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TAR Sicilia, sez. III, 29/11/2010 n. 14196
Sull'ambito di applicazione dell'obbligo previsto dall'art. 38, c. 1, lett. b) e c), del d.lgs. n. 163/06, nell'ipotesi di cessione d'azienda o di un ramo di essa.

Sull'illegittimità dell'ammissione di un'impresa ad una gara d'appalto, nell'ipotesi in cui la stessa abbia omesso di rendere la dichiarazione relativa ad una eventuale fusione, incorporazione od acquisizione totale o parziale, a "qualsiasi titolo", di altra impresa.

Le dichiarazioni di cui all'art. 75 del D.P.R. n. 554/99, trasposto nel d.lgs. n. 163/06, riguardando la soggettività, affidabilità e serietà del dichiarante, devono coinvolgere anche l'imprenditore cedente, il quale è assoggettato ai medesimi oneri declaratori degli amministratori e direttori tecnici cessati; tuttavia, in difetto di una previsione legislativa in tal senso o della stessa lex specialis, i suddetti obblighi non possono imputarsi anche alle altre imprese che, in quanto interessate da siffatti mutamenti in via indiretta, non sono da considerarsi "cessionarie".

E'illegittima l'ammissione di un concorrente ad una gara, nell'ipotesi in cui lo stesso abbia omesso di rendere la dichiarazione relativa ad un'eventuale fusione, incorporazione od acquisizione totale o parziale, a qualsiasi titolo, di altra impresa, ciò in quanto, qualora la lex specialis preveda l'obbligo di rilasciare la predetta dichiarazione a pena di esclusione, nonché i nominativi dei soggetti tenuti alla dichiarazione di cui all'art. 38 comma 1, lett. b) e c) del d. lgs. n. 163/06, con riferimento al triennio antecedente la data di pubblicazione del bando, tale obbligo assumerà rilievo anche in ordine alle acquisizioni di aziende, o rami di esse, avvenute per effetto della partecipazione a procedure fallimentari di vendita coattiva. A maggior ragione nell'ipotesi in cui, come nel caso di specie, l'avvenuta acquisizione del ramo d'azienda abbia dato luogo ad un vero e proprio trasferimento di proprietà.

Materia: appalti / disciplina

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

 

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

 

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 895 del 2010 proposto dall’Impresa Sogresal Costruzioni s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa, congiuntamente e disgiuntamente, dagli Avv.ti Giovanni Immordino e Giuseppe Immordino, con domicilio eletto presso il loro studio in Palermo, via Libertà, n. 171;

 

contro

il Comune di Marineo, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avv. Saverio Lo Monaco, con domicilio eletto presso il suo studio in Palermo, via dei Biscottari, n. 17;

 

nei confronti di

Impresa Roma Costruzioni s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, in proprio e nella qualità di capogruppo designata del raggruppamento costituendo con l’Impresa Ponteggi Tubolari s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi, congiuntamente e disgiuntamente, dagli Avv.ti Ignazio Scuderi e Giovanni Mandolfo, con domicilio eletto presso lo studio dell’Avv. Luca Di Carlo in Palermo via N. Morello, n. 40;

- l’Urega – Sezione Provinciale di Palermo, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Palermo, presso i cui uffici è per legge domiciliato in Palermo, via Alcide De Gasperi, n. 81;

per l'annullamento

- del verbale di gara dei giorni 22 febbraio, 10, 15, 16, 17, 18, 24, 25 e 26 marzo 2010 relativo all’appalto dei «lavori di adeguamento sismico ai sensi dell’OPCM 3274/03 del complesso scolastico “San Ciro”» nella parte in cui è stata dichiarata aggiudicataria l’A.t.i. Ponteggi Tubolari s.p.a.»;

- del medesimo verbale di gara nella parte in cui è stata ammessa anziché essere esclusa l’ATI Ponteggi Tubolari s.p.a. a) per avere la capogruppo Roma Costruzioni s.r.l. prodotto un d.u.r.c. rilasciato per agevolazioni, finanziamento, sovvenzioni ed autorizzazioni; b) per avere omesso, la mandante, di produrre il d.u.r.c., di rendere le dichiarazioni di cui all’art. 38 lett. b) e c) ed m - ter) del d. lgs. n. 163 del 2006 nei confronti dei direttori tecnici Alessandro Scalia e Viviana Liseni nonché nei confronti dell’amministratore unico sig. Francesco Virlinzi, per aver dichiarato la mandante che nel triennio precedente la pubblicazione del bando di gara non è stata interessata da fusione, incorporazione o acquisizione totale o parziale a qualsiasi titolo di altra impresa, «mentre risulta essere stata cessionaria in data 13.1.2010 di ramo d’azienda dalla Bierrebi s.p.a. in liquidazione relativamente alla quale ha omesso di rendere qualsiasi dichiarazione»;

- del provvedimento di eventuale approvazione tacita da parte del Comune di Marineo dei sopraindicati verbali di gara trasmessi dall’UREGA con nota prot. n. 561 del 29 marzo 2010;

- della determinazione dirigenziale n. 49 del 5 maggio 2010 con la quale il Comune di Marineo ha preso atto del suddetto verbale;

- della determinazione dirigenziale n. 50 del 10 maggio 2010 con cui il Comune di Marineo, dopo avere effettuato le verifiche delle dichiarazioni rese e dopo avere dato atto di avere sospeso con determinazione n. 22 del 26 marzo 2010 il verbale di cui sopra ha disposto «l’aggiudicazione dei lavori […]» dando atto che gli stessi rimangono aggiudicati alla a.t.i. Roma s.r.l. – Ponteggi Tubolari s.r.l.;

- nonché degli atti tutti, presupposti, connessi e consequenziali.

Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Marineo;

Visti l’atto di costituzione in giudizio della controinteressata A.T.I. Ponteggi Tubolari s.p.a. – Roma s.r.l, ed il ricorso incidentale dalla stessa proposto;

Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Urega, Sezione Provinciale di Palermo, ed i documenti dallo stesso depositati;

Viste le memorie prodotte dalle parti;

Vista l’ordinanza n. 532/2010 di fissazione dell’ udienza pubblica;

Vista l’ordinanza n. 231/2010, emanata ai sensi dell’art. 73, comma 3, cod. proc. amm. e le conseguenti memorie prodotte dalle parti (ad eccezione dell’Urega);

Visti gli artt. 73, comma 3, 119, 120 e 125 cod. proc. amm.;

Designato relatore il referendario dott. Giuseppe La Greca;

Uditi all’udienza pubblica del 5 ottobre 2010 l’Avv. G.ppe Immordino, per la parte ricorrente; l’Avv. S. Lo Monaco, per il Comune di Marineo (presente nella fase preliminare, sostituito, con delega, dall'Avv. D. Giracello nella discussione); l’Avvocato dello Stato G. Ciani per l’Urega – Sez. provinciale Palermo; l’Avv. C. Comandè, su delega dell'Avv. I. Scuderi, per l’A.T.I. controinteressata;

Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:

 

FATTO

1. Con ricorso notificato il 24 maggio 2010 e depositato il successivo 25 maggio, la Società ricorrente ha impugnato, chiedendone l’annullamento, vinte le spese - il verbale della gara per l’affidamento dei lavori di adeguamento sismico ai sensi dell’OPCM 3274/03 del complesso scolastico “San Ciro” ed i conseguenti provvedimenti dirigenziali con cui la stessa è stata aggiudicata alla controinteressata a.t.i. Ponteggi Tubolari s.p.a.

2. Il ricorso è affidato a tre articolati motivi con cui la ricorrente deduce:

1) Violazione e falsa applicazione dell’art. 3 del disciplinare di gara in relazione all’art. 19, comma 12 bis, della l. n. 109 del 1994, nonché del d.a. 24.2.2006 nel testo modificato con d.a. 15.01.2008, in quanto:

- la controinteressata avrebbe prodotto un d.u.r.c. rilasciato per altre finalità, diverse dalla partecipazione a gare per l’aggiudicazione di appalti pubblici (con validità mensile e dunque) scaduto;

- la controinteressata avrebbe reso una dichiarazione sostitutiva priva dell’indicazione della posizione nei confronti della cassa edile (non dichiarando i dati relativi a tale iscrizione);

2) Violazione e falsa applicazione dell’art. 4 del disciplinare in relazione alla omissione, da parte del procuratore dell’a.t.i. controinteressata, delle dichiarazioni di cui all’art. 38 lett. b) e c) del d. lgs. n. 163 del 2006, riguardante l’amministratore unico, i direttori tecnici e l’institore;

3) Violazione e falsa applicazione dell’art. 4 del disciplinare, in relazione alla mancata dichiarazione e documentazione del requisito di moralità professionale inerente ai direttori tecnici ed all’amministratore unico dell’impresa cedente il ramo d’azienda, ed in particolare:

- la Ponteggi Tubolari s.p.a. avrebbe dichiarato di non essere stata interessata – nel triennio antecedente la pubblicazione del bando di gara – da «…fusione, incorporazione o acquisizione totale o parziale a qualsiasi titolo di altra impresa», mentre risulterebbe essere cessionaria di specifico ramo d’azienda di altra impresa in liquidazione;

- la Ponteggi Tubolari, con riferimento alla Società cedente, non avrebbe rilasciato la dichiarazione prevista dal disciplinare riguardante i soggetti per i quali la legge la prescrive, ivi compreso, secondo la difesa di parte ricorrente, il liquidatore della medesima cedente (Bierrebi s.p.a.).

2.1. La ricorrente ha altresì chiesto la dichiarazione di inefficacia del contratto ove stipulato ed il subentro nello stesso; in via gradata ha chiesto il risarcimento del danno per equivalente.

3. Si è costituito in giudizio il Comune di Marineo il quale, con memoria, ha replicato alle doglianze della ricorrente.

4. L’Urega si è costituito in giudizio con il patrocinio dell’Avvocatura dello Stato.

5. Si è altresì costituita in giudizio l’a.t.i. controinteressata che, con due distinte memorie, ha replicato alle difese di parte ricorrente e, quanto al secondo motivo, ha dedotto la regolare produzione, in sede di gara, delle dichiarazioni, così come successivamente accertato.

6. L’a.t.i. controinteressata ha proposto ricorso incidentale con cui ha impugnato il verbale di gara, chiedendone anch’essa l’annullamento, nella parte in cui la ricorrente è stata ammessa alla gara mentre - si sostiene - la stessa avrebbe dovuto esserne esclusa.

6.1. Con l’unico motivo in cui si articola il gravame incidentale, l’a.t.i. Roma s.r.l. – Ponteggi Tubolari s.p.a. ha contestato la violazione e falsa applicazione del bando e del disciplinare di gara stante l’ammissione della stessa ricorrente alla gara, e ciò pur in - asserita - assenza della prescritta dichiarazione sui requisiti di moralità professionale dei legali rappresentanti e direttori tecnici dell’Impresa Piras Mario: la quale, secondo quanto prospettato, avrebbe operato, nel triennio di riferimento, una cessione d’azienda in favore della Sogresal s.r.l., dal cui ramo d’azienda sarebbe stata poi costituita la Sogresal Costruzioni s.r.l.

7. Con ordinanza del 22 giugno 2010 (n. 532/10) è stata fissata – per la discussione del ricorso – l’odierna udienza pubblica, in prossimità della quale le parti hanno prodotto ulteriori memorie e documenti.

