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TAR Umbria, sez.I, 31/5/2011 n. 152
Sull'interpretazione della disposizione di cui all'art. 23 bis, c. 9, ultimo periodo, del d.l. n. 112 del 2008, convertito dalla l. n. 133 del 2008, nel testo successivamente riformato dal d.l. n. 135/2009, convertito dalla l. n. 166/2009.

L'ultimo periodo del c. 9, dell'art. 23 bis, del d.l. 25 giugno 2008, n. 112, convertito dalla l. 6 agosto 2008, n. 133, nel testo successivamente riformato dal d.l. 25 settembre 2009, n. 135, convertito dalla l. 20 novembre 2009, n. 166, tempera il divieto contenuto nel medesimo c. 9 con una disposizione derogatoria, di diritto transitorio, consentendo ai soggetti affidatari diretti di servizi pubblici locali di concorrere su tutto il territorio nazionale alla prima gara successiva alla cessazione del servizio, avente ad oggetto i servizi da essi forniti. Il problema ermeneutico è rappresentato principalmente dal significato attribuibile all'espressione "prima gara successiva alla cessazione del servizio"; se cioè essa rilevi sul piano soggettivo (riguardando l'impresa-concorrente), ovvero oggettivo (riguardando la prima gara indetta dalla stazione appaltante dopo l'introduzione dell'art. 23 bis). Si ritiene che la norma designi, come parametro di rilevanza ermeneutica, quello dell'impresa affidataria. La ratio della disposizione sembra verosimilmente quella di evitare che le società che hanno fornito servizi ad un'amministrazione ed hanno acquisito esperienza "sul territorio" siano automaticamente estromesse dalle gare per l'affidamento concorrenziale di quei servizi, e non già quella di elargire a tutti gli affidatari diretti una moratoria generalizzata. In altri termini, posto che, a regime, tali imprese non possono godere, in virtù dei principi comunitari in materia di tutela della concorrenza, della possibilità di ottenere affidamenti diretti e di partecipare a gare in libero mercato, si è ritenuto che l'esclusione di tali soggetti dalle gare indette dalle amministrazioni per i servizi da essi già forniti, avrebbe creato un'improvvisa soluzione di continuità, foriera di disparità di trattamento alla rovescia, con la cancellazione ex abrupto degli investimenti effettuati specialmente nell'ambito territoriale di riferimento.

Non compatibile con il principio di parità concorrenziale la tesi secondo cui dovrebbe ritenersi consentita la partecipazione alle prime gare, bandite da qualsivoglia Comune sul territorio, da parte di tutti gli affidatari diretti, in quanto tale soluzione non farebbe altro che protrarre nel tempo la loro condizione di privilegio, senza produrre alcun vantaggio nella prospettiva della concorrenza per il mercato, obiettivo della norma in esame. Diversa è la situazione del precedente gestore, anche affidatario diretto, cui in via transitoria si consente di partecipare per salvaguardare il patrimonio gestionale acquisito; ed infatti la volontà della norma, in qualche misura compromissoria, è quella di superare gli affidamenti diretti, e non già di eliminare le imprese affidatarie dirette. Tale sembra essere l'interpretazione proporzionata e ragionevole, ed anche costituzionalmente orientata, dell'ultimo periodo del c. 9, dell'art. 23 bis, del d.l. 25 giugno 2008, n. 112, inserita nel contesto di una disposizione che persegue il dichiarato scopo di tutelare la concorrenza, evitando dunque che soggetti dotati di privilegi operino in mercati concorrenziali, costituendo inevitabili fattori di distorsione della stessa.

Materia: servizi pubblici / disciplina

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per l' Umbria (Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

 

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 57 del 2011, integrato da motivi aggiunti, proposto da:

A.T.I. Sogepu S.p.a. (capogruppo) - Ages S.p.a. (mandante), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv.ti Alessandro Lolli ed Andrea Scianaro, con domicilio eletto presso l’avv. Andrea Scianaro in Perugia, via Baglioni n. 10;

 

contro

Comune di Umbertide, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avv.ti Costantino Tessarolo e Francesco Marcucci, con domicilio eletto presso l’avv. Francesco Marcucci in Perugia, via Bartolo n. 10;

 

nei confronti di

Gesenu S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avv. Fabrizio Figorilli, presso il quale è elettivamente domiciliata in Perugia, via Bontempi n. 1;

