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TAR Puglia, Lecce, sez. III, 13/12/2010 n. 2826
Sulla giurisdizione del G.A. in materia di controversie relative all'istituto della revisione prezzi negli appalti pubblici ad esecuzione continuata o periodica.

Sul diritto alla liquidazione e corresponsione delle somme spettanti a titolo di revisione periodica del prezzo del contratto di appalto in materia di rifiuti

Ai sensi dell'art. 244, c. 3, del d.lgs. n. 163/06, in virtù di una lettura costituzionalmente orientata dell'art. 6, l. n. 537/93, come risultante dalla sentenza della Corte cost. n. 204/04, sussiste la giurisdizione del G.A. con riferimento a situazioni in cui, le posizioni di diritto soggettivo fatte valere, si collochino in un'area di rapporti ove la p.a. agisce a tutela dell'interesse pubblico, come nel caso della revisione globalmente intesa. L'art. 244 impone la concentrazione, dinanzi alla stessa autorità giurisdizionale, di tutte le controversie relative all'istituto della revisione prezzi negli appalti pubblici ad esecuzione continuata o periodica, con conseguente potere del G.A. di conoscere della misura della revisione, nonché di condannare al pagamento delle relative somme. Peraltro, a norma dell'art. 4 del d.l. n. 90/08, conv. in l. n. 123/08, sono comunque devolute alla giurisdizione esclusiva del G.A. tutte le controversie attinenti alla gestione dei rifiuti, posta in essere dall'Amministrazione con comportamenti finalizzati alla tutela dell'interesse pubblico. La ratio della giurisdizione esclusiva prevista dall'art. 103 Cost. è da rinvenirsi nella commistione di interessi legittimi e diritti soggettivi, nella attribuzione al G.A. di vicende nelle quali sono coinvolti sia interessi legittimi, sia diritti soggettivi.

Ai sensi dell'art. 6, L. n. 537/93, tutti i contratti ad esecuzione periodica o continuativa devono recare una clausola di revisione periodica del prezzo. La predetta norma ha carattere imperativo, come tale non suscettibile di deroga pattizia, atteso che la sua finalità primaria è quella di salvaguardare l'interesse pubblico a che le prestazioni di beni e servizi alla P.A. non subiscano, con il tempo, una diminuzione qualitativa per eccessiva onerosità sopravvenuta della prestazione e della conseguente incapacità del fornitore di farvi fronte; pertanto, una eventuale deroga ad opera delle parti contraenti deve considerarsi nulla. Le norme concernenti la revisione dei prezzi in materia di appalti di servizi, costituendo una disciplina specifica di settore, prevalgono sul regime generale di cui all'art. 1664 c.c.; ne consegue che le clausole difformi sono nulle, pur se la nullità non investe l'intero contratto, in applicazione del principio utile per inutile non vitiatur. Nel caso di specie, il contratto costituisce applicazione dell'art. 4 comma 4 della legge n. 724/94, il quale dispone che tutti i contratti ad esecuzione periodica o continuativa debbono recare una clausola di revisione periodica del prezzo, prevedendo espressamente che la revisione dei prezzi del contratto avvenga mediante le rilevate variazioni ISTAT.

Materia: appalti / giurisdizione e competenza

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

 

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia Lecce - Sezione Terza

ha pronunciato la presente

 

SENTENZA

Sul ricorso numero di registro generale 95 del 2010, integrato da motivi aggiunti, proposto da:

Ecologica Spa, ( in proprio e quale impresa designata Capogruppo - Mandataria nella costituita Associazione Temporanea di Imprese) e la SI.ECO spa.rappresentate e difese dall'avv. Daniela Anna Ponzo, con domicilio eletto presso Daniela Anna Ponzo in Lecce, via Schipa, 35;

 

contro

Comune di Ginosa, rappresentato e difeso dall'avv. Fabrizio Lofoco, con domicilio eletto presso Noemi Carnevale in Lecce, via Oberdan 107;

per l'accertamento e la declaratoria del diritto delle ricorrenti alla liquidazione e corresponsione delle somme spettanti a titolo di revisione periodica del prezzo del contratto di appalto per il “servizio di raccolta differenziata, trasporto,smaltimento e riciclaggio di rifiuti urbani pericolosi e degli imballaggi in carta, alluminio, plastica, nonché raccolta differenziata di carta e plastica con il sistema denominato porta a porta e servizio integrale di raccolta e trasporto in discarica dei rifiuti solidi urbani e assimilabili, spazzamento ed igiene ambientale”, sottoscritto con il Comune di Ginosa in data 4.12.2003, ai sensi e per gli effetti delle disposizioni di cui all’art.6, commi 4 e 6 della L.24.12.1993 n.537, come modificato dall’art.44 comma 1 della L.23.12.1994 n.724 e sostituito dalle disposizioni di cui all’art.115 del D.L.gs 12.4.2006 n.163, nonché delle disposizioni di cui all’art.23 del Capitolato Speciale d’Appalto richiamato, per costituirne parte integrante, nel contratto di appalto rep. N. 09 in data 4.12.2003, sottoscritto tra le odierne ricorrenti ed il Comune di Ginosa, il tutto maggiorato degli interessi e della rivalutazione monetaria, dal dì del dovuto e fino all'effettivo soddisfo;

e per la condanna del Comune di Ginosa, in persona del Sindaco e legale rappresentante pro-tempore alla corresponsione di quanto spettante alle ricorrenti A.T.I.Ecologica S.p.A.- SI.ECO s.p.a.(allora s.r.l.) a titolo di revisione periodica del prezzo ai sensi e per gli effetti delle disposizioni di cui all’art.6 commi 4 e 6 della L. 23.12.1994 n.724 e sostituite dalle disposizioni di cui all’art.115 del D.legs. 12.4.2006 n.163, nonché dalle disposizioni di cui all’art.23 del capitolato speciale d’appalto, Rep.n.09 in data 4.12.2003, il tutto maggiorato degli interessi e della rivalutazione monetaria, dal dì del dovuto e fino all'effettivo soddisfo.

