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Consiglio di Stato, Sez. V, 22/2/2011 n. 1094
Sui casi di invalidità del verbale di gara in materia di procedure d'appalto.

La tutela dell'integrità dei plichi contenenti gli atti di gara deve essere assicurata in astratto.

La giurisprudenza afferma che l'indicazione della durata delle operazioni verbalizzate, in alcuni casi può essere considerato un elemento essenziale; in altri casi, cioè nelle ipotesi in cui si evince altrimenti che la valutazione è stata attenta e ponderata può risultare, invece, superflua. Le lacune del verbale possano causare l'invalidità dell'atto verbalizzato solo nel caso in cui esse riguardino aspetti dell'azione amministrativa, la cui conoscenza risulti necessaria per poterne verificare la correttezza, mentre quelli concernenti aspetti diversi e non determinanti danno luogo a mere irregolarità formali, come tali inidonee a comportare l'illegittimità dell'atto che tali omissioni presenti. Nel caso di specie, la mancata indicazione dell'orario di inizio e di fine della seduta non è idonea a comportarne la illegittimità, atteso che la lettura della documentazione tecnica contenente le specifiche tecniche ed organizzative dei servizi proposti era indice di valutazione ponderata della documentazione de qua, con irrilevanza della mancata indicazione della ora di inizio e conclusione della seduta, non essendo stato provato ed anzi risultando "per tabulas" che comunque il tempo dedicato alla disamina di detta documentazione non poteva essere stato palesemente insufficiente.

La mancata dettagliata indicazione nei verbali di gara delle specifiche modalità di custodia dei plichi e degli strumenti utilizzati per garantire la segretezza delle offerte non costituisce di per sé motivo di illegittimità del verbale e della complessiva attività posta in essere dalla commissione di gara, dovendo invece aversi riguardo al fatto che, in concreto, non si sia verificata l'alterazione della documentazione. Secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale, la tutela dell'integrità dei plichi contenenti gli atti di gara deve essere assicurata in astratto, e quindi è sufficiente che la documentazione di gara sia stata sottoposta a rischio di manomissione per ritenere invalide le operazioni di gara, tuttavia, nel caso di specie, non è stata provata l'eventuale manomissione dei plichi.


Materia: appalti / disciplina

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

 

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2352 del 2010, proposto da:

Zanardo Servizi Logistici s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avv. Luigi Garofalo, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Tacito, n. 41;

 

contro

Centro Servizi Condivisi del Servizio Sanitario Regionale della Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia,

Azienda per i Servizi Sanitari n.6 Friuli Occidentale della Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia,

Azienda Ospedaliera Santa Maria degli Angeli di Pordenone,

Ircss Centro di Riferimento Oncologico di Aviano,

Dipartimento Servizi Condivisi della Azienda Ospedaliero-Universitaria Santa Maria della Misericordia di Udine, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, tutti non costituiti in giudizio;

Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia, in persona del Presidente pro tempore, non costituito in giudizio;

Azienda Ospedaliero-Universitaria Santa Maria della Misericordia di Udine, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avv. Stefano Coen e Federico Rosati, con domicilio eletto presso il primo, in Roma, piazza di Priscilla, 4;

 

nei confronti di

Aster Coop.Soc.Coop., in proprio e quale mandataria dell’A.T.I. con Consorzio Nazionale Servizi Soc. Coop., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avv. Roberto Paviotti, con domicilio eletto presso il suo studio, in Roma, via Canina, 6;

Consorzio Nazionale Servizi Soc. Coop,

Movitrans CTF, Soc. Coop.,

Manutencoop Facility Management s.p.a.,

Coop. Noncello, Soc. Coop. Onlus,

Plurima Spac, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, tutti non costituiti in giudizio;

