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TAR Marche, 30/4/2011 n. 276
Sulla legittimità della revoca dell'aggiudicazione dell'appalto, per ragione di pubblico interesse, nei confronti di un'impresa il cui legale rappresentante abbia riportato una condanna per il reato di aggiotaggio.

E' legittimo il provvedimento con il quale il Comando Provinciale dei Vigili del Fuoco ha revocato l'aggiudicazione dell'appalto triennale del servizio di pulizia delle varie sedi dello stesso comando, per ragione di pubblico interesse nei confronti di un'impresa il cui legale rappresentante abbia riportato una condanna per il reato di aggiotaggio. Il suddetto reato, infatti, benché non rientrante fra quelli nominativamente menzionati dall'art. 38, let. c) del d.lvo n. 163 del 2006, stante la latitudine della clausola contenuta nella prima parte della norma di cui al summenzionato art. 38, lett. c), è un reato commesso in danno dello Stato (per la precisione, contro l'economia nazionale) e certamente qualificabile come grave. Quanto alla incidenza del reato in questione sulla moralità professionale della ditta, deve essere valutata di volta in volta, salvo il caso che non si tratti di violazioni di norme sulla sicurezza nei luoghi di lavoro o di fattispecie in cui il reato riguarda proprio l'oggetto dell'appalto. Ma nel procedere all'esegesi ed all'applicazione della norma non si può in radice negare la incidenza sulla moralità professionale della ditta per il solo fatto che il reato è stato commesso dal legale rappresentante dell'impresa nella sua veste di privato cittadino. Non si può infatti costringere la Pubblica Amministrazione a contrattare con imprese i cui legali rappresentanti (ossia i soggetti che di fatto personificano le ditte nei rapporti con la P.A.) abbiano in qualche modo macchiato la propria reputazione morale, avendo commesso reati che riguardano, anche in senso lato, settori rilevanti della vita associata.

Materia: appalti / requisiti di partecipazione

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per le Marche (Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

 

SENTENZA

ex art. 60 cod. proc. amm.;

sul ricorso numero di registro generale 364 del 2011, proposto da:

Societa' Pulitori ed Affini S.p.A., rappresentata e difesa dagli avv. Andrea Galvani, Francesco Massa, con domicilio eletto presso l’Avv. Andrea Galvani, in Ancona, corso Mazzini, 156;

 

contro

Ministero dell'Interno - Comando Provinciale dei Vigili del Fuoco di Ancona, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliato per legge presso la sede della stessa, in Ancona, piazza Cavour, 29;

 

nei confronti di

Societa' Lux S.r.l., non costituita;

 

per l'annullamento

del provvedimento di revoca dell’aggiudicazione dell’appalto servizio triennale di pulizia presso il Comando Provinciale Vigili del Fuoco di Ancona, nonché di ogni altro atto presupposto, connesso e/o consequenziale.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno - Comando Provinciale dei Vigili del Fuoco di Ancona;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 21 aprile 2011 il dott. Tommaso Capitanio e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Sentite le stesse parti ai sensi dell'art. 60 cod. proc. amm.;

 

1. La società ricorrente impugna il provvedimento con il quale il Comando Provinciale dei Vigili del Fuoco di Ancona ha revocato, per ragione di pubblico interesse, l’aggiudicazione dell’appalto triennale del servizio di pulizia delle varie sedi dello stesso comando.

 

A base dell’atto di autotutela, vi è la nota ministeriale del 27/1/2011, con cui l’Autorità centrale ha impartito ai comandi periferici le disposizioni in merito ai provvedimenti da assumere nei riguardi della ditta ricorrente, rimasta aggiudicataria di numerosi appalti analoghi a quello per cui è causa, e ciò in ragione del fatto che il legale rappresentante della ditta è stato condannato per il reato di aggiotaggio nel 2008.

Al riguardo, il Ministero ha acquisito un parere dall’Avvocatura Generale dello Stato, la quale ha ritenuto il reato di cui sopra ostativo alla partecipazione alle gare ad evidenza pubblica.

