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Consiglio di Stato, Sez. V, 12/10/2010 n. 7401
Sulla ratio di cui al c. 15 quater dell'art. 113 t.u.e.l. e differenze con il c. 9 dell'art. 23-bis del d.l. n. 112 del 2008, conv. dalla l. n. 133 del 2008.

La ratio di cui al c. 15 quater dell'art. 113 t.u.e.l. dell'esonero delle prime gare dall'applicazione del divieto cristallizzato dal c. 6, risiede nell'esigenza di consentire alle imprese affidatarie, in virtù di affidamenti diretti, che si erano date una struttura per porsi in concorrenza sul libero mercato, di non dissipare i notevoli investimenti cui avevano dato luogo. Posto, infatti, che a regime tali imprese non possono godere, in virtù dei principi comunitari in materia di tutela effettiva della concorrenza e di apertura reale del mercato, della contestuale possibilità di ottenere affidamenti diretti e di partecipare a gare in libero mercato, si è reputato che l'immediata esclusione dei soggetti in parola dalle gare indette dalle amministrazioni per le quali erogavano i servizi oggetto della gara, avrebbe creato una improvvisa soluzione di continuità, foriera di una disparità di trattamento alla rovescia, con la cancellazione ex abrupto degli investimenti effettuati proprio nell'ambito territoriale di riferimento. E' ragionevole, quindi, nell'ambito di discrezionalità che gli compete, che il legislatore, statale e regionale, abbia previsto il termine in questione, al fine di consentire alle imprese, operanti in virtù di precedenti affidamenti diretti, di riorganizzarsi per competere nei rispettivi ambiti di interesse. Tale ratio consente di limitare l'eccezione ai soli casi in cui vi sia una perfetta identità territoriale, oltre che settoriale, dell'oggetto della gara e del previo affidamento diretto. Di qui la non operatività di detto regime transitorio di favore per le gare indette da un Comune diverso da quelli presso i quali la società in esame gode di affidamenti diretti. A sostegno dell'assunto vi è anche la considerazione sistematica della portata derogatoria di detta disposizione rispetto ai principi comunitari contrari all'alterazione delle dinamiche concorrenziali innescata dalla possibilità che un'impresa possa lucrare della rendita di posizione insita in un affidamento anti-competitivo al fine di concorrere in altri contesti territoriali o settoriali.

La dizione letterale del c. 15 quater, dell'art. 113 t.u.e.l. si incentra sull'enunciato: "...le prime gare aventi ad oggetto i servizi forniti dalle società partecipanti alla gara", dunque non genericamente "servizi identici" o "analoghi": ciò lascia intendere che i servizi messi a gara devono essere, perché operi la deroga, proprio quelli che le società fornivano all'amministrazione che ha indetto la gara. Inoltre, l'enunciato normativo collega implicitamente in un unico "insieme" i concetti di "prime gare", "servizi forniti" e "società partecipanti alla gara".
Costrutto ben diverso da quello successivamente esibito dal c. 9 dell'art. 23-bis del d.l. n. 112 del 2008 conv. dalla l. n. 133 del 2008, modificato dall'art. 15 c. 1 lett. d) del d.l. n. 135 del 2009 convertito dalla l. n. 166 del 2009: "I soggetti affidatari diretti di servizi pubblici locali possono comunque concorrere su tutto il territorio nazionale alla prima gara successiva alla cessazione del servizio, svolta mediante procedura competitiva ad evidenza pubblica, avente ad oggetto i servizi da essi forniti", in cui il riferimento a "tutto il territorio nazionale" e alla "prima gara successiva alla cessazione del servizio" designa un diverso punto di rilevanza ermeneutica: quello dell'impresa affidataria. Del resto, il carattere derogatorio, dunque eccezionale, della norma, ne impone una interpretazione restrittiva. La sua ragion d'essere è plausibilmente quella di evitare che le società che forniscono servizi ad un'amministrazione ed hanno pertanto acquisito esperienza "sul territorio" siano automaticamente estromesse dalle gare per l'affidamento concorrenziale di quei servizi: non già, invece, quello di elargire agli attuali affidatari diretti una moratoria generalizzata a tutte le prime gare rispetto al termine del 1° gennaio 2007. Tutti questi elementi inducono ad affermare che la deroga deve intendersi ristretta alle società che gestivano i servizi oggetto della gara con affidamento diretto da parte dell'amministrazione che la indice.
Pertanto, nel caso di specie, è legittima l'esclusione disposta dal comune, posto che per l'ente locale la gara indetta non era la prima successiva alla cessazione del regime di affidamento diretto e che, all'atto dell'indizione della gara, la società godeva di persistenti affidamenti diretti in altri ambiti territoriali.