 

per la riforma

della sentenza del T.A.R. Friuli-Venezia-Giulia, Trieste, Sezione I, n. 841 del 2009, resa tra le parti, di reiezione del ricorso giurisdizionale proposto contro: a) il decreto dell'Amministratore Unico del Centro Servizi Condivisi del 12.11.2008, di approvazione dei verbali di gara e di individuazione del miglior offerente nella procedura aperta indetta per l'affidamento del servizio di logistica e delle attività amministrative ad esso correlate presso l'area attrezzata dell'Interporto Centro Ingrosso di Pordenone; b) il decreto dell'Amministratore Unico del Centro Servizi Condivisi dd. 24.7.2008, con il quale è stata indetta detta gara; c) il bando di gara del 24.7.2008; d) le norme di partecipazione alla gara per la gestione in outsourcing del servizio di logistica per le Aziende sanitarie dell'area pordenonese; e) il Capitolato speciale e tutti i verbali di gara, in particolare il verbale della prima seduta pubblica del 21.10.2008; f) il verbale della riunione della Commissione Tecnica del 27.10.2008; g) il verbale della seconda seduta pubblica, del 3.11.2008, ed i relativi allegati;

Nonché per il risarcimento del danno, sussistendone i presupposti, per una somma totale (per spese sostenute, per la “deminutio” di peso imprenditoriale e per la perdita di chance) di € 1.996.389,00.

Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio della Azienda Ospedaliero-Universitaria Santa Maria della Misericordia di Udine e di Aster Coop.Soc.Coop., in proprio e quale mandataria del dell’A.T.I. con Consorzio Nazionale Servizi Soc. Coop.;

Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;

Visti gli atti tutti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 22 ottobre 2010 il Cons. Antonio Amicuzzi e uditi per le parti gli avvocati Manzi, per delega dell'Avv. Garofalo, Paviotti, e Sanino, per delega dell'Avv. Coen;

Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:

 

FATTO

La società Zanardo Servizi Logistici s.r.l., ha partecipato alla gara a procedura aperta indetta dal Centro Servizi Condivisi del S.S. R. della Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia, ai sensi dell’art. 55 del D. Lgs. n. 163 del 2006, per l’affidamento del servizio di logistica e delle attività amministrative ad esso correlate presso l’area attrezzata dell’Interporto Centro Ingrosso di Pordenone per 66 mesi per presunti € 7.184.305,00 (oltre ad € 8.337.870,00 per estensioni contrattuali), classificandosi al terzo posto in graduatoria.

Ha allora proposto ricorso giurisdizionale al T.A.R. Friuli Venezia Giulia chiedendo l’annullamento del decreto recante la approvazione dei verbali di gara e di individuazione del miglior offerente, dei medesimi verbali, nonché del decreto recante la indizione della gara e della “"lex specialis"” costituita da bando, delle norme di partecipazione e del capitolato speciale, oltre al risarcimento del danno.

A sostegno del gravame ha dedotto che i criteri fissati dalla “"lex specialis"” non erano idonei ad estrinsecare il giudizio valutativo e che la commissione avrebbe illegittimamente omesso di integrarli e specificarli come prescritto dall’art. 83, comma 4 del D.Lgs. n. 12 aprile 2006, n. 163. In secondo luogo ha asserito che le operazioni concorsuali sarebbero state viziate dalla mancanza di una loro verbalizzazione analitica e, in particolare, dall’omessa indicazione dell’orario dell’inizio e della conclusione dei lavori, nonché dalla mancata attestazione in un verbale della Commissione tecnica del rispetto delle misure cautelari adottate per evitare che le buste contenenti le offerte tecniche venissero aperte fino al momento della valutazione del loro contenuto.

Con la sentenza in questa sede appellata il ricorso è stato respinto sia perché l’art. 9, lett. b) delle norme di partecipazione alla gara aveva prestabilito una congrua griglia di criteri e sub-criteri di valutazione, con inapplicabilità dell’ultimo periodo del comma 4 dell’articolo 83 del D. Lgs. n. 163/2006, sia poiché il verbale riportava con sufficiente chiarezza le operazioni svolte per la valutazione delle offerte e perché la mancanza di indicazione in un verbale della Commissione tecnica dell’orario di inizio e di fine della seduta era insuscettibile di infirmare le operazioni gara, non sussistendo irregolarità nella custodia delle buste contenenti le offerte.

