HomeSentenzeArticoliLegislazionePrivacyRicercaChi siamo
TAR Lazio, sez. I ter, 16/7/2010 n. 26337
Sulla natura dei raggruppamenti temporanei di imprese (fattispecie relativa ad una gara di appalto per l'affidamento del servizio di vigilanza).

Le tariffe fissate dal Prefetto per i servizi di vigilanza - specie ove considerate sotto il profilo dei c.d. "minimi" - non sono nè inderogabili né vincolanti.

I raggruppamenti temporanei di imprese non costituiscono autonomi centri di imputazione giuridica ma mere aggregazioni finalizzate ad agevolare (grazie alla sommatoria dei requisiti degli aderenti) il dispiegarsi del gioco della concorrenza. In altri termini, non danno luogo ad un soggetto autonomo e distinto dalle imprese che li compongono, né ad un loro rigido collegamento strutturale.
Da ciò consegue che i requisiti prescritti nel bando devono essere posseduti dalle imprese raggruppate - le quali conservano intatte le rispettive autonomie formali e sostanziali - secondo le regole che governano la materia (tendenti a distinguere tra requisiti soggettivi di capacità tecnica ed economica e requisiti oggettivi, per i quali è consentito il "cumulo").
E', dunque, evidente, nel caso di specie, riguardante una gara di appalto per l'affidamento del servizio di vigilanza, che la pretesa del possesso dell'autorizzazione prefettizia in capo al raggruppamento temporaneo è priva di pregio giuridico.

I raggruppamenti temporanei di imprese - i quali costituiscono un istituto di matrice comunitaria - tendono ad estendere la partecipazione alle gare anche ad imprese che, singolarmente, non sarebbero in grado di sostenere l'onere dell'appalto e, dunque, ad ampliare la dinamica concorrenziale, consentendo la coalizione di imprese di minori dimensioni per favorirne la crescita e l'ingresso su mercati più estesi. Nel contempo, consentono di realizzare lo scopo di assicurare, attraverso il concorso degli apporti di più imprese, il buon andamento del risultato finale dei lavori o dei servizi appaltati, i quali, altrimenti, potrebbero essere compromessi dalla inadeguatezza dei mezzi tecnici e finanziari propri di ciascuna singola impresa. L'unico limite nell'utilizzo di tale forma di aggregazione va riscontrato nell'esigenza di non trasformare la riunione di imprese in uno strumento elusivo delle regole impositive di un livello minimo di capacità per la partecipazione agli appalti, il quale - di regola - deve essere fissato nel bando. Appare, pertanto, ragionevole affermare che si tratta di un istituto che, oltre ad essere espressamente riconosciuto ed ammesso da prescrizioni di legge, è considerato con favore dall'ordinamento, in quanto - fondamentalmente - opera a salvaguardia della parità di trattamento e del principio di buon andamento.

Nell'eventualità si sia in presenza di un'A.T.I. c.d. orizzontale, come nel caso di specie, è consentito che i requisiti soggettivi di capacità tecnica ed economica siano posseduti da ciascuna impresa quanto meno in una misura minima giuridicamente apprezzabile. Si può, pertanto, affermare che, in presenza di un raggruppamento di imprese partecipante ad una gara per l'affidamento di un servizio di vigilanza, non è imposto - in capo ad ognuna delle imprese - il possesso dell'autorizzazione per tutti i siti da vigilare, bensì è sufficiente l'autorizzazione anche solo per alcuni di quest'ultimi, sempre che la disamina delle autorizzazioni di tutte le imprese aderenti all'ATI e, dunque, l'esame del contributo che ognuna di esse è in grado ad offrire conduca a rilevare la sussistenza delle condizioni necessarie per il completo e corretto espletamento del servizio.

Le tariffe fissate dal Prefetto per i servizi di vigilanza - specie ove considerate sotto il profilo dei c.d. "minimi" - non sono nè inderogabili né vincolanti. In particolare - in linea con le precisazioni rese dalla Corte di Giustizia CE (sent. 13 settembre 2007, nella causa C465/05, Commissione Italia) - l'attribuzione di un carattere vincolante a dette tariffe, realizzando una ingiustificata restrizione della libera prestazione dei servizi e, dunque, ponendosi in contrasto con il principio comunitario dell'art. 49, Trattato CE, non può trovare spazio nel nostro ordinamento.

Materia: appalti / disciplina

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Ter)

ha pronunciato la presente

 

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2364 del 2002, integrato da motivi aggiunti, proposto da:

Securpol S.r.l., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avv.ti Federica Turriziani e Paola Trentadue, con domicilio eletto presso lo studio del secondo, situato in Roma, via del Poggio Laurentino n. 118;

 

contro

la Regione Lazio, in persona del Presidente p.t. della Giunta Regionale, rappresentata e difesa dall’avv. Sandro Salera ed elettivamente domiciliata presso lo studio dell’avv. Giulio Prosperetti, situato in Roma, via G. Belloni n. 88;

