comportare conseguenze sfavorevoli, anche economiche, inaccettabili in capo ai singoli e alle imprese, perché di entità tale da non violare il principio di certezza del diritto che la Corte di Giustizia ha inteso tutelare con le direttive e la decisione sopra riportate.

4.5.- La censura non può quindi essere condivisa.

5.- Ciò posto, consegue alla ritenuta incondivisibilità della dedotta violazione e contrarietà al principio di apertura del mercato del gas alla concorrenza previsto dalla Direttiva CE n. 2003/55, la necessità di esaminare la fondatezza della prima censura formulata con l’appello in esame, di erroneità ed ingiustizia della sentenza impugnata, a causa della dedotta illegittimità costituzionale dell’art. 23, I c., del D.L. n. 273 del 2005, convertito con modificazioni dalla L. n. 51 del 2006.

5.1.- Rilevante e non manifestamente infondata sarebbe, secondo il Comune appellante, la questione di legittimità costituzionale di detto art. 23 del D.L. n. 273 del 2005, posto a fondamento della sentenza impugnata, che avrebbe invaso la competenza legislativa regionale, discutendosi di materia nella quale è prevista una competenza concorrente Stato Regioni in forza del disposto dell’art. 117, III c, della Costituzione.

La linea di demarcazione tra dette competenze è data dalla attribuzione della potestà legislativa generale alle Regioni e dalla attribuzione allo Stato della fissazione dei principi fondamentali, che, tuttavia, devono lasciare spazio all’intervento delle discipline specifiche regionali. La determinazione di un nuovo termine finale del periodo transitorio delle concessioni di distribuzione del gas e la previsione dell'automatismo della proroga configurerebbero, secondo la parte appellante, attività legislativa specifica e dettagliata demandata alle Regioni.

La fondatezza di detta tesi sarebbe dimostrata sia dalla circostanza che alcune Regioni a statuto speciale hanno regolato in modo specifico la materia, sicché lo Stato non può essere egualmente competente, sia dal tenore della sentenza n. 1 del 2008 della Consulta in materia di energia elettrica (che ha dichiarato la illegittimità costituzionale di una norma di proroga di concessioni perché norma di dettaglio e non considerabile un principio fondamentale). Né nel caso che occupa la norma di dettaglio sarebbe stata resa necessaria da ragioni obiettive di garanzia di unitarietà ed uniformità in tutto il territorio nazionale, essendo le reti del gas realtà comunali, né lo Stato, cui è attribuita in via esclusiva la competenza in materia di tutela della concorrenza, potrebbe essere, in ragione di ciò, legittimato a regolare in maniera specifica e puntuale una materia di competenza concorrente quale è l’energia, come da sentenza della Corte Costituzionale n. 272 del 27 luglio 2004.

5.2.- Il Collegio ritiene innanzi tutto sussistente la rilevanza della eccezione di costituzionalità in esame, atteso che, come in precedenza già rilevato, la sentenza impugnata è fondata sulla applicabilità di detto art. 23 del D.L. n. 273 del 2005, sicché, in caso di riconosciuta incostituzionalità della norma, la sentenza stessa verrebbe ad essere indubitabilmente viziata.

5.3.- La eccezione in esame deve tuttavia considerarsi manifestamente infondata.

L’art. 117 della Costituzione prevede, al comma II, lettera e), che lo Stato ha legislazione esclusiva, tra l’altro, in materia di tutela della concorrenza; prevede inoltre, al comma III, che sono materie di legislazione concorrente quelle relative, tra l’altro, alla produzione, al trasporto ed alla distribuzione nazionale dell'energia; detto III comma stabilisce altresì che nelle materie di legislazione concorrente spetta alle Regioni la potestà legislativa, salvo che per la determinazione dei princìpi fondamentali, riservata alla legislazione dello Stato.

L’art. 1 della L 5 giugno 2003 n. 131, di attuazione dell'articolo 117, I e III comma, della Costituzione, in materia di legislazione regionale, stabilisce, al III comma, che nelle materie appartenenti alla legislazione concorrente, le Regioni esercitano la potestà legislativa nell'ambito dei principi fondamentali espressamente determinati dallo Stato o, in difetto, quali desumibili dalle leggi statali vigenti.

Nel caso di specie è inutile, ad avviso del Collegio, verificare se quella di cui al citato art. 23 del D.L. n. 273 del 2005 sia una prescrizione di dettaglio attinente al governo e uso del territorio e quindi rientrante nella potestà legislativa concorrente regionale (non potendo essere considerata norma di principio) o meno.

