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Consiglio di Stato, Sez. VI, 4/10/2011 n. 5434
Sul divieto di commistione fra requisiti di partecipazione e requisiti di valutazione delle offerte.

Il bando di gara è un atto scindibile nelle sue diverse clausole, con la conseguenza che l'illegittimità di una di esse non si estende automaticamente alle altre non dipendenti.

Costituisce principio generale regolatore delle gare pubbliche quello che vieta la commistione fra i criteri soggettivi di prequalificazione e quelli oggettivi afferenti alla valutazione dell'offerta ai fini dell'aggiudicazione. Detto canone operativo, che affonda le sue radici nell'esigenza di aprire il mercato premiando le offerte più competitive ove presentate da imprese comunque affidabili, unitamente al canone di par condicio che osta ad asimmetrie pregiudiziali di tipo meramente soggettivo, trova in definitiva il suo sostanziale supporto logico nel bisogno di tenere separati i requisiti richiesti per la partecipazione alla gara da quelli che invece attengono all'offerta e all'aggiudicazione.

Il bando di gara è un atto scindibile nelle sue diverse clausole, con la conseguenza che l'illegittimità di una di esse non si estende automaticamente alle altre non dipendenti e addirittura all'intero provvedimento, comportando il rinnovo dell'intera procedura. Tuttavia, a conclusioni diverse deve giungersi quante volte la clausola illegittima rivesta una tale importanza (sotto il profilo quali-quantitativo) nell'economia generale della gara, da doversi ritenere che essa rappresenti uno dei contenuti essenziali delle determinazioni manifestate attraverso l'indizione della procedura. In siffatte ipotesi, non è possibile procedere al giudizio di frazionamento della complessiva disciplina di gara, attraverso la pura e semplice avulsione della clausola illegittima (e dei suoi effetti), né è possibile valutare la disciplina di gara nel suo complesso semplicemente come se la clausola in parola non esset.

Materia: appalti / disciplina

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

 

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3509 del 2009, proposto dalla s.p.a. Gruppo Torinese Trasporti, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Angelo Clarizia, Giuseppe Di Chio e Simona Rostagno, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Angelo Clarizia in Roma, via Principessa Clotilde, n. 2;

 

contro

Rocksoil S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Fabio Andrea Bifulco e Andrea Manzi, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Andrea Manzi in Roma, via Federico Confalonieri, n. 5;

 

nei confronti di

La Systra S.A., Geodata S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, ed il sig. Quaranta Luigi, non costituitisi nel secondo grado del giudizio;

 

per la riforma

della sentenza del T.A.R. Piemonte – Torino, Sezione I, n. 3135/2008

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 17 maggio 2011 il Cons. Claudio Contessa e uditi per le parti gli avvocati Clarizia, Rostagno e Manzi.;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO

Il Gruppo Torinese Trasporti s.p.a. (d’ora in poi: ‘il GTT’ o ‘la società appellante’) riferisce di avere indetto nel corso del 2008 una procedura aperta per l’affidamento della progettazione definitiva e il coordinamento della sicurezza in fase di progettazione in relazione alla costruzione della Metropolitana Automatica di Torino – tratta Lingotto-Bengasi (il relativo bando fu pubblicato sulla G.U.C.E. del 26 febbraio 2008).

Il criterio di aggiudicazione prescelto era quello dell’offerta economicamente più vantaggiosa (articoli 81 e seguenti del d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163).

Ai fini del presente giudizio, va richiamata la previsione di cui al paragrafo 5, lettera B1, del disciplinare di gara, il quale prevedeva l’attribuzione di un punteggio sino a 25 in relazione al complessivo requisito della ‘professionalità’ del concorrente da desumersi in base a “documentazione grafica, descrittiva e fotografica riferita alle attività di progettazione definitiva di massimo 3 opere scelte tra quelle ritenute dal concorrente significative della propria capacità e riferite ad incarichi relativi ad interventi qualificabili affini a quello oggetto dell’incarico”.

In particolare il richiamato paragrafo del disciplinare di gara stabiliva che l’attribuzione del punteggio in parola sarebbe avvenuta in relazione “[all’]attività di progettazione definitiva di massima di opere scelte tra quelle ritenute dal concorrente significative della propria capacità”.

All’esito delle operazioni di gara, l’appalto in questione veniva aggiudicato all’associazione temporanea di imprese fra la società Systra s.a., la società Geodata s.p.a. e l’Ing. Luigi Quaranta di Torino, la quale conseguiva un punteggio complessivo di 80,7599, mentre in seconda posizione si collocava la costituenda associazione temporanea di imprese composta dalla soc. Rocksoil s.p.a. (capogruppo, mandataria), nonché dalla società Ferro Ingegneria s.r.l., dalla soc. Archigroup s.a.s., dall’Ing. Aldo Gervasio, dall’Ing. Alberto Fazio, dall’Ing. Giuseppe Russo e dall’Ing. Giovanni Russo, la quale conseguiva un punteggio finale di 58,0642 pt.