Con il ricorso in appello in epigrafe indicato la Zanardo Servizi Logistici s.r.l. ha chiesto l’annullamento di detta sentenza, deducendo i seguenti motivi:

1.- Difetto di motivazione.

Il T.A.R. circa la censura di inadeguatezza del bando e del capitolato nella indicazione delle modalità di attribuzione dei punteggio non ha chiarito le ragioni poste a base della conclusioni cui è pervenuto, essendosi limitato ad elencare sommariamente i criteri e sub criteri di valutazione del bando, invece inidonei a costituire i criteri motivazionali cui fa cenno l’art. 83 del D. Lgs. n. 163 del 2006.

Quanto alla applicabilità del IV comma di detto art. 83, nella versione ante D. Lgs. n. 152 del 2008, il T.A.R. non ha tenuto conto che questo è entrato in vigore dopo la indizione della procedura concorsuale de qua, con applicabilità ad essa della pregressa normativa.

Comunque con il ricorso era stata censurata anche la mancata specificazione nella "lex specialis" di idonei criteri motivazionali per l’attribuzione del punteggio numerico.

2.- Quanto al secondo motivo di ricorso è stato evidenziato che il T.A.R., a fronte della evidenziata omissione di fedele registrazione delle sedute pubbliche, si è limitato a negare l’assunto senza indicarne le ragioni ed erroneamente affermando che la mancata indicazione dell’orario dell’inizio e della fine delle operazioni costituiva al più una mera irregolarità inidonea ad invalidare la procedura.

Quanto alla mancata menzione delle misure di sicurezza, la tesi propugnata dal T.A.R, che la carenza sarebbe stato da considerare un vizio meramente formale che non impingeva sulla legittimità della gara, sarebbe sconfessata dal contenuto del verbale del 3.11.2008.

3.- E’ stata quindi riproposta la domanda di risarcimento del danno, per una somma totale (per spese sostenute, per la deminutio di peso imprenditoriale e per la perdita di chance) di € 1.996.389,00.

Con atto depositato il 20.4.2010 si è costituita in giudizio Azienda Ospedaliero-Universitaria Santa Maria della Misericordia di Udine, che ha genericamente dedotto la infondatezza dell'appello, chiedendone la reiezione.

Con atto depositato il 29.4.2010 si è costituita in giudizio la Aster Coop.Soc.Coop., in proprio e quale mandataria del dell’A.T.I. con Consorzio Nazionale Servizi Soc. Coop., che ha eccepito la inammissibilità e dedotto la infondatezza dell'appello, concludendo per la reiezione.

Con memoria depositata il 5.10.2010 la parte appellante ha ribadito tesi e richieste.

Con memoria depositata l’11.10.2010 la Azienda Ospedaliero-Universitaria Santa Maria della Misericordia di Udine ha dedotto la infondatezza dell’appello, concludendo per la reiezione.

Con memoria depositata il 15.10.2010 la Aster Coop.Soc.Coop., in proprio e quale mandataria del dell’A.T.I. suddetta, ha specificato le ragioni poste a base della dedotta infondatezza dei motivi di appello, concludendo per la declaratoria di inammissibilità o per la reiezione.

Alla pubblica udienza del 22.10.2010 il ricorso è stato trattenuto in decisione alla presenza degli avvocati delle parti come da verbale di causa agli atti del giudizio.