8. In data 2 luglio 2010 è stato stipulato il contratto d’appalto (rep. n. 58/2010).

9. All’udienza pubblica del 5 ottobre 2010, uditi i difensori delle parti che hanno insistito sulle già rassegnate rispettive conclusioni, il ricorso, su richiesta degli stessi, è stato trattenuto in decisione.

9.1. Con ordinanza collegiale n. 231/2010 sono stati assegnati termini alle parti in causa ai sensi dell’art. 73, comma 3, cod. proc. amm.

9.2. Tutte le parti ad eccezione dell’Urega hanno prodotto memorie ai sensi della surrichiamata disposizione.

10. In data 25 novembre 2010 è stato pubblicato il dispositivo di sentenza (n. 85/2010), come previsto dall’art. 120, comma 9, cod. proc. amm..

 

DIRITTO

1. Ritiene il Collegio di dover esaminare con priorità il ricorso incidentale proposto da parte controinteressata, poiché lo stesso tende a far valere la sussistenza di specifiche cause di esclusione dalla gara - alla quale ha partecipato una pluralità di soggetti - in capo alla ricorrente, di talché, ad un suo eventuale accoglimento, conseguirebbe una pronuncia di improcedibilità del ricorso principale (C.g.a. n. 653/09) per sopravvenuta carenza di interesse.

2. Il ricorso incidentale è infondato.

3. L’a.t.i. controinteressata e ricorrente incidentale deduce che la Sogresal Costruzioni s.r.l. avrebbe violato sia il disciplinare che il disposto di cui all’art. 38, comma lett. b) e c) del d.lgs. n. 163 del 2006, avendo omesso di rendere la dichiarazione circa l’assenza delle cause di esclusione ivi contemplate relativa ai titolari, agli amministratori muniti di poteri di rappresentanza ed ai direttori tecnici dell’Impresa Piras (cedente).

Essa sottolinea, in punto di fatto, che:

- la Sogresal Costruzioni s.r.l., odierna ricorrente, ha dichiarato di essere stata costituita dal ramo d’azienda della Sogresal s.r.l.;

- la Sogresal s.r.l, anteriormente alla «trasformazione» in Sogresal Costruzioni s.r.l., ha acquistato «l’azienda o un suo ramo dall’Impresa Piras Mario».

L’illegittima ammissione alla gara della Sogresal Costruzioni s.r.l., secondo la ricorrente incidentale, sarebbe conseguente alla circostanza che essa avrebbe, da un lato, taciuto la cessione del ramo d’azienda da parte dell’Impresa Piras Mario, dall’altro avrebbe omesso di produrre le dichiarazioni di legge riguardanti gli amministratori muniti di poteri di rappresentanza ed i direttori tecnici della medesima Piras Mario. Quanto alla cessione Sogresal s.r.l. – Sogresal Costruzioni s.r.l., in realtà, si tratterebbe di una vera e propria trasformazione, stante la medesima proprietà cui le stesse farebbero capo, di guisa che - sempre secondo l’impostazione difensiva della ricorrente incidentale - sussisterebbe, nel triennio di riferimento, «una continuità tra la gestione della Piras e quella della Sogresal Costruzioni».

La ricorrente principale replica che il ramo d’azienda ceduto dalla Piras alla Sogresal s.r.l. era stato da quest’ultima già ceduto alla Costruzioni Sanzone s.r.l. «e non è stato affatto trasferito alla Sogresal s.r.l.» (cfr. memoria del 29 settembre 2010): circostanza, questa, che avrebbe esentato la ricorrente dagli obblighi dichiarativi invocati da parte controinteressata, stante l’assenza della qualità di «cessionaria» in capo alla medesima Sogresal Costruzioni s.r.l. (posto che il rapporto di cessione si sarebbe realizzato tra la Piras e e la Sogresal s.r.l. e che quest’ultima avrebbe ceduto il ramo d’azienda non già alla Sogresal Costruzioni s.r.l., odierna ricorrente, quanto alla Costruzioni Sanzone s.r.l.).

Ad avviso dell’a.t.i. Roma s.r.l.-Ponteggi Tubolari s.p.a., una lettura delle disposizioni legislative - e della lex specialis della procedura - tendente ad impedire un’ulteriore estensione, rispetto a quella già frutto dell’interpretazione giurisprudenziale, della portata sostanziale delle disposizioni che regolano le fattispecie di cessione di ramo d’azienda, non sarebbe in linea con lo stesso impianto normativo, il cui scopo è quello di offrire una garanzia, comunque, alle amministrazioni aggiudicatrici chiamate a contrarre con soggetti effettivamente dotati dei requisiti di moralità professionale (da intendersi anche riferita ai soggetti cessati, nel triennio, dalla complessiva gestione dell’impresa ovvero appartenenti a soggetti imprenditoriali «cedenti»).

Ciò detto, è da ritenere, da un lato, che le dichiarazioni di cui all’art. 75 del D.P.R. n. 554/99, oggi sostanzialmente trasposto nel d. lgs. n. 163 del 2006, riguardando la soggettività, affidabilità e serietà del dichiarante, piuttosto che la sua competenza tecnica, devono in ogni caso coinvolgere anche l’imprenditore cedente (e i suoi più stretti ausiliari contemplati dalla norma), che è assoggettato agli stessi oneri declaratori degli amministratori e direttori tecnici cessati (C.g.a. 403/09); tuttavia per altro verso non può affermarsi - in difetto di una previsione legislativa in tal senso o della stessa lex specialis - che siffatti obblighi possano imputarsi anche alle altre imprese che, in quanto interessate da siffatti mutamenti in via indiretta, non possono tecnicamente considerarsi quali «cessionarie».

Nel caso di specie, infatti, nessun rapporto è dato rinvenire, come sopra specificato, tra la Piras e la Sogresal Costruzioni s.r.l..

