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TAR Lombardia, Brescia sez. II, 27/5/2010 n. 2164
Sul divieto previsto dall'art. 13 del D.L. 4/7/2006 n. 223, conv. in L. 4/8/2006 n. 248. Sulla qualificazione del servizio di igiene urbana come servizio pubblico.

La presenza di violazioni tributarie, definitivamente accertate, non integra una fattispecie di esclusione automatica dell'impresa concorrente che le ha commesse.


Il divieto previsto dall'art. 13 del D.L. 4/7/2006 n. 223, conv. in L. 4/8/2006 n. 248, investe le società costituite per la produzione di beni e servizi strumentali all'attività degli Enti, mentre sono escluse dal divieto quelle istituite per gestire servizi pubblici locali. La qualificazione differenziale tra attività strumentali e gestione di servizi pubblici deve essere, invece, riferita non all'oggetto della gara, bensì invece all'oggetto sociale delle imprese partecipanti ad essa. Il divieto di fornire prestazioni a enti terzi, infatti, colpisce le Società pubbliche strumentali alle amministrazioni regionali o locali - che esercitano attività amministrativa in forma privatistica - ma non si estende alle Società destinate a gestire servizi pubblici locali, che esercitano attività d'impresa: esso è introdotto al fine di separare le due sfere di attività per evitare che un soggetto, che svolge attività amministrativa, eserciti allo stesso tempo attività d'impresa, beneficiando dei privilegi dei quali esso può godere in quanto Ente pubblico.

La giurisprudenza ha affermato che il servizio pubblico è quello che consente al Comune di realizzare fini sociali e di promuovere lo sviluppo civile della comunità locale ai sensi dell'art. 112 del D. Lgs. 267/2000, in quanto preordinato a soddisfare i bisogni della cittadinanza indifferenziata: tale è indubbiamente il servizio di igiene urbana, il quale richiede che il concessionario impieghi capitali, mezzi e personale da destinare ad un'attività economica suscettibile, quanto meno potenzialmente, di produrre un utile di gestione e, quindi, di riflettersi sull'assetto concorrenziale del mercato di settore. Né a conclusioni diverse si deve pervenire per il fatto che l'onere di remunerare l'attività svolta dal privato è assunto (talvolta) direttamente dall'amministrazione. E' infatti noto che per l'erogazione del servizio R.S.U. i Comuni sono tenuti ad istituire la tariffa da praticare ai cittadini - nuclei familiari ed imprese - secondo criteri omogenei e con l'obbligo di provvedere all'integrale copertura dei costi. Se è dunque vero che il compenso del gestore è erogato periodicamente dal Comune, è altrettanto vero che il costo del servizio è ripartito tra gli utenti secondo parametri predeterminati, come ad es. l'estensione dell'unità abitativa e il numero dei componenti del nucleo familiare.

La presenza di violazioni, definitivamente accertate, rispetto agli obblighi relativi al pagamento delle imposte e tasse secondo la legislazione italiana, non integra una fattispecie di esclusione automatica dell'impresa concorrente che le ha commesse, a prescindere dalla loro valutazione in concreto.
La valutazione con significato rigidamente preclusivo di qualsivoglia inadempimento tributario si tradurrebbe nel corrispondente pregiudizio per il principio di libera concorrenza, che non esplica soltanto effetti positivi sull'ampliamento della partecipazione alle pubbliche gare per le imprese presenti nel mercato unico, ma anche per la p.a., che si avvantaggia della possibilità di poter valutare favorevolmente le offerte inoltrate senza che ciò sia impedito dal fatto che si configurino a carico delle imprese debiti tributari, anche se definitivamente accertati, che non incidano, peraltro, oggettivamente sull'affidabilità e solidità finanziaria della singola impresa. Né contrasta con la suesposta conclusione l'assenza dell'aggettivo "grave" nel testuale disposto della citata lett. g) del c. 1 dell'art. 38, del D. Lgs. 163/2006, previsto invece per le infrazioni alle norme in materia di sicurezza (di cui alla lett. e) dello stesso articolo), così come per la negligenza, la malafede e gli errori professionali (di cui alla lett. f) dello stesso articolo) e per le violazioni alle norme in materia di contributi previdenziali e assistenziali (di cui alla lett. i) dello stesso articolo). Ciascuna delle suddette fattispecie, ivi compresa quella pertinente la posizione tributaria, deve essere valutata alla stregua del richiamato canone teleologico, che esclude che, in presenza di violazioni di scarso rilievo, sia inciso il generalissimo principio di concorrenza, quale principio fondante dell'ordinamento comunitario; soltanto l'esistenza, quindi, di una globale situazione, quale risultato finale dell'apprezzamento da compiersi con l'applicazione del principio di proporzionalità, integra quella situazione di obiettiva inaffidabilità dell'impresa, la cui determinazione anche in sede giurisdizionale è imposta dall'art. 2 c. 1 del predetto D. Lgs. 163/2006 sia per gli appalti "sopra" che "sotto" soglia comunitaria.