 

DIRITTO

1.- Con il ricorso in appello, in epigrafe specificato, la società Zanardo Servizi Logistici s.r.l., che aveva partecipato alla gara a procedura aperta indetta dal Centro Servizi Condivisi, ai sensi dell’art. 55 del D.Lgs. n. 163 del 2006, per l’affidamento del servizio di logistica e delle attività amministrative ad esso correlate presso l’area attrezzata dell’Interporto Centro Ingrosso di Pordenone, classificandosi al terzo posto in graduatoria, ha chiesto la riforma della sentenza del T.A.R. Friuli-Venezia-Giulia, Trieste, Sezione I, n. 841 del 2009, resa tra le parti, di reiezione del ricorso giurisdizionale proposto contro il decreto dell'Amministratore Unico del citato Centro Servizi del 12.11.2008, di approvazione dei verbali di detta gara e di individuazione del miglior offerente nella procedura aperta, nonché contro gli atti presupposti e connessi in epigrafe indicati.

L’appellante ha anche riproposto la domanda di risarcimento del danno, nell’assunto che sussistessero i presupposti del nesso di causalità tra il comportamento della stazione appaltante ed il danno subito, consistente sia nelle spese sostenute per partecipare alla gara (danno emergente) e nel mancato ottenimento dei benefici, non solo economici che avrebbe ottenuto se ritenuta aggiudicataria dell'appalto (lucro cessante), nonché la colpa della stazione suddetta per aver adottato atti contrari a principi di correttezza e di buona amministrazione. Le somme quindi dovute per spese sostenute, per la “deminutio” di peso imprenditoriale e per la perdita di chance ammonterebbero ad un totale di € 1.996.389,00.

2.- Con il primo motivo di appello è stato prospettato il vizio di difetto di motivazione.

2.1.- Il T.A.R., con riguardo alla censura di inadeguatezza del bando e del capitolato nell’indicazione delle modalità di attribuzione del punteggio, non avrebbe chiarito le ragioni poste a base della conclusioni cui è pervenuto, essendosi limitato ad elencare sommariamente i criteri e sub criteri di valutazione previsti dal bando, ritenendoli per ciò solo sufficienti. Ma detti criteri erano, secondo l’appellante, inidonei a costituire i criteri motivazionali cui fa cenno l’art. 83 del D. Lgs. n. 163 del 2006, perché insufficienti a rendere manifesto l’iter logico giuridico seguito per l’attribuzione del punteggio numerico; il richiamo ai criteri e sub criteri prefissati sarebbe sufficiente solo quando essi siano estremamente dettagliati, altrimenti, al fine di esporre l’iter logico seguiti nei verbali, devono essere esposti elementi idonei a chiarire la valenza del punteggio e le ragioni dell’apprezzamento espresso numericamente.

Nel caso che occupa detti criteri e sub criteri erano troppo ampi ed il prospetto riepilogativo si è limitato a distribuire i punteggi senza aggiungere nulla rispetto alle scelte fatte e senza che queste potessero trovare spiegazione sulla base di quanto indicato negli atti di gara.

Osserva in proposito la Sezione che appare condivisibile l’assunto del Giudice di prime cure che ha rilevato come l’art. 9, lett. b), delle norme di partecipazione alla gara aveva prestabilito una congrua griglia di criteri e sub-criteri di valutazione, suddividendo il punteggio complessivo in 14 punteggi parziali, riflettenti 14 diversi parametri tecnici, con previsione idonea a limitare la discrezionalità della Commissione tecnica in relazione alla valutazione qualitativa delle offerte e quindi a suffragare adeguatamente la motivazione dei giudizi qualitativi, tradotta in punteggi numerici.

Infatti con riferimento alla parametro qualità, per il quale era attribuibile il punteggio massimo di 60 punti, sono state indicate sei voci, in particolare: a) avviamento a del servizio, modalità e tempistica, con attribuibilità del punteggio massimo di 4 punti; b) erogazione del servizio, con attribuibilità massima di 20 punti; c) infrastruttura tecnica e tecnologica, con attribuibilità massima di 8 punti; d) personale, con attribuibilità massima di 10 punti; e) certificazione qualità e modalità di autocontrollo, con attribuibilità massima di 4 punti; f) proposte aggiuntive, con attribuibilità massima di 14 punti

Per la prima di dette sei voci le norme di partecipazione alla gara de qua hanno indicato due sottovoci, per la seconda quattro sottovoci, per la terza due sottovoci, per la quarta tre sottovoci, per la quinta una sottovoce e per la sesta due sottovoci; per ciascuna di esse sottovoci, che può ritenersi congrua espressione delle caratteristiche salienti del servizio da valutare, è stato indicato il punteggio massimo attribuibile.