Sul punto ritiene il Collegio di non doversi discostare dal consolidato orientamento di questo Tribunale che, in più occasioni, ha privilegiato una lettura dell’art. 38 nel senso di estenderne il perimetro applicativo, e, tuttavia, detta impostazione, frutto proprio dell’interpretazione giurisprudenziale, non può essere ulteriormente «allargata»; ciò in difetto di una - decisiva - espressa previsione del disciplinare, nel senso di estendere gli obblighi dichiarativi con riferimento anche ad acquisizioni, nel triennio antecedente la pubblicazione del bando di gara, in cui l’impresa concorrente assuma la posizione del terzo, e ciò a prescindere dal fatto che, dalle stesse modificazioni, il soggetto partecipante alla gara possa, in ipotesi, ricevere, quantunque indirettamente, un vantaggio (ad esempio anche in termini di qualificazione).

L’obbligo di dichiarazione di cui all’art. 38 comma 1 lett. b) e c), cui il punto 4 lett. a) del disciplinare rinvia, è previsto, tra gli altri, «nei confronti dei soggetti cessati dalla carica nel triennio antecedente la data di pubblicazione del bando di gara». L’estensione dell’ambito applicativo della norma agli amministratori, direttori tecnici ed agli altri soggetti dalla stessa individuati facenti parte delle imprese che hanno ceduto l’azienda od un ramo di essa a quella partecipante alla gara, costituisce, dunque, già frutto di una lettura ampia del dato legislativo (e della lex specialis riproduttiva di esso), di guisa che, un’ulteriore estremizzazione della sua portata applicativa, sembrerebbe non potersi giustificare sul piano interpretativo in difetto, si ribadisce, di una previsione del bando o del disciplinare di gara.

Riconducendo le suesposte considerazioni al caso di specie non può di certo affermarsi che la Sogresal Costruzioni s.r.l. fosse cessionaria della Piras; e pertanto nessuna di tali dichiarazioni inerenti alla medesima Piras essa doveva rendere.

Quanto alla possibilità - paventata dall’a.t.i. controinteressata - che una diversa lettura della richiamata disciplina possa, in qualche misura, prestarsi a fenomeni elusivi, va detto che, in ogni caso, la stazione appaltante è libera, ove lo ritenga necessario, di prescrivere, con la lex specialis, ed a pena di esclusione, l’obbligo di dichiarare la catena dei mutamenti organizzativi intervenuti nel triennio e, eventualmente, procedere ai relativi successivi accertamenti. Non può invece ritenersi, sulla base del dato legislativo di riferimento, che possa giungersi a considerare ipso iure sussistente tale obbligo dichiarativo anche in assenza di espressa previsione del bando, come invece accade con riferimento alle imprese cd. «cedenti» in senso stretto (quanto a quest’ultimo aspetto, v. C.g.a. n. 59/10).

D’altronde, anche la copiosa giurisprudenza citata dall’a.t.i. controinteressata a sostegno della propria difesa non riguarda casi di cd. «catena» delle cessioni nel triennio antecedente la pubblicazione del bando, ma, invero, casi di cessione «diretta» cedente-cessionaria (quest’ultima intesa quale partecipante alla gara); così come va considerato del pari inconferente il richiamo alla decisione del Consiglio di Stato, sez. V, n. 2718/02 la quale riguarda la diversa questione del requisito di «qualificazione» dato dal computo dei servizi svolti nell’ultimo triennio, a prescindere dalle cessioni o modificazioni avvenute nell’arco temporale di riferimento.

4. Alla luce delle suesposte considerazioni il ricorso incidentale, poiché infondato, va rigettato.

5. Può adesso il Collegio passare all’esame del ricorso principale il quale è fondato nei sensi e limiti che seguono.

5.1. Il gravame muove dall’asserita illegittimità dell’operato dell’Amministrazione la quale ha ammesso alla gara l’a.t.i. controinteressata risultata poi aggiudicataria pur avendo la capogruppo Roma s.r.l. prodotto un d.u.r.c. rilasciato per «agevolazioni, finanziamenti, sovvenzioni ed autorizzazioni», con la conseguenza che lo stesso avrebbe avuto una durata limitata ad un mese: detto d.u.r.c., poiché datato 4 gennaio 2010, avrebbe dovuto, in tesi, considerarsi già scaduto alla data del 22 febbraio 2010, allorché sono state avviate le operazioni di gara.

Con una seconda censura parte ricorrente deduce l’assenza, in seno alla dichiarazione sostitutiva resa dall’associata Ponteggi Tubolari s.p.a., dell’indicazione dell’iscrizione alla Cassa edile, e dell’identificativo della relativa posizione e connessa regolarità della stessa.

Si può prescindere dall’eccezione con cui l’Avvocatura dello Stato ha revocato in dubbio la ammissibilità del motivo, poiché lo stesso è nel merito infondato e prescinde dalla specifica previsione del regolamento di gara.

Dagli atti di causa emerge che l’amministratore unico della Roma s.r.l. ha reso la dichiarazione, prevista dal bando, inerente all’insussistenza, in capo alla società, delle cause di esclusione previste dall’art. 38 del d. lgs. n. 163 del 2006.

Tale modalità di dichiarazione della regolarità contributiva deve ormai ritenersi idonea a soddisfare le previsioni di legge - e nel caso di specie del bando che pur ha fatto riferimento a specifiche disposizioni regolamentari regionali - tendenti a garantire, quanto meno nella fase di selezione, che l’Amministrazione individui quale privato contraente un soggetto in regola con le pertinenti disposizioni in materia di previdenza.