 

nei confronti di

- raggruppamento temporaneo di imprese (tra le ditte Istituto di Vigilanza Città di Cassino s.r.l., Istituto di Vigilanza Metropol Frosinone – Servizi di Sicurezza s.r.l., Controlpol Servizi di Sicurezza s.r.l., Deltapol Sud soc. coop per azioni a r.l.), avente come capogruppo l’Istituto di Vigilanza Metropol Frosinone – Servizi di Sicurezza s.r.l., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall’avv. Danilo Giaccari ed elettivamente domiciliato presso lo studio dell’avv. Giampaolo Dickmann, situato in Roma, viale G. Cesare n. 95;

- Istituto di Vigilanza Città di Cassino s.r.l., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall’avv. Danilo Giaccari ed elettivamente domiciliato presso lo studio dell’avv. Giampaolo Dickmann, situato in Roma, viale G. Cesare n. 95;

- Istituto di Vigilanza Controlpol Servizi di Sicurezza s.r.l., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall’avv. Danilo Giaccari ed elettivamente domiciliato presso lo studio dell’avv. Giampaolo Dickmann, situato in Roma, viale G. Cesare n. 95;

- Istituto di Vigilanza Metropol Frosinone s.r.l., in persona del legale rappresentante p.t.;

- Istituto Vigilanza Deltalpol Sud, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’avv. Raffaello Alessandrini ed elettivamente domiciliata presso lo studio del difensore, situato in Roma, via del Corso n. 160;

- Istituto di Vigilanza Sabinapol Rieti S.a.s., in persona del legale rappresentante p.t., n.c.;

- Istituto di Vigilanza Metronotte s.r.l. Città di Latina, in persona del legale rappresentante p.t., n.c.;

- Divisione Italiana Anticrimine r.r.l., in persona del legale rappresentante p.t., n.c.;

 

per l'annullamento

previa sospensione dell'efficacia,

- della determinazione n. 637 del 21 maggio 2001 del Direttore del Dipartimento Risorse e Sistemi della Regione Lazio;

- della determinazione del medesimo direttore n. 1935 del 9 ottobre 2001;

- della determinazione del 3 dicembre 2001, recante n. prot. 2399/3F del Direttore del Dipartimento Risorse e Sistemi della Regione Lazio;

- del bando di gara;

- della lettera di invito;

- del capitolato di appalto;

- del verbale di licitazione privata del 26 novembre 2001;

- della nota prot. n. 165054 del 6 novembre 2001 del Dirigente dell’area 3/F;

- dell’avviso esito gara;

- della determinazione n. 2273 del 20 novembre 2001 del Direttore del Dipartimento Risorse e Sistemi;

- di tutti gli atti relativi, presupposti, connessi e conseguenti;

Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Regione Lazio, Istituto di Vigilanza Deltapol Sud Coop Per Az a r.l., Ist. di Vigilanza Metropol Servizi di Sicurezza Frosinone, Soc Ist di Vigilanza Controlpol Servizi di Sicurezza Srl e di Soc Ist di Vigilanza Città di Cassino Srl;

Visti i motivi aggiunti depositati in data 30 aprile 2002;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 27 maggio 2010 il dott. Antonella Mangia e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:

 

FATTO

Attraverso l’atto introduttivo del presente giudizio, notificato in data 15 febbraio 2002 e depositato il 28 febbraio successivo, la ricorrente impugna gli atti e i provvedimenti relativi alla gara di appalto, suddivisa in tre lotti separati, indetta - con il sistema della licitazione privata - per l’affidamento del “servizio di vigilanza presso alcune sedi e acquedotti regionali nelle province di Latina, Frosinone e Rieti”.

In particolare, espone di essere stata ammessa a partecipare alla gara per il lotto n. 2, unitamente all’A.T.I. tra le ditte Metropol Frosinone Servizi di Sicurezza s.r.l., Istituto di Vigilanza Città di Cassino s.r.l., Controlpol Servizi di Sicurezza s.r.l. e Deltalpol Sud, la quale risultava aggiudicataria.

Ai fini dell’annullamento degli atti e dei provvedimenti impugnati deduce i seguenti motivi di impugnativa.

VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE (DEGLI ARTT. 11 D.LGS. 17 MARZO 1995 N. 157, COME MODIFICATO DAL D.LGS. 25 FEBBRAIO 2000 N. 65, VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DEGLI ARTT. 8 E 134 TULPS R.D. 18 GIUGNO 1931 N. 773 E DEL LORO COMBINATO DISPOSTO, DELL’ART. 2602 C.C.) ECCESSO DI POTERE, INOSSERVANZA DI CIRCOLARI, VIZIO DEL PROCEDIMENTO, SVIAMENTO DELLA CAUSA. Qualora le imprese partecipino ad una gara aderenti ad un raggruppamento, ha origine un nuovo soggetto, non autorizzato a svolgere attività di vigilanza. Si verifica, altresì, una “coutenza” delle strutture e del personale, ossia una utilizzazione comune “da ritenere inammissibile, atteso che ogni istituto deve espletare direttamente gli incarichi che esso stesso ha ricevuto”. La formazione del raggruppamento comporta, altresì, una potenziale ed effettiva polverizzazione della esecuzione del servizio che pregiudica già ab origine la qualità delle prestazioni. Tali doglianze trovano conferma anche in una nota della Prefettura di Nuoro ed in una nota della Prefettura di Frosinone.

