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TAR Lazio, sez. II ter, 4/2/2011 n. 1077
Nessuna norma obbliga gli enti locali a preferire la modalità dell'affidamento all'esterno rispetto a quella della gestione diretta, sempre che il servizio pubblico sia privo di rilevanza economica.

Nessuna norma obbliga gli enti locali a preferire la modalità dell'affidamento all'esterno rispetto a quella della gestione diretta, sempre che il servizio pubblico sia privo di rilevanza economica.
Pertanto, nel caso di specie, considerati i ridotti margini di profitto indicati dalla stessa ricorrente (contenuti nell'ordine di circa 7.000 euro) - non può dubitarsi che il servizio pubblico locale oggetto della deliberazione impugnata sia privo di rilevanza economica. Sicché, tenuto conto delle caratteristiche del servizio e delle sue modeste dimensioni, deve ritenersi che il consiglio comunale, ai sensi dell'art. 113 bis del Tuel, avesse il potere di preferire la formula della gestione diretta rispetto a quella dell'affidamento a soggetti esterni all'amministrazione. In effetti, in un comune, come quello di specie, di non eccessiva grandezza, il servizio di illuminazione votiva cimiteriale richiede, di regola, l'impegno periodico di una persona (o al massimo due) e una spesa annua non rilevante. In un tale contesto, oltre tutto, il procedimento di indizione di una gara pubblica finirebbe per comportare un costo, in termini di impiego di risorse umane e strumentali, ben maggiore rispetto a quello conseguente alla gestione diretta del servizio.


Materia: servizi pubblici / affidamento e modalità di gestione

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda Ter)

ha pronunciato la presente

 

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 4295 del 2010, proposto da:

Soc Romana Luminex di T & C Morandini Snc, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avv. Leonardo Limberti, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Chiara Izis in Roma, via Francesco Denza, 20;

 

contro

Comune di Castel Madama, in persona del Sindaco in carica, rappresentato e difeso dagli avv. Maria Teresa Desideri e Arturo Salerni, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in Roma, viale Carso, 23;

 

per l'annullamento

- della deliberazione C.C. n. 5 del 12 febbraio 2010 avente ad oggetto “Servizio pubblico lampade votive. Determinazione modalità di gestione”;

 

- di ogni altro atto connesso.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Castel Madama;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 7 dicembre 2010 il Primo Ref. Daniele Dongiovanni e uditi, ai preliminari, l’avv. Limberti per la ricorrente e l’avv. Salerni per il Comune resistente;

 

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO

La società ricorrente ha gestito, dal 1994, il servizio di illuminazione votiva nel cimitero comunale del Comune di Castel Madama, attraverso la stipula di convenzioni con scadenza ultima fissata al 9 novembre 2009.

 

In ragione di ciò, l’amministrazione resistente, con deliberazione C.C. n. 5 del 12 febbraio 2010, ha deciso di gestire il servizio di che trattasi mediante l’utilizzo di risorse e personale dello stesso Comune (in particolare, per quanto riguarda l’attività operativa di gestione e quella di riscossione dei relativi canoni).

 

Avverso tale atto, ed ogni altro a questo connesso, ha proposto impugnativa la società interessata chiedendone l’annullamento per il seguente articolato motivo:

 

- violazione e/o falsa applicazione degli artt. 113 e 113 bis del D.lgs n. 267/2000; violazione e falsa applicazione dell’art. 23 bis del DL n. 112 del 2008; difetto assoluto di motivazione; violazione e falsa applicazione degli artt. 3 e 7 della legge n. 241 del 1990; violazione del principio del giusto procedimento e del principio del buon andamento di cui all’art. 97 Cost.; eccesso di potere per difetto di motivazione; difetto di istruttoria e dei presupposti.

 

Il Comune resistente ha assunto la gestione diretta del servizio di illuminazione votiva sul presupposto che si tratta di un servizio privo di rilevanza economica tale da consentire l’applicazione dell’art. 113 bis del D.lgs n. 267 del 2000.

 

Tale assunto è stato giustificato dal fatto che gli introiti derivanti da tale attività gestoria fossero di modestissima entità quando invece la giurisprudenza (contabile ed amministrativa) ha più volte affermato che la rilevanza economica di un servizio deve essere valutata in ragione del fatto che la gestione stessa genera una redditività ovvero tende ad assicurare un equilibrio tra costi e ricavi.