 

2. La ricorrente contesta l’operato dell’amministrazione per i seguenti motivi:

- la condanna in questione è stata lealmente dichiarata in sede di domanda di partecipazione alla gara;

- pertanto, il fatto che la ditta sia stata ammessa alla licitazione implica che il reato in questione è stato ritenuto non incidente sulla moralità professionale dell’impresa (oltre che, ovviamente, non ricompreso fra quelli menzionati espressamente dall’art. 38, let. a), del D.Lgs. n. 163/2006);

 

- il parere dell’Avvocatura erariale concerneva specificamente l’eventuale esclusione dalle gare della ditta e non anche la revoca delle aggiudicazioni già intervenute. Inoltre, il parere si riferisce all’ipotesi in cui la condanna non sia stata dichiarata in sede di gara, ma accertata autonomamente dalla stazione appaltante;

 

- il provvedimento di autotutela, in pratica, è stato assunto direttamente dal Ministero, per cui la partecipazione al procedimento svolto dal Comando Provinciale di Ancona è stata solo simbolica. Inoltre, il riesame non è stato svolto dallo stesso organo di gara che aveva a suo tempo ammesso la ditta alla gara (violazione del principio del contrarius actus);

 

- la revoca presupponeva una valutazione autonoma dell’autorità aggiudicatrice;

 

- nel merito, il reato in argomento non rientra fra quelli che incidono sulla moralità professionale del concorrente, sia in generale, sia nel caso di specie (in relazione: alla tenuità del fatto; alla circostanza che esso è stato commesso dal legale rappresentante al di fuori dell’attività lavorativa e che quindi non sussiste alcun rischio per la stazione appaltante con riguardo alla corretta esecuzione dell’appalto; al fatto che sono trascorsi oltre cinque anni dalla commissione del reato stesso). Il che è stato già affermato, proprio con specifico riguardo alla vicenda, da alcuni pronunciamenti cautelari del giudice amministrativo (TAR Piemonte, ord. n. 162/2011; TAR Milano, decreto n. 522/2011) e da provvedimenti di altre stazioni appaltanti che hanno ammesso la ditta a gare analoghe (ad esempio, l’Azienda Milanese Servizi Ambientali o l’AMIU di Genova).

 

Le predette censure investono anche i provvedimenti ministeriali presupposti e l’eventuale atto con cui, a seguito di “scorrimento” della graduatoria, l’appalto sia stato aggiudicato alla seconda graduata.

 

3. Il ricorso va respinto, per le ragioni che si vanno ad indicare.

 

3.1. Innanzitutto non è di per sé censurabile il fatto che il Comando dei Vigili del Fuoco di Ancona abbia recepito (per relationem, potrebbe dirsi) le istruzioni ministeriali, e ciò in quanto:

 

- per un verso, trattandosi di un Comando periferico del Ministero dell’Interno, non poteva che adottare l’univoca linea di condotta stabilita a livello centrale, risultando abbastanza singolare che, nell’ambito della stessa amministrazione, i vari uffici periferici adottino provvedimenti diversi in merito alla stessa fattispecie;

 

- per altro e decisivo verso, poiché l’approvazione dei contratti compete all’organo centrale, l’eventuale diversa decisione del Comando di Ancona non sarebbe stata avallata in sede di approvazione (e quindi l’interesse sostanziale della ricorrente sarebbe stato comunque leso).

 

3.2. Ugualmente infondate sono le altre censure tese ad evidenziare la lesione del legittimo affidamento. Ed infatti:

- non rileva di per sé il fatto che la ditta ricorrente fosse stata regolarmente ammessa alla gara, visto che l’autorità che approva il contratto ha sempre il potere di rivedere la regolarità degli atti del procedimento prima di adottare il decreto di approvazione (nonché, come riconosciuto dalla giurisprudenza, di valutare la perdurante sussistenza del pubblico interesse all’esecuzione del contratto);

- non è trascorso un lasso di tempo eccessivo fra la data dell’aggiudicazione definitiva e quella di adozione del provvedimento di revoca;