Materia: società / partecipazione pubblica

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia

sezione staccata di Brescia (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

Sul ricorso numero di registro generale 117 del 2010, integrato da motivi aggiunti, proposto da:

Team Ambiente Spa, Aimeri Ambiente Srl, rappresentate e difese dagli avv. Massimiliano Brugnoletti e Paola Vilardi, con domicilio eletto presso lo studio della seconda in Brescia, Via Lechi, 8 (Fax=030/3758052);

 

contro

Azienda Ospedaliera "Carlo Poma", rappresentata e difesa dagli avv. Roberto Manservisi, Corrado Pavarini, con domicilio eletto presso T.A.R. Segreteria in Brescia, Via Malta, 12;

 

nei confronti di

Mantova Ambiente Srl, in proprio e quale mandataria del raggruppamento con H3 S.r.l., rappresentata e difesa dagli avv. Ermes Coffrini, Marcello Coffrini e Chiara Ghidotti con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultima in Brescia, Via Solferino, 55 (Fax=030/3758480);

 

per l'annullamento

previa sospensione dell'efficacia,

- DELLA DELIBERAZIONE IN DATA 26/10/2009 N. 723, DI AFFIDAMENTO AL RAGGRUPPAMENTO CONTROINTERESSATO DEL SERVIZIO DI RACCOLTA, TRASPORTO, CONFERIMENTO E TRATTAMENTO E/O RECUPERO DI RIFIUTI SPECIALI;

- DEI VERBALI DI GARA;

- DEGLI ATTI DI VERIFICA DEI REQUISITI DI ACCESSO DELL’A.T.I. CONTROINTERESSATA.

- DI OGNI ALTRO ATTO PRESUPPOSTO, CONSEQUENZIALE E CONNESSO.

 

Visto il ricorso ed i motivi aggiunti, con i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Azienda Ospedaliera e della controinteressata;

Viste le memorie difensive e tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 13 maggio 2010 il dott. Stefano Tenca e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO

Il presente ricorso viene deciso successivamente all’entrata in vigore (27 aprile 2010) del D. Lgs. 20.3.2010 n. 53: pertanto gli atti processuali posteriori a tale data, intervenuti a giudizio già radicato, sono soggetti alle disposizioni di immediata applicabilità ivi contenute, tra cui, certamente, quelle recate al comma 2-undecies del novellato art. 245 del Codice Contratti, a mente del quale “tutti gli atti di parte devono essere sintetici e la sentenza che decide il ricorso è redatta, ordinariamente, in forma semplificata”.

La presente sentenza viene dunque redatta, per quanto possibile, nell’ordinaria forma semplificata prescritta dal citato comma 2 – undecies.

Alle conseguenti esigenze di economia espositiva si farà fronte:

a) attraverso un rapido riepilogo del c.d. “fatto” e l’esposizione sintetica delle censure sollevate;

b) concentrando la motivazione della pronuncia sui profili ex se risolutivi della controversia;

c) facendo ampio ricorso alla tecnica del rinvio per relationem ai precedenti giurisprudenziali condivisi dal Collegio.

Ciò premesso, rileva il Collegio che le ricorrenti partecipavano alla gara indetta per l’affidamento –con bando 20/11/2006 e per la durata di 6 anni – del servizio di raccolta, trasporto, conferimento, trattamento, smaltimento e recupero di rifiuti speciali.

Tra i requisiti di capacità tecnica, il bando richiedeva la presentazione di una “dichiarazione d’impegno ad avere la disponibilità, da dimostrare in caso di aggiudicazione, di un laboratorio analisi certificato in qualità”.

Nella graduatoria finale il raggruppamento delle ricorrenti risultava vincitore, seguito dall’A.T.I. Sirio Ecologica e dall’A.T.I. formata da Mantova Ambiente Srl e H3 Srl. Dopo l’aggiudicazione, la ricorrente subiva il ricorso della seconda classificata, che veniva accolto da questo Tribunale con sentenza 28/12/2007 n. 1396.

In particolare il T.A.R. (doc. 7) statuiva che la dimostrazione di “disponibilità di un laboratorio analisi certificato di qualità mediante proprietà, locazione finanziaria o locazione civilistica …” deve interpretarsi nel senso che essa non può identificarsi nella mera possibilità di rivolgersi al terzo per fargli svolgere i servizi (come si farebbe rivolgendosi come clienti ad una ditta del settore), ma nel senso che “il concorrente che si avvale delle risorse dell’impresa ausiliaria deve averne una disponibilità immediata, deve cioè, a prescindere dalla forma contrattuale scelta, poterle usare per eseguire il contratto senza intermediazione dell’impresa ausiliaria stessa”. Detta linea interpretativa è stata avallata dal Consiglio di Stato con la pronuncia 12/6/2009 n. 3791, e pertanto il soggetto proclamato vincitore doveva essere escluso dalla gara.

A questo punto l’Azienda Ospedaliera dava esecuzione alla pronuncia e scorreva la graduatoria, con aggiudicazione a favore di Sirio Ecologica, salvo interrompere il rapporto contrattuale dopo soli 6 mesi – con atto del direttore generale 29/10/2008 n. 888 – per ripetute inadempienze e dimostrazioni di inaffidabilità. Sirio impugnava la decisione sfavorevole, ma in seguito questo Tribunale (sentenza 2600/2009) dichiarava l’interruzione del processo poiché nel frattempo era intervenuta la dichiarazione di fallimento.

Di seguito l’amministrazione assegnava provvisoriamente il servizio al raggruppamento terzo classificato sino alla conclusione del giudizio di appello, il cui esito è stato confermativo delle statuizioni di questo T.A.R.

Con l’atto impugnato, l’Azienda aggiudicava la gara al raggruppamento formato da Mantova Ambiente Srl e H3 Srl.