ECCESSO DI POTERE, INOSSERVANZA DI CIRCOLARI, VIOLAZIONE DI LEGGE, VIOLAZIONE DEL PRINCIPIO DI TERRITORIALITA’ DELLA LICENZA, in quanto la Deltapol Sud è sedente in Roma.

ECCESSO DI POTERE, CONCORRENZA SLEALE, SVIAMENTO DELLA CAUSA, DISPARITA’ DI TRATTAMENTO, VIOLAZIONE DEL PRINCIPIO DEL BUON ANDAMENTO ED IMPARZIALITA’ DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE (ART. 97 COST.) VIOLAZIONE DI LEGGE (VIOLAZIONE DELL’ART. 11 D.LGS. 157 DEL 1995 COME MODIFICATO DAL D.LGS. N. 65 DEL 2000, GIA’ RICHIAMATI). Le imprese che hanno formato l’ATI hanno preso parte anche ad altre gare di appalto, mutando di volta in volta la capogruppo. Ciò dimostra come la formazione delle ATI sempre da parte degli stessi istituti “sia animata unicamente dall’intento illegittimo di sommare i requisiti formali dei componenti dell’associazione allo scopo di superare gli altri concorrenti”, a danno dell’effettività della concorrenza e della par condicio.

ECCESSO DI POTERE. VIOLAZIONE DEL PRINCIPIO DI BUON ANDAMENTO ED IMPARZIALITA’ DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE (ART. 97 COST.) DEL PRINCIPIO DI BUONA E CORRETTA AMMINISTRAZIONE, ECCESSO DI POTERE, NON OPPORTUNITA’, NON ECONOMICITA’. Nella gara non si è tenuto conto che la ricorrente ha effettuato sino ad oggi il servizio oggetto della gara stessa. La scelta di non privilegiare chi ha già effettuato il servizio priva l’Amministrazione “di un servizio caratterizzato da una efficienza già verificata con esito positivo”.

ECCESSO DI POTERE, DISPARITA’ DI TRATTAMENTO, VIOLAZIONE DI LEGGE, VIOLAZIONE DELL’ART. 134 T.U.L.P.S., VIOLAZIONE DEL PUNTO N. 5 DEL BANDO DI GARA. La procedura di gara ha di fatto consentito la partecipazione di istituti “nonostante questi fossero privi di autorizzazione per i territori interessati”.

ECCESSO DI POTERE, VIOLAZIONE DI LEGGE, VIOLAZIONE DELL’ART. 25 DEL D.LGS. N. 157 DEL 1995, COME MODIFICATO DAL D.LGS. N. 65 DEL 2000, VIOLAZIONE DELLE TARIFFE PREFETTIZIE, VIOLAZIONE DEL PRINCIPIO DI CONCORRENZA, CONCORRENZA SLEALE, DISPARITA’ DI TRATTAMENTO. L’ATI ha offerto “per fornitura, installazione e manutenzione costo annuo zero ….. e offrendo canone di collegamento a costo annuo zero”, ossia non ha tenuto conto delle tariffe di legalità prefettizie.

ECCESSO DI POTERE, VIOLAZIONE DI LEGGE, VIOLAZIONE DEI PUNTI C, D, E, P, T DELLA LETTERA DI INVITO, con riserva di meglio motivare in seguito.

ECCESSO DI POTERE, ILLOGICITA’, CONTRADDITTORIETA’, DISPARITA’ DI TRATTAMENTO, VIOLAZIONE DEL PRINCIPIO DI IMPARZIALITA’, CARENZA DI MOTIVAZIONE. Il capitolato di appalto chiede alternativamente requisiti ora alla capogruppo, ora a tutti gli istituti, ora globalmente all’ATI. In tal modo realizza una discriminazione tra le imprese che partecipano all’ATI e le imprese non inserite in alcuna ATI.

In ultimo la ricorrente chiede anche il risarcimento subiti e subendi.

Con atto depositato in data 21 marzo 2002 si è costituita l’Amministrazione intimata, la quale – nel contempo – ha così confutato le censure sopra riportate: - i raggruppamenti temporanei di imprese, la cui possibilità di partecipare alla gara è espressamente prevista dal bando, non danno vita ad una struttura associativa e le imprese conservano intatte le rispettive autonomie formali e sostanziali; - ciò trova conferma anche nel rilievo che le singole imprese raggruppate possono cumulare solo i requisiti di natura tecnica e non già i requisiti di natura formale; - i raggruppamenti temporanei di imprese consentono, e non certo ostacolano, un ampliamento della dinamica concorrenziale; - il bando non specifica né richiede che l’operatività delle partecipanti sia correlata e connessa alle singole sedi oggetto dell’appalto, ma si riferisce al “mercato” genericamente inteso; - non vi è violazione delle tariffe, atteso che il capitolato consente di non quotare il collegamento di allarme laddove è presente un servizio di vigilanza fissa.