Visto il ricorso ed i motivi aggiunti, con i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Ginosa;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 20 maggio 2010 la dott.ssa Patrizia Moro e uditi per le parti gli avv.ti Ponzo e Carnevale, quest’ultima in sostituzione dell’avv. Lofoco;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:

 

FATTO

Con il ricorso all’esame le ricorrenti rivendicano il diritto al riconoscimento della revisione periodica del prezzo del contratto di appalto stipulato tra il Comune di Ginosa e l’ATI Ecologica spa-SI.ECO s.p.a in data 4.12.2003, per l’esecuzione dei servizi di igiene urbana e servizi complementari per il territorio di Ginosa e Marina di Ginosa per la durata di sette anni, ritenendo non congrua la liquidazione della somma di Euro 54.339,00 effettuata dalla P.A. a titolo di adeguamento ISTAT sulla base del c.d. indice F.O.I. fissato dall’ISTAT ed in relazione al periodo dicembre 2004-dicembre 2006.

A sostegno del ricorso sono dedotte le seguenti censure:

1)Violazione ,erronea interpretazione e falsa applicazione ed elusione delle disposizioni di cui all’art.6 commi 4 e 5 della L.537/1993, come modificata dall’art.44 della L. 724/1994 e sostituite dalle disposizioni di cui all’art.115 del d.legs. 12.4.2006 n.163. Violazione erronea interpretazione e falsa applicazione delle disposizioni di cui agli artt. 1 commi 1 e 1bis, 2bis e 3 della L.241/1990 come modificata ed integrata dalla L. n.15/2005.Violazione dei principi di buon andamento dell’azione amministrativa.Violazione dei principi di correttezza e buona fede di cui agli artt. 1175 e 1375 del codice civile. Violazione ed omessa applicazione delle disposizioni di cui all’art.23 del capitolato speciale d’appalto richiamato per costituirne parte integrante nel contratto d’appalto rep. N.09 del 4.12.2003 sottoscritto fra l’ATI Ecologica s.p.a- SI.ECO s.r.l.Eccesso di potere per omessa istruttoria e sviamento dalla causa tipica attributiva del potere di revisione del prezzo nei contratti a prestazione periodica continuativa.Ingiustizia manifesta.Perplessità dell’azione amministrativa. Malgoverno.

Successivamente alla notifica del ricorso introduttivo, il Comune di Ginosa adottava i seguenti provvedimenti:

a)deliberazione di G.C. n.12 del 14.1.2010 con la quale l’Amm.ne Com.le prendeva atto del parere legale espresso dall’avv. Lofoco, nel senso di riconoscere all’A.T.I. Ecologica spa-SI.E.CO srl la somma complessiva di Euro 166.940,50 + IVA 10%, con riferimento agli adeguamenti ISTAT 2004,2005,2006,2007,2008 con detrazione della somma precedentemente versata di Euro.54.122,00 oltre IVA 10%. ;

b)determinazione dirigenziale n.8 del 19.1.2010 con la quale effettivamente la P.A. provvedeva a riconoscere e a liquidare all’A.T.I. medesima la somma suindicata.

Con motivi aggiunti depositati in data 9 febbraio 2010 la ricorrente è insorta anche avverso questi ultimi atti rilevando che la P.A., pur rideterminando il canone anno per anno, aveva omesso di liquidare e corrispondere : a) la differenza discendente tra il maggior canone annuo rideterminato ed il canone annuo effettivamente corrisposto,b) gli interessi maturati sulle somme di cui alla lett.a) e su quelle liquidate a titolo di revisione del canone ai sensi del d.legs. 231/2002;c) le somme spettanti a titolo di revisione del prezzo del contratto d’appalto per il periodo dicembre 2008-2009 oltre interessi, ai sensi della normativa citata.

A sostegno degli stessi sono dedotte le seguenti censure:

2)Violazione,erronea interpretazione e falsa applicazione delle disposizioni di cui all’art.6 commi 4,5, e 6 della L.537/1993, come modificate dall’art.44 della L. n.724/1994 e sostituite dalle disposizioni di cui all’art.115 deld.legs.12.4.2006 n.163. Violazione erronea interpretazione e falsa applicazione delle disposizioni di cui agli artt.1 commi1 e 1bis,2bis e 3 della L.n.241/1990 come modificata ed integrata dalla L.15/2005.Violaizone dei principi di buon andamento dell’azione amministrativa. Violazione dei principi di correttezza e buona fede di cui agli artt.1175e 1375del codice civile. Violazione,erronea interpretazione e falsa applicazione delle disposizioni di cui all’art.23 del capitolato speciale d’appalto rep.n.09 del 4.12.2003, sottoscritto con l’ATI Ecologica spa-SI.ECO srl. Violazione,erronea interpretazione e falsa applicazione delle disposizioni di cui all’art.5,6 e 7 del d.legs. 9 ottobre 2002 n.231. Eccesso di potere per difetto di istruttoria e sviamento della causa tipica attributiva del potere di revisione prezzo nei contratti a prestazione periodica continuativa.Eccesso di potere per contraddittorietà intrinseca.Ingiustizia manifesta. Perplessità dell’azione amministrativa. Malgoverno.