Ed invero, questo Tribunale ha già avuto modo di precisare che nell’ambito della Regione Siciliana l’obbligo di produzione del documento unico di regolarità contributiva di cui all’art. 19 comma 12 della legge n. 109 del 1994 - siccome richiamata in ambito regionale - e relative disposizioni attuative, deve ritenersi superato per sopravvenuta incompatibilità di detta disposizione con l’art. 16 bis comma 10 del decreto legge n. 185/08, introdotto dalla legge di conversione n. 2/09, espressione di principi di semplificazione contenuti anche nella legislazione regionale (cfr. art. 21 L.r. n. 10 del 1991), disposizione per effetto della quale le notizie attestate dal d.u.r.c. possono essere comunque rese oggetto della dichiarazione ex art. 77 bis D.P.R. n. 445 del 2000.

Tale obbligo, come detto, è stato, peraltro, assolto in sede di gara con l’assorbente dichiarazione sull’insussistenza delle cause di esclusione di cui all’art. 38 del D. Lgs. n. 163 del 2006 (in termini, cfr. ord. n. 933/09, confermata in appello con ord. C.g.a. n. 1165/09).

Nel caso di specie, del resto, l’avvenuta produzione del d.u.r.c., ancorché riferito ad un utilizzo diverso da quello proprio della partecipazione a procedure di gara, ha fatto si che l’Amministrazione disponesse comunque di ogni ulteriore riferimento utile per l’acquisizione d’ufficio, ove necessario, del predetto documento, ai sensi proprio di quanto previsto dalla soprarichiamata l. n. 2 del 2009, espressione di imprescindibili principi di semplificazione.

Sotto tale profilo il motivo si appalesa, perciò, infondato.

Quanto alla seconda parte della doglianza, va ritenuto che - indipendentemente dalla necessità o meno dell’iscrizione dell’impresa alla Cassa edile-, richiamate le considerazioni soprariportate relative alla funzione della dichiarazione sostitutiva, l’applicazione della suesposta nuova disciplina in materia di acquisizione d’ufficio (e corrispondente divieto di richiederne la produzione alle imprese) di detto documento, esonera l’impresa partecipante alla gara, ad avviso del Collegio, dall’effettuare una specifica dichiarazione, dovendosi, invero, ritenere, questa, ricompresa in quella inerente alla cd. regolarità contributiva, fermi restando gli obblighi di verifica da parte dell’Amministrazione nella fase successiva.

6. Con il secondo motivo parte ricorrente ha dedotto l’illegittima ammissione alla gara della controinteressata poiché la Ponteggi Tubolari s.p.a. non avrebbe reso la dichiarazione di cui all’art. 38 lett. b) e c) del d. lgs. n. 163 del 2006 riguardante l’amministratore unico, l’institore ed il direttore tecnico della medesima Società.

Il Comune di Marineo e l’Urega hanno invece provato che, in realtà, al cospetto della originaria denunziata assenza di siffatta documentazione, dette dichiarazioni erano state prodotte dalla controinteressata ma inserite all’interno di altro plico (in cui sono state rinvenute) contenente la documentazione di altra impresa partecipante alla gara come attestato dal «verbale di verifica della documentazione» del 3 giugno 2010 (depositato in copia dall’Avvocatura dello Stato).

Ed infatti, dal predetto verbale si evince che:

a) che un primo esame della documentazione in possesso dell’Urega è stata riscontrata la mancanza delle dichiarazioni delle quali è stata addotta la mancata produzione;

b) che da una verifica «della documentazione di tutte le offerte esaminate dalla Commissione il giorno 25 marzo 2010» dette dichiarazioni sono state rinvenute all’interno del plico n. 215, contenente la documentazione di altra impresa partecipante alla gara (a.t.i. Cantieri edili s.r.l. – A.B.M.).

Avuto riguardo, pertanto, alle surrichiamate risultanze in punto di fatto, il motivo può ritenersi infondato.

7. Con la terza ed ultima questione portata all’attenzione del Collegio, parte ricorrente si duole della circostanza secondo cui l’associata Ponteggi Tubolari s.p.a. avrebbe dichiarato di non «essere stata interessata da fusione, incorporazione o acquisizione totale o parziale a qualsiasi titolo di altra impresa», mentre invece, secondo la stessa parte ricorrente, risulta essere stata cessionaria della Società Bierrebi s.p.a. in liquidazione, la quale le ha ceduto in data 13 gennaio 2010 (e, dunque, nel triennio antecedente la pubblicazione del bando di gara) un ramo d’azienda.

Deduce altresì che detta dichiarazione sarebbe stata omessa con riferimento anche al liquidatore della medesima Società.

L’a.t.i. controinteressata sostiene che la Ponteggi Tubolari s.p.a. non sarebbe una «cessionaria» di ramo d’azienda della Bierrebi s.p.a in liquidazione, e ciò in ragione della circostanza che, in realtà, la prima avrebbe «appreso i beni mobili di tale società dalla curatela del fallimento Bierrebi s.p.a. in liquidazione, dopo essere stata aggiudicataria definitiva nella relativa procedura di vendita coattiva» (cfr. pag. 15 memoria del 29 maggio 2010), modalità che, ad avviso della difesa di parte, non può considerarsi alla stregua di una cessione in senso tecnico.

Il motivo è fondato.

Sul punto, risulta dirimente il tenore letterale della lex specialis della procedura, la quale poneva l’obbligo di specificare – a pena di esclusione – se nel triennio antecedente la pubblicazione del bando di gara l’impresa concorrente fosse stata interessata o meno da «fusione, incorporazione o acquisizione totale o parziale a qualsiasi titolo di altra impresa ed in caso positivo [l’obbligo di indicare] i nominativi degli eventuali titolari, soci […]».