In data 19 giugno 2008, il GTT stipulava il contratto con l’A.T.I. aggiudicataria.

Gli atti della procedura di gara (e, in particolare, la delibera del consiglio di amministrazione del GTT in data 30 maggio 2008 recante l’aggiudicazione della procedura, i verbali tutti di gara, nonché il disciplinare in data 20 febbraio 2008 e il bando di gara) venivano impugnati dinanzi al T.A.R. del Piemonte dalla soc. Rocksoil, la quale ne lamentava l’illegittimità sotto svariati profili.

Nel corso del primo giudizio, la società appellante proponeva regolamento preventivo ai sensi dell’art. 41, c.p.c., deducendo la carenza di giurisdizione dell’adito giudice amministrativo “relativamente ad ogni statuizione relativa al contratto de quo connessa e conseguente alla controversia e alla domanda di risarcimento dei danni”.

Tuttavia, con atto in data 28 gennaio 2010, la società appellante rinunziava al ricorso in questione.

Ai fini della presente decisione è altresì rilevante osservare che, in sede di udienza pubblica dinanzi al T.A.R., la difesa della soc. Rocksoil ebbe a rinunziare in modo espresso all’istanza di risarcimento in forma specifica, insistendo per il riconoscimento del solo equivalente pecuniario.

Con la sentenza in epigrafe, il Tribunale adìto accoglieva il ricorso della società Rocksoil e disponeva l’annullamento degli atti oggetto di impugnativa.

Al riguardo il Tribunale riteneva assorbente l’accoglimento del secondo motivo di ricorso, basato sul fatto che l’amministrazione aggiudicatrice, nel fissare il criterio di valutazione di cui al paragrafo 5, lettera B1 del disciplinare di gara, avrebbe violato il principio – di matrice comunitaria - secondo cui occorre tenere del tutto distinti i requisiti di partecipazione e i criteri di selezione dei concorrenti.

La pronuncia in questione veniva impugnata in via principale dal GTT, il quale ne chiedeva la riforma articolando i seguenti motivi di gravame:

1) Irricevibilità del ricorso avversario di primo grado rispetto al motivo accolto dalla sentenza de qua;

Il Tribunale avrebbe omesso di rilevare la tardività del primo ricorso (con il quale si era contestata, inter alia, la legittimità del bando e del disciplinare di gara), in quanto avviato alla notifica solo in data 29 luglio 2008, laddove il contenuto della lex specialis di gara doveva essere noto alla ricorrente almeno a far data dal 22 aprile 2008

2) Violazione dell’art. 83 del d.lgs. 163/206 e ss.mm.ii.

Il T.A.R. avrebbe erroneamente ritenuto l’illegittimità del criterio contenuto alla lettera B1 del disciplinare di gara, atteso che il criterio in parola non costituirebbe un criterio di ammissibilità dell’offerta erroneamente trasfuso nell’ambito dei criteri di valutazione dell’offerta (come ritenuto dal Tribunale), bensì un vero e proprio elemento di giudizio in ordine alla concreta metodologia di applicazione tecnico-scientifica della tecnologia da utilizzare nella progettazione.

Ad ogni modo, il Tribunale avrebbe erroneamente ritenuto che la previsione del criterio in questione avesse assunto un valore determinante ai fini della scelta del contraente.

Al contrario, anche laddove il criterio in parola fosse stato del tutto assente, l’A.T.I. Rocksoil non avrebbe comunque potuto conseguire l’aggiudicazione, in quanto la procedura sarebbe stata aggiudicata a un terzo concorrente (l’A.T.I. Proger s.p.a.)

La sentenza in questione veniva altresì impugnata in via incidentale dalla società Rocksoil, la quale lamentava la mancata pronuncia in relazione ai motivi di doglianza articolati in primo grado, diversi rispetto a quello il cui accoglimento aveva determinato l’annullamento degli atti oggetto di impugnativa.

Inoltre, la società in questione lamentava la mancata pronuncia in relazione alla domanda risarcitoria articolata in primo grado e contestava la decisione del Tribunale di disporre la compensazione delle spese di lite.

All’udienza pubblica del giorno 17 maggio 2011 la causa veniva trattenuta in decisione.

 

DIRITTO

1. Giunge alla decisione del Collegio il ricorso in appello proposto dal Gruppo Torinese Trasporti avverso la sentenza del T.A.R. del Piemonte con cui è stato accolto il ricorso proposto dalla capogruppo mandataria di un’A.T.I. costituenda (la quale aveva partecipato alla procedura aperta per l’affidamento della progettazione definitiva in relazione a un lotto della Metropolitana Automatica di Torino, collocandosi in seconda posizione) e, per l’effetto, sono stati annullati gli atti conclusivi della procedura.

Giunge, altresì, all’esame del Collegio l’appello incidentale con cui la società vittoriosa in primo grado ha chiesto la riforma della medesima decisione per il mancato esame di alcune delle domande proposte – nonché della domanda risarcitoria – e per la riforma del capo relativo alle spese.