 

per l'annullamento

 

* quanto al ricorso introduttivo:

- della lettera prot. 24947/2010 del 23 dicembre 2010, a firma del responsabile del procedimento Ing. Bonucci, con la quale si chiedono informazioni su eventuali affidamenti diretti in capo a SOGEPU;

- della lettera prot. 1057/11 del 18 gennaio 2011 a firma del responsabile del procedimento Ing. Bonucci, con la quale è stata comunicata alla ricorrente l'esclusione dalla procedura per mancanza del requisito di cui all'art. 23 bis comma 9, nonché l'aggiudicazione definitiva della gara a GESENU s.p.a.;

- della determina dirigenziale n. 39/1 del 13 gennaio 2011, con cui l'ATI è stata esclusa dalla procedura di gara;

- del provvedimento amministrativo, con cui è stata disposta l'aggiudicazione definitiva della gara a GESENU s.p.a.;

- del provvedimento con cui è stata approvata la graduatoria finale, nonché di ogni altro atto connesso o consequenziale;

 

con accertamento

dell'inefficacia del contratto eventualmente stipulato, dell'obbligo di aggiudicare a Sogepu e di stipulare il contratto conseguente e con risarcimento del danno causato dai provvedimenti impugnati, in forma specifica ovvero se impossibile per equivalente.

 

** quanto ai motivi aggiunti:

- dei verbali di gara nella parte in cui ammettono la GESENU s.p.a. al seguito della procedura (in particolare del verbale di prima seduta 12.11.2010) nonostante non disponga dei requisiti di partecipazione;

 

- di ogni altro connesso o consequenziale.

Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Umbertide e di Gesenu S.p.a.;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 4 maggio 2011 il Cons. Stefano Fantini e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto che nella fattispecie in esame sussistono i presupposti per la definizione del giudizio in esito all’udienza cautelare ai sensi dell’art. 60 del cod. proc. amm., potendosi dunque fare ricorso alla sentenza in forma semplificata;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO

L’A.T.I. ricorrente premette di avere partecipato alla procedura aperta indetta dal Comune di Umbertide, con bando pubblicato in data 2 ottobre 2010, per l’affidamento della gestione dei servizi di igiene urbana nell’area comunale, con sistema di aggiudicazione incentrato sull’offerta economicamente più vantaggiosa (di cui 40 punti per il prezzo, e 60 per l’offerta tecnica).

Rappresenta di essere risultata provvisoria aggiudicataria; in pendenza della fase di controllo il Comune le inviava una richiesta di informazioni, chiedendole di precisare l’esistenza in suo favore di affidamenti diretti.

Espone dunque di essere stata esclusa per avere rappresentato di essere titolare di affidamenti diretti; la stazione appaltante ha poi aggiudicato la gara alla Gesenu, titolare dello stesso servizio per effetto del superamento, nel 2000, di un procedimento di evidenza pubblica, e di successive proroghe del medesimo.

Avverso il provvedimento di esclusione dalla gara e la conseguente aggiudicazione definitiva in favore della controinteressata deduce i seguenti motivi di diritto :

 

1) Violazione dell’art. 23 bis, comma 9, ultimo periodo, del d.l. n. 112 del 2008, nella considerazione che l’A.T.I. ricorrente è stata esclusa ritenendosi preclusivo, in evidente violazione della disposizione indicata in rubrica, nel testo da ultimo modificato dal c.d. “decreto Brunetta”, della sua partecipazione l’affidamento diretto in altri ambiti territoriali. Al contrario, la disposizione in questione consente anche agli affidatari diretti la possibilità di partecipare alle prime gare (tutte) sul territorio nazionale, posteriori all’entrata in vigore della norma; questa è volta ad evitare, nelle more dell’adeguamento al nuovo sistema, una restrizione del mercato agli operatori titolari di affidamenti diretti. Il precedente testo normativo favoriva il solo candidato locale, determinando una discriminazione illegittima sul piano comunitario, che vuole garantire il maggiore numero di operatori sul mercato concorrenziale.

In ogni modo, anche Gesenu risulta affidataria diretta del servizio in Umbertide da circa cinque anni, essendo cessato nel 2005 il servizio affidato con gara a tale società cinque anni prima; da tale momento si è avuto il rinnovo del contratto (con riconoscimento di circa un 25% in più di prezzo rispetto all’importo originario), che concreta un affidamento diretto privo di alcuna valutazione comparativa.