Nel corso del giudizio provvedeva a costituirsi il Comune di Ginosa eccependo l’inammissibilità e l’infondatezza del ricorso, nonché la compensazione legale e giudiziale ex art.1243, non avendo le ricorrenti provveduto a realizzare i due c.d.ecocentri per la raccolta dei rifiuti, come previsto nel contratto d’appalto , con conseguente risparmio delle somme necessarie alla realizzazione degli stessi, e sopportazione, da parte del Comune , dei danni connessi a tale inadempimento quantificati in complessivi Euro 1.039.184,71.

Nella pubblica udienza del 20 maggio 2010 la causa è stata introitata per la decisione.

 

DIRITTO

Ritiene il Collegio di dovere esaminare, in via preliminare, l'eccezione del difetto di giurisdizione del giudice amministrativo, sollevata pregiudizialmente dall'Amministrazione intimata.

L'eccezione è infondata.

In particolare, come recentemente già affermato dalla Sezione con recente sentenza del 07 aprile 2010, n. 898, sussiste la giurisdizione del giudice amministrativo a norma dell'art. 244, comma 3, del codice dei contratti non solo in materia di spettanza o meno della revisione, ma anche in ordine alla determinazione del suo esatto importo attraverso il concreto provvedimento applicativo .

In virtù di una lettura costituzionalmente orientata dell'art. 6, l. 24 dicembre 1993 n. 537 (modificato dall'art. 44 l. 23 dicembre 1994 n. 724 e sostituito dall'art. 115 del d.lvo 163/2006), come risultante dalla sentenza della Corte cost. n. 204 del 2004, la giurisdizione del g.a. sussiste, infatti, con riferimento a situazioni in cui le posizioni di diritto soggettivo fatte valere si collochino in un'area di rapporti in cui la p.a. agisce tutelando l'interesse pubblico, come nel caso, appunto, della revisione globalmente intesa( comprensiva di tutte le voci ad essa connessa , ivi compresi gli adeguamenti ISTAT).

L'art. 244 del nuovo Codice dei contratti pubblici, infatti, - superando,nel solco tracciato dall’art. 6 della legge n.537 del 1993, la tradizionale distinzione in base alla quale erano devolute alla giurisdizione del g.o. le controversie relative al quantum della revisione prezzi e al g.a. quelle relative all'an debeatur - impone la concentrazione dinanzi alla stessa autorità giurisdizionale di tutte le cause relative all'istituto della revisione prezzi negli appalti pubblici ad esecuzione continuata o periodica, con conseguente potere del giudice amministrativo di conoscere della misura della revisione e di emettere condanna al pagamento delle relative somme; risulta in tal modo superata la tradizionale distinzione fondata sulla consistenza della situazione soggettiva fatta valere (diritto soggettivo / interesse legittimo) (Cassazione civile, sez. un., 17 aprile 2009, n. 9152 e T.A.R. Puglia Bari, sez. I, 30 gennaio 2009, n. 159).

Peraltro, a norma dell'art. 4 del d.l. n. 90 del 2008, conv. in l. n. 123/2008, sono comunque devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo tutte le controversie attinenti alla complessiva azione di gestione dei rifiuti, posta in essere dall'Amministrazione con comportamenti finalizzati alla tutela dell'interesse pubblico .

L'analisi delle disposizioni, come quella in esame, che attribuiscono serie di vicende alla giurisdizione del giudice amministrativo non può che partire dagli artt. 103 e 113 della Costituzione, così come interpretati, anche, dalle sentenze della Corte Costituzionale n. 204 del 2004 e n. 191 del 2006 e, da ultimo, dalla sentenza n.35 del 2010.

L'essenza della giurisdizione esclusiva prevista dall'art. 103 della Costituzione è nella commistione di interessi legittimi e diritti soggettivi, nella attribuzione al giudice amministrativo di vicende nelle quali sono coinvolti sia interessi legittimi ( cioè situazioni nelle quali l'Amministrazione esercita un potere autoritativo e quindi si trova in una posizione sovraordinata rispetto al privato ), sia diritti soggettivi (cioè situazioni nelle quali l'Amministrazione si trova sullo stesso piano del privato ).

La costruzione rigida dell'art. 103 è temperata dal successivo art. 113, che sostanzialmente esclude la esclusiva del giudice amministrativo in materia di interessi legittimi, rimettendo alla legge ordinaria la individuazione degli organi di giurisdizione che possono annullare gli atti della pubblica amministrazione e degli effetti dell'annullamento.

La maggiore " libertà di manovra " attribuita al legislatore ordinario dall'art. 113 della Costituzione ha trovato applicazione nell'art. 63 del d. lgs. n. 165 del 2001 in quanto attribuisce al giudice ordinario il potere di disapplicare - perché si è ritenuto che il più comprende il meno e perciò il potere di annullare comprende il potere di disapplicare - gli atti amministrativi presupposti rispetto ad atti che incidono immediatamente su rapporti di lavoro, cioè atti nei quali si concretano scelte generali e quindi incidono su interessi legittimi .

Se l'ordinamento si evolve nel senso della valorizzazione dell'assetto delineato nell'art. 113, ad integrazione delle disposizioni dell'art. 103, non si può interpretare quest'ultimo nel senso della negazione della giurisdizione esclusiva dallo stesso espressamente prevista, cioè nel senso che l'attribuzione al giudice amministrativo della giurisdizione esclusiva in una materia è costituzionalmente legittima solo se a fronte del diritto soggettivo si esercita un potere autoritativo, dato che un atto autoritativo può fisiologicamente incidere solo su un interesse legittimo.

La giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo presuppone un'attività della pubblica amministrazione e un contrapposto diritto soggettivo, cioè situazioni paritetiche.

La individuazione dei limiti derivanti alla previsione costituzionale della giurisdizione esclusiva contenuta nell'art. 103 dalla concorrente previsione costituzionale dell'attribuzione al giudice ordinario delle controversie privatistiche dell'amministrazione, così come formulata nella sentenza n. 204 del 2004 della Corte Costituzionale e ribadita nella successiva sentenza n. 191 del 2006,trova la sua chiave di volta nella funzione esercitata, nell'interesse pubblico perseguito, che giustifica l'attribuzione della contesa al giudice amministrativo se l'atto o comportamento che si assume lesivo è riconducibile "anche mediatamente" all'esercizio di un pubblico potere, cioè alla tutela del pubblico interesse attraverso strumenti privatistici.

È questa la ragione che, nella sentenza n. 204 del 2004, convince della legittimità costituzionale del radicamento innanzi al giudice amministrativo delle controversie in materia di revisione dei prezzi, controversie nelle quali da un lato è indubbia la natura di diritto soggettivo della pretesa, dall'altro è indubbio lo svolgimento dell'attività dell'amministrazione con strumenti privatistici - disciplinati dal contratto - e la riconduzione dell'attività privatistica alla tutela dell'interesse pubblico, cioè dell'interesse alla più razionale gestione del danaro pubblico in funzione della corretta esecuzione di un contratto finalizzato alla provvista di mezzi da utilizzare per soddisfare l'interesse collettivo.

Le medesime ragioni militano per la legittimità costituzionale dell'art. 4 del d.l. n. 90 del 2008,che attribuisce, in via esclusiva, al giudice amministrativo le controversie in materia di gestione dei rifiuti, cioè in una materia nella quale l'interesse pubblico ha un indubbio rilievo.

Tale disposizione conferma la correttezza dell'instaurazione del presente ricorso in capo alla Autorità giurisdizionale adita.

Risolta positivamente la questione in rito, il Collegio passa ad esaminare le censure di merito.

Con il ricorso all’esame le ricorrenti lamentano il mancato pagamento dell’incremento ISTAT relativamente ai corrispettivi derivanti dall’appalto di nettezza urbana nel Comune di Ginosa.

Si deve osservare in linea generale che l'art. 6, L. 24 dicembre 1993 n. 537, nel testo come sostituito dall'art. 44, l. 23 dicembre 1994 n. 724 (ed oggi trasfuso negli artt. 115 e 244 del Codice dei Contratti di cui al d.lgs. n. 163/2006) , prevede che tutti i contratti ad esecuzione periodica o continuativa debbano recare una clausola di revisione periodica del prezzo e che le controversie derivanti dall'applicazione del predetto articolo sono devolute alla giurisdizione, in via esclusiva, del giudice amministrativo.

Come la giurisprudenza ha avuto modo di osservare:

-- si è in presenza di una norma imperativa, non suscettibile di essere derogata pattiziamente, atteso che la sua finalità primaria è quella di salvaguardare l'interesse pubblico a che le prestazioni di beni e servizi alle pubbliche amministrazioni non possano col tempo subire una diminuzione qualitativa a causa della eccessiva onerosità sopravvenuta della prestazione e della conseguente incapacità del fornitore di farvi compiutamente fronte, con la conseguenza che una eventuale deroga a tale disciplina pattuita dalle parti contraenti deve considerarsi nulla (cfr. infra multa: Consiglio Stato, sez. V, 20 agosto 2008 , n. 3994; T.A.R. Lazio Roma, sez. I, 02 aprile 2009, n. 3571);

-- la norma comprende tutte le controversie riguardanti l'applicazione e l'interpretazione della disposizione, senza distinguere i diversi tipi di domande proposte (spettanza del compenso revisionale; accertamento della misura del canone; inadempimento delle obbligazioni; contestazioni della clausola revisionale e della sua efficacia: così T.A.R. Lazio Roma, sez. III, 08 maggio 2009, n. 4996);

-- le norme concernenti la revisione prezzi in materia di appalti di servizi nei contratti stipulati dalla Pubblica Amministrazione, costituendo una disciplina specifica di settore, prevalgono, in ragione della loro specialità, sul regime generale di cui all'art. 1664 c.c. (vedi T.A.R. Lazio Roma, n. 4996 ).

Secondo un consolidato orientamento (Consiglio di Stato, Sez. V, 9 giugno 2008, n. 2786; Sez. V, 14 dicembre 2006, n. 7461; Sez. V, 16 giugno 2003, n. 3373; Sez. V, 8 maggio 2002, n. 2461), l'articolo 6 della legge 24 dicembre 1993, n. 537, ora art. 115 del d.lvo 163/06, detta una disciplina speciale, circa il riconoscimento della revisione prezzi nei contratti stipulati dalla p.a. che prevale su quella generale di cui all'articolo 1664 del codice civile. Tale disciplina ha natura imperativa e s'impone nelle pattuizioni private modificando ed integrando la volontà delle parti contrastante con la stessa, attraverso il meccanismo di cui all'articolo 1339 del codice civile; ne consegue che le clausole difformi sono nulle nella loro globalità, anche se la nullità non investe l'intero contratto, in applicazione del principio "utile per inutile non vitiatur", sancito dall'articolo 1419 del codice civile.

Nella specie, l'articolo 23 del capitolato speciale d’appalto prevede che “il canone d’appalto sarà adeguato per intervenute variazioni ISTAT.