 

Nel caso di specie, proprio perché l’attività di che trattasi ha i caratteri della redditività tanto da assicurare in passato alla ricorrente un utile di gestione seppure modesto (a fronte di ricavi per euro 26.352,60, la ricorrente ha corrisposto un aggio al Comune di euro 18.151,67), alla fattispecie in esame deve applicarsi la disciplina di cui all’art. 23 bis del decreto legge n. 112 del 2008 (convertito in legge n. 133 del 2008) che non ammette, per i servizi a rilevanza economica, la gestione in economia da parte dell’ente interessato, bensì l’affidamento a terzi tramite procedura ad evidenza pubblica ovvero ad una società interamente pubblica sulla base dei presupposti dell’in house providing.

 

Si è costituito in giudizio il Comune di Castel Madama per resistere al ricorso.

 

In prossimità della trattazione del merito, le parti hanno depositato memorie.

 

La ricorrente ha insistito per l’accoglimento del gravame mentre il Comune resistente, dopo aver richiamato ampia giurisprudenza sul punto, ne ha chiesto il rigetto perché infondato nel merito (in particolare, sull’assunto che il servizio di che trattasi è privo di rilevanza economica con conseguente applicazione dell’art. 113 bis del D.lgs n. 267 del 2000).

 

Alla pubblica udienza del 7 dicembre 2010, la causa è stata trattenuta dal Collegio per la decisione.

 

DIRITTO

 

1. Il Collegio è dell’avviso che la prospettazione della ricorrente non sia condivisibile.

 

L’articolo 113 bis del testo unico degli enti locali, approvato con decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, stabilisce che – con riguardo ai servizi pubblici locali privi di rilevanza economica – oltre all’affidamento diretto a istituzioni, aziende speciali e società a capitale interamente pubblico (comma 1, lett. a, b, e c), “è consentita la gestione in economia quando, per le modeste dimensioni o per le caratteristiche del servizio, non sia opportuno procedere ad affidamento ai soggetti di cui al comma 1” (comma 2).

 

Come ha sottolineato il Consiglio di Stato (cfr. da ultimo, proprio con riferimento ad un servizio di illuminazione votiva, sez. V, 26 gennaio 2011, n. 552), nessuna norma obbliga gli enti locali a preferire la modalità dell’affidamento all’esterno rispetto a quella della gestione diretta, sempre che il servizio pubblico sia privo di rilevanza economica (sez. V, 04 maggio 2004 , n. 2726).

 

Con riguardo al caso in esame - considerati i ridotti margini di profitto indicati dalla stessa ricorrente (contenuti nell’ordine di circa 7.000 euro) - non può dubitarsi che il servizio pubblico locale oggetto della deliberazione impugnata sia privo di rilevanza economica (cfr, sul concetto di rilevanza economica del servizio, Cons. St., sez. V, 10 settembre 2010, n. 6529).

 

Sicché, tenuto conto delle caratteristiche del servizio e delle sue modeste dimensioni, ben evidenziate nella motivazione della deliberazione impugnata, deve ritenersi che il Consiglio comunale, ai sensi della richiamata disposizione, avesse il potere di preferire la formula della gestione diretta rispetto a quella dell’affidamento a soggetti esterni all’amministrazione.

In effetti, come ha osservato il Consiglio di Stato nella decisione n. 552/2011, in un comune, come quello di specie, di non eccessiva grandezza, il servizio di illuminazione votiva cimiteriale richiede, di regola, l’impegno periodico di una persona (o al massimo due) e una spesa annua non rilevante. In un tale contesto, oltre tutto, il procedimento di indizione di una gara pubblica finirebbe per comportare un costo, in termini di impiego di risorse umane e strumentali, ben maggiore rispetto a quello conseguente alla gestione diretta del servizio.

 

2. In conclusione, il ricorso va respinto.

 

3. Le spese di giudizio possono essere compensate tra le parti del giudizio, anche in considerazione delle oscillazioni registrate sul punto nella giurisprudenza.

 

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda Ter), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nelle camere di consiglio del giorno 7 dicembre 2010 e 2 febbraio 2011 con l'intervento dei magistrati:

Maddalena Filippi, Presidente

Maria Cristina Quiligotti, Consigliere

Daniele Dongiovanni, Primo Referendario, Estensore

   

L'ESTENSORE  IL PRESIDENTE

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 04/02/2011

 

IL SEGRETARIO

 

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

 

 

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