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TAR Puglia, Bari, sez. I, 14/9/2010 n. 3458
Sulle spese sostenute dalle imprese per la partecipazione alle gare d'appalto.

La partecipazione alle gare d'appalto comporta per le imprese dei costi che, ordinariamente, restano a loro carico anche in caso di mancata aggiudicazione. Detti costi sono risarcibili, a titolo di danno emergente, solo qualora l'impresa subisca una illegittima esclusione, perché in tal caso viene in considerazione il diritto soggettivo del contraente a non essere coinvolto in trattative inutili. Per converso, nel caso in cui l'impresa ottenga il risarcimento del danno per mancata aggiudicazione (o per la perdita della possibilità di aggiudicazione), non vi è spazio per il risarcimento per equivalente dei costi di partecipazione alla gara.

Materia: appalti / disciplina

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

 

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 94 del 2002, proposto da Camassa s.p.a., rappresentata e difesa dall'avv. Francesco Silvio Dodaro, con domicilio eletto presso il suo studio in Bari, via Imbriani, 26;

 

contro

Provincia di Bari, non costituita;

 

per la condanna

al risarcimento del danno per il mancato affidamento dell’appalto per la bonifica ecologica del litorale nord di Bari;

 

Visto il ricorso con i relativi allegati;

 

Viste le memorie difensive;

 

Visti tutti gli atti della causa;

 

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 28 aprile 2010 il dott. Savio Picone e udito l’avv. Giovanni Spinelli, per delega di Francesco Silvio Dodaro;

 

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO

Con sentenza della Sezione Seconda di questo Tribunale n. 739 del 5 settembre 1998, passata in giudicato ed emessa in accoglimento del ricorso della Camassa s.p.a., è stata annullata la deliberazione della Giunta della Provincia di Bari n. 1218 del 10 giugno 1997, recante l’aggiudicazione dell’appalto per la bonifica ecologica del litorale nord di Bari all’a.t.i. Ecoservizi.

 

L’odierna ricorrente aveva partecipato alla licitazione privata indetta dalla Provincia di Bari per l’affidamento del servizio, con prezzo a base d’asta di lire 456.000.000, e si era classificata seconda, con un ribasso del 17,6% (mentre tutte le altre partecipanti erano state escluse).

 

Con la menzionata sentenza n. 739/1998, è stata annullata l’aggiudicazione, sul rilievo che la titolare della ditta mandataria aveva riportato un decreto penale di condanna per omesso versamento di contributi previdenziali, giudicato dal Tribunale incidente sulla moralità professionale, ai sensi dell’art. 11 del d. lgs. n. 358 del 1992.

 

Sennonché, l’Amministrazione aveva disposto l’avvio immediato ed urgente del servizio di bonifica nel mese di giugno 1997, prima della notifica dell’impugnativa da parte della Camassa s.p.a. (avvenuta nel settembre 2007). Il servizio era stato ultimato nel termine di 76 giorni previsto dal bando.

 

Con il ricorso in esame, la Camassa s.p.a. chiede la condanna della Provincia di Bari al risarcimento per equivalente, in conseguenza del mancato ottenimento dell’appalto.

 

Rimasto contumace l’ente convenuto, la causa è stata trattenuta in decisione alla pubblica udienza del 28 aprile 2010.

 

DIRITTO

 

La domanda è fondata e deve essere accolta.

 

Sussiste, in primo luogo, la colpa dell’Amministrazione, che è incorsa nella violazione di una regola di condotta sufficientemente nota nella materia dei pubblici appalti, quale è quella relativa all’esclusione per precedenti penali in capo al legale rappresentante dell’impresa aggiudicataria.

 

La società ricorrente afferma peraltro di aver diffidato la Provincia di Bari prima della consegna del servizio, segnalando il difetto dei requisiti di moralità a carico dell’a.t.i. prima classificata. Sul punto non vi è contestazione e la circostanza può aversi per provata, data la contumacia della Provincia.

 

E’ altresì dimostrato il nesso di causalità tra l’illecito commesso dall’Amministrazione ed il danno lamentato dalla ricorrente (seconda in graduatoria), alla quale verosimilmente sarebbe stato aggiudicato l’appalto in caso di esclusione dell’a.t.i. Ecoservizi.

 

Venendo al quantum del danno risarcibile, vanno innanzitutto escluse le spese sostenute per la partecipazione alla gara, che peraltro la ricorrente si limita a reclamare senza la benché minima allegazione probatoria.

 

In ogni caso, la giurisprudenza ha ripetutamente chiarito che la partecipazione alle gare d’appalto comporta per le imprese dei costi che, ordinariamente, restano a loro carico anche in caso di mancata aggiudicazione. Detti costi sono risarcibili, a titolo di danno emergente, solo qualora l’impresa subisca una illegittima esclusione, perché in tal caso viene in considerazione il diritto soggettivo del contraente a non essere coinvolto in trattative inutili. Per converso, nel caso in cui l’impresa ottenga il risarcimento del danno per mancata aggiudicazione (o per la perdita della possibilità di aggiudicazione), non vi è spazio per il risarcimento per equivalente dei costi di partecipazione alla gara (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 9 giugno 2008 n. 2751; Id., sez. VI, 21 maggio 2009 n. 3144).