Con gravame ritualmente notificato e tempestivamente depositato presso la Segreteria della Sezione le ricorrenti impugnano gli atti in epigrafe, deducendo i seguenti motivi di diritto:

a) Violazione del bando di gara (punto III.2.3), inosservanza dell’art. 21-septies della L. 241/90 per violazione del giudicato e lesione della par condicio, in quanto neppure l’A.T.I. piazzatasi al terzo posto ha comprovato la “disponibilità” della risorsa nel senso richiesto dal bando, secondo l’interpretazione offerta dal Tribunale (uso diretto del laboratorio, diretta esecuzione delle analisi);

b) Violazione dell’art. 38 del D. Lgs. 163/2006 ed eccesso di potere per disparità di trattamento, poiché pochi giorni prima dall’aggiudicazione, avvenuta il 26/10/2009, la Società mandante H3 S.r.l. non era in regola con il versamento dei contributi;

c) Violazione dell’art. 13 del D.L. 4/7/2006 n. 223 conv. in L. 4/8/2006 n. 248, in quanto Mantova Ambiente Srl è partecipata da TEA Spa, Lombardia Ambiente Srl e SISAM S.p.a. e la prima e la terza sono interamente partecipate da amministrazioni comunali e sono costituite anche per lo svolgimento di attività strumentali degli Enti locali partecipanti, come la gestione calore.

Con deliberazione del Direttore generale 30/12/2009 n. 942 è stata disposta l’aggiudicazione definitiva, ed in data 25/1/2010 è stato stipulato il contratto di appalto.

Con motivi aggiunti depositati il 17/3/2010 le ricorrenti impugnano l’aggiudicazione definitiva ed il contratto, puntualizzando in parte le medesime censure già sollevate e deducendo nuovi profili:

• con riguardo alla prima censura, precisano che la controinteressata non ha dimostrato di avere la possibilità dell’utilizzo diretto del laboratorio analisi e dell’impianto di termodistruzione, poiché i due contratti esibiti evidenziano un soggetto terzo (rispettivamente Tea Acque e Mengozzi Spa) che espleta le analisi e che distrugge i rifiuti;

• in aggiunta affermano la violazione del bando e del capitolato, poiché il contratto con la controllante T.E.A. non contempla il deposito preliminare e la messa in riserva per tutti i rifiuti oggetto di appalto ed in ogni caso l’impianto per la messa in riserva non è autorizzato a ricevere i rifiuti sanitari oggetto dell’appalto.

Si sono costituite in giudizio l’amministrazione e la controinteressata, formulando diverse eccezioni in rito e chiedendo la reiezione del gravame e dei motivi aggiunti nel merito in quanto infondati.

Alla pubblica udienza del 13/5/2010 il ricorso introduttivo ed i motivi aggiunti venivano chiamati per la discussione e trattenuti in decisione.

 

DIRITTO

1. Sono infondate le eccezioni in rito sollevate dall’amministrazione intimata e dalla controinteressata.

1.1 Infondata è l’eccezione di irricevibilità del ricorso per tardività, fondata sulla circostanza che le imprese ricorrenti – ammesse in gara nel rispetto della lex specialis – hanno preso piena cognizione degli esiti del confronto comparativo e della graduatoria fin dal giugno 2007.

Il requisito dell’attualità della lesione va considerato sia sotto il profilo del momento in cui essa si verifica, sia sotto il profilo dell’utilità che si tende a conseguire, e deve essere valutato avuto riguardo all’oggetto del giudizio ed in base ai singoli motivi di censura rivolti nei confronti degli atti impugnati, ovvero sulla base della prospettazione fornita dal ricorrente considerando il bene della vita al quale esso aspira (cfr. T.A.R. Brescia – 5/4/2007 n. 354).

Nel caso affrontato la lesione si è concretizzata soltanto quando, dopo la sentenza pronunciata in appello – che ha confermato la necessità di escludere il raggruppamento delle ricorrenti – l’appalto è stato aggiudicato alla controinteressata.

1.2 Parimenti infondata è l’ulteriore eccezione di irricevibilità, per cui l’atto impugnato risulta conosciuto in data 1/12/09 mentre il ricorso introduttivo è stato notificato a mezzo posta l’1/2/10, oltre il termine decadenziale.

Osserva il Collegio che il 60° giorno cadeva nella giornata di sabato 30 gennaio 2010.

Trattando del computo dei termini, così dispone l’art. 155 c.p.c. al quarto comma: “Se il giorno di scadenza è festivo, la scadenza è prorogata di diritto al primo giorno seguente non festivo”.

A detta disposizione la L. 263/05 ha aggiunto il comma successivo, in base al quale “La proroga prevista dal quarto comma si applica altresì ai termini per il compimento degli atti processuali svolti fuori dall'udienza che scadono nella giornata del sabato”.

Tenuto conto che la previsione del comma 4 è pacificamente applicabile al processo amministrativo, appare coerente ritenere che anche l’ulteriore previsione contenuta nel comma 5 – specificativa di quella generale – possa trovare ingresso in tale sede processuale, in assenza di esplicite disposizioni contrarie. Peraltro, non si rilevano ragioni di specialità e di eccezionalità a sostegno dell’opposta opzione interpretativa.

Le citate considerazioni sono state recentemente sviluppate in una sentenza (T.A.R. Veneto, sez. I – 30/10/2009 n. 2700) già condivisa dal Collegio (cfr. sentenza Sez II – 14/1/2010 n. 18). La pronuncia rileva acutamente che “La ratio di tale precisazione è infatti quella di ritenere in via di principio il sabato quale giornata lavorativa, utile per lo svolgimento delle udienze e per ogni altra attività giudiziaria, con ciò escludendo da tale ambito tutte le altre attività da svolgersi fuori dalle udienze, fra cui è compresa la notifica degli atti. Non si vede, pertanto, alcuna ragione per non estendere tale principio anche al processo amministrativo, con ciò consentendo anche in tale sede di effettuare le notifiche degli atti - quali attività eseguite fuori udienza - il primo giorno utile non festivo, tenuto conto anche della giornata del sabato”. Detta linea interpretativa è stata accolta anche dal Consiglio di Stato, sez. IV – 8/2/2008 n. 446.