Materia: servizi pubblici / affidamento e modalità di gestione

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

 

DECISIONE

Sul ricorso numero di registro generale 5703 del 2009, proposto da:

Pizzamiglio Andrea S.r.l., rappresentato e difeso dagli avv. Francesco Basile, Domenico Cavaliere, Pierluigi Mantini, con domicilio eletto presso Domenico Cavaliere in Roma, via Corvisieri, 46;

 

contro

Asm Pavia Spa, rappresentato e difeso dagli avv. Martino Colucci e Fabio Lorenzoni, con domicilio eletto presso Fabio Lorenzoni in Roma, via del Viminale, 43;

 

nei confronti di

Comune di Carbonara al Ticino;

Autorità Vigilanza Contratti Pubblici Lavori Pubblici, rappresentata e difesa dall’Avvocatturaa Generale dello Stato, presso la quale è legalmente domiciliata in Roma, alla via dei Portoghesi, n. 12;

 

per la riforma

della sentenza del T.A.R. LOMBARDIA - MILANO: SEZIONE I n. 01422/2009, resa tra le parti, concernente AFFIDAMENTO SERVIZIO RIFIUTI

Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Asm Pavia Spa e di Autorità Vigilanza Contratti Pubbl Lavori, Servizi e Forniture;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 11 maggio 2010 il Cons. Francesco Caringella e uditi per le parti gli avvocati Cavaliere, Meloni, su delega dell' avv. Lorenzoni, e l' avv. dello stato Fedeli;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO

Con la sentenza appellata i Primi Giudici hanno accolto il ricorso proposto da ASM Pavia s.p.a. avverso il provvedimento con il quale il Comune di Carbonara di Ticino, in adesione alle indicazioni della commissione giudicatrice ed al parere fornito dall’Autorità per la Vigilanza sui Contratti Pubblici di Lavori, Servizi e Forniure, ne ha disposto l’esclusione dalla procedura indetta per l’affidamento del servizio di raccolta dei rifiuti, procedura culminata nell’aggiudicazione in favore di Pizzamiglio Andrea s.r.l.

Si sono costituiti in giudizio l’ASM Pavia e l’Autorità peri Contratti Pubblici.

Le parti hanno affidato al deposito di apposite memorie l’ulteriore illustrazione delle rispettive tesi difensive.

All’udienza dell11 maggio 2010 la causa è stata trattenuta per la decisione.

 

DIRITTO

1.Con le determinazioni impugnate in prime cure è stata disposta l’esclusione di ASM Pavia s.p.a. dalla procedura indetta dal Comune di Carbonara di Ticino per l’affidamento della gestione del servizio di raccolta dei rifiuti in ragione dell’applicazione della preclusione sancita dal comma 6 dell’art. 113 del d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267 ai danni delle società che gestiscono servizi pubblici locali in virtù di un affidamento diretto.

 

La stazione appaltante ha, infatti, reputato, in adesione alle indicazioni fornite in sede consultiva dall’Autorità per la Vigilanza sui Contratti Pubblici di Lavori, Servizi e Forniture, che l’ASM Pavia, società a partecipazione pubblica che gestisce servizi pubblici in altri ambiti territoriali in virtù di affidamenti diretti, destinataria della causa di esclusione di cui al ricordato comma 6, non possa godere dell’eccezione che a detto regime preclusivo è posta dal successivo comma 15 quater con riguardo alle prime gare indette aventi per oggetto i servizi in parola. E ciò in quanto, nella specie, la gara indetta dal Comune non costituiva la prima gara bandita a seguito delle cessazione del previo affidamento diretto in quanto conseguiva ad una precedente gara sfociata nell’aggiudicazione in favore di un’associazione temporanea di imprese composta proprio dall’ASM Pavia congiuntamente alla Pizzamiglio Andrea s.r.l..

 

2. IL Consiglio, in adesione ai rilievi svolti dall’appellante reputa che la determinazione gravata in prime cure resista alle censure accolte con la sentenza appellata.

 

3. Il comma 6 dell’art. 113 t.u.e.l. dispone che non sono ammesse a partecipare alle gare di cui al comma 5 le società che, in Italia o all'estero, gestiscono a qualunque titolo servizi pubblici locali in virtù di un affidamento diretto. E’ pacifico in atti che l’appellata ASM Pavia s.p.a. rientra nel campo di applicazione di tale norma in quanto gestisce, in virtù di pregressi affidamenti diretti, servizi pubblici in diversi ambiti territoriali limitrofi a quello interessato dalla procedura in contestazione.

 

Si tratta, allora, di verificare se la società in parola possa beneficiare dell’eccezione sancita dal comma 15 quater della norma in esame con riguardo ai “ casi in cui si tratti dell'espletamento delle prime gare aventi ad oggetto i servizi forniti dalle società partecipanti alla gara stessa”.

La Sezione reputa che a detto quesito debba darsi risposta negativa, sulla base di argomenti di ordine letterale, teleologico e sistematico.

Sul piano letterale il riferimento alle prime gare, non agganciato ad un dies a quo, conduce a ritenere che l’eccezione in parola si applichi alle prime gare indette dalle stazioni appaltanti in senso assoluto dopo la cessazione dei rapporti instaurati in virtù di precedenti affidamenti diretti e non alle prime gare indette dopo la data del 15 gennaio 2007 fissata per l’applicazione del divieto di cui al comma 6.

Il dato letterale si salda con il profilo teleologico.