In data 18 marzo 2002 si è costituito l’Istituto di Vigilanza Metropol Frosinone Servizi di Sicurezza, nella qualità di capogruppo dell’ATI, il quale – nel contempo – ha eccepito – in via preliminare – l’inammissibilità del ricorso per tardività. Ha, poi, sostenuto l’infondatezza di quest’ultimo per le seguenti ragioni: - per gli appalti di servizi di vigilanza, il d.lgs. n. 157 del 1995 è applicabile limitatamente ai soli artt. 8, comma 3, 20 e 21 e, dunque, il riferimento all’art. 11 non è pertinente; - l’ATI non è un organismo diverso dalle singole ditte ad esso aderenti; - l’offerta è, comunque, unica; - non sussiste necessità di effettuare un collegamento con la “centrale operativa” e di pagare il relativo canone, atteso che “in tutti i siti da vigilare è previsto un servizio di vigilanza fissa”; - in ogni caso, le tariffe approvate non vincolano gli istituti; - la Deltapol Sud ha sede operativa in Frosinone.

In medesima data si sono costituiti anche l’Istituto di Vigilanza Città di Cassino e la Controlpol Servizi di Sicurezza, i quali hanno sostanzialmente ribadito quanto già sostenuto dall’Istituto di Vigilanza Metropol Frosinone.

Anche la Deltapol Sud Scarl p. az. si è costituita il 18 marzo 2002, eccependo – preliminarmente – la tardività del ricorso e sostenendo – a supporto della fondatezza dell’operato dell’Amministrazione – quanto segue: - la formazione di un raggruppamento di imprese non dà luogo ad un soggetto autonomo, sicché l’autorizzazione all’esercizio dell’attività va valutata in relazione alle imprese partecipanti; - la previsione di un servizio di presidiamento 24 ore su 24 esonera dalla quotazione del canone di allarme.

In data 30 aprile 2002 la ricorrente ha depositato motivi aggiunti, sollevando le seguenti, ulteriori censure:

ECCESSO DI POTERE, DISPARITA’ DI TRATTAMENTO, VIOLAZIONE DEI PUNTI H) E I) DELLA LETTERA DI INVITO, in quanto: - la Deltapol Sud è priva di concessione di frequenza per ponte radio; - la Controlpol ha solo la concessione per le comunicazioni e non può fornire “la centrale operativa 24 ore per la ricezione e gestione dei segnali di allarme”; - l’istituto Metronotte Città di Cassino ha una sola concessione destinata al servizio di teleallarme e comunicazioni radio.

ECCESSO DI POTERE, DISPARITA’ DI TRATTAMENTO, VIOLAZIONE DELL’ART. 5, 8, 9, 10, 11, 12, 13, 19 DEL CAPITOLATO D’APPALTO. Stante l’impossibilità di eseguire le prestazioni che caratterizza la posizione degli istituti sopra menzionati, le offerte avanzate dovevano essere considerate nulle.

VIOLAZIONE DI LEGGE. VIOLAZIONE DELL’ART. 47, 71, 75 D.P.R. 28 DICEMBRE 2000, 445. Le dichiarazioni rese da Deltapol Sud, Controlpol e Città di Cassino non rispondono a verità. Al riguardo, l’art. 71 di cui sopra prevede controlli ma non risulta che l’Amministrazione li abbia effettuati.

ECCESSO DI POTERE, VIOLAZIONE DI LEGGE, VIOLAZIONE DELL’ART. 12, COMMA 1, LETT. F), D.LGS. 17 MARZO 1995, N. 157, sempre in relazione alle dichiarazioni di cui sopra.

ECCESSO DI POTERE, VIOLAZIONE DI LEGGE, VIOLAZIONE DELL’ART. 14, COMMA 1, LETT. E), D. LGS. 17 MARZO 1995, N. 157.

ECCESSO DI POTERE, VIOLAZIONE DI LEGGE, VIOLAZIONE DELL’ART. 15, COMMA 2, DEL D.LGS. 17 MARZO 1995 N. 157, perché gli istituti sopra menzionati hanno reso dichiarazioni non rispondenti alla reale consistenza delle autorizzazioni rilasciate e non risulta che l’Amministrazione abbia effettuato controlli.

Con memorie depositate in data 31 maggio 2002 l’Istituto Metropol Frosinone Servizi di Sicurezza, nella qualità di capogruppo dell’ATI, la Controlpol Servizi di Sicurezza e l’Istituto di Vigilanza Città di Cassino hanno eccepito l’inammissibilità del ricorso e dei successivi motivi aggiunti nonché ribadito l’infondatezza del ricorso.

Con memoria depositata in data 4 giugno 2002, la Regione ha eccepito l’inammissibilità del ricorso per tardività. In relazione ai motivi aggiunti ha, poi, affermato che non vi è violazione del D.P.R. n. 445/2000, “posto che l’offerta è stata presentata dalle singole imprese associate ed i richiesti requisiti devono essere riferiti al raggruppamento e non alle singole imprese che ne fanno parte”.

Con ordinanza n. 2940 del 6 giugno 2002 la Sezione ha respinto la domanda incidentale di sospensione.