In conclusione il gravame introduttivo – notificato lunedì 1° febbraio 2010 – deve ritenersi tempestivamente promosso.

1.3 Le conclusioni sviluppate al punto 1.1. inducono il Collegio a disattendere l’ulteriore eccezione di inammissibilità del gravame per omessa impugnazione dell’affidamento disposto a favore della controinteressata in pendenza di appello. La natura provvisoria del provvedimento invocato esclude la produzione di una lesione piena nella sfera giuridica delle ricorrenti e di conseguenza anche la configurabilità di un onere di tempestiva impugnazione, quando l’incisione della loro sfera giuridica si è consolidata soltanto con l’aggiudicazione disposta all’esito del contenzioso giurisdizionale.

1.4 Identico ragionamento deve essere svolto con riguardo all’omessa impugnazione dell’atto n. 888/2008 recante l’interruzione del rapporto con Sirio, che avrebbe ripristinato l’efficacia della graduatoria: si ribadisce che in quel momento l’Azienda non aveva ancora assunto determinazioni a titolo definitivo, e quindi pregiudizievoli per le esponenti.

1.5 Con ulteriore eccezione la controinteressata eccepisce la carenza di interesse al ricorso e ai motivi aggiunti poiché la riedizione eventuale della gara esigerebbe – affinchè le ricorrenti possano prendervi parte – una modifica della lex specialis nella parte dedicata ai requisiti di ammissione, dato che quelli stabiliti dal bando di cui si discorre non sono pacificamente posseduti dalle medesime: la discrezionalità spettante all’amministrazione sul punto esclude qualsiasi automatismo sulla possibilità di partecipare alla nuova selezione, cosicchè la chance invocata si ridurrebbe ad una mera aspettativa non tutelabile.

L’eccezione è priva di fondamento.

Il Tribunale (cfr. sentenza sez. II – 9/12/2009 n. 2510) ha di recente condiviso il filone interpretativo secondo il quale l’interesse del soggetto legittimamente escluso da una selezione non può ritenersi insussistente ove egli proponga censure suscettibili di caducare l’intera competizione. In tal caso il fatto della partecipazione (ancorché non legittima) alla selezione fonda il titolo impugnatorio in vista della soddisfazione dell’interesse strumentale alla riedizione della gara e traccia la differenza rispetto al non concorrente, che di quel titolo è pacificamente sfornito (Consiglio di Stato, sez. V – 11/5/2009 n. 2871).

E’ stato così affermato che, nel caso di tre partecipanti, l’interesse strumentale della ditta non ammessa alla rinnovazione integrale della gara può profilarsi qualora anche le altre due partecipanti dovessero essere escluse in base alle censure dedotte. Parimenti, nell’ipotesi di una procedura alla quale abbiano partecipato due soli concorrenti, è stato riconosciuto l’interesse di colui che si trova nella condizione di non poter conseguire l’affidamento ad ottenere l’annullamento dell’aggiudicazione, dato l’onere della stazione appaltante di indire un nuovo confronto competitivo al quale egli può partecipare con la chance di aggiudicarselo (cfr. Consiglio di Stato, sez. V – 25/7/2006 n. 4657).

Alla luce della linea interpretativa esposta, nella fattispecie in esame le ricorrenti censurano la legittimità dell’aggiudicazione all’unica impresa rimasta in gara, per cui l’eventuale rimozione giurisdizionale del disposto affidamento darebbe luogo alla ripetizione della procedura, e Team Ambiente ed Aimeri Ambiente potrebbero nuovamente prendervi parte. Non ricorre neppure l’ipotesi nella quale la dilatazione dell’interesse strumentale ad impugnare gli atti di gara trova comunque un limite, che si registra allorché – anche in caso di rinnovazione del procedimento – la ricorrente non possa essere comunque ammessa (T.A.R. Lazio Roma, sez. I bis – 24/4/2008 n. 3546): l’esito del confronto comparativo esaminato potrebbe anzi ragionevolmente indurre l’amministrazione a modificare i requisiti di partecipazione e tale chance – seppur allo stato astratta – è sufficiente a radicare l’interesse al ricorso.

1.6 Infondata è l’ulteriore censura di inammissibilità del gravame introduttivo per omessa impugnazione dell’aggiudicazione definitiva, poiché le ricorrenti hanno adempiuto a tale onere depositando motivi aggiunti.

Nel merito, in ordine logico deve essere trattato il terzo motivo del ricorso introduttivo, replicato nei motivi aggiunti.

2. Con esso le ricorrenti lamentano la violazione dell’art. 13 del D.L. 4/7/2006 n. 223 conv. in L. 4/8/2006 n. 248, in quanto Mantova Ambiente Srl è partecipata da TEA Spa, Lombardia Ambiente Srl e SISAM S.p.a. e la prima e la terza sono interamente partecipate da amministrazioni comunali e sono costituite anche per lo svolgimento di attività strumentali degli Enti locali partecipanti, come la gestione calore (cfr.doc. 23 e 24); precisano che il divieto vale anche in caso di partecipazione meramente indiretta.

La doglianza è priva di pregio.