 

2) Violazione dell’art. 48 del d.lgs. n. 163 del 2006, nella considerazione che la Stazione appaltante, in caso di esclusione del primo graduato dalla gara, non deve riformulare la graduatoria senza considerare l’offerta esclusa, come è accaduto nel caso di specie, ma effettuare l’aggiudicazione in favore del secondo concorrente.

Si sono costituiti in giudizio il Comune di Umbertide e la controinteressata Gesenu S.p.a. resistendo alle censure avversarie e chiedendo la reiezione del ricorso.

Con un primo motivo aggiunto Sogepu S.p.a. deduce la violazione di legge e l’eccesso di potere per difetto di motivazione, nella considerazione che l’aggiudicataria in via definitiva Gesenu S.p.a. non disponga del requisito previsto, a pena di esclusione, al punto 3.1 del bando di gara, richiedente l’«elenco dei servizi di raccolta dei rifiuti urbani con modalità porta a porta per almeno tre frazioni di rifiuto di cui una deve essere la frazione secca residua. In particolare tale servizio dovrà essere stato svolto per ogni anno dell’ultimo triennio (2007 2008 2009) in uno o più Comuni avente/i una popolazione complessiva non inferiore a 12.000 abitanti residenti serviti con il sistema domiciliare».

Gesenu ha presentato un certificato rilasciato dal Comune di Perugia attestante in modo generico il possesso del requisito; ma tale certificato non è veritiero, atteso che il servizio porta a porta è stato previsto per una popolazione di 4000 abitanti, e per un periodo inferiore al triennio previsto.

Con un secondo atto di motivi aggiunti, notificato presso la sede legale dell’Amministrazione e della società controinteressata, Sogepu S.p.a. deduce le seguenti ulteriori censure :

 

3) Violazione del principio di eguaglianza e di par condicio nella partecipazione alle gare, nell’assunto che Gesenu è affidataria diretta di servizi al pari di Sogepu, avendo fruito, dopo la prima gara svoltasi nel 2000 per una durata quinquennale, di reiterati rinnovi del servizio (con delibere n. 257 del 2006, e poi ancora in data 26 giugno 2009 e 31 dicembre 2009), non previsti dalla lex specialis di gara, con affidamento, per l’appunto, diretto. Ne consegue che non può consentirsi che la migliore offerta sia esclusa in quanto Sogepu sarebbe affidataria diretta, atteso che Gesenu lo è ugualmente.

 

4) Violazione del diritto comunitario, che impone di garantire la massima partecipazione alle gare, consentendola anche agli enti pubblici, in quanto tali privi di finalità di lucro, come riconosciuto dalla Corte Giustizia CE 23 dicembre 2009. Il legislatore nazionale ha ristretto la partecipazione alle gare di affidatari diretti nel settore dei servizi pubblici, legittimandola solamente nel periodo transitorio, e cioè per la prima gara dall’entrata in vigore dell’art. 23 bis (a prescindere dall’essere l’affidamento precedente avvenuto con gara, oppure no).

L’art. 23 bis, comma 9, legittima gli affidamenti diretti ricevuti in passato, abilitando la partecipazione degli affidatari alle gare; tale “aiuto di stato” deve ritenersi dunque legittimo, e la norma non può essere applicata restrittivamente, in contrasto con l’ordinamento comunitario, che è invece favorevole anche alla partecipazione alle gare degli stessi enti pubblici.

Il diritto di partecipare alle prime gare nel periodo transitorio non può essere considerato restrittivamente, a seconda del fatto che in un Comune l’affidamento sia già stato affidato in passato con gara, oppure no; ma va considerato nell’ottica comunitaria, per la quale la prima gara è la prima gara successiva all’introduzione dell’art. 23 bis, dovendo essere valutati in senso restrittivo i limiti alla partecipazione alla gara.

Nella camera di consiglio del 4 maggio 2011 la causa è stata trattenuta in decisione.

 

DIRITTO

1. - Con il primo motivo del ricorso introduttivo si pone la questione centrale, ai fini del decidere, della corretta interpretazione della disposizione di cui all’art. 23 bis, comma 9, del d.l. 25 giugno 2008, n. 112, convertito dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, nel testo successivamente riformato dal d.l. 25 settembre 2009, n. 135, convertito dalla legge 20 novembre 2009, n. 166.