“I canoni previsti dal presente capitolato saranno soggetti, a partire dal secondo anno a revisione annuale a norma dell’art.6 L.24.12.1993 n.537, come sostituito dall’art.44 della L.23.12.1994 n.724. L’istruttoria per la revisione dei prezzi prevista dall’art.44 comma 4 sarà condotta sulla base delle variazioni, intervenute a decorrere dal mese di attivazione del servizio, del costo del lavoro accertate dall’ISTAT. La revisione verrà effettuata nel trimestre successivo alla scadenza di ogni periodo contrattuale annuale; il canone revisionato avrà decorrenza dal primo giorno del mese successivo al compimento di ciascun periodo annuale. Le eventuali differenze di canone dovute per effetto della revisione nel periodo intercorrente tra il compimento del precedente periodo contrattuale annuale e la rideterminazione del corrispettivo verranno liquidate in un’unica soluzione, con il rateo mensile immediatamente successivo alla rideterminazione medesima

…La richiesta di revisione dovrà essere avanzata dalla parte che vi avrà interesse, a mezzo di lettera raccomandata A.R. e la controparte dovrà accedere alla richiesta entro 60 giorni dal ricevimento della stessa;in difetto la parte che vi avrà interesse potrà definire la vertenza dinanzi al giudice competente.

Entro i predetti 60 giorni l’Amm.ne comunica all’impresa appaltatrice, a mezzo lettera raccomandata, la misura delle variazioni riconosciute in aumento o in diminuzione.Le risultanze del computo revisionale dovranno essere liquidate e pagate entro fine anno, sempre che vi sia disponibilità in bilancio;in mancanza la somma stessa sarà prevista nel bilancio dell’esercizio successivo”.

Il contratto in questione quindi costituisce applicazione dell'art. 4 comma 4 della legge n. 724/94 che dispone che tutti i contratti ad esecuzione periodica o continuativa debbono recare una clausola di revisione periodica del prezzo , prevedendo espressamente che la revisione dei prezzi del contratto avvenga mediante le rilevate variazioni ISTAT (“I canoni previsti dal presente capitolato saranno soggetti, a partire dal secondo anno a revisione annuale a norma dell’art.6 L.24.12.1993 n.537, come sostituito dall’art.44 della L.23.12.1994 n.724. L’istruttoria per la revisione dei prezzi prevista dall’art.44 comma 4 sarà condotta sulla base delle variazioni, intervenute a decorrere dal mese di attivazione del servizio, del costo del lavoro accertate dall’ISTAT); in tal senso, peraltro, risulta modulata la richiesta della ricorrente , sicchè non vi è luogo per discutere della illegittimità e/o nullità della clausola non risultando esservi contestazioni circa il “criterio” della revisione stabilito nel contratto, rivendicandosi esclusivamente la corretta applicazione del medesimo.

Inoltre, nel caso sottoposto all'attenzione del Collegio, risulta che:

la revisione prezzi è stata riconosciuta alla ricorrente ;

la revisione è stata calcolata sulla base delle variazioni del costo del lavoro accertate dall’ISTAT ( e non dell’indice FOI, applicabile solo in mancanza della pubblicazione delle revisioni semestrali da parte dell’ISTAT ed in assenza di diverse pattuizioni tra le parti) indicate nella nota dell’ISTAT- Ufficio Regionale per la Puglia datata 4.2.2009 e la P.A. ha riconosciuto alle ricorrenti a titolo di adeguamento ISTAT per il periodo dicembre 2004-dicembre 2008 la somma di Euro 166.940,50 oltre IVA al 10% al lordo della somma precedentemente riconosciuta ed erogata con determinazione dirigenziale n.767/2007.

In particolare la P.A. con riferimento:

- al periodo dicembre 2004-dicembre 2005 ( secondo anno di gestione) con variazione indice ISTAT del 4% , ha determinato il nuovo canone da E. 1.360.000,000 ad E. 1.414.400,00 con una differenza da liquidarsi di E. 54.000,00 oltre IVA 10%.

- al periodo 2005-2006 con variazione del costo del lavoro accertata dall’ISTAT nella misura del 2%, ha determinato il nuovo canone nella misura di E. 1.442.668,00 con una differenza da liquidarsi di E.28.288.00 oltre IVA al 10%

-al periodo 2006-2007 con una variazione del costo del lavoro accertata dall’ISTAT nella misura dello 0.8% ha determinato il nuovo canone nella misura di E.1.454.229,50 con una differenza di E. 11.541,50 oltre IVA al 10%;

- al periodo 2007-2008 con una variazione del costo del lavoro accertata dall’ISTAT nella misura del 5% , ha determinato il nuovo canone nella misura di E. 1.526.940,50 con una differenza di E. 72.711,00 oltre IVA 10%.

Le ricorrenti tuttavia, con i motivi aggiunti depositati in data 9 febbraio 2010, hanno contestato i conteggi effettuati dalla P.A., evidenziando di aver ricevuto sempre e solo il canone annuo fissato nel contratto (Euro 1.360,00) e non il canone revisionato , rivendicando non solo il compenso revisionale “secco” calcolato dall’Amm.ne ma anche la differenza mai corrisposta fra il maggior canone spettante all’esito della revisione dell’anno precedente e quello invece sempre percepito ammontante ad euro 398.258,00, oltre IVA

Il Collegio ritiene di non poter condividere la tesi delle ricorrenti.

Difatti, le stesse partono dall’erroneo presupposto che la P.A. abbia calcolato gli importi annuali adeguati agli indici ISTAT sul canone pattuito e percepito dalle medesime giacchè in tal caso sarebbe stato corretto richiedere la differenza tra quanto percepito e quanto dovuto.