Se, invero, una norma adottata dallo Stato è essenzialmente finalizzata a garantire la concorrenza fra i diversi soggetti del mercato, l'attribuzione delle misure alla competenza legislativa esclusiva dello Stato comporta sia l'inderogabilità delle disposizioni nelle quali si esprime, sia che queste legittimamente incidono sulla totalità degli ambiti materiali entro i quali si applicano, sicché, ricondotta una norma alla "tutela della concorrenza", non si deve valutare se essa sia o meno di estremo dettaglio, utilizzando principi e regole riferibili alla disciplina della competenza legislativa concorrente, ma occorre invece accertare se la disposizione sia strumentale ad eliminare limiti e barriere all'accesso al mercato ed alla libera esplicazione della capacità imprenditoriale.

Peraltro, misure che facciano parte di una regolamentazione stabilita dalle Regioni nelle materie attribuite alla loro competenza legislativa e che abbiano marginalmente una valenza pro-competitiva, sono ammissibili sempre che tali effetti siano marginali o indiretti e non siano in contrasto con gli obiettivi delle norme statali che disciplinano il mercato, tutelano e promuovono la concorrenza.

Di conseguenza, in materia di tutela della concorrenza per valutare se una legge dello Stato ha invaso le prerogative legislative riservate alle Regioni in altre materie, non si deve valutare se essa sia o meno di estremo dettaglio, utilizzando principi e regole riferibili alla disciplina della competenza legislativa concorrente delle Regioni, ma occorre invece accertare se, alla stregua del succitato scrutinio, la disposizione sia strumentale ad eliminare limiti e barriere all'accesso al mercato ed alla libera esplicazione della capacità imprenditoriale (Corte costituzionale, 14 dicembre 2007, n. 430).

Allo Stato deve ritenersi attribuita una competenza "trasversale" in materia di concorrenza, idonea ad investire tutte le materie onde assicurare a chiunque sull'intero territorio nazionale il godimento di prestazioni garantite, come contenuto essenziale di tali diritti, senza che la legislazione regionale possa limitarle o condizionarle.

Successivamente alla sentenza n. 272 del 27 luglio 2004, citata in ricorso, la Corte Costituzionale ha stabilito che le norme adottate dallo Stato nell'esercizio della competenza esclusiva in materia di tutela della concorrenza - la quale non può tollerare, per la sua natura, differenziazioni territoriali, che finirebbero per limitare, o addirittura neutralizzare, gli effetti delle norme di garanzia - possono anche porre una disciplina di dettaglio, in quanto le competenze esclusive statali, che si presentino come trasversali, incidono naturalmente, nei limiti della loro specificità e dei contenuti normativi che di esse possano definirsi propri, sulla totalità degli ambiti materiali entro i quali si applicano, mentre, se si ritenessero legittime le norme a tutela della concorrenza - o riguardanti altra materia di potestà legislativa esclusiva - a condizione che le stesse abbiano un carattere generale o di principio, si finirebbe con il confondere il secondo e il comma 3 dell'art. 117 cost., ispirati viceversa ad un diverso criterio sistematico di riparto delle competenze; e ciò tanto più in materie, come la "tutela della concorrenza" o la "tutela dell'ambiente", contrassegnate più che da una omogeneità degli oggetti delle diverse discipline, dalla forza unificante della loro funzionalizzazione finalistica, con i limiti oggettivi di proporzionalità ed adeguatezza, da verificare con rigore (Corte costituzionale, 21 dicembre 2007, n. 443).

Nel caso che occupa, secondo il Collegio, scopo della adozione dell’art. 23 del D. L. n. 273 del 2005 è stato quello di porre una disciplina unitaria in tutto il territorio nazionale in materia di regime transitorio degli affidamenti e delle concessioni di distribuzione del gas naturale, al precipuo scopo di tutelare la libera concorrenza in materia, per non ingenerare il rischio di abuso della posizione di privilegio derivante dal protrarsi dell'esercizio, in regime di monopolio, del servizio pubblico locale.

Non vi è dubbio quindi che le previsioni contenute nel ridetto art. 23 del D. L. n. 273 del 200, a prescindere dalla natura di dettaglio o meno, siano state dettate dallo Stato a tutela della concorrenza, in materia riservata alla propria legislazione e senza incidere sulla potestà legislativa delle Regioni in materia.