Va ritenuto che qualora la legge di gara preveda l’obbligo di dichiarare, a pena di esclusione, se, nel triennio antecedente la data di pubblicazione del bando, l’impresa partecipante alla gara sia stata interessata o meno da fusione, incorporazione o acquisizione totale o parziale a «qualsiasi titolo» di altra impresa, nonché i nominativi dei soggetti tenuti alla dichiarazione di cui all’art. 38 comma 1, lett. b) e c) del d. lgs. n. 163 del 2006, tale obbligo deve valutarsi quale rilevante anche con riferimento alle acquisizioni di aziende o rami di aziende avvenute per effetto della partecipazione a procedure fallimentari di vendita coattiva.

Pertanto, l’avvenuta acquisizione del ramo d’azienda - che, nel caso di specie, ha dato luogo ad un vero e proprio trasferimento di proprietà - e l’assenza o meno delle cause di esclusione in capo agli organi dell’impresa «acquisita» (recte: fallita), avrebbero dovuto essere dichiarati, nel caso di specie, all’atto della partecipazione alla gara («[…] acquisizione a qualsiasi titolo […]»), ragion per cui l’a.t.i. controinteressata non avrebbe dovuto essere ammessa alla procedura.

Acclarata la sussistenza dell’obbligo in argomento in forza del dato testuale del disciplinare, non vale a supportare la tesi della controinteressata - nel senso della non necessità di tale dichiarazione - l’assunto secondo cui detta acquisizione non risponderebbe alla stessa ratio e finalità - valorizzata dalla consolidata giurisprudenza - che individua in dette disposizioni un mezzo per far sì che non siano eluse le prescrizioni in tema di moralità professionale: e ciò, sulla base della considerazione che, «in caso di fusione o di altra operazione che comporti il trasferimento di azienda o di un suo ramo in capo al soggetto partecipante alla gara, il nuovo soggetto può avvalersi per la qualificazione dei requisiti posseduti dalle imprese che ad esso hanno dato origine» (cfr. art. 15, comma 9 d.P.R. n. 34 del 2000; analogo testo è contenuto all’art. 76 dello schema di Regolamento attuativo del Codice di contratti pubblici in corso di emanazione).

8. Ritiene il Collegio che ogni altra questione od eccezione, poiché ininfluente ed irrilevante ai fini della presente decisione, può rimanere assorbita.

9. Alla luce delle suesposte considerazioni il ricorso principale, in ragione della fondatezza del terzo motivo va accolto, con conseguente annullamento dei provvedimenti impugnati, mentre il ricorso incidentale va rigettato.

10. Devono adesso valutarsi le refluenze dell’accoglimento del ricorso principale sul contratto stipulato in data 2 luglio 2010 (ed in atti depositato, da parte controinteressata, il 23 settembre 2010), e, nello specifico, la domanda di dichiarazione di inefficacia dello stesso e di subentro formulata da parte ricorrente.

Orbene, con ordinanza n. 532 del 22 giugno 2010, questo Tribunale, delibando la domanda cautelare, pur ravvisando profili di illegittimità dei provvedimenti impugnati, non ha accolto l’istanza di sospensione dell’esecuzione dei provvedimenti medesimi ed ha fissato l’ udienza per la discussione del ricorso nel merito.

La fondatezza del ricorso, secondo l’impianto complessivo dell’art. 122 del Codice del processo amministrativo, in situazioni quali quelle per cui è causa, darebbe luogo alla dichiarazione giudiziale di inefficacia del contratto - fermo restando l’ambito di scelta rimesso al Giudice ai sensi della predetta disposizione - «fissandone la decorrenza, tenendo conto, in particolare, degli interessi delle parti, dell'effettiva possibilità per il ricorrente di conseguire l'aggiudicazione alla luce dei vizi riscontrati, dello stato di esecuzione del contratto e della possibilità di subentrare nel contratto, nei casi in cui il vizio dell'aggiudicazione non comporti l'obbligo di rinnovare la gara e la domanda di subentrare sia stata proposta».

Peraltro, ad un attento esame della documentazione versata in atti dalla difesa del Comune di Marineo, emerge che l’intesa istituzionale per la realizzazione dei lavori di cui all’impugnata gara, costituisce misura attuativa del piano straordinario per la messa in sicurezza degli edifici scolastici che insistono sul territorio delle zone soggette a rischio sismico, redatto ai sensi dell’art. 80, comma 21 della legge 27 dicembre 2002, n. 289 («Nell’àmbito del programma di infrastrutture strategiche di cui alla legge 21 dicembre 2001, n. 443, possono essere ricompresi gli interventi straordinari di ricostruzione delle aree danneggiate da eventi calamitosi ed è inserito un piano straordinario di messa in sicurezza degli edifici scolastici con particolare riguardo a quelli che insistono sul territorio delle zone soggette a rischio sismico. […]»).

L’inquadramento dei lavori in argomento sotto il genus «opere strategiche» è rilevante sotto il profilo sia sostanziale che processuale, in ragione del fatto che, trattandosi di opere riconducibili al programma di infrastrutture strategiche di cui alla l. n. 443 del 2001, le stesse, quantunque di valore inferiore alla soglia di cui al Regolamento comunitario n. 1177 del 30 novembre 2009, vanno ritenute appartenenti a quelle disciplinate dalla parte II, titolo III, capo IV del d.lgs. n. 163 del 2006, cui rinvia l’art. 125 del Codice del processo amministrativo (e, prima, l’art. 246 d. lgs. n. 163 del 2006).

Ed ai sensi di detta disposizione, l’«annullamento dell’affidamento non comporta la caducazione del contratto già stipulato» (e neppure, dunque, il subentro nello stesso), e il risarcimento del danno eventualmente dovuto avviene solo per equivalente, facendosi applicazione, a tal fine, dell’art. 34, comma 3: ragion per cui, con ordinanza ex art. 73, comma 3, il Collegio ha manifestato di aver valutato la verosimile inammissibilità della domanda di subentro, conseguente alla, del pari, inammissibile domanda di dichiarazione di inefficacia del contratto.