Una così articolata specificazione dei criteri e sub criteri di attribuzione del punteggio costituiva certamente espressione sufficientemente specifica del peso di ciascun criterio di valutazione, considerato che la valutazione delle offerte era regolata anche da altre disposizioni di gara, sicché i parametri in questione correttamente sono stati considerati dal primo Giudice sufficientemente esplicativi dei criteri che la Commissione di gara doveva seguire per l’attribuzione del punteggi, costituendo opportuni ed adeguati criteri per la modulazione del punteggio da assegnare ad ogni singolo elemento nei limiti del punteggio massimo stabilito nei documenti di gara.

Può quindi convenirsi con il Giudice di primo grado che dalla dettagliata scheda dei punteggi emergeva incontestabilmente una puntuale applicazione della "lex specialis" per tutti i parametri di giudizio da essa fissati, relativamente ai punteggi parziali ed a quelli complessivi per il fattore qualità e che non erano ravvisabili nel caso di specie indici sintomatici di un cattivo uso del potere sotto il profilo della illogicità manifesta e della erroneità dei presupposti.

2.2.- E’ sostenuto inoltre nel motivo di appello in esame, quanto alla applicabilità dell’art. 83, IV c., del D. Lgs. n. 163 del 2006 nella versione antecedente alla pubblicazione del D. Lgs. n. 152 del 2008, che il T.A.R. non ha tenuto conto che questo è entrato in vigore dopo la indizione della procedura concorsuale de qua, sicché, non essendo stata dettata un apposita disciplina transitoria, sarebbe stata applicabile ad essa la vecchia normativa.

Osserva il Collegio che il Giudice di prime cure ha escluso la applicabilità, nel caso di specie, dell’ultimo periodo del comma IV dell’articolo 83 del D. Lgs. n. 163 del 2006, sia per insussistenza della necessità di ulteriore specificazione dei criteri di valutazione e sia perché le operazioni di gara sono iniziate il giorno 21 ottobre 2008: a tale data, per effetto del D. Lgs. 11 settembre 2008, n. 152, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 231 del 2 ottobre 2008, detta disposizione non era più in vigore perché soppresso dalla lettera u) del comma I del suddetto decreto n. 152 del 2008.

La censura non è, ad avviso della Sezione, suscettibile di favorevole valutazione, atteso che, anche se fosse stata in vigore la risalente versione dell'art. 83, IV c., del D. Lgs. n. 163 del 2006, poi soppressa da parte dell'art. 1, del D. Lgs. 11 settembre 2008 n. 152 (che consentiva alle commissioni di gara di fissare, prima dell'apertura delle buste contenenti le offerte, i criteri motivazionali per l'attribuzione a ciascun criterio o sottocriterio di valutazione il punteggio tra il minimo ed il massimo indicati nel bando), comunque, in presenza di una "lex specialis" che aveva, come nel caso di specie, preventivamente prefissato puntuali criteri di valutazione, articolati in voci e sottovoci, idonei a configurare parametri di valutazione della offerta tecnica di per sé sufficienti e non necessitanti di ulteriori specificazioni da parte della Commissione, nessuna censura poteva essere a questa formulata per non aver redatto criteri e sub criteri integrativi.

Non può ritenersi che la Commissione fosse comunque tenuta a formulare criteri di massima per l’assegnazione dei punteggi se già le prescrizioni della “lex specialis” recavano indicazioni tali da comportare trasparenza sulle modalità con le quali dovevano essere applicati gli elementi valutativi predeterminati nel capitolato.