Con memoria depositata in data 5 maggio 2010 la ricorrente ha affermato la tempestività del ricorso. Nel merito ha ribadito che: - le imprese partecipanti all’ATI non erano autorizzate per tutti i siti da vigilare e, per tale motivo, non potevano formulare un’offerta valida nei confronti della stazione appaltante; - il collegamento di allarme andava quotato, pena la violazione delle tariffe prefettizie minime; - le stesse imprese non possedevano requisiti per la partecipazione alla gara, qual è la concessione di frequenza per il ponte radio.

In ultimo, la ricorrente si è soffermata sull’istanza risarcitoria, quantificandola secondo le seguenti voci: a) spese inutilmente sostenute per la partecipazione alla gara; b) mancato utile; c) danno all’immagine; d) perdita di chances.

Il ricorso è stato introitato per la decisione alla pubblica udienza del 27 maggio 2010.

 

DIRITTO

1. Il Collegio ritiene di poter soprassedere sulle eccezioni di inammissibilità sollevate dall’Amministrazione resistente e dai controinteressati, in quanto il ricorso è infondato e, pertanto, va respinto.

 

2. Con l’atto introduttivo del presente giudizio, la ricorrente denuncia vizi di violazione di legge ed eccesso di potere sotto svariati profili.

Tali censure non sono meritevoli di condivisione per le ragioni che seguono.

2.1. In particolare, la ricorrente afferma che – “essendo il raggruppamento soggetto distinto dalle singole ditte aderenti” – il raggruppamento in epigrafe doveva essere escluso dalla gara in quanto privo dell’autorizzazione prefettizia, ai sensi dell’art. 134 T.U.L.P.S..

Tale doglianza è infondata.

Al riguardo, il Collegio osserva che i raggruppamenti temporanei di imprese non costituiscono autonomi centri di imputazione giuridica ma mere aggregazioni finalizzate ad agevolare (grazie alla sommatoria dei requisiti degli aderenti) il dispiegarsi del gioco della concorrenza.

In altri termini, non danno luogo – a differenza di quanto sostenuto nel ricorso - ad un soggetto autonomo e distinto dalle imprese che li compongono, né ad un loro rigido collegamento strutturale (cfr., tra le altre, C.d.S., Sez. V, 21 novembre 2007, n. 5906; C.d.S., Sez. V, 15 maggio 2001, n. 2713).

Da ciò consegue che il possesso dei requisiti prescritti nel bando devono essere posseduti dalle imprese raggruppate – le quali conservano intatte le rispettive autonomie formali e sostanziali (cfr. C.d.S., Sez. V, 18 ottobre 2001, n. 5517) - secondo le regole che governano la materia (tendenti a distinguere tra requisiti soggettivi di capacità tecnica ed economica e requisiti oggettivi, per i quali è consentito il “cumulo”).

E’, dunque, evidente che la pretesa del possesso dell’autorizzazione prefettizia in capo al raggruppamento temporaneo è priva di giuridico pregio.

La conclusione a cui si è pervenuti non appare, poi, in contrasto con quanto riportato nelle note delle Prefettura di Nuoro e di Frosinone, richiamate nel ricorso, atteso che quest’ultime riguardano specificamente la costituzione di “consorzi a rilevanza esterna”, i quali costituiscono istituti con precipue peculiarità, ben diverse da quelle che caratterizzano i raggruppamenti temporanei proprio sotto il profilo dell’autonomia (cfr. C.d.S., Sez. V, 24 ottobre 2000, n. 5679).

 

2.2. La ricorrente denuncia, poi, la violazione del principio di territorialità della licenza, a causa della partecipazione della Deltapol Sud, con sede in Roma.

Anche tale censura è infondata.

L’ubicazione della sede di una società di vigilanza in un determinato luogo non vale, infatti, a comprovare di per sé la carenza dell’autorizzazione ad esercitare l’attività in determinati siti, ubicati nel territorio di altre province.

 

Tale asserzione trova conferma;

- in quanto affermato dalla ricorrente nel seguito dell’atto introduttivo del presente giudizio, laddove si dà evidenza che la Deltapol “non risulta autorizzata per il Comune di Collepardo” (pag. 9) e, dunque, implicitamente si ammette la sussistenza – in capo alla citata società – dell’autorizzazione per gli altri siti da vigilare, previsti negli atti di gara;

- nella documentazione prodotta – tra gli altri – dall’Istituto di vigilanza Metropol Frosinone Servizi di Sicurezza s.r.l., la quale dimostra che la Deltapol, pur avendo sede legale in Roma, ha sede operativa in Frosinone ed è ritualmente dotata di licenza rilasciata dalla Prefettura di Frosinone.

Del resto, è evidente che la sede legale di una società di vigilanza costituisce un fattore diverso dal territorio in cui la medesima società è autorizzata ad operare, il quale non può che essere desunto dai provvedimenti ampliativi rilasciati.

 

2.3. Non è, altresì, riscontrabile violazione della concorrenza e dei principi del buon andamento ed imparzialità .

In termini generali, i raggruppamenti temporanei di imprese – i quali costituiscono un istituto di matrice comunitaria - tendono ad estendere la partecipazione alle gare anche ad imprese che, singolarmente, non sarebbero in grado di sostenere l’onere dell’appalto e, dunque, ad ampliare la dinamica concorrenziale, consentendo la coalizione di imprese di minori dimensioni per favorirne la crescita e l’ingresso su mercati più estesi (cfr., tra le altre, TAR Campania, Napoli, Sez. I, 7 ottobre 2008, n. 13437; TAR Puglia, Lecce, Sez. I, 6 marzo 2007, n. 800).