2.1 Sulla norma invocata ha statuito il Consiglio di Stato (sez. V – 25/8/2008 n. 4080), richiamando la pronuncia dell’Adunanza plenaria n. 1 del 2008, che il divieto sancito dalla norma in questione rafforza la regola dell’esclusività evitando che dopo l’affidamento del servizio la Società possa andare a fare altro. Esso “… rimarca la differenza tra concorrenza «per» il mercato e concorrenza «nel» mercato disvelando le sue plurime rationes essendi: tutela dell’imprenditoria privata e della leale concorrenza, repressione della greppia partitica e burocratica. Tale norma, attuando l’art. 41 Cost. in relazione ai principi comunitari sulla tutela della concorrenza, sul divieto di aiuti di Stato e sul principio di sussidiarietà, esprime un precetto di ordine pubblico economico che si impone inderogabilmente a tutte le stazioni appaltanti, tenute ad applicarlo quale che sia la fase del procedimento …”.

La norma trova in definitiva fondamento nel fatto che l’Unione Europea ha reiteratamente previsto la necessità che gli Stati membri provvedano alla regolamentazione dell’accesso al mercato degli appalti pubblici da parte di organismi di proprietà o partecipati da Enti pubblici (quarto considerando della Direttiva 2004/18/CE del 31/3/2004 relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, forniture e di servizi). Lo scopo del divieto è quello di evitare le distorsioni alla concorrenza provocate dalle Società che fruiscono dei vantaggi connessi all’affidamento senza gara: esse potrebbero partecipare alle procedure comparative sfruttando le posizioni privilegiate acquisite senza il previo confronto concorrenziale. La quota di mercato detenuta non è stata cioè il frutto di una sana conquista, ottenuta all’esito di una competizione paritaria con gli altri operatori economici, in quanto l’acquisizione di una o più commesse è avvenuta in maniera anomala, senza sottoporsi al meccanismo selettivo capace di individuare l’offerta oggettivamente migliore. In buona sostanza la ratio della norma è quella di limitare il vantaggio conseguito dalle Società per effetto dell’accesso privilegiato al mercato della pubblica amministrazione, avvenuto a danno di altri operatori privati che viceversa hanno sempre accettato le regole della gara pubblica e non hanno beneficiato di affidamenti diretti (cfr. sentenze T.A.R. Brescia 20/6/2008 n. 729; 26/11/2008 n. 1689; sez. II – 22/6/2009 n. 1248; sez. II – 9/12/2009 n. 2511).

Da ultimo anche la Corte costituzionale (sentenza 1/8/2008 n. 326) ha statuito che le citate disposizioni mirano ad assicurare la parità nella competizione, che potrebbe essere alterata dall’accesso di soggetti con posizioni di privilegio in determinati mercati (par. 8.5).

Per le ragioni esplicitate l’art. 13 non è senz’altro qualificabile come norma di tipo eccezionale.

2.2 Se dunque la ratio è quella di tutelare i principi di concorrenza e di trasparenza nonché quello di libertà di iniziativa economica – che risulterebbero turbati dalla presenza (diretta o indiretta) della mano pubblica la quale provoca un’elusione del rischio d’impresa – devono considerarsi partecipate da amministrazioni pubbliche regionali o locali anche le Società partecipate da Società intermedie controllate da dette amministrazioni: il divieto previsto dall’art. 13, in altri termini, deve ritenersi applicabile ad un’impresa partecipata da un’altra impresa, che a sua volta è controllata da amministrazioni pubbliche locali (cfr. T.A.R. Lombardia Milano, sez. I – 31/1/2007 n. 140; T.A.R. Puglia Lecce, sez. I – 6/5/2009 n. 908).

2.3 Sotto un diverso profilo la controinteressata sostiene tuttavia che la disposizione preclusiva investe le Società costituite per la produzione di beni e servizi strumentali all’attività degli Enti, mentre sono escluse dal divieto quelle – come appunto Mantova Ambiente – istituite per gestire servizi pubblici locali, ed in proposito fa rinvio alle specifiche norme statutarie.

Detta impostazione merita condivisione.

2.4 Con particolare riferimento al requisito della strumentalità, la giurisprudenza amministrativa ha ribadito che il divieto che colpisce le Società descritte è giustificato dalla circostanza che esse costituiscono una longa manus delle amministrazioni pubbliche, operando quindi essenzialmente per queste ultime e non già per il pubblico e sostanzialmente in deroga ai principi di concorrenza, non discriminazione e trasparenza e perciò stesso determinando il vulnus dell’alterazione o distorsione della concorrenza e del mercato ed alterando il principio di parità degli operatori (cfr. per tutte Consiglio di Stato, sez. V – 5/3/2010 n. 1282).

2.5 E’ stato sottolineato che l’enunciato dell’art. 13 rende evidente che la limitazione della legittimazione negoziale delle società strumentali si riferisce a qualsiasi prestazione a favore di soggetti terzi rispetto agli Enti costituenti, partecipanti o affidanti, senza che a nulla rilevi la qualificazione di tali attività. La qualificazione differenziale tra attività strumentali e gestione di servizi pubblici deve essere invece riferita non all’oggetto della gara, bensì invece all’oggetto sociale delle imprese partecipanti ad essa (cfr. Consiglio di Stato, sez. V – 22/3/2010 n. 2351). Il divieto di fornire prestazioni a enti terzi, infatti, colpisce le Società pubbliche strumentali alle amministrazioni regionali o locali – che esercitano attività amministrativa in forma privatistica – ma non si estende alle Società destinate a gestire servizi pubblici locali, che esercitano attività d’impresa: esso è introdotto al fine di separare le due sfere di attività per evitare che un soggetto, che svolge attività amministrativa, eserciti allo stesso tempo attività d’impresa, beneficiando dei privilegi dei quali esso può godere in quanto Ente pubblico.