Invece, dai conteggi effettuati dalla P.A. e riconosciuti alle ricorrenti emerge che la stessa ha calcolato i canoni via via dovuti nel corso degli anni provvedendo a rivalutare il canone mediante l’adeguamento della somma annuale a quella che doveva essere determinata nell’anno di riferimento .

Sostanzialmente la P.A. correttamente ha prima verificato l’incremento ISTAT nell’anno di riferimento rispetto a quello precedente , poi ha verificato il canone annuo dovuto l’anno precedente ed infine ha determinato il nuovo canone provvedendo a rivalutare quest’ultimo dell’incremento annuale rispetto a quello precedente.

Il calcolo effettuato dalle ricorrenti invece determina l’incremento dovuto prendendo come riferimento sempre il canone iniziale di 1.360.000,00, giungendo però poi ad ottenere il doppio del calcolo effettuato dalla P.A. in quanto in tal modo l’adeguamento ISTAT risulta calcolato due volte nello stesso anno di riferimento a partire dal secondo anno di riferimento, ossia sia quello riferito agli anni precedenti, sia quello iniziale non considerando però che il primo contiene già la differenza rispetto al canone iniziale.

Peraltro, il meccanismo di normale rivalutazione del prezzo contrattuale è diretto a mantenere inalterato nel tempo il potere di acquisto della moneta espresso nel prezzo contrattuale (Consiglio di Stato, sez. V, 8 maggio 2002 n. 2461; Consiglio di Stato, sez. V, 13 dicembre 2002 n. 4801; Consiglio di Stato, sez. V, 16 giugno 2003, n. 3373; Cons. St., V, 3994/2008; T.A.R. Puglia Lecce, sez. I, 08 aprile 2009 , n. 691: T.A.R. Basilicata Potenza, 28 maggio 2009 , n. 323) sicchè entro tali limiti devono essere interpretate le norme pattizie tese a regolare il calcolo del compenso revisionale evitando l’insorgere a carico delle imprese affidatarie di contratti pubblici di ingiustificate locupletazioni.

La clausola di revisione periodica dei contratti di durata ha lo scopo di tenere indenni gli appaltatori della P.A. da quegli aumenti dei prezzi dei fattori della produzione che, incidendo sulla percentuale di utile stimata al momento della formulazione dell'offerta, potrebbero indurre l'appaltatore a svolgere il servizio o ad eseguire la fornitura a condizioni deteriori rispetto a quanto pattuito o, addirittura, a rifiutarsi di proseguire nel rapporto, con inevitabile compromissione degli interessi della P.A..

Solo in via mediata l'istituto tutela l'interesse dell'impresa a non subire l'alterazione dell'equilibrio contrattuale conseguente alle modifiche dei costi che si verifichino durante l'arco del rapporto e che potrebbero indurla ad una surrettizia riduzione degli standard qualitativi delle prestazioni (così T.A.R. Puglia, Bari, Sez. I, n. 925/2006; Consiglio Stato, Sez. V, 9 giugno 2008 n. 2786; T.A.R. Puglia, Bari, Sez. I, 6 aprile 2007 n. 1047; 14 agosto 2008 n. 1970; 25 novembre 2008 n. 2666; 7 luglio 2009 n. 1751, 2 dicembre 2009 n. 2997).

Ne consegue, per effetto dell'anzidetto meccanismo, che alla ricorrente spetta la revisione dei prezzi contrattuali a partire dal secondo anno di durata del contratto, secondo il calcolo effettuato dall’Amm.ne nella delibera di G.C.n.12/2010 e nella conseguente determina dirigenziale n.12/2010 sino al dicembre 2009( dato che la richiesta delle ricorrenti comprende il periodo dicembre 2008-dicembre 2009).

Difatti , con riferimento a tale ultimo periodo, del tutto irrilevante risulta la cessione del ramo d’azienda da Ecologica S.P.A ad Avvenire Soc.Coop. arl avvenuta con contratto rep.48430 racc.10771 del 2.9.2009 , dato che a partire da tale data, come peraltro riconosciuto dalla stessa P.A. nella determina dirigenziale n.620 del 19.10.2009, per effetto della predetta cessione di azienda, la soc. Avvenire Soc. Coop. a.r l è subentrata alla soc. Ecologica in qualità di capogruppo dell’A.T.I. Avvenire Soc. Coop. a.r.l.- SI.E.Co restando invariate tutte le obbligazioni previste dal contratto.

Per costante orientamento giurisprudenziale ogni impresa individuale facente parte di un’ A.T.I. ha interesse a proporre l’impugnativa sia avverso gli atti di gara cui ha partecipato, sia avverso gli atti a questa successivi, ivi compresa la rivendicazione di un diritto di credito derivante dal contratto nelle more stipulato, rimanendo la questione della spettanza individuale rimessa alla ripartizione da effettuarsi all’interno dell’Associazione medesima.

Del resto, ogni raggruppamento temporaneo dà vita ad un autonomo centro di imputazione di situazioni soggettive e ciononostante ciascuna impresa riunita conserva la propria autonomia, atteso che esso costituisce in realtà uno strumento tecnico attraverso cui i soggetti associati continuano a perseguire un interesse proprio e distinto dai consorti (Consiglio di Stato, sez. V - 15/5/2001 n. 2713).

Nella specie, peraltro, la proposizione del ricorso anche da parte della SI.ECO spa, rimasta tutt’ora nell’ATI in questione come parte contrattuale, giustifica e legittima la proposizione del ricorso in esame anche con riferimento all’anno 2009.