2.3.- Le considerazioni che precedono consentono di non condividere l’ulteriore censura contenuta nel motivo di appello in esame, che con il ricorso era stata censurata l’intera normativa di gara, quindi anche la mancata specificazione nella lex specialis di idonei criteri motivazionali per l’attribuzione del punteggio numerico, essendo invece, come in precedenza evidenziato, detti criteri più che idonei .

3.- Con il secondo motivo di appello è stato evidenziato che il T.A.R., a fronte della evidenziata omissione di fedele registrazione delle sedute pubbliche, senza precisazione dell’orario di inizio e conclusione delle stesse e delle misure cautelari adottate perché le buste contenenti le offerte tecniche non venissero aperte fino al momento della valutazione del loro contenuto, si era limitato a negare l’assunto senza indicarne le ragioni, mediante un mero richiamo delle operazioni compiute del tutto insufficiente e affermando che la mancata indicazione dell’orario dell’inizio e della fine delle operazioni costituiva al più una mera irregolarità inidonea ad invalidare la procedura. Viceversa costituirebbe principio consolidato che la mancata verbalizzazione costituisce la forma necessaria degli atti collegiali, che, in difetto, non potrebbero dirsi giuridicamente esistenti; anche se il verbale non deve contenere la indicazione minuta di ogni singola attività, tuttavia deve contenere i passaggi più importanti, con un contenuto minimo dal quale non può mancare la indicazione della durata delle operazioni, che costituisce elemento essenziale per fornire a coloro che non hanno partecipato alle sedute un indice significativo ai fini della valutazione del comportamento dell'Amministrazione in termini di correttezza e trasparenza, non risultando quale altro elemento, oltre al tempo, possa fornire la prova di una adeguata valutazione delle offerte.

Considera la Sezione che il primo Giudice ha respinto il secondo motivo di ricorso innanzi tutto nell’assunto che il verbale riportava con sufficiente chiarezza le operazioni svolte per la valutazione delle offerte e che la mancanza di indicazione nel verbale della Commissione tecnica del 27 ottobre 2008 dell’orario di inizio e di fine della seduta era insuscettibile di infirmare le operazioni gara, in quanto non atteneva ad aspetti dell’azione amministrativa la cui conoscenza risultasse necessaria per poterne verificare la correttezza e potrebbe, al più, essere considerata come una mera irregolarità, considerato anche che il verbale dava atto che il presidente aveva dato corso alla lettura della documentazione tecnica contenenti le specifiche tecniche/organizzative del servizio proposto, richiedente molto tempo.

La giurisprudenza formatasi al riguardo, e condivisa dalla Sezione, afferma in proposito che l'indicazione della durata delle operazioni verbalizzate (e, quindi, dell'orario di inizio e di chiusura della seduta collegiale) in alcuni casi può essere considerato un elemento essenziale (ad esempio, per i verbali delle commissioni di concorso, perché tale dato può essere necessario per controllare la ponderatezza delle relative determinazioni); in altri casi, cioè nelle ipotesi in cui si evince altrimenti che la valutazione è stata attenta e ponderata può risultare, invece, superflua (Consiglio Stato, sez. VI, 14 aprile 2008, n. 1575).

In sostanza le lacune del verbale possano causare l'invalidità dell'atto verbalizzato solo nel caso in cui esse riguardino aspetti dell'azione amministrative la cui conoscenza risulti necessaria per poterne verificare la correttezza, mentre quelle che riguardano aspetti diversi e non determinanti nei sensi di cui sopra danno invece luogo a mere irregolarità formali non idonee a comportare l’illegittimità dell’atto che tali omissioni presenti.

Nel caso che occupa la mancata indicazione dell’orario di inizio e di fine della seduta del 27.10.2009 non era idonea a comportarne la illegittimità, atteso che la lettura della documentazione tecnica contenente le specifiche tecniche ed organizzative dei servizi proposti, come da verbale che di tanto dava atto, era indice di valutazione ponderata della documentazione de qua, con irrilevanza della mancata indicazione della ora di inizio e conclusione della seduta, non essendo stato provato ed anzi risultando “per tabulas” che comunque il tempo dedicato alla disamina di detta documentazione non poteva essere stato palesemente insufficiente, considerato che la lettura dei citati articolati e numerosi atti aveva richiesto tempi certamente rilevanti.