2.6 Ebbene lo Statuto di Mantova Ambiente (cfr. doc. 9 controinteressata) prevede, tra le attività rientranti nell’oggetto sociale, quelle afferenti alla gestione dei rifiuti, dello spazzamento, pulizia e manutenzione delle strade, della rimozione della neve e bonifiche ambientali, della manutenzione del verde pubblico, degli impianti di energia termica ed elettrica provenienti da rifiuti o da fonti rinnovabili, nonché delle attività ad esse collaterali come la consulenza ad aziende ed Enti negli stessi settori.

In buona sostanza la mission di Mantova Ambiente è univocamente quella della gestione di servizi pubblici locali, con prestazioni erogate direttamente all’utenza indifferenziata.

Del resto la giurisprudenza ha affermato che il servizio pubblico è quello che consente al Comune di realizzare fini sociali e di promuovere lo sviluppo civile della comunità locale ai sensi dell’art. 112 del D. Lgs. 267/2000, in quanto preordinato a soddisfare i bisogni della cittadinanza indifferenziata (cfr. Consiglio di Stato, sez. V – 14/4/2008 n. 1600): tale è indubbiamente il servizio di igiene urbana, il quale richiede che il concessionario impieghi capitali, mezzi e personale da destinare ad un’attività economica suscettibile, quanto meno potenzialmente, di produrre un utile di gestione e, quindi, di riflettersi sull’assetto concorrenziale del mercato di settore.

Né a conclusioni diverse si deve pervenire per il fatto che l’onere di remunerare l’attività svolta dal privato è assunto (talvolta) direttamente dall’amministrazione. E’ infatti noto che per l’erogazione del servizio R.S.U. i Comuni sono tenuti ad istituire la tariffa da praticare ai cittadini – nuclei familiari ed imprese – secondo criteri omogenei e con l’obbligo di provvedere all’integrale copertura dei costi. Se è dunque vero che il compenso del gestore è erogato periodicamente dal Comune, è altrettanto vero che il costo del servizio è ripartito tra gli utenti secondo parametri predeterminati, come ad es. l’estensione dell’unità abitativa e il numero dei componenti del nucleo familiare (cfr. sentenza T.A.R. Brescia –26/11/2008 n. 1689).

In conclusione il motivo è infondato e deve essere respinto.

3. Infondato è anche il motivo afferente alla violazione dell’art. 38 del D. Lgs. 163/2006 e all’eccesso di potere per disparità di trattamento, poiché pochi giorni prima dall’aggiudicazione, avvenuta il 26/10/2009, la Società mandante H3 S.r.l. non era in regola con il versamento dei contributi (cfr. DURC – doc. 18 – con riferimento al 29/9/2009 per l’INPS e al 7/10/2009 per l’INAIL), e per quel motivo sarebbe stata esclusa in altra gara presso l’Azienda Ospedaliera di Desio e Vimercate.

3.1 Il Collegio ritiene che, in presenza di violazioni, definitivamente accertate, rispetto agli obblighi relativi al pagamento delle imposte e tasse secondo la legislazione italiana, non sia integrata una fattispecie di esclusione automatica dell’impresa concorrente che le ha commesse, a prescindere dalla loro valutazione in concreto.

In tal senso, il Collegio condivide l’orientamento (cfr. T.A.R. Trentino Alto Adige Trento – 23/9/2008 n. 231; T.A.R. Sicilia Catania, sez. I – 25/11/2009 n. 1984) secondo il quale l’art. 38 è direttamente attuativo dell’art.45 della direttiva 2004/18 CE, la quale è palesemente diretta ad appurare la sussistenza dei presupposti di generale solvibilità dell’eventuale futuro contraente della pubblica amministrazione. La valutazione con significato rigidamente preclusivo di qualsivoglia inadempimento tributario si tradurrebbe nel corrispondente pregiudizio per il principio di libera concorrenza, che non esplica soltanto effetti positivi sull’ampliamento della partecipazione alle pubbliche gare per le imprese presenti nel mercato unico, ma anche per la pubblica amministrazione, che si avvantaggia della possibilità di poter valutare favorevolmente le offerte inoltrate senza che ciò sia impedito dal fatto che si configurino a carico delle imprese debiti tributari, anche se definitivamente accertati, che non incidano, peraltro, oggettivamente sull’affidabilità e solidità finanziaria della singola impresa.

Né contrasta con la suesposta conclusione l’assenza dell’aggettivo “grave” nel testuale disposto della citata lettera g) del comma 1 dell’art. 38, previsto invece per le infrazioni alle norme in materia di sicurezza (di cui alla lettera e) dello stesso articolo), così come per la negligenza, la malafede e gli errori professionali (di cui alla lettera f) dello stesso articolo) e per le violazioni alle norme in materia di contributi previdenziali e assistenziali (di cui alla lettera i) dello stesso articolo). Il Tribunale concorda sul fatto che, ciascuna delle suddette fattispecie, ivi compresa quella pertinente la posizione tributaria, deve essere valutata alla stregua del richiamato canone teleologico, che esclude che, in presenza di violazioni di scarso rilievo, sia inciso il generalissimo principio di concorrenza, quale principio fondante dell’ordinamento comunitario; soltanto l’esistenza, quindi, di una globale situazione, quale risultato finale dell’apprezzamento da compiersi con l’applicazione del principio di proporzionalità, integra quella situazione di obiettiva inaffidabilità dell’impresa, la cui determinazione anche in sede giurisdizionale è imposta dall’art. 2 comma 1 del predetto D. Lgs. 163/2006 sia per gli appalti “sopra” che “sotto” soglia comunitaria.