Per ciò che riguarda gli accessori di legge, va precisato che il compenso revisionale costituisce debito di valuta e, pertanto, è soggetto alla corresponsione di interessi per ritardato pagamento, ricadendo nell'ambito di applicazione del decreto legislativo 9 ottobre 2002, n. 231 di "Attuazione della direttiva 2000/35/CE relativa alla lotta contro i ritardi di pagamento nelle transazioni".

Quanto alla decorrenza degli interessi, operando la revisione con cadenza annuale che si collega alla esatta determinazione dei compensi contrattuali, i quali, a loro volta, devono essere corrisposti annualmente, secondo le espresse previsioni del capitolato d'appalto, il termine può essere stabilito, a norma dell'articolo 1183 del codice civile, alla scadenza del primo trimestre dell'anno successivo all'esercizio cui la revisione si riferisce,periodo nel quale in base al contratto deve essere compiuta la relativa istruttoria.

Conseguentemente, nei sensi e limiti sopraesposti, va riconosciuto il diritto della ricorrente alla revisione del canone e alla corresponsione dell'importo che deve essere calcolato in applicazione dei criteri sopra specificati.

Deve tuttavia essere esaminata l’istanza di compensazione e legale e giudiziale opposta dal Comune di Ginosa.

Deve preliminarmente precisarsi che tale istanza non può essere qualificata come domanda riconvenzionale atteso che la stessa risulterebbe inammissibile sia perché non proposta con il primo atto di costituzione dell'Ente intimato, conformemente alle prescrizioni di cui all'art. 167 c.p.c. applicabile al processo amministrativo, sia perché non è stata notificata ritualmente alla parte ricorrente, adempimento ritenuto necessario da prevalente giurisprudenza (ex multis TAR Marche, sent. n. 290 del giorno 11/2/2000; C. Stato, sez. V., n. 353 del 31/1/2001) specie ove con tale domanda si amplia il tema decidendum.

Tuttavia tale istanza può essere esaminata nella veste giuridica di eccezione di compensazione.

Pur non essendovi nel processo amministrativo una regola espressa sulla competenza per connessione, a differenza di quanto si riscontra nel processo civile (artt. 31-36 c.p.c.) a proposito di cause accessorie, di garanzia, connesse per l'oggetto od il titolo, accertamento incidentale, eccezione di compensazione, cause riconvenzionali, è unanimemente riconosciuta in dottrina e giurisprudenza la necessità del "simultaneus processus", e quindi l'esigenza di trattazione congiunta della controversia, con la concentrazione presso un unico giudice; ciò nell'ottica di evitare contrasti di giudicati, nel tentativo di realizzare una effettiva economia processuale e allo scopo di compiutamente soddisfare le situazioni giuridiche soggettive, visto che la integrale cognizione del rapporto giuridico sottostante alla pluralità di provvedimenti impugnati agevola il perseguimento di una giusta soluzione della lite (Cons. Stato, IV, 4 ottobre 2005, n. 5305).

Tale principio deve a maggior ragione applicarsi nel caso di specie ove l’eccezione di compensazione sollevata dalla difesa civica attiene al medesimo rapporto contrattuale oggetto del ricorso.

In proposito, alla luce della giurisprudenza della Corte di Cassazione, se l'istituto della compensazione presuppone l'autonomia dei rapporti cui si riferiscono i contrapposti crediti delle parti, tuttavia è configurabile la cosiddetta compensazione impropria allorchè i rispettivi crediti e debiti abbiano origine da un unico rapporto, nel qual caso la valutazione delle reciproche pretese importa soltanto un semplice accertamento contabile di dare ed avere e a ciò il giudice può procedere senza che sia necessaria l'eccezione di parte o la proposizione di domanda riconvenzionale (cfr. Cass. 25 novembre 2002, n. 16561, nonchè Cass. 5 dicembre 2008, n. 28855).

Nel caso in cui fra contrapposti debiti omogenei non operi la compensazione legale perché uno di essi difetta dei requisiti della liquidità ed esigibilità, la compensazione giudiziale può essere disposta dal giudice se il credito illiquido opposto in compensazione sia di pronta e di facile liquidazione.

Nella specie, il Comune di Ginosa eccepisce la sussistenza di un credito nei confronti delle ricorrenti derivante dalla mancata realizzazione, da parte delle stesse dei due “ecocentri” per la raccolta dei rifiuti, prevista nel capitolato speciale d’appalto.

A seguito di tale inadempimento, la P.A. giunge ad allegare:

- il risparmio da parte delle ricorrenti delle somme necessarie per la realizzazione degli stessi ecocentri quantificato in euro 371.439,89;

-un danno economico derivante dai mancati incassi delle somme dai consorzi di filiera per una somma pari ad euro 148.932,34;

- danno economico derivante dal maggior costo subito per un maggior conferimento di rifiuti indifferenziati in discarica quantificato in euro 518.812,48.

In effetti, il capitolato speciale d’appalto all’art.8 prescrive che “per l’ottimizzazione della raccolta differenziata l’impresa concessionaria dovrà realizzare presso l’area adibita al rimessaggio dei mezzi, ovvero in altri luoghi che dovranno essere di gradimento dell’Amministrazione o proposti da questa, due stazioni di conferimento denominate Ecocentro - una per Ginosa capoluogo ed un’altra per marina di Ginosa- dotate di cassoni scarrabili dove i cittadini potranno conferire materiali non inseribili nei normali contenitori stradali di RSU sia per problemi volumetrici che per la pericolosità degli stessi…. Per la realizzazione degli ecocentri, dovrà essere predisposta apposita progettazione a cura e spese della ditta concessionaria, che dovrà essere previamente autorizzata dall’Amm.ne Com.le. Gli ecocentri dovranno essere posti in attività entro 30 giorni dalla data di approvazione degli atti progettuali, indipendentemente dalla concorrenza degli stessi ai finanziamenti P.O.R. e realizzati a cura e spese della ditta affidataria dei servizi”.