10.1. Su tale questione, tutte le parti in causa, ad eccezione dell’Urega, hanno prodotto memorie.

In particolare, la difesa della parte ricorrente ha sviluppato una perspicua ed articolata enucleazione delle ragioni che, in punto di diritto, indurrebbero a ritenere non inquadrabile l’odierna fattispecie nella previsione di cui all’art. 125 cod. proc. amm.; e ha insistito per il subentro della ricorrente nel contratto già stipulato.

Sul punto, essa afferma che non si verterebbe in tema di «infrastrutture strategiche» posto che «il legislatore sembrerebbe […] avere inteso attribuire una procedura particolare soltanto alle infrastrutture strategiche e insediamenti produttivi facenti parte del programma di cui alla l. n. 443 del 2001 affidati e/o da affidare in concessione o a contraente generale disciplinando all’art. 177 la relativa procedura di aggiudicazione» (cfr. memoria del 4 novembre 2010). A sostegno della propria tesi richiama la giurisprudenza del Consiglio di Stato (V, 17 marzo 2009, n. 1589) secondo cui la previsione dell’«art. 246, comma 4 del Codice dei contratti di cui al d. lgs. n.163 del 2006 e successive modificazioni […] è disposizione eccezionale applicabile solo agli interventi relativi alle infrastrutture strategiche e agli insediamenti produttivi di interesse nazionale, individuati a mezzo del programma di cui all’art. 1, l. 21 dicembre 2001, n. 443, non essendo sufficiente per la sua applicazione ad ipotesi diverse una analoga esigenza di speditezza della procedura» (cfr. pag. 4 memoria del 4 novembre 2010).

La suespressa prospettazione non si ritiene di poter condividere.

Ciò che qui rileva è la riconduzione degli interventi oggetto del piano di cui all’art. 80, comma 21 della l. n. 289 del 2002 alla disciplina delle cd. infrastrutture strategiche a prescindere dalle modalità con cui le stesse sono realizzate e ciò in ragione anche della necessità di sottoporre gli interventi in argomento al regime di celerità proprio di tali infrastrutture strategiche, sulla base anche, nel caso di specie, di apposita ordinanza di protezione civile.

In tal senso, non può ritenersi irrilevante che il documento di attuazione dell’intesa istituzionale per la realizzazione del piano straordinario per la messa in sicurezza degli edifici scolastici redatto e sottoscritto ai sensi dell’art. 80, comma 21, della l. n. 289 del 2002, rinvii proprio alla disciplina delle cd. opere strategiche, risultando, come detto, irrilevanti le modalità di realizzazione degli interventi.

Ed invero, l’odierno art. 161 del Codice dei contratti pubblici (d. lgs. n. 163 del 2006) prevede lo strumento dell’intesa istituzionale, quale quella stipulata con riferimento alle opere e lavori ex art. 80, comma 21, l. n. 289 del 2002, in relazione ad interventi per i quali «l'interesse regionale è concorrente con il preminente interesse nazionale», nel rispetto di eventuali leggi regionali allo scopo emanate; ciò ha peraltro indotto il Comune di Marineo ad applicare l’ordinaria procedura di selezione del contraente prevista dall’ordinamento regionale (art. 30 l.r. n. 7 del 2002 che pur fa riferimento ad un improprio «preminente interesse regionale»).

La sottile linea argomentativa della ricorrente sembra impingere nella mancata considerazione, nello sviluppo del ragionamento, delle disposizioni, diverse e di varia natura, a presidio dei lavori per cui è causa, a partire dalla richiamata intesa istituzionale di programma, dal documento di attuazione sottoscritto dai diversi soggetti istituzionali - tra cui il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti - per finire al dato legislativo di riferimento (art. 80, comma 21, l. n. 289 del 2002).

L’appartenenza delle opere al predetto programma di infrastrutture strategiche (che sconta, lo si ribadisce, il regime processuale ex art. 125 cod. proc. amm., con una disciplina omologa a quella di cui al modificato art. 246 d. lgs. n. 163 del 2006), la si deduce, oltre che dalla richiamata l. n. 289 del 2002 (art. 80, comma 21), anche dalle disposizioni di cui al d. lgs. n. 190 del 2002 - in parte ormai abrogato e trasposto nel Codice dei contratti pubblici approvato con d. lgs. n. 163 del 2006 - il cui campo di applicazione riguardava le medesime opere cui fa riferimento l’odierno art. 125 cod. proc. amm. (e prima, anche l’art. 246 dello stesso Codice dei contratti pubblici).

Da ultimo, va altresì segnalato, e ciò appare essere decisivo, che è stato ancora il legislatore statale a ribadire la natura di opere strategiche degli interventi di messa in sicurezza degli edifici scolastici quali quello per cui è causa, allorché ha chiaramente affermato, con l’art. 7-bis, d.l. 1 settembre 2008, n. 137, conv. con l. 30 ottobre 2008, n. 169, che il piano straordinario per la messa in sicurezza degli edifici scolastici, formulato ai sensi dell’articolo 80, comma 21, della l. n. 289 del 2002 è ricompreso nel «programma per le infrastrutture strategiche».

Conclusivamente, ai sensi dell’art. 125 cod. proc. amm. (art. 246 d. lgs. n. 163 del 2006), il ricorso, per la parte in cui contiene la domanda di inefficacia del contratto e di subentro della ricorrente nello stesso, va dichiarato inammissibile.

11. Deve. pertanto il Collegio passare all’esame della domanda di risarcimento del danno per equivalente proposta, in via subordinata, dalla ricorrente.