Tanto esclude che la cesura in esame possa essere oggetto di positiva valutazione.

2.1.- Quanto alla mancata menzione delle misure di sicurezza, deduce l’appellante che l’assunto del T.A.R., che, in assenza di considerazioni al riguardo nei verbali, la carenza sarebbe stata classificabile come vizio meramente formale che non impingeva sulla legittimità della gara (in assenza di adduzione di elementi di prova circa la violazione del principio di segretezza), sarebbe sconfessato dal contenuto del verbale del 3.11.2008, in cui si da atto che solo la busta n. 3 era chiusa, senza nulla dire riguardo alla busta n. 2, nonostante che della adozione di tutte le misure cautelari debba essere dato conto al fine di assicurare l’ordinato svolgimento delle operazioni. Secondo la società appellante la integrità delle buste non avrebbe potuto nemmeno dedursi, a contrario, dalla osservazione che se fossero state manomesse il Presidente lo avrebbe fatto rilevare, perché dal silenzio non può desumersi alcunché. Il solo sospetto che idonee misure cautelari non siano state adottate sarebbe quindi sufficiente ad invalidare l’operato della stazione appaltante, a nulla valendo che “ex post” sia risultato che non vi è stata alcuna violazione dell’obbligo di segretezza, dovendo l’interesse pubblico al corretto svolgimento delle gare essere assicurato in astratto e preventivamente.

Osserva il Collegio che il Giudice di primo grado ha al riguardo sostenuto che nel primo verbale della commissione amministrativa era stato dato atto che le buste dei concorrenti contrassegnate con il n. 2 erano state inviate chiuse alla commissione tecnica e che la mancanza di irregolarità era comprovata anche dal verbale del 27.10.2008, ove si diceva che il Presidente aveva fatto disporre sul tavolo dei lavori i plichi fatti pervenire dalle ditte partecipanti, senza ulteriori considerazioni. Inoltre dai verbali delle due commissioni di cui si è detto si rilevava che le buste n. 2 di tutti i concorrenti sono state rinvenute chiuse dalla commissione di gara all’atto dell’apertura del plico sigillato contenente tutte e tre le buste, che le suddette buste erano state inviate ancora chiuse dalla commissione di gara alla commissione tecnica e che quando sono state disposte sul tavolo dei lavori le buste stesse erano ancora chiuse. Comunque la circostanza è stata ritenuta inidonea a determinare la illegittimità delle operazioni di gara, non essendo stato addotto alcun elemento di prova idoneo a suffragare la violazione in concreto del principio di segretezza.

Ritiene al riguardo la Sezione di non poter apprezzare favorevolmente la censura relativa alla mancata indicazione delle cautele concretamente adottate al fine di garantire la segretezza delle offerte, sia in quanto genericamente dedotta (senza alcun concreto riferimento alle presunte insufficienti modalità ed alle conseguenti ricadute negative sulla regolarità della gara), sia alla luce del preminente orientamento, condiviso dal Collegio, a tenore del quale la mancata dettagliata indicazione nei verbali di gara delle specifiche modalità di custodia dei plichi e degli strumenti utilizzati per garantire la segretezza delle offerte non costituisce di per sé motivo di illegittimità del verbale e della complessiva attività posta in essere dalla commissione di gara, dovendo invece aversi riguardo al fatto che, in concreto, non si sia verificata l'alterazione della documentazione (cfr. Consiglio di Stato, sezione IV, 5 ottobre 2005, n. 5360; sez. V, 20 settembre 2001, n. 4973, sez. V, 10 maggio 2005, n. 2342 e sezione V, 25 luglio 2006, n. 4657).