Ed invero, ricapitolando i termini della vicenda, va sottolineato come con nota prot. n. 1057/11 in data 18 gennaio 2011 il Comune di Umbertide ha comunicato all’A.T.I. ricorrente la disposta esclusione dalla gara, «in quanto SOGEPU S.p.a., mandataria della … ATI, non possiede i requisiti soggettivi previsti dal comma 9 dell’art. 23 bis del d.l. 112 del 23/6/2008 nel testo vigente. In particolare, come risulta dalle dichiarazioni dalla stessa fornite, SOGEPU S.p.a. è al momento affidataria in via diretta di servizi pubblici locali a rilevanza economica e per la suddetta impresa la gara in parola non può considerarsi quale “prima gara indetta da questa amministrazione” successivamente alla cessazione del servizio fornito, essendo stato fornito tale servizio da altra impresa».

La gravata esclusione discende dunque direttamente dall’opzione ermeneutica fatta propria dal Comune di Umbertide in ordine alla portata precettiva dell’ultimo periodo del comma nove dell’art. 23 bis.

Parte ricorrente contesta tale interpretazione, e dunque l’assunto motivazionale che ne è il corollario, secondo cui l’affidamento diretto di servizi in altri ambiti territoriali deve intendersi come preclusivo della partecipazione alla procedura aperta bandita dal Comune di Umbertide per la “gestione dei servizi di igiene urbana”.

La tesi della ricorrente è quella per cui la disposizione in questione, nel testo in vigore, risultante dalla modifica del 2009, nel disporre che «i soggetti affidatari diretti di servizi pubblici locali possono comunque concorrere su tutto il territorio nazionale alla prima gara successiva alla cessazione del servizio, svolta mediante procedura competitiva ad evidenza pubblica, avente ad oggetto i servizi da essa forniti», come risulta anche dal confronto con il testo precedente, vada interpretata nel senso che pure gli affidatari diretti possano partecipare alle prime gare sul territorio nazionale, posteriori all’entrata in vigore della norma, e dunque in via transitoria, per il primo periodo di applicazione del nuovo regime concorrenziale; una differente interpretazione contrasterebbe con la giurisprudenza comunitaria, che non consente esclusioni aprioristiche di operatori economici che hanno ottenuto finanziamenti pubblici, ovvero aiuti di stato.

Aggiunge la ricorrente che in ogni caso anche Gesenu deve ritenersi affidataria diretta del servizio ad Umbertide, in ragione dei rinnovi del servizio affidatole mediante gara per il solo periodo che va dal 2000 al 2005.

Le parti resistenti, al contrario, incentrano in via principale le loro difese su due argomenti : a) il primo, sviluppato soprattutto dalla controinteressata, è quello per cui condizione necessaria ed imprescindibile per una corretta partecipazione alla gara è che il soggetto non sia più affidatario del servizio (la norma parla di «prima gara successiva alla cessazione del servizio»), mentre Sogepu attualmente gestisce in via diretta il servizio di smaltimento rifiuti presso altri Comuni; b) il secondo, in aggiunta, ma anche alternativo al primo, su cui si è maggiormente diffuso il Comune di Umbertide, è quello per cui l’ultima disposizione del comma 9 neppure potrebbe trovare applicazione come disciplina transitoria nella fattispecie in esame, atteso che il servizio posto in gara non rappresenta il momento in cui detta Amministrazione ha aperto il mercato alla concorrenza, essendo il servizio in questione già stato affidato tramite gara; la successiva proroga è stata legittimamente disposta per ragioni contingenti, connesse all’attribuzione del servizio al livello sovracomunale dell’ambito territoriale integrato; conseguenzialmente, al caso di specie si applicherebbero i precedenti periodi del comma 9 dell’art. 23 bis, che precludono di acquisire la gestione di servizi ulteriori anche attraverso la partecipazione alle gare.

La tesi di parte ricorrente, pur nella serietà degli argomenti che la supportano, a fronte di un testo legislativo che non brilla certamente per cartesiana chiarezza e per intrinseca coerenza, non appare al Collegio convincente.