3.2 L’Azienda Ospedaliera ha prodotto (all. 9) il documento depositato dall’impresa e riferito alla data del 13/7/2009, dal quale traspare una situazione di regolarità contributiva ai fini INPS ed INAIL. Dello stesso tenore è il certificato versato in atti dalla controinteressata (doc. 8), relativo alla situazione INPS al 4/12/2009 ed INAIL al 24/11/2009.

La verifica documentale dà conto di violazioni di natura temporanea che risultano tempestivamente sanate, e la sequenza fattuale denota ex se la loro lieve natura: esse si rivelano in definitiva inidonee, alla stregua dell’impostazione sopra descritta, a produrre effetti ostativi all’ammissione dell’impresa controinteressata e all’aggiudicazione dell’appalto a favore suo e della mandante.

4. Con il primo motivo del gravame introduttivo le ricorrenti deducono la violazione del bando di gara (punto III.2.3), l’inosservanza dell’art. 21-septies della L. 241/90 per violazione del giudicato e la lesione della par condicio, in quanto neppure l’A.T.I. piazzatasi al terzo posto ha comprovato la “disponibilità” della risorsa nel senso richiesto dal bando, secondo l’interpretazione offerta dal Tribunale (uso diretto del laboratorio, esecuzione diretta delle analisi). Sostengono le ricorrenti che l’Azienda Ospedaliera ha violato il giudicato che si estende nei suoi confronti ed ha per oggetto anche l’interpretazione del bando di gara.

La doglianza è fondata.

4.1 Il Collegio riporta uno stralcio del passaggio motivazionale della pronuncia del Consiglio di Stato (sez. V – 12/6/2009 n. 3791), che ha confermato le statuizioni rese in primo grado da questo Tribunale.

“La Sezione conviene con il Primo Giudice che, alla stregua di un’interpretazione sistematica, teleologica e conservativa delle norme di che trattasi, la “disponibilità” assicurata dal terzo al vincitore non può identificarsi nella mera possibilità dell’aggiudicatario di rivolgersi quale cliente al terzo per far svolgere ad esso i servizi in questione. ... Si deve invece reputare che la normativa di gara consenta modalità molteplici di documentazione di un requisito che deve essere nella sua sostanza ultima identico, dato dalla disponibilità diretta ed esclusiva del bene senza la necessità dell’altrui intermediazione. Decisiva è poi, in questa direzione, la disamina delle clausole in parola in forza del canone teleologico in relazione alla natura del contratto. Il servizio in parola afferisce, infatti, allo smaltimento dei rifiuti di una azienda ospedaliera, per loro natura pericolosi per l’ambiente e per la salute pubblica. La prescrizioni della cui interpretazione si tratta vogliono allora garantire che lo smaltimento stesso avvenga in modo corretto e controllabile, per mano di operatori autorizzati, evitando operatori inaffidabili, non di rado strumenti della criminalità organizzata. Tale scopo risulterebbe frustrato se l’aggiudicatario del contratto potesse espletare il servizio rivolgendosi come mero cliente a ditte terze non sottoposte al controllo dell’amministrazione. Si deve soggiungere che un’interpretazione così lata del concetto di disponibilità si tradurrebbe in un subappalto generalizzato senza il rispetto dei limiti scolpiti, in tema di dichiarazione e programmazione, dall’art. 118 del codice dei contratti pubblici. La Sezione deve allora aderire alla parabola motivazionale elaborata dalla sentenza appellata, secondo cui, in forza dell’indice normativo fissato in materia di avvalimento dall’art. 49 del codice dei contratti pubblici, il concorrente che si avvale delle risorse dell’impresa ausiliaria deve averne una disponibilità immediata, deve cioè, a prescindere dalla forma contrattuale scelta, poterle usare per eseguire il contratto senza intermediazione dell’impresa ausiliaria stessa. Risulta in definitiva indefettibile la possibilità, per l’aggiudicataria, di usare in via diretta ed immediata la risorsa con qualsiasi strumento giuridico, comprensivo sia dei contratti tipici (ad esempio il comodato o l’affitto di azienda), ovvero di pattuizioni atipiche ai sensi del capoverso dell’art. 1322 del codice civile”.

4.2 Le statuizioni rese dal T.A.R. e dal Consiglio di Stato con riguardo alla lex specialis si impongono alla stazione appaltante secondo il principio dell’effetto conformativo del giudicato amministrativo.

La sentenza di annullamento del giudice amministrativo – oltre al c.d. effetto caducatorio o demolitorio (consistente nella eliminazione dell’atto impugnato) – produce, come riconoscono la dottrina e la giurisprudenza dominanti, ulteriori effetti: quello c.d. ripristinatorio e quello c.d. conformativo.

L’effetto conformativo vincola la successiva attività dell’amministrazione di riesercizio del potere perché il giudice, quando accerta l’invalidità dell’atto e le ragioni che la provocano, stabilisce (in maniera più o meno piena a seconda del tipo di potere che viene esercitato e del vizio riscontrato) qual’è il corretto modo di esercizio del potere e fissa quindi la regola alla quale l’amministrazione si deve attenere nella sua ulteriore attività (cfr. Consiglio di Stato, sez. VI – 22/9/2008 n. 4563).

Il processo amministrativo non guarda quindi solo al passato, ma anche necessariamente al futuro, cioè al successivo comportamento dell’amministrazione e la sentenza, per quanto possibile, deve concorrere a identificare la corretta modalità di espletamento della propria potestà istituzionale. L’obbligo in capo all’amministrazione di compiere le necessarie ripristinazioni e di uniformare l’attività di riesercizio del potere alle regole di azione poste dalla sentenza passata in giudicato discende pure dagli artt. 24, 101, 103 e 113 della Costituzione, che hanno il senso di assoggettare la funzione amministrativa anche ai vincoli imposti dalla sentenza del giudice amministrativo e consentono in definitiva di qualificare l’effetto ripristinatorio e l’effetto conformativo, prima ancora che come effetti interni della sentenza, come elementi del suo contenuto di accertamento idoneo “a fare stato” a ogni effetto tra le parti ai sensi dell’art. 2909 c.c.