Il Collegio non ignora l’orientamento giurisprudenziale secondo il quale la tutela della integrità dei plichi contenenti gli atti di gara deve essere assicurata in astratto e che è quindi sufficiente che la documentazione di gara sia stata sottoposta a rischio di manomissione per ritenere invalide le operazioni di gara (Consiglio Stato, Sezione V, 6 marzo 2006, n. 1068 e 21 maggio 2010, n. 3203), ma ritiene tale rigoroso e formalistico indirizzo , quanto al caso di specie, non risponda al criterio di logicità e buon andamento cui deve uniformarsi l’attività della P.A., considerato anche che parte appellante non ha fornito il minimo principio di prova della eventuale manomissione dei plichi o quanto meno di un concreto pericolo di manomissione.

In conclusione, nel caso in esame, in cui la ricorrente ha invero invocato la mancanza di idonee cautele a salvaguardia dell'integrità dei plichi insinuando il generico sospetto dì condotte idonee ad inquinare lo svolgimento della procedura (sulla base della non significativa osservazione che nel verbale del 3.11.2008 si dava atto che la busta n. 3 era chiusa, senza nulla dire riguardo alla busta n. 2), senza tuttavia dedurre alcuna altra circostanza oggettiva suscettibile di generare il ragionevole dubbio circa la sussistenza di uno scorretto e negligente assolvimento del dovere di custodia dei plichi contenenti le offerte da parte della commissione di gara, ritiene il Collegio che costituirebbe inutile e formalistica decisione quella di annullare la gara solo sulla base della considerazione che non è stato dato atto a verbale della adozione di misure idonee a contrastare la astratta possibilità che le buste in questione venissero manomesse, circostanza peraltro da escludere in concreto in base alle considerazioni in punto di fatto contenute nella appellata sentenza.

4.- Alla infondatezza dei motivi di appello consegue la inaccoglibilità della domanda di risarcimento danni (per spese sostenute, per la “deminutio” di peso imprenditoriale e per la perdita di chance, assuntamente ammontanti ad € 1.996.389,00), non essendo stato dimostrato il nesso di causalità tra i danni lamentati dal ricorrente e l'attività illegittima della P.A., considerato che l'illegittimità del provvedimento impugnato è, comunque, secondo condivisa giurisprudenza, condizione necessaria, ancorché non sufficiente, per accordare il risarcimento del danno, sicché l'infondatezza della domanda di annullamento comporta inevitabilmente il rigetto di quella risarcitoria (Consiglio Stato, sez. VI, 30 settembre 2008, n. 4702).

In applicazione del principio della pregiudiziale amministrativa è infatti ammissibile, ma infondata nel merito, la domanda di risarcimento danni che non sia stata preceduta dall'annullamento dell'atto asseritamente illegittimo, che tale danno avrebbe provocato, atteso che la sua mancata impugnazione gli consente di operare in modo precettivo dettando la regola del caso concreto, autorizzando la produzione dei relativi effetti ed imponendone l'osservanza ai consociati ed impedisce così che il danno possa essere considerato ingiusto o illecita la condotta tenuta dall'Amministrazione in esecuzione dell'atto inoppugnato (Consiglio Stato, sez. IV, 31 marzo 2009, n. 1917).

5.- L’appello deve essere conclusivamente respinto e deve essere confermata la prima decisione.

6.- La complessità delle questioni trattate, nonché la peculiarità e la novità del caso, denotano la sussistenza delle circostanze di cui all’art. 92, II c., del c.p.c., come modificato dall’art. 45, XI c., della L. n. 69 del 2009, che costituiscono ragione sufficiente per compensare fra la parti le spese del presente grado di giudizio.

 

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, respinge l’appello in esame.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 22 ottobre 2010 con l'intervento dei magistrati:

Pier Giorgio Trovato, Presidente

Marco Lipari, Consigliere

Roberto Capuzzi, Consigliere

Francesca Quadri, Consigliere

Antonio Amicuzzi, Consigliere, Estensore

  

L'ESTENSORE  IL PRESIDENTE

   

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 22/02/2011

 

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