Nel contempo, consentono di realizzare lo scopo di assicurare, attraverso il concorso degli apporti di più imprese, il buon andamento del risultato finale dei lavori o dei servizi appaltati, i quali, altrimenti, potrebbero essere compromessi dalla inadeguatezza dei mezzi tecnici e finanziari propri di ciascuna singola impresa (cfr. TAR Lecce, già cit.; TAR Piemonte, Sez. II, 2 maggio 2000, n. 573).

L’unico limite nell’utilizzo di tale forma di aggregazione va riscontrato nell’esigenza di non trasformare la riunione di imprese in uno strumento elusivo delle regole impositive di un livello minimo di capacità per la partecipazione agli appalti, il quale - di regola – deve essere fissato nel bando.

Appare, pertanto, ragionevole affermare che si tratta di un istituto che, oltre ad essere espressamente riconosciuto ed ammesso da prescrizioni di legge, è considerato con favore dall’ordinamento, in quanto – fondamentalmente – opera a salvaguardia della parità di trattamento e del principio di buon andamento.

Ciò premesso, va rilevato che i rilievi sollevati dalla ricorrente non consentono di riscontrare – nel caso di specie - un uso distorto e illegittimo dell’istituto in esame, tenuto conto che: - la presenza di un intento strumentale finalizzato all’aggiudicazione dell’appalto appare conforme alla ratio dell’istituto; - la partecipazione ad altre gare di appalto, designando di volta in volta quale capogruppo l’una o l’altra impresa, non è preclusa dalle prescrizioni che disciplinano la materia; - si afferma che tutto questo sarebbe avvenuto “a discapito della qualità del servizio prestato” ma ciò non trova alcun riscontro concreto.

La circostanza, poi, che la “formazione dell’ATI … consente di conoscere le possibilità di offerta delle imprese raggruppate” è priva di giuridico pregio, atteso che le imprese raggruppate - non partecipando singolarmente - non formulano offerte individuali.

 

2.4. La ricorrente sostiene, poi, che la stessa avrebbe dovuto essere privilegiata dall’Amministrazione, in quanto aveva già effettuato il servizio.

Tale affermazione non è meritevole di condivisione.

E’, infatti, noto che – in presenza di gare indette dall’Amministrazione – il legislatore ha imposto che la scelta del contraente avvenga nel rispetto di precise modalità, dirette a salvaguardare la par condicio dei partecipanti nella piena osservanza delle regole della concorrenza.

In ragione di tale constatazione, è evidente che la pretesa della ricorrente è priva di fondamento giuridico.

Nel contempo, si pone in evidente contrasto con i principi che governano la materia, secondo i quali i bandi di gara devono assicurare la massima partecipazione, al fine di perseguire l’interesse pubblico a che la scelta dell’impresa affidataria avvenga nel più ampio ventaglio possibile di offerte sulla base di criteri che debbono essere redatti esclusivamente in funzione delle caratteristiche economiche e tecniche del bene o del servizio richiesto (cfr., tra le altre, TAR Lazio, Roma, Sez. I. 14 dicembre 2005, n. 13664).

 

2.5. Per quanto attiene alla circostanza che solo la ricorrente - e non anche le imprese del raggruppamento – “risultava autorizzata per tutti i siti da vigilare”, il Collegio non riscontra violazione dell’art. 134 TULPS e del punto 5 del bando di gara, in quanto:

- non risulta che alcuna delle imprese aderenti all’ATI si sia impegnata a prestare il servizio in siti per i quali non era titolare di autorizzazione;

- il punto 5 del bando di gara impone il possesso di “regolare licenza d’esercizio di cui agli artt. 133 e ss. del regio decreto 18 giugno 1931 n. 733 rilasciata dalla Prefettura della Provincia sede di svolgimento del servizio”. Sulla base di criteri di ragionevolezza, si ravvisano i presupposti per affermare che: - l’interpretazione sostenuta dalla ricorrente è certamente condivisibile in relazione alle ipotesi in cui l’offerta risulti presentata da una singola impresa; - nell’eventualità si sia in presenza di un’ATI c.d. orizzontale – come quella in esame – è, invece, consentito che i requisiti soggettivi di capacità tecnica ed economica siano posseduti da ciascuna impresa quanto meno in una misura minima giuridicamente apprezzabile. Si può, pertanto, affermare che, in presenza di un raggruppamento di imprese partecipante ad una gara per l’affidamento di un servizio di vigilanza, non è imposto – in capo ad ognuna delle imprese - il possesso dell’autorizzazione per tutti i siti da vigilare, bensì è sufficiente l’autorizzazione anche solo per alcuni di quest’ultimi, sempre che la disamina delle autorizzazioni di tutte le imprese aderenti all’ATI e, dunque, l’esame del contributo che ognuna di esse è in grado ad offrire conduca a rilevare la sussistenza delle condizioni necessarie per il completo e corretto espletamento del servizio (cfr., tra le altre, TAR Lombardia, Milano, Sez. I, 7 aprile 2009, n. 3227; TAR Calabria, Reggio Calabria, 6 marzo 2007, n. 206). Atteso che, nel caso in trattazione, tale ultima condizione non è in discussione, il bando di gara risulta rispettato.