A nulla vale peraltro il richiamo effettuato nell’atto di appello alla circostanza che alcune Regioni a statuto speciale hanno regolato in modo specifico la materia, senza reazione statale, considerato che non è stato chiarito se determinate disposizioni contenute in essi statuti attribuissero in via speciale, dette competenze al riguardo.

Aggiungasi che la Corte Costituzionale, con sentenza 27 marzo 2009, n. 88, ha ritenuto, in materia analoga, la non fondatezza della q.l.c. dell'art. 2, comma 165, della L. 24 dicembre 2007 n. 244, sollevata in riferimento agli art. 117 e 118 cost. ed al principio di leale collaborazione tra Stato e Regioni per ritenuta interferenza nella competenza legislativa concorrente e amministrativa regionale nelle materie "produzione", "trasporto" e "distribuzione nazionale dell'energia”.

5.4.- Per tutte le considerazioni in precedenza espresse la questione di costituzionalità sollevata con l’atto d’appello va dichiarata manifestamente infondata.

6.- Con l’appello è stata inoltre dedotta, prescindendo dalle esaminate questioni di legittimità costituzionale e di disapplicazione dell’art. 23, I c., del D.L. n. 273 del 2005, violazione e falsa applicazione di legge, per essere stata erroneamente ritenuta applicabile la suddetta norma al caso di specie, mentre la legittimità del provvedimento impugnato avrebbe dovuto essere valutata solo alla stregua del D. Lgs. n. 164 del 2000 e dell’art. 1, 69^ comma, della L. n. 239 del 2004.

Poiché il D.L. n. 273 del 2005 è entrato in vigore il 31.12.2005, mentre la deliberazione di C.C. impugnata era stata adottata in epoca precedente, il giorno 22.12.2005, gli atti impugnati, in virtù del generale principio “tempus regit actum”, sarebbero stati soggetti alla disciplina vigente nel momento in cui sono stati adottati, con irrilevanza degli atti legislativi entrati in vigore successivamente.

In assenza di esplicita previsione di retroattività e in base al disposto dell’art. 11 delle preleggi (secondo il quale la legge non dispone che per l’avvenire) esso D.L. non avrebbe potuto incidere su rapporti giuridici definiti in vigenza di una diversa normativa, a nulla valendo che il periodo transitorio è stato prorogato prima del suo scadere.

Il T.A.R. avrebbe quindi erroneamente ritenuto del tutto risolutiva ed assorbente la nuova disciplina introdotta mediante l’art. 23 del D. L. n. 273 del 2005, per effetto del quale la convenzione in essere con ITALGAS – Società Italiana per il gas per azioni – (che altrimenti sarebbe stata risolta a far data dal 1° gennaio 2006, in base alla deliberazione consiliare impugnata in primo grado) è stato ritenuto automaticamente prorogata fino al 31 dicembre 2007 (ciò nell’assunto che la disciplina del rapporto, quanto alla sua durata, sarebbe stata sottratta in tal modo alle previsioni delle parti, e determinata dalla norma legislativa richiamata. Non si verterebbe, secondo il T.A.R., in materia di applicazione retroattiva della norma sul termine della concessione, in quanto il rapporto giuridico derivante dall’atto concessorio, nel momento in cui interviene la disciplina legislativa -il 31 dicembre 2005-, non aveva ancora esaurito i suoi effetti giuridici).

Tuttavia, secondo il Comune appellante, quello del “tempus regit actum” sarebbe un principio assoluto in base al quale è irrilevante ciò che accade dopo l’adozione dell'atto, indipendentemente dal contenuto di leggi successive; diversamente opinando il principio perderebbe la portata assoluta che gli è riconosciuta.

Inoltre la tesi sostenuta dal T.A.R,. non sarebbe condivisibile perché la retroattività della legge de qua, rispetto ad un atto amministrativo, non potrebbe che fare riferimento alla data di adozione dell'atto e non a quella di scadenza del periodo transitorio vigente.

Se una legge potesse travolgere tutti gli effetti dei provvedimenti amministrativi precedenti i Comuni non potrebbero più bandire gare per l’assegnazione del servizio di distribuzione del gas, perché fino all’ultimo minuto del periodo transitorio potrebbe intervenire una legge che lo prolunga ponendo nel nulla la gara bandita.