12. Con il ricorso introduttivo la Sogresal Costruzioni s.r.l. ha proposto la già scrutinata domanda di annullamento dei provvedimenti impugnati, di dichiarazione di inefficacia del contratto e di conseguente subentro nello stesso e, in via gradata la domanda di «risarcimento del danno per l’equivalente ai sensi dell’art. 245-quinquies d. lgs. n. 163 del 2006 nella misura che verrà provata nel corso del giudizio».

Tale ultima richiesta risarcitoria va qui riqualificata, in ragione dell’appartenenza della fattispecie alla previsione di cui all’art. 125 cod. proc. amm. (ed in quella prevista dal previgente art. 246, comma 4 d. lg. n. 163 del 2006, nel testo modificato dall’art. 13, comma 1 lett. d) d. lgs. n. 53 del 2010, di recepimento cd. direttiva ricorsi).

Quanto alla domanda di risarcimento per equivalente, ricondotta la stessa nell’alveo dell’art. 125 cod. proc amm. (che a differenza del precedente art. 123 non stabilisce espressamente che questo debba essere «subito e provato»), va ritenuto che la stessa, per le fattispecie di cui all’art. 125 citato, vada ricondotta all’ambito del danno da mancato utile e, quanto al criterio riconosciuto dalla giurisprudenza, ad una percentuale dell’importo dei lavori, depurato dal ribasso d’asta proposto, pari al dieci per cento (misura che anche la ricorrente, nella memoria del 4 novembre individua quale satisfattiva).

Tale mancato utile ad avviso del Collegio deve essere ridotto nella misura del cinquanta per cento, in considerazione della mancata dimostrazione, che l’impresa possa aver ragionevolmente riutilizzato mezzi e manodopera per altri lavori o servizi, ed in considerazione, altresì, del puntuale dovere per l’impresa, ai sensi dell’art. 1227 c.c., di non concorrere ad aggravare il danno con l’immobilizzazione tutti i mezzi di impresa nelle more del giudizio, nell’attesa dell’aggiudicazione in proprio favore, essendo invece ragionevole che l’impresa si attivi per svolgere altre attività (in termini Cons. St., VI, 21 settembre 2010, n. 7004)

Per quanto sopra il risarcimento del danno per equivalente va riconosciuto, in via equitativa, alla ricorrente in misura pari al 5% (cinque per cento) dell’importo a base d’asta depurato del ribasso offerto in sede di gara.

La superiore obbligazione risarcitoria va posta a carico di entrambe le Amministrazioni resistenti, in parti uguali e con il vincolo di solidarietà: quanto all’Urega – Sez. prov. Palermo poiché ha direttamente proceduto alle operazioni di gara poi risultate illegittime, quanto al Comune di Marineo poiché lo stesso, da una parte, ha omesso l’esercizio dei poteri di controllo di cui all’art. 10 d. Pr. Reg. n. 1/2005 (Regolamento per il funzionamento dell'Urega), e, dall’altra, ha proceduto alla stipulazione del contratto.

Rispetto a tale ultima scelta è rimasta qui indimostrata l’impossibilità, per lo stesso Comune di Marineo, di attendere la data della (peraltro ravvicinata) udienza pubblica, stante, peraltro, la verosimile illegittimità del provvedimento di aggiudicazione evidenziata sin dalla fase cautelare (cfr. ordinanza n. 532/2010).

13. Conclusivamente, nell’ordine, il ricorso va dichiarato fondato quanto alla domanda di annullamento nei limiti sopraindicati, con conseguente annullamento degli atti con lo stesso impugnati; va dichiarata inammissibile la domanda di inefficacia del contratto e conseguente subentro da parte della ricorrente, e, da ultimo, va accolto, nei sensi di cui sopra, quanto alla domanda di risarcimento del danno per equivalente.

14. Le spese sono poste, in parti uguali, a carico delle parti soccombenti e sono liquidate come da dispositivo.

15. Va disposta la trasmissione di copia della presente sentenza alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Termini Imerese, ai sensi dell’art. 361 c.p., alla Procura Regionale presso la Sezione giurisdizionale della Corte dei Conti per la Regione Siciliana ed all’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato - Roma, per le eventuali rispettive valutazioni di competenza, in relazione all’avvenuta presentazione, da parte di un’elevata percentuale di imprese partecipanti alla gara per cui è causa, dell’identico ribasso del 7,3152%.

 

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Sicilia, Sezione terza, definitivamente pronunziando sul ricorso in epigrafe, così statuisce:

- accoglie il ricorso principale nei limiti di cui in motivazione e per l’effetto annulla i provvedimenti impugnati e nella stessa epigrafe indicati;

- rigetta il ricorso incidentale;

- dichiara inammissibile la domanda di declaratoria di inefficacia del contratto e di subentro;

- Condanna le Amministrazioni resistenti al risarcimento del danno per equivalente in favore della ricorrente nella misura e con le modalità in motivazione specificate.

Condanna il Comune di Marineo, l’Urega sez. prov. di Palermo e la parte controinteressata alla rifusione, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore ed in solido tra loro, in favore della ricorrente, delle spese processuali e degli onorari di causa che liquida in complessivi € 4.000,00 (euro quattromila e zero centesimi) oltre IVA e CPA come per legge.

Dispone la trasmissione della presente sentenza alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Termini Imerese, alla Procura Regionale presso la Sezione giurisdizionale della Corte dei Conti per la Regione Siciliana ed all’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato – Roma.

Così deciso in Palermo nelle camere di consiglio dei giorni 5 ottobre 2010, 19 ottobre 2010 e 18 novembre 2010 con l'intervento dei magistrati:

 

Calogero Adamo, Presidente

Federica Cabrini, Consigliere

Giuseppe La Greca, Referendario, Estensore

   

L'ESTENSORE  IL PRESIDENTE

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 29/11/2010

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