Ed invero l’art. 23 bis, comma 9, è norma che reca il divieto di acquisire la gestione di servizi ulteriori ovvero in ambiti territoriali diversi, come pure di svolgere servizi o attività per altri enti pubblici o privati, neppure mediante la partecipazione a gare, per le società che, in Italia od all’estero, gestiscono di fatto o per disposizioni di legge, di atto amministrativo o per contratto servizi pubblici locali in virtù di affidamento diretto; tale divieto opera per tutta la durata della gestione.

L’ultimo periodo del nono comma, frutto della modifica del 2009, tempera tale divieto con una disposizione derogatoria, di diritto transitorio, che consente ai soggetti affidatari diretti di servizi pubblici locali di concorrere su tutto il territorio nazionale alla prima gara successiva alla cessazione del servizio, avente ad oggetto i servizi da essi forniti.

Il problema ermeneutico è rappresentato principalmente dal significato attribuibile all’espressione “prima gara successiva alla cessazione del servizio”; se cioè essa rilevi sul piano soggettivo (riguardando l’impresa-concorrente), ovvero oggettivo (riguardando la prima gara indetta dalla stazione appaltante dopo l’introduzione dell’art. 23 bis).

Ritiene il Collegio che la norma designi, come parametro di rilevanza ermeneutica, quello dell’impresa affidataria.

La ratio della norma sembra verosimilmente quella di evitare che le società che hanno fornito servizi ad un’Amministrazione ed hanno acquisito esperienza “sul territorio” siano automaticamente estromesse dalle gare per l’affidamento concorrenziale di quei servizi, e non già quella di elargire a tutti gli affidatari diretti una moratoria generalizzata.

In altri termini, come è stato rilevato ad altri fini, ma con, almeno parziale, sovrapponibilità di argomenti, posto che, a regime, tali imprese non possono godere, in virtù dei principi comunitari in materia di tutela della concorrenza, della possibilità di ottenere affidamenti diretti e di partecipare a gare in libero mercato, si è ritenuto che l’esclusione di tali soggetti dalle gare indette dalle Amministrazioni per i servizi da essi già forniti, avrebbe creato un’improvvisa soluzione di continuità, foriera di disparità di trattamento alla rovescia, con la cancellazione ex abrupto degli investimenti effettuati specialmente nell’ambito territoriale di riferimento (in termini Cons. Stato, Sez. V, 12 ottobre 2010, n. 7401).

Se così è, nonostante qualche insuperabile incertezza interpretativa (cui conseguono anche non conformi precedenti, come ad esempio la sentenza del T.A.R. Lazio, Latina, 3 marzo 2011, n. 217), la deroga deve intendersi ristretta alle società che hanno cessato di gestire con affidamento diretto i servizi oggetto della gara da parte dell’Amministrazione che la indice (così Cons. Stato, Sez. V, 22 marzo 2010, n. 1651), ma anche analoghi servizi presso altre Amministrazioni, così superandosi il limite dell’ambito territoriale (privilegiante il candidato locale). In altre parole, agli affidatari diretti è consentito concorrere alla prima gara successiva alla cessazione del servizio, avente ad oggetto i servizi da essi forniti, svolta su tutto il territorio nazionale, e non solamente, dunque, per lo specifico servizio già affidato (come era previsto ante novella del 2009).

Né può valere, a superare la condizione, richiesta dalla norma per partecipare a procedure di valutazione comparativa concorrenziale, della cessazione del servizio affidato direttamente, la circostanza per cui, secondo la giurisprudenza comunitaria, l’eventualità della posizione privilegiata di un operatore economico che beneficia di sovvenzioni pubbliche non può giustificarne l’esclusione a priori.

A bene considerare, la posizione della giurisprudenza comunitaria, richiamata dalla stessa parte ricorrente, è più articolata, in quanto afferma che l’eventualità che sussista una posizione privilegiata di un operatore economico, in ragione di finanziamenti pubblici od aiuti di Stato, non può giustificare la sua esclusione a priori, e senza alcuna specifica analisi, dalla partecipazione ad una pubblica gara, ammettendo peraltro che in particolari circostanze l’Amministrazione ha l’obbligo od almeno la facoltà di prendere in considerazione l’esistenza di sovvenzioni, ed in particolare di aiuti non compatibili con il Trattato, al fine eventualmente di escludere gli offerenti che ne beneficiano (così Corte Giustizia CE, 23 dicembre 2009, in causa C-305/08). Ciò proprio al fine di evitare una possibile distorsione della concorrenza, secondo quanto prescritto dal quarto “considerando” della direttiva 2004/18/CE, alla cui stregua «gli Stati membri dovrebbero provvedere affinché la partecipazione di un offerente che è un organismo di diritto pubblico a una procedura di aggiudicazione di appalto pubblico non causi distorsioni della concorrenza nei confronti di offerenti privati».