Secondo quanto emerge dalla relazione tecnica esibita in atti a firma del Consulente Ambientale Comunale le ricorrenti, nonostante avessero avviato la procedura per la realizzazione dell’ecocentro di Ginosa, non ne hanno poi realizzato alcuno ( né in marina di Ginosa, né in Ginosa). La mancata realizzazione degli ecocentri non risulta neppure smentita efficacemente dalle ricorrenti, limitandosi le stesse ad affermare che detto inadempimento sarebbe stato compensato dalle penali applicate dalla P.A. per tale inadempimento.

Tuttavia, con riferimento alla richiesta di compensazione con il risparmio che l’ATI affidataria ha conseguito a seguito della mancata realizzazione degli ecocentri in questione, il Collegio ritiene che tale aspetto non risulta di facile e pronta soluzione , pur avendo la P.A. prodotto computi metrici estimativi delle opere ed attrezzature necessarie al completamento degli ecocentri.

Difatti, a parer del Collegio, dal risparmio prodotto per l’ATI affidataria dalla mancata realizzazione degli ecocentri andrebbero detratti gli utili che dalla realizzazioni di questi l’impresa avrebbe potuto conseguire, atteso che, come risulta dalla stessa relazione tecnica depositata dal Comune, “in base a quanto stabilito tra l’Amm.ne Com.le e l’ATI affidataria quest’ultima si sarebbe dovuta occupare anche del conferimento della raccolta differenziata presso le sedi più vicine dei consorzi di filiera avvalendosi anche dell’appoggio logistico dei due ecocentri, convenendosi, altresì, di dividere i proventi dei corrispettivi dei conferimenti rispettivamente nel 30% in favore della Amm.ne Com.le ed il 70% in favore dell’ATI.”

Sicchè l’affidataria ha sì risparmiato le somme per la realizzazione dei due ecocentri ma non ha incassato gli utili,nella misura pattuita, derivanti dai conferimenti ai dei due ecocentri.

Con riferimento alla seconda voce delle somme opposte in compensazione, ossia i danni subiti dalla p.a. per mancati incassi dai consorzi di filiera per una somma pari ad euro 148.932,34 nonché per il maggior costo subito per il conferimento di rifiuti indifferenziati in discarica quantificato in euro 518.812,48, l’eccezione può essere accolta nei limiti che seguono.

Deve rilevarsi che il danno che la P.A. deduce di aver subito a tali titoli non deriva direttamente dalla mancata realizzazione dei due ecocentri, bensì dal mancato introito del 30% pattuito dei corrispettivi erogati dai consorzi di filiera in ragione dei conferimenti , nonché dal maggior esborso di denaro da parte dell’Amm.ne per lo smaltimento delle quantità differenziabili non intercettate ed avviate a smaltimento unitamente al resto dei R.S.U.

In proposito la relazione tecnica prodotta dalla P.A. in data 24.2.2010 ed il relativo allegato D. contiene “quantificazione mancati introiti corrispettivi R.D.”, mentre l’allegato E contiene la quantificazione degli “esborsi per gli esuberi R.S.U.” sopportati dalla P.A. per la raccolta di materiale differenziabile(vetro/alluminio,plastica, carta e cartone, ferro e acciaio, legno)

Con riferimento alla prima voce tuttavia non vi è prova che la mancata realizzazione degli ecocentri abbia prodotto automaticamente un mancato introito dei corrispettivi erogabili dai consorzi di filiera in ragione dei relativi conferimenti atteso che , comunque, il servizio di raccolta differenziata porta a porta o con sistemi tradizionali, ove avvenuti, ha potuto supplire all’assenza degli ecocentri; conseguentemente la relativa pretesa di credito non risulta di facile e pronta soluzione.

Di facile e pronta soluzione appare invece il credito vantato dal Comune di Ginosa con riferimento agli esborsi effettivamente subiti per gli esuberi di R.S.U. di materiale differenziabile, non intercettato ed avviato a smaltimento come quantificato dall’Amm.ne nell’Allegato E della citata relazione tecnica , quantificato dal Comune in Euro 518.812,48 ,entità dalla quale va detratto quanto non risulti effettivamente e concretamente pagato dalla P.A. a tale titolo.

Conclusivamente , rimanendo comunque non pregiudicato e, quindi, fatto salvo, il diritto della P.A. comunale di richiedere giudizialmente in via autonoma il pagamento di tutte le somme rivendicate con la citata eccezione di compensazione :

-va accolto il ricorso quanto alla richiesta di revisione prezzi nei termini di cui in motivazione;

- va accolta, nei termini di cui in motivazione, l’eccezione di compensazione opposta dalla P.A. comunale;

Sussistono giustificati motivi per disporre la compensazione delle spese di giudizio.

 

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia :

-accoglie il ricorso quanto alla richiesta di revisione prezzi nei termini e limiti di cui in motivazione;

- accoglie, nei termini e limiti di cui in motivazione, l’eccezione di compensazione opposta dalla P.A. comunale;

Compensa le spese del presente giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Lecce nella camera di consiglio del giorno 20 maggio 2010 con l'intervento dei Magistrati:

Antonio Cavallari, Presidente

Patrizia Moro, Primo Referendario, Estensore

Gabriella Caprini, Referendario

   

L'ESTENSORE  IL PRESIDENTE

   

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 13/12/2010

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