La ratio dell’esonero delle prime gare dall’applicazione del divieto cristallizzato dal comma 6, risiede nell’esigenza di consentire alle imprese affidatarie, in virtù di affidamenti diretti, che si erano date una struttura per porsi in concorrenza sul libero mercato, di non dissipare i notevoli investimenti cui avevano dato luogo. Posto, infatti, che a regime tali imprese non possono godere, in virtù dei principi comunitari in materia di tutela effettiva della concorrenza e di apertura reale del mercato, della contestuale possibilità di ottenere affidamenti diretti e di partecipare a gare in libero mercato, si è reputato che l'immediata esclusione dei soggetti in parola dalle gare indette dalle amministrazioni per le quali erogavano i servizi oggetto della gara, avrebbe creato una improvvisa soluzione di continuità, foriera di una disparità di trattamento alla rovescia, con la cancellazione ex abrupto degli investimenti effettuati proprio nell’ambito territoriale di riferimento. E’ ragionevole, quindi, nell'ambito di discrezionalità che gli compete, che il legislatore, statale e regionale, abbia previsto il termine in questione, al fine di consentire alle imprese, operanti in virtù di precedenti affidamenti diretti, di riorganizzarsi per competere nei rispettivi ambiti di interesse.

Tale ratio consente di limitare l’eccezione ai soli casi in cui vi sia una perfetta identità territoriale, oltre che settoriale, dell’oggetto della gara e del previo affidamento diretto.

Di qui la non operatività di detto regime transitorio di favore per le gare indette da un Comune diverso da quelli presso i quali la società in esame gode di affidamenti diretti.

A sostegno dell’assunto vi è anche la considerazione sistematica della portata derogatoria di detta disposizione rispetto ai principi comunitari contrari all’alterazione delle dinamiche concorrenziali innescata dalla possibilità che un’impresa possa lucrare della rendita di posizione insita in un affidamento anti-competitivo al fine di concorrere in altri contesti territoriali o settoriali.

 

Le argomentazioni fin qui svolte si armonizzano con le indicazioni fornite dalla Sezione (decisione 22 marzo 2010, n. 1651), in ordine alla portata del comma 15 quater, con le motivazioni che testualmente si riportano.

 

“La dizione letterale della norma si incentra sull'enunciato: "...le prime gare aventi ad oggetto i servizi forniti dalle società partecipanti alla gara", dunque non genericamente "servizi identici" o "analoghi": ciò lascia intendere che i servizi messi a gara devono essere, perché operi la deroga, proprio quelli che le società fornivano all'amministrazione che ha indetto la gara.

 

Inoltre, l'enunciato normativo collega implicitamente in un unico "insieme" i concetti di "prime gare", "servizi forniti" e "società partecipanti alla gara".

 

Costrutto ben diverso da quello successivamente esibito dal comma 9 dell'art. 23-bis del d.l. n. 112 del 2008 conv. dalla l. n. 133 del 2008, modificato dall'art. 15 comma 1 lett. d) del d.l. n. 135 del 2009 convertito dalla legge n. 166 del 2009: "I soggetti affidatari diretti di servizi pubblici locali possono comunque concorrere su tutto il territorio nazionale alla prima gara successiva alla cessazione del servizio, svolta mediante procedura competitiva ad evidenza pubblica, avente ad oggetto i servizi da essi forniti", in cui il riferimento a "tutto il territorio nazionale" e alla "prima gara successiva alla cessazione del servizio" designa un diverso punto di rilevanza ermeneutica: quello dell'impresa affidataria.

 

Del resto, il carattere derogatorio, dunque eccezionale, della norma, ne impone una interpretazione restrittiva.

 

La sua ragion d'essere è plausibilmente quella di evitare che le società che forniscono servizi ad un'amministrazione ed hanno pertanto acquisito esperienza "sul territorio" siano automaticamente estromesse dalle gare per l'affidamento concorrenziale di quei servizi: non già, invece, quello di elargire agli attuali affidatari diretti una moratoria generalizzata a tutte le prime gare rispetto al termine del 1° gennaio 2007.

 

Tutti questi elementi inducono ad affermare che la deroga deve intendersi ristretta alle società che gestivano i servizi oggetto della gara con affidamento diretto da parte dell'amministrazione che la indice.”

 

Le considerazioni svolte suffragano l’assunto della legittimità dell’esclusione disposta dal Comune di Carbonara al Ticino, posto che per il Comune la gara indetta non era la prima successiva alla cessazione del regime di affidamento diretto e che, all’atto dell’indizione della gara, la società appellata godeva di persistenti affidamenti diretti in altri ambiti territoriali.

4. L’appello va quindi accolto.

La complessità della questione giuridica rende opportuna la compensazione delle spese di giudizio.

 

P.Q.M.

Accoglie l’appello e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, respinge il ricorso di primo grado.

Spese compensate.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 11 maggio 2010 con l'intervento dei Signori:

Calogero Piscitello, Presidente

Filoreto D'Agostino, Consigliere

Marco Lipari, Consigliere

Francesco Caringella, Consigliere, Estensore

Nicola Russo, Consigliere

 

L'ESTENSORE  IL PRESIDENTE

 

Il Segretario

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 12/10/2010

 

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