5.1.- Osserva al riguardo il Collegio che il principio di irretroattività della legge, sancito dall'art. 11 disp. prel. c.c., implica l'applicabilità della norma sopravvenuta agli effetti non ancora esauriti di un rapporto giuridico sorto anteriormente, quando la nuova legge sia diretta a disciplinare tali effetti, con autonoma considerazione dei medesimi, indipendentemente dalla loro correlazione con l'atto o il fatto giuridico che li abbia generati (Cassazione civile, sez. III, 16 aprile 2008, n. 9972); la legge sopravvenuta può quindi ben recare una nuova disciplina del rapporto giuridico in corso allorché esso, sebbene sorto anteriormente, non abbia ancora esaurito i propri effetti e purché la norma innovatrice sia diretta a regolare, non il fatto generatore del rapporto, ma il suo perdurare nel tempo (Cassazione civile, sez. I, 09 febbraio 2001, n. 1851).

Nel caso che occupa al momento della entrata in vigore dell’art. 23 del D.L. n. 273 del 2005 il rapporto concessorio corrente tra società ricorrente e Comune era ancora “in essere”, con la conseguenza che, a quella data, il relativo rapporto non poteva affatto ritenersi definito, ed inoltre detta norma era diretta a regolare gli effetti e non il rapporto giuridico intercorrente tra dette parti.

Il ricorso all’art. 23 del D.L. n. 273 del 2005 non è stato quindi effettuato in violazione del principio “tempus regit actum” e correttamente il T.A.R. ha ritenuto che la convenzione in essere tra il Comune di Chieri e l’ITALGAS – Società Italiana per il gas per azioni – (che altrimenti sarebbe stata risolta a far data dal 1° gennaio 2006, in base alla deliberazione consiliare impugnata in primo grado) era automaticamente prorogata fino al 31 dicembre 2007.

In analogo senso è, peraltro orientata la giurisprudenza di questa Sezione, che, in caso analogo, ha ritenuto che “La vigenza, alla data di entrata in vigore del citato decreto legge, dal rapporto concessorio in parola e la scadenza dello stesso, originariamente prevista per una data largamente eccedente il termine medesimo, inducono, in definitiva, a ritenere che nella specie deve trovare applicazione la disciplina introdotta dal legislatore con il ripetuto decreto legge n. 273/2005, convertito in legge n. 51/2006.” (Consiglio di Stato, Sezione V, 21 novembre 2006, n. 6783).

Infine va rilevato che detto art. 23 del D.L. n. 273 del 2005 ha prorogato il termine del periodo transitorio previsto dall’art. 15, V c., del D. Lgs. 23 maggio 2000, n. 164, fino al 31 dicembre 2007 in via del tutto eccezionale e allo scopo di tutelare la concorrenza, il che assegna valore recessivo alla meramente ipotetica esigenza prospettata in ricorso di tutelare l’affidamento dei Comuni al regolare svolgimento di gare bandite prima della legge di proroga sopra indicata.

7.- Le considerazioni in precedenza svolte comportano quindi la reiezione dell’appello, con conferma della sentenza di primo grado ed assorbimento delle richieste, formulate dall’appellante Comune (nell’ipotesi che sia dichiarata la illegittimità costituzionale o che sia disapplicato l’art. 23 del D.L. n. 273 del 2005, ovvero che detta norma sia ritenuta inapplicabile al caso di specie), di affermazione della legittimità della deliberazione del Consiglio Comunale n. 105 del 22.12.2005, di riconoscimento della inammissibilità della domanda di accertamento formulata in primo grado dalla parte ricorrente e di declaratoria di nullità del contratto di concessione rep. n. 3054 del 3.11.1978 e della convenzione allegata.

8.- La complessità e la peculiarità delle questioni trattate, visto l’art. 45, XI c., della L. n. 69 del 2009 e sussistendo le ragioni di cui all’art. 92, II c., del c.p.c., è ragione sufficiente per compensare fra la parti le spese del presente grado.

 

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato, Sezione Quinta, definitivamente decidendo, respinge l’appello.

Spese compensate.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 23 febbraio 2010 con l'intervento dei Signori:

Cesare Lamberti, Presidente FF

Marco Lipari, Consigliere

Aldo Scola, Consigliere

Aniello Cerreto, Consigliere

Antonio Amicuzzi, Consigliere, Estensore

   

L'ESTENSORE  IL PRESIDENTE

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 21/05/2010

 

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