La indicazioni sopra riportate – del resto – sostengono ed avallano il già evidenziato ruolo delle ATI nell’ordinamento.

E’, infatti, noto che – di recente – sono sorti dubbi e perplessità sulla partecipazione in RTI di imprese in grado di soddisfare da sole i requisiti di capacità economico-finanziaria e tecnica.

In particolare, in caso di ATI costituite tra grossi operatori del settore è stato riscontrato il rischio che le stesse potessero dare origine a cartelli monopolostici e, dunque, è stata prefigurata la realizzazione – in ultimo - di un scopo contrapposto a quello che caratterizza le ATI (da ultimo, TAR Puglia, Lecce, Sez. II, 1 luglio 2010, n. 1616).

Ciò detto, non può che giungersi alla conclusione che la situazione denunciata dalla ricorrente – ossia la mancata autorizzazione delle imprese controinteressate per “tutti i siti da vigilare” – è pienamente in linea con la ratio delle ATI, in quanto attesta che il ricorso a tale istituto ha garantito la partecipazione alla gara indetta dall’Amministrazione resistente anche ad imprese che – singolarmente considerate – non erano in possesso di tutti i requisiti richiesti.

 

2.6. La ricorrente denuncia, ancora, il vizio di violazione delle tariffe prefettizie, desumendolo dall’offerta dell’ATI del “canone di collegamento a costo annuo zero”.

Tale censura non è meritevole di condivisione.

Al riguardo, il Collegio ritiene di dover ricordare che – ormai da numerosi anni – l’orientamento giurisprudenziale in materia è nel senso di escludere che le tariffe fissate dal Prefetto per i servizi di vigilanza – specie ove considerate sotto il profilo dei c.d. “minimi” – siano inderogabili e vincolanti.

In particolare, è stato ragionevolmente osservato – in linea con le precisazioni rese dalla Corte di Giustizia CE (sent. 13 settembre 2007, nella causa C465/05, Commissione Italia) – che l’attribuzione di un carattere vincolante a dette tariffe – realizzando una ingiustificata restrizione della libera prestazione dei servizi e, dunque, ponendosi in contrasto con il principio comunitario dell’art. 49 del Trattato CE – non può trovare spazio nel nostro ordinamento (cfr., tra le altre, C.d.S., Sez. V. 29 dicembre 2009, n. 8867; TAR Sardegna, Cagliari, Sez. I, 23 giugno 2008, n. 1253; TAR Campania, Napoli, Sez. I, 17 giugno 2008, n. 5966).

Posto che – in ragione di quanto sopra esposto – l’inosservanza dei limiti tariffari non può incidere sulla validità delle offerte economiche presentate da imprese in procedure indette per l’affidamento di pubblici servizi di vigilanza, la censura in trattazione deve essere respinta.

 

2.7. In ultimo, la ricorrente contesta l’inosservanza dei punti c, d, e, p e t della lettera di invito nonché discriminazione tra “le imprese che partecipano all’ATI … e le imprese non inserite in alcuna ATI” a causa del rilievo che il capitolato di appalto richiede “requisiti ora alla sola capogruppo, ora a tutti gli istituti”.

Come desumibile anche dalla “riserva” – evidenziata nel ricorso - “di meglio motivare al riguardo a seguito dell’esame della documentazione relativa”, tali censure sono generiche e, dunque, vanno considerate inammissibili.

 

3. Con motivi aggiunti depositati in data 30 aprile 2002, la ricorrente denuncia, ancora, violazione dei punti h) e i) della lettera di invito, i quali richiedevano la dichiarazione rispettivamente di “possedere una frequenza radio ad esclusivo uso dei collegamenti con il proprio personale in servizio” nonché “una centrale operativa attiva nelle 24 ore per la necessaria assistenza e per la ricezione e gestione dei segnali di allarme”.

In particolare, afferma che: - la Deltapol Sud “è addirittura priva di concessione di frequenza per ponte radio”; - “analoghe considerazioni possono essere svolte per la Controlpol”; - “del pari in difetto è l’Istituto Metronotte Città di Cassino”, in possesso di “una sola concessione … cumulativamente destinata sia al servizio di teleallarme che di comunicazioni radio”.

Al riguardo, le controinteressate ribattono che “l’ATI è … dotata” di tali requisiti e, precisamente, è in possesso della dotazione tecnica richiesta dal bando e dalla lettera di invito.

Tale asserzione - non oggetto di alcuna contestazione da parte della ricorrente – appare idonea a supportare l’offerta presentata dal raggruppamento e la conseguente aggiudicazione.

La disamina delle censure formulate induce, infatti, ad affermare che la ricorrente non tiene in debito conto la circostanza che le imprese chiamate in giudizio hanno partecipato alla gara non singolarmente, bensì in A.T.I..