- in ogni caso, l’art. 26 del contratto (ribadendo le prescrizioni di cui agli artt. 11, comma 11, e 12 del D.Lgs. n. 163/2006) stabilisce che, nei riguardi dell’amministrazione, il contratto acquista efficacia solo a seguito di approvazione e di registrazione del relativo decreto, per cui l’aggiudicatario è consapevole ab initio della “precarietà” della propria posizione fino a che non intervenga l’approvazione (e al riguardo, l’art. 12 del D.Lgs. n. 163/2006 impone che l’approvazione intervenga entro termini certi, in modo da non prolungare eccessivamente questa situazione di “precarietà”).

 

4. Si deve quindi passare all’esame del punto centrale e sostanziale della vicenda, ossia se il reato per il quale il legale rappresentante della società Pulitori e Affini è stato condannato nel 2008 possa essere considerato incidente sulla moralità professionale della ditta.

Al riguardo, il Collegio osserva che:

- per un verso, la difesa della ricorrente è nel giusto nel momento in cui evidenzia che il reato de quo non rientra fra quelli nominativamente menzionati dall’art. 38, let. c). Ma questo di per sé non vuol dire nulla, stante la latitudine della clausola contenuta nella prima parte della norma (“…reati gravi in danno dello Stato o della Comunità che incidono sulla moralità professionale…”);

- per altro verso, è evidente che, in termini astratti, il reato di aggiotaggio è un reato commesso in danno dello Stato (per la precisione, contro l’economia nazionale) e certamente qualificabile come “grave”. In concreto, poi, costituisce fatto notorio che la vicenda alla quale inerisce la condanna inferta al legale rappresentante della ricorrente ha avuto notevole rilevanza sociale ed economica, avendo coinvolto numerosi soggetto e comportato movimenti ingenti di capitali;

- riguardo l’incidenza del reato in questione sulla moralità professionale della ditta ricorrente, va premesso che l’individuazione di questo nesso rappresenta molto spesso l’aspetto più problematico della questione. Ed infatti, salvo il caso che non si tratti di violazioni di norme sulla sicurezza nei luoghi di lavoro o di fattispecie in cui il reato riguarda proprio l’oggetto dell’appalto (si pensi, ad esempio, alle condanne per violazioni della normativa sulla corretta gestione dei rifiuti, le quali certamente inibiscono la partecipazione alle gare per l’aggiudicazione del servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti solidi urbani alle ditte i cui legali rappresentanti e/o direttori tecnici abbiano subito condanne del genere), l’incidenza va valutata di volta in volta. Ma nel procedere all’esegesi ed all’applicazione della norma non si può in radice negare l’incidenza sulla moralità professionale della ditta per il solo fatto che il reato è stato commesso dal legale rappresentante dell’impresa nella sua veste di privato cittadino. Non si può infatti costringere la pubblica amministrazione a contrattare con imprese i cui legali rappresentanti (ossia i soggetti che di fatto personificano le ditte nei rapporti con la P.A.) abbiano in qualche modo macchiato la propria reputazione morale, avendo commesso reati che riguardano, anche in senso lato, settori rilevanti della vita associata (ad esempio, la tutela dell’ambiente, l’economia, etc.).

Per il resto, il Collegio condivide le argomentazioni rassegnate al riguardo dall’Avvocatura dello Stato nella memoria difensiva del 18 aprile 2011.

 

5. Per quanto precede, il ricorso va respinto.

Sussistono tuttavia giuste ragioni per disporre l’integrale compensazione delle spese fra le parti costituite, trattandosi di questione di non immediata e agevole risoluzione.

 

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per le Marche (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Ancona nella camera di consiglio del giorno 21 aprile 2011 con l'intervento dei magistrati:

Gianluca Morri, Presidente FF

Tommaso Capitanio, Primo Referendario, Estensore

Giovanni Ruiu, Primo Referendario

   

L'ESTENSORE  IL PRESIDENTE

   

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 30/04/2011

 

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

 

 

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