E’ in buona sostanza evidente che la stazione appaltante era tenuta a rispettare il comando giurisdizionale nell’attività successiva, e dunque anche nella fase dell’aggiudicazione che ha coinvolto la controinteressata, la quale non può invocare l’estraneità al precedente giudizio, il quale peraltro verteva sull’interpretazione di una regola della lex specialis a contenuto generale.

4.3 Ciò premesso, è pacifico che il rapporto instaurato dalla controinteressata con Tea Acque prevede l’espletamento del servizio di laboratorio da parte di quest’ultima la quale, in aggiunta, “potrà, per l’esecuzione parziale delle prestazioni oggetto del presente contratto, avvalersi dei servizi resi da altre società del gruppo e di terzi” per prestazioni specialistiche (cfr. cap. 4 comma 1). E’ pacifica l’assenza di una disponibilità diretta ed esclusiva della risorsa, gestita con l’altrui intermediazione.

Non sposta i termini della questione la circostanza che Mantova Ambiente e Tea Acque siano Società sottoposte alla direzione della Società madre del gruppo ossia TEA Spa. Il disciplinare infatti, a pag. 12 punto 3. n. 4), richiedeva la documentazione inerente alla disponibilità del laboratorio analisi di cui al punto III.2.3 del bando lett. b) “ … da parte di Società collegata al concorrente o di un soggetto terzo” – e dunque in via alternativa – a condizione che fosse allegato almeno un atto di impegno vincolante con il quale la società collegata o il soggetto terzo “dimostrino che l’impianto/laboratorio/deposito saranno nella disponibilità del concorrente per tutto il periodo di durata dell’appalto (anni sei)”. Si realizza un’assoluta equiparazione tra la posizione della Società collegata e quella del terzo, poiché ciò che rileva è unicamente il requisito della “disponibilità diretta”, il cui significato è già stato ampiamente illustrato. Né rileva in proposito la sottoscrizione congiunta del contratto con l’Azienda Ospedaliera, evento che si è verificato “a valle” del procedimento ed in assenza di un requisito condizionante l’aggiudicazione definitiva.

Il ragionamento fin qui condotto può essere replicato con riferimento all’impianto di termodistruzione, il quale è incontrovertibilmente gestito da una ditta terza.

5. In conclusione la domanda di annullamento è fondata e deve essere accolta, restando assorbiti i profili dedotti con i motivi aggiunti. La violazione illustrata integra un vizio che comporta l’invalidità del confronto comparativo, e quindi dell’aggiudicazione definitiva. La valutazione di illegittimità si irradia infatti sulla totalità degli atti della procedura selettiva e ne determina l’inevitabile caducazione.

6. Ai sensi dell’art. 245-ter del D. Lgs. 163/2006 novellato, ed in conformità alla domanda delle ricorrenti, deve essere dichiarata l’inefficacia del contratto stipulato. La decorrenza dell’inefficacia è fissata dalla data dell’affidamento del servizio in esito alla gara che dovrà essere nuovamente esperita.

Il vizio ritenuto sussistente dal Tribunale comporta infatti l’obbligo di rinnovare la procedura selettiva, a fronte della fattispecie individuata dall’ultima parte dell’art. 245-ter per la quale è preclusa in via generale la salvaguardia del rapporto. Va tenuto conto inoltre che l’esecuzione è in corso da pochi mesi rispetto ad un contratto di 6 anni, e che la controinteressata non può vantare un particolare affidamento, alla luce delle pronunce di questo Tribunale e del Consiglio di Stato delle quali ha certamente preso cognizione.

Le spese di giudizio devono essere poste a carico della soccombente amministrazione, mentre possono essere compensate nei confronti della controinteressata.

 

P.Q.M.

il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia - sezione seconda di Brescia, definitivamente pronunciando, accoglie la domanda di annullamento dell’aggiudicazione definitiva e degli altri atti di affidamento del servizio al raggruppamento temporaneo costituito da Mantova Ambiente Srl e H3 Srl.

Dichiara l’inefficacia del contratto stipulato il 25/1/2010 con la decorrenza indicata in narrativa;

Condanna l’Azienda Ospedaliera a corrispondere alle imprese ricorrenti, in solido tra loro, la somma complessiva di € 5.000 a titolo di spese, competenze ed onorari di difesa, oltre ad IVA, CPA e spese generali.

Condanna altresì l’amministrazione soccombente a rifondere alle ricorrenti, in solido tra loro, le spese del contributo unificato, ai sensi dell’art. 13 comma 6-bis del D.P.R. 30/5/2002 n. 115.

Spese compensate nei confronti della controinteressata.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

La presente sentenza è depositata presso la Segreteria del Tribunale che provvederà a darne comunicazione alle parti.

Così deciso in Brescia nella camera di consiglio del giorno 13 maggio 2010 con l'intervento dei Signori:

Giorgio Calderoni, Presidente

Stefano Tenca, Primo Referendario, Estensore

Francesco Gambato Spisani, Primo Referendario

                       

L'ESTENSORE                     IL PRESIDENTE

                       

                       

                       

                       

                       

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 27/05/2010, n. 2164

(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)

IL SEGRETARIO

 

 

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