E bene può dirsi che questa sia l’esigenza di fondo che ha indotto il legislatore ad intervenire a più riprese sulla disciplina dei servizi pubblici locali di rilevanza economica.

 

2. - Tale soluzione, ispirata ad un’esigenza di rispetto della parità concorrenziale, consente di prescindere dall’analisi dalla questione, logicamente gradata, del valore da attribuire alla rinnovazione del contratto di Gesenu, e comunque dal verificare l’applicabilità stessa dell’art. 23 bis, comma 9, posto che non si sarebbe comunque in presenza di “una prima gara”. Presupposto fondamentale per ammettere la partecipazione alla gara è infatti quello che il soggetto non sia più affidatario del servizio oggetto di gara; ed è indubbio che, al momento in cui è stata bandita la gara oggetto della presente impugnativa, l’affidamento (anche a considerarlo diretto) in favore di Gesenu era venuto meno.

Non appare compatibile con il principio di parità concorrenziale la tesi di parte ricorrente secondo cui dovrebbe ritenersi consentita la partecipazione alle prime gare, bandite da qualsivoglia Comune sul territorio, da parte di tutti gli affidatari diretti, in quanto tale soluzione non farebbe altro che protrarre nel tempo la loro condizione di privilegio, senza produrre alcun vantaggio nella prospettiva della concorrenza per il mercato, obiettivo della norma in esame.

Intuitivamente diversa è la situazione del precedente gestore, anche affidatario diretto, cui in via transitoria si consente di partecipare per salvaguardare il patrimonio gestionale acquisito; ed infatti la volontà della norma, in qualche misura compromissoria, è quella di superare gli affidamenti diretti, e non già di eliminare le imprese affidatarie dirette.

Tale sembra essere l’interpretazione proporzionata e ragionevole, ed anche costituzionalmente orientata (cfr. Corte cost., 1 agosto 2008, n. 326), della norma in esame, inserita nel contesto di una disposizione che persegue il dichiarato scopo di tutelare la concorrenza, evitando dunque che soggetti dotati di privilegi operino in mercati concorrenziali, costituendo inevitabili fattori di distorsione della stessa.

 

3. - In ordine al secondo mezzo di gravame, con cui si deduce la violazione dell’art. 48 del d.lgs. n. 163 del 2006, parte ricorrente ha dichiarato, nel corso dell’udienza cautelare, di non avere più interesse.

 

4. - Con il primo motivo aggiunto, notificato, al pari dei secondi motivi aggiunti, presso la sede legale delle parti resistenti, si deduce che la Gesenu S.p.a. non dispone del requisito di capacità tecnica, prescritto a pena di esclusione, di cui al punto 3.1 del bando di gara, contestandosi la veridicità del certificato in data 9 novembre 2010 rilasciato dal Comune di Perugia in favore della controinteressata.

In primo luogo, occorre sottolineare che, pur prevedendo l’art. 43, comma 2, del cod. proc. amm., in conformità, del resto, del prevalente indirizzo giurisprudenziale formatosi già prima dell’entrata in vigore del d.lgs. n. 104 del 2010 (cfr. in termini Cons. Stato, Sez. V, 6 luglio 2002, n. 3717; Sez. IV, 11 ottobre 2007, n. 5354; Sez. V, 19 febbraio 2007, n. 831), che le notifiche dei motivi aggiunti alle controparti costituite avvengono ai sensi dell’art. 170 del c.p.c., e dunque al procuratore costituito, purtuttavia la notificazione effettuata presso la sede legale è indirizzata a soggetto non estraneo al processo, e dunque è pervenuta a conoscenza dei destinatari, con la conseguenza che la nullità (della notificazione) può ritenersi sanata per effetto della difesa svolta in giudizio dalle parti resistenti, che peraltro nessuna eccezione hanno sollevato al riguardo. Trova dunque applicazione il principio generale del raggiungimento dello scopo codificato dall’art. 156, comma 3, del c.p.c., norma richiamata dal successivo art. 160 del c.p.c. in tema di nullità della notificazione.