Tale rilievo non è trascurabile, atteso che induce ad ammettere - ove si tratti di requisiti oggettivi, quali possono essere qualificati quelli in esame - il c.d. “cumulo”, con la conseguenza che la sussistenza del requisito deve essere valutato con riferimento al raggruppamento nel suo complesso (cfr., tra le altre, C.d.S., Sez. V, 24 ottobre 2006, n. 6353; TAR Veneto, Venezia, Sez. I, 1 settembre 2003, n. 4605).

In aggiunta, può essere osservato che gli “elementi” di cui alle dichiarazioni h) ed i) della lettera di invito non rientrano tra le condizioni minime di idoneità, di carattere economico finanziario e tecnico, contemplate all’art. 9 del bando di gara.

In base a tale constatazione, detti elementi sarebbero – in verità – qualificabili non come “requisiti soggettivi di partecipazione”, rilevanti ai fini dell’ammissione alla gara, bensì in termini di criteri oggettivi di valutazione dell’offerta, i quali – essendo correlati alla specifica capacità operativa fornita per l’espletamento del servizio da appaltare – impongono di procedere ad una valutazione in concreto, ossia con riferimento non alle dotazioni delle imprese offerenti bensì alle caratteristiche oggettive dell’offerta in sé considerata.

Appare evidente che – anche volendo porsi sotto questo differente profilo – la doglianza formulata dalla ricorrente è – comunque – infondata.

 

3.1. In ragione di quanto sopra esposto, non si riscontrano i presupposti per affermare che siano state rese dichiarazioni che “non rispondono a verità”, come – invece – ampiamente sostenuto dalla ricorrente.

Al riguardo, si osserva – in primis – che, dalla documentazioni agli atti, non è dato rilevare che le ditte Deltapol Sud, Controlpol e Città di Cassino abbiano proceduto singolarmente ed autonomamente a dichiarazioni afferenti gli elementi di cui alle lett. h) ed i) della lettera di invito.

In ogni caso, va ribadito che – per procedere a valutazioni concernenti gli elementi in esame – deve essere preso in considerazione esclusivamente quanto dichiarato – in sede di formulazione dell’offerta – con riferimento alla dotazione tecnica dell’ATI.

Atteso che dal verbale repertorio n. 5573 del 26 novembre 2001 risulta espressamente che la Commissione Aggiudicatrice ha accertato la conformità della documentazione prodotta “a quanto richiesto” con la lettera di invito (nel cui ambito sono – appunto - contemplate le dichiarazioni di cui trattasi) e che – in ogni caso – non emergono elementi per dubitare del possesso – in capo all’ATI - degli elementi di cui alle lett. h) ed i) della lettera di invito (in linea, tra l’altro, con la regolare esecuzione della prestazione, posta in evidenza dalle controinteressate e per nulla confutata dalla ricorrente), va rilevata l’infondatezza della censura di cui trattasi.

Nel contempo, non si ravvisano motivi per affermare che – sotto il profilo dei “controlli” di cui al D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445 - l’Amministrazione abbia male operato.

 

3.2. La ricorrente si sofferma, poi, sulla violazione del capitolato d’appalto, denunciando – in particolare – l’impossibilità obiettiva per l’aggiudicataria di eseguire la prestazione e la nullità dell’offerte per “incompletezza”.

Tale doglianza appare anomala, tenuto conto che si incentra su prescrizioni del capitolato di appalto attinenti precipuamente all’“espletamento del servizio” e, dunque, estranee alla legittimità dei provvedimenti impugnati.

In ogni caso, si tratta di una censura priva di giuridico pregio sulla base delle seguenti considerazioni:

- come già osservato, le carenze denunciate dalla ricorrente in relazione alle singole ditte sono irrilevanti o, comunque, ininfluenti;

- l’impossibilità di eseguire la prestazione non è supportata da alcun elemento di prova ed, anzi, è apertamente sconfessata dalle controinteressate;

- non ricorrono le condizioni per affermare che l’ATI abbia proceduto ad un’offerta “non conforme alle prescrizioni del capitolato” e/o incompleta.

In definitiva, la censura de qua è infondata.

 

4. Stante la legittimità dei provvedimenti impugnati, la domanda di risarcimento del danno formulata dalla ricorrente non può trovare positivo riscontro.

 

5. Per le ragioni illustrate, il ricorso in epigrafe deve essere respinto.

Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate a favore dell’Amministrazione resistente e delle ditte controinteressate in complessivi € 5.000,00 – con divisione in parti uguali - oltre IVA e CPA nei termini di legge.

 

P.Q.M.

 

Il Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio, Sezione I ter, respinge il ricorso n. 2364/2002.

Condanna la ricorrente al pagamento delle spese di giudizio, così come liquidate in motivazione.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 27 maggio 2010 con l'intervento dei Magistrati:

Linda Sandulli, Presidente

Pietro Morabito, Consigliere

Antonella Mangia, Consigliere, Estensore

 

L'ESTENSORE  IL PRESIDENTE

   

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 16/07/2010

 

HomeSentenzeArticoliLegislazioneLinksRicercaScrivici