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TAR Lombardia, Brescia sez. II, 1/9/2011 n. 1295
Sull'illegittimità di una delibera della giunta comunale che ha fissato la quota di partecipazione in misura unica ed eguale per tutti i fruitori del servizio del centro diurno per disabili (CDD).

E' illegittima la deliberazione della giunta comunale che ha stabilito che tutti i fruitori del centro diurno per disabili integrato (CDD) dovessero compartecipare in modo uguale e comunque senza alcun riferimento alla normativa ISEE al costo del servizio di trasporto da e per il CDD, a prescindere sia dalla fruizione del servizio, che dalla capacità reddituale degli utenti e dei loro nuclei familiari. La partecipazione al costo dei servizi in maniera adeguata e proporzionata al reddito risponde al principio costituzionalmente codificato (art. 53) che collega il concorso alle spese pubbliche alla capacità contributiva di ciascuno, e si fonda sui canoni di equità e giustizia ai quali lo Stato e gli Enti territoriali sono tenuti ad ispirarsi" e quindi "il criterio introdotto dal tavolo zonale urta contro i menzionati principi che ancorano il concorso agli oneri di funzionamento delle strutture (C.D.D.) alla situazione reddituale e patrimoniale dei richiedenti e delle loro famiglie.".
Conseguentemente, il provvedimento deve essere annullato in ragione della avvenuta fissazione della quota di partecipazione in misura unica ed eguale per tutti i fruitori del servizio, in quanto il totale disancoramento della quota di partecipazione imposta dalla particolare situazione della persona disabile che fruisce del servizio integra un comportamento discriminatorio e denota la totale assenza di quell'istruttoria la cui presenza si ritiene necessaria al fine di ammettere la considerazione del reddito dell'intero nucleo familiare in sede di quantificazione della contribuzione dovuta al costo del servizio.

Materia: servizi pubblici / disciplina

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione staccata di Brescia (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

 

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 484 del 2010, proposto da:

Gotti Maria, anche in qualità di amministratrice di sostegno di Franzoso Barbara, Giordano Nichesola, Laura Renata Pezzotti, Faustino Bosio, Luisella Ferrari, Erika Pelizzari, rappresentati e difesi dall'avv. Francesco Trebeschi, con domicilio eletto presso Francesco Trebeschi in Brescia, via Battaglie, 50;

 

contro

Comune di Corte Franca, non costituito in giudizio;

 

nei confronti di

Tavolo Zonale Distretto N. 5 Sebino L. 328/00, Comune di Iseo, Asl 302 - A.S.L. della Provincia di Brescia, tutti non costituiti in giudizio;

 

per l'annullamento

- della deliberazione della Giunta comunale del 2 febbraio 2010, n. 18 e di tutti gli atti preordinati, conseguenti e comunque connessi, ivi compreso ogni provvedimento comunale e/o del Tavolo Zonale Distretto n. 5 del Sebino L. 328/2000 di determinazione delle modalità di partecipazione al costo dei servizi CDD o in generale dei servizi a favore delle persone con disabilità.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 14 luglio 2011 la dott.ssa Mara Bertagnolli e udito il procuratore di parte ricorrente come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

 

FATTO

I ricorrenti sono familiari (ed in alcuni casi anche amministratori di sostegno) di persone con disabilità grave ai sensi dell’art. 3, comma 3, della legge n. 104 del 1992, frequentanti un Centro Diurno Integrato.

Essi lamentano l’adozione, da parte del Comune, disattendendo le richieste dagli stessi inoltrate e in assenza di previa concertazione con i rappresentanti degli stessi e delle associazioni di settore, della deliberazione del 2 febbraio 2010, n. 18 con cui, sulla scorta della deliberazione del Tavolo Zonale Distretto n. 5 del Sebino, ha stabilito che tutti i fruitori del centro diurno integrato dovessero compartecipare in modo uguale e comunque senza alcun riferimento alla normativa ISEE al costo del servizio di trasporto da e per il CDD.

Tale deliberazione sarebbe illegittima ed è stata, quindi, censurata, deducendo:

 

1. violazione dell’art. 28 della legge n. 118/1971 e, conseguentemente degli artt. 3, 38, 53 e 97 della Costituzione. Poiché il CDD svolge le medesime funzioni educative della scuola e il richiamato articolo 28 della legge n. 118/1971 prevede la gratuità del trasporto dall’abitazione alla scuola e viceversa per tutti i mutilati e invalidi civili, l’imposizione del pagamento di una quota del suddetto servizio di trasporto integrerebbe, nel caso di specie, una violazione dei principi contenuti negli articoli della Costituzione invocati. Ciò tanto più quanto si consideri che il servizio CDD risulterebbe essere ricompreso tra i livelli essenziali di assistenza che, a mente dell’art. 117 della Costituzione, devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale, sia sotto il profilo assistenziale, che sanitario;

 

2. violazione degli artt. 1 e 2 del d. lgs. 109/98, 2, 3, 4 e 5 del DPCM 221/1999, degli artt. 25 e 8, comma 3, lett. g) della legge n. 328/2000, dell’art. 6 del DPCM 14 febbraio 2001, in quanto la quota posta a carico di ogni utente non sarebbe commisurata al numero dei viaggi, alla distanza e nemmeno terrebbe conto dei periodi di chiusura del centro;

 