Il motivo, esperito avverso l’aggiudicazione disposta in favore di Gesenu, è anzitutto inammissibile per carenza di interesse.

Ed invero, l’accertata legittimità dell’esclusione della ricorrente la priva dell’interesse a censurare la posizione dell’aggiudicataria, non potendo in ogni caso partecipare ad un’eventuale rinnovazione della gara (in termini, indirettamente, Cons. Stato, Ad. Plen., 15 aprile 2010, n. 2155; Ad. Plen., 7 aprile 2011, n. 4; T.A.R. Umbria, 17 febbraio 2011, n. 49, nonché 4 marzo 2011, n. 63).

 

4.1. - Il motivo aggiunto è comunque anche infondato.

Con lo stesso si deduce, in particolare, che Gesenu S.p.a. difetterebbe del requisito tecnico previsto dal punto 3.1 del bando di gara, a tenore del quale i concorrenti dovevano avere svolto i servizi di raccolta dei rifiuti urbani con modalità porta a porta, per almeno tre frazioni di rifiuto di cui una doveva essere la frazione secco residuo indifferenziato per ogni anno dell’ultimo triennio (2007, 2008, 2009) in uno o più Comuni, avente/i una popolazione complessiva non inferiore a dodicimila abitanti residenti serviti con il sistema domiciliare.

Il punto 3.1 della lex specialis di gara stabiliva che per la dimostrazione del requisito dovrà essere allegata una certificazione in originale o in copia autentica rilasciata dall’ente o dagli enti, contenente, a pena di esclusione, l’indicazione del tipo di servizio svolto, la durata, l’importo contrattuale, il buon esito ed il numero degli abitanti riferiti agli anni indicati.

Il certificato del Comune di Perugia rilasciato alla controinteressata possiede tali requisiti contenutistici, ed è stato prodotto in conformità a quanto prescritto dall’art. 42, comma 1, lett. a), del d.lgs. n. 163 del 2006, che, con riferimento ai servizi e forniture prestati a favore di Amministrazioni pubbliche, richiede che siano provate da certificati rilasciati e vistati dalle Amministrazioni stesse.

Il fondamento di razionalità di tale disposizione è chiaramente rinvenibile nella necessità di non rimettere al giudizio di ciascuna Stazione appaltante la valutazione dei requisiti di capacità tecnica.

La norma da ultimo indicata enuclea dunque uno specifico ed infungibile potere certificativo in capo all’Amministrazione presso cui un’impresa concorrente abbia svolto un servizio od una fornitura; il certificato, espressione di tale potere dichiarativo, ha l’efficacia probatoria dell’atto pubblico a norma degli artt. 2699 e 2700 del c.c.

 

5. - Sui secondi motivi aggiunti la controinteressata eccepisce la nullità della notificazione, in quanto non notificati presso il domicilio eletto per il rapporto processuale in essere.

L’eccezione, per quanto precedentemente, seppur incidentalmente, esposto, è astrattamente fondata.

Occorre peraltro osservare come si tratta di motivi che, più che ampliare il thema decidendum, costituiscono sviluppo argomentativo delle censure già svolte con il ricorso introduttivo, come evidenziato dall’Amministrazione resistente nell’ultima memoria difensiva, e come riconosciuto dallo stesso difensore di parte ricorrente nel corso dell’udienza.

Degli argomenti in tali motivi esposti, che possono essere considerati alla stregua di una memoria difensiva, si è dunque tenuto conto già nella disamina del ricorso.

 

6. - In conclusione, nei termini di cui alla precedente motivazione, il ricorso ed i motivi aggiunti devono essere respinti, in quanto infondati.

La complessità, opinabilità e novità delle questioni trattate giustifica l’integrale compensazione tra tutte le parti delle spese di giudizio.

 

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per l' Umbria (Sezione Prima)

definitivamente pronunciando, respinge il ricorso ed i motivi aggiunti.

Compensa tra le parti le spese di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Perugia nella camera di consiglio del giorno 4 maggio 2011 con l'intervento dei magistrati:

Cesare Lamberti, Presidente

Carlo Luigi Cardoni, Consigliere

Stefano Fantini, Consigliere, Estensore

 

L'ESTENSORE  IL PRESIDENTE

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 31/05/2011

 

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.

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