 

Va ugualmente respinta, per difetto di prova, la domanda relativa al danno discendente dalla mancata partecipazione ad altre gare e quella relativa all’asserito danno all’immagine, circostanze per le quali la ricorrente trascura di assolvere al normale onere probatorio.

 

Quanto, invece, alla misura del lucro cessante risarcibile, in adesione al più recente orientamento della giurisprudenza amministrativa (cfr. Cons. Stato, sez. V, 13 giugno 2008 n. 2967; Id., sez. VI, 9 giugno 2008 n. 2751; Id., sez. VI, 21 maggio 2009 n. 3144), il Collegio ritiene che il criterio del 10% del prezzo, ai sensi dell’art. 345 della legge n. 2248 del 1865, se pure è in grado di fondare una presunzione su quello che normalmente è l’utile che una impresa trae dall’appalto, non possa essere oggetto di applicazione automatica ed indifferenziata, che rischierebbe di condurre al risultato che il risarcimento dei danni è per l’imprenditore più favorevole dell’impiego del capitale. Appare invero preferibile l’indirizzo che esige la prova rigorosa, a carico dell’impresa, della percentuale di utile effettivo che avrebbe conseguito se fosse risultata aggiudicataria dell’appalto, prova desumibile in primis dall’esibizione dell’offerta economica presentata al seggio di gara.

 

La stessa giurisprudenza ha inoltre precisato che il lucro cessante da mancata aggiudicazione può essere risarcito per intero solo quando l’impresa documenti di non aver potuto utilizzare mezzi e maestranze, lasciati disponibili, per l’espletamento di altre commesse, mentre quando tale dimostrazione non sia stata offerta è da ritenere che l’impresa possa avere ragionevolmente riutilizzato mezzi e manodopera per lo svolgimento di altri analoghi lavori, così vedendo in parte ridotta la propria perdita di utilità e con conseguente riduzione in via equitativa del danno risarcibile, in applicazione del principio dell’aliunde perceptum. Con la specificazione che l’onere di provare l’assenza dell’aliunde perceptum grava non sull’Amministrazione, ma sull’impresa ricorrente.

 

Nella fattispecie, la Camassa s.p.a. non ha fornito elementi idonei a quantificare l’utile preventivato nella sua offerta, né ha provato di non aver svolto altri lavori nel periodo cui si riferisce l’appalto affidato dalla Provincia di Bari.

 

L’invocata misura forfetaria del 10% deve perciò essere ridotta in via prudenziale al 5% dell’offerta economica effettiva, ossia al prezzo offerto in gara dalla società ricorrente (lire 375.744.000 = euro 194.055,58), così ottenendo un lucro cessante equitativamente determinato per arrotondamento in euro 9.700.

 

Può ulteriormente riconoscersi il danno curriculare, specificamente chiesto dalla ricorrente. La giurisprudenza dianzi richiamata afferma infatti in modo concorde che l’esecuzione di un appalto pubblico, anche a prescindere dal lucro derivante dal corrispettivo pagato dalla stazione appaltante, può essere comunque fonte per l’impresa di un vantaggio economicamente valutabile, perché accresce la sua capacità di competere sul mercato e quindi la chance di aggiudicarsi ulteriori e futuri appalti.

 

Il danno da perdita di qualificazione può essere calcolato in proporzione della somma già liquidata a titolo di lucro cessante, secondo una percentuale destinata a variare in considerazione dell’importanza dell’appalto illegittimamente aggiudicato ad altra impresa. Nel caso di specie, il Collegio stima equo riconoscere una somma pari al 10% di quanto liquidato a titolo di lucro cessante: alla somma di euro 9.700 devono aggiungersi, quindi, euro 970 a titolo di danno curriculare.

 

Il risarcimento complessivamente dovuto dalla Provincia di Bari ammonta pertanto a euro 10.670.

 

Su detta somma compete la rivalutazione monetaria secondo gli indici ISTAT, trattandosi di debito di valore, con decorrenza dal 10 giugno 1997 (data del provvedimento di aggiudicazione) fino al deposito della presente decisione; sulla somma così rivalutata si computeranno gli interessi legali calcolati esclusivamente dalla data di deposito della presente decisione fino all’effettivo soddisfo (cfr. in questo senso Cons. Stato, sez, VI, 21 maggio 2009 n. 3144).

 

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate nella misura indicata in dispositivo.

 

P.Q.M.

il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia, sede di Bari, Prima Sezione, accoglie il ricorso e condanna la Provincia di Bari al risarcimento del danno in favore della ricorrente, nella misura di euro 10.670 (diecimilaseicentosettanta) oltre rivalutazione ed interessi legali come in motivazione, nonché alla refusione delle spese processuali liquidate forfetariamente in euro 2.000,00 (duemila) oltre i.v.a., c.a.p. ed accessori di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Bari nelle camere di consiglio del 28 aprile 2010 e del 23 giugno 2010 con l’intervento dei Signori:

Corrado Allegretta, Presidente

Giuseppina Adamo, Consigliere

Savio Picone, Referendario, Estensore

 

L'ESTENSORE  IL PRESIDENTE

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 14/09/2010

 

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