3. violazione delle medesime disposizioni già richiamate sotto il diverso profilo dell’illegittima richiesta di contribuzione a soggetti diversi dal fruitore del servizio. Secondo la giurisprudenza richiamata, “i criteri di calcolo della situazione economica equivalente servono per individuare il reddito dell’avente diritto alla prestazione, ma non per considerare obbligati alle spese anche altri familiari” (TAR Milano, I, 8 febbraio 2008, n. 291);

 

4. violazione degli artt. 3, comma 2 ter e 2, comma 6 del d. lgs. 109/98, degli artt. 3 e 12 della Convenzione internazionale sui diritti delle persone con disabilità e più precisamente del principio, da essi ricavabile, dell’evidenziazione della situazione economica del solo assistito;

 

5. violazione degli artt. 3, 38, 53 e 97 della Costituzione e della Convenzione di New York sui diritti delle persone con disabilità, in quanto l’art. 26 della legge n. 104/1992 imporrebbe ai Comuni di assicurare le modalità di trasporto individuali per le persone handicappate non in grado di fruire dei servizi ordinariamente garantiti dai mezzi pubblici nell’ambito delle proprie ordinarie risorse di bilancio;

 

6. violazione degli artt. 3, 38, 53 e 97 della Costituzione e della Convenzione di New York sui diritti delle persone con disabilità per il carattere discriminatorio della fissazione di una retta unica, non differenziata in base alla capacità contributiva di ciascuno.

Alla pubblica udienza del 14 luglio 2011 la causa, su conforme richiesta del procuratore di parte ricorrente, è stata trattenuta in decisione.

 

DIRITTO

Al fine di una corretta definizione della controversia appare necessario premettere come il Comune, con l’impugnata deliberazione, abbia inteso sostenere economicamente le famiglie degli utenti residenti che frequentano il Centro Diurno per Disabili facendosi carico dell’intera spesa relativa alla retta di frequenza (comprensiva del costo pasto), della quota di solidarietà e di parte del costo del servizio di trasporto. Esso ha, quindi, posto a carico delle “famiglie degli utenti” una quota mensile fissa ed invariabile del costo del servizio di trasporto, complessivamente pari a 1.760,00 Euro annui, suddivisi in 220,00 Euro per il mese di gennaio 2010, 110 Euro per i mesi da febbraio a giugno 2010, 165,00 Euro per i mesi da luglio a dicembre 2010.

 

Ciò premesso, il Collegio osserva che - alla stregua della giurisprudenza della Sezione, da cui non ravvisa ragione di discostarsi – il ricorso può trovare accoglimento esclusivamente sotto il profilo dedotto con le censure 2 e 6, con riferimento alla fissazione di un’unica quota di partecipazione, uguale per tutti, a prescindere sia dalla fruizione del servizio, che dalla capacità reddituale degli utenti e dei loro nuclei familiari.

 

In materia, può, invero, utilmente richiamarsi il principio affermato nel proprio precedente rappresentato dalla sentenza del 10 novembre 2010, n. 4576, nella quale si afferma che “La partecipazione al costo dei servizi in maniera adeguata e proporzionata al reddito risponde al principio costituzionalmente codificato (art. 53) che collega il concorso alle spese pubbliche alla capacità contributiva di ciascuno, e si fonda sui canoni di equità e giustizia ai quali lo Stato e gli Enti territoriali sono tenuti ad ispirarsi” e quindi “il criterio introdotto dal tavolo zonale urta contro i menzionati principi che ancorano il concorso agli oneri di funzionamento delle strutture (C.D.D.) alla situazione reddituale e patrimoniale dei richiedenti e delle loro famiglie.”.

 

Conseguentemente, l’impugnato provvedimento deve essere annullato in ragione della avvenuta fissazione della quota di partecipazione in misura unica ed eguale per tutti i fruitori del servizio, in quanto il totale disancoramento della quota di partecipazione imposta dalla particolare situazione della persona disabile che fruisce del servizio integra un comportamento discriminatorio e denota la totale assenza di quell’istruttoria la cui presenza si ritiene necessaria, alla luce di quanto si dirà, al fine di ammettere la considerazione del reddito dell’intero nucleo familiare in sede di quantificazione della contribuzione dovuta al costo del servizio.

 

Le spese del giudizio debbono essere poste a carico del Comune resistente, ma possono trovare parziale compensazione in ragione della particolare complessità della questione e della ben nota difficoltà di ricostruire la normativa applicabile in tema di servizi assistenziali per disabili.

 

Esse possono, invece, essere compensate nei confronti delle altre amministrazioni coinvolte, dato che i ricorrenti non hanno dimostrato alcuna specifica responsabilità delle stesse nell’adozione del provvedimento specificamente censurato.

 

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione staccata di Brescia (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei sensi e nei limiti di cui in motivazione e, per l’effetto, annulla gli atti impugnati.

Dispone la parziale compensazione delle spese del giudizio nei confronti del Comune, a carico del quale è posto il pagamento, a favore dei ricorrenti, della somma di Euro 1.000,00 (mille/00), oltre ad IVA, C.P.A. e rimborso forfetario delle spese.

Spese compensate nei confronti delle Amministrazioni non costituitesi.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Brescia nella camera di consiglio del giorno 14 luglio 2011 con l'intervento dei magistrati:

Giorgio Calderoni, Presidente

Stefano Tenca, Primo Referendario

Mara Bertagnolli, Primo Referendario, Estensore

 

L'ESTENSORE  IL PRESIDENTE

   

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 01/09/2011

 

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

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