2. In primo luogo il Collegio ritiene di esaminare l’eccezione di tardività sollevata dal GTT in relazione all’appello incidentale proposto dalla soc. Rocksoil.

Ad avviso del GTT, il ricorso in questione (da qualificarsi come appello incidentale autonomo) risulterebbe tardivo per essere stato proposto oltre il termine di centoventi giorni dalla data di pubblicazione della sentenza oggetto di gravame, con conseguente violazione della previsione di cui al comma 7 dell’art. 23-bis, l. 1034 del 1971, ratione temporis applicabile alla vicenda di causa.

Nel merito, l’appello incidentale sarebbe comunque inammissibile per genericità e per carenza di interesse alla sua impugnativa.

2.1. L’eccezione di tardività dell’appello incidentale non può trovare accoglimento, dovendo nel caso di specie trovare puntuale conferma le conclusioni cui la Sezione è giunta con la decisione 8 luglio 2011, n. 4122.

Il fulcro del thema decidendum consiste nello stabilire se il termine per la proposizione dell’appello incidentale c.d. ‘improprio’ (ossia diretto a censurare capi di sentenza diversi da quelli impugnati dal ricorrente principale) sia riconducibile alla previsione di cui al primo comma dell’art. 37, T.U.C.d.S. (il quale assegnava, nel periodo della sua vigenza, un termine di trenta giorni dalla scadenza del termine per il deposito del ricorso), ovvero se, in considerazione delle peculiarità sistematiche di tale tipologia di gravame, il termine per la proposizione dell’appello debba essere fatto coincidere con quello generale di cui all’art. 28, l. TAR (nel caso di specie, quello lungo, decorrente dalla pubblicazione e dimidiato ai sensi dell’art. 23-bis della medesima legge).

Ora, è noto che nel corso degli anni era divenuto prevalente nella giurisprudenza di questo Consiglio la tesi secondo cui nel processo amministrativo l'appello incidentale autonomo o improprio, ossia diretto a censurare capi di sentenza diversi da quelli impugnati dal ricorrente principale, sostenuto da un interesse che non dipende dall'impugnativa principale, assume solo la veste formale del gravame incidentale, per realizzare il simultaneus processus, ma va proposto nei termini stabiliti per quello principale, in quanto soggetto alla disciplina generale prevista dagli artt. 28, l. 7 dicembre 1971 n. 1034 e 327 c.p.c. (sul punto: Cons. Stato, VI, 28 gennaio 2011, n. 642; id., V,, 3 novembre 2010, n. 7766; id., IV, 14 aprile 2010, n. 2080; id., V, 29 marzo 2010, n. 1785).

Ad avviso del Collegio, tuttavia, l’evoluzione in primis normativa degli anni più recenti induce a propendere per la diversa tesi secondo cui l’istituto dell’impugnazione incidentale tardiva nel processo amministrativo (art. 334, c.p.c.; ora: art. 96, co. 4 c.p.a.) assume valenza generale e non può essere limitato alle sole ipotesi di appello incidentale c.d. ‘proprio’ (in tal senso: C.G.A., 23 settembre 2008, n. 782; id., 19 ottobre 2005, n. 691).

E’ noto al riguardo che l’approccio in questione, prima dell’entrata in vigore del codice del processo amministrativo, prendeva le mosse dalla tendenziale applicabilità al processo amministrativo delle norme e dei princìpi del codice di procedura civile non espressamente derogate dalla disciplina specifica del rito amministrativo. Tale rinvio, nella materia qui in esame, si riempiva di contenuti a seguito della pronuncia delle Sezioni Unite della Cassazione 7 novembre 1989, n. 464, che aveva superato i limiti oggettivi in tema di ammissibilità dell’appello incidentale tardivo (in tal modo operando un netto revirement rispetto al passato).

Ebbene, è appena il caso di rilevare che l’approccio sistematico in questione ha segnato la più recente evoluzione anche del processo amministrativo.

Ed infatti, il Legislatore del 2010 ha ritenuto di recepire per intero la ratio sottesa alla formulazione dell’art. 334 c.p.c., consentendo in modo espresso la proposizione tardiva anche dell’appello incidentale improprio, pur se ne ha contestualmente affermato la dipendenza dagli esiti dell’impugnazione principale (“con l’impugnazione incidentale proposta ai sensi dell’articolo 334 del codice di procedura civile possono essere impugnati anche capi autonomi della sentenza; tuttavia, se l’impugnazione principale è dichiarata inammissibile, l’impugnazione incidentale perde ogni efficacia”).

La relazione governativa al ‘Codice’ riferisce al riguardo che “allo scopo di risolvere contrasti di giurisprudenza, l’impugnazione incidentale tardiva, conformemente alla sua natura di “ritorsione”, viene ammessa anche contro capi autonomi della sentenza: essa però, secondo la disciplina propria dell’impugnazione incidentale tardiva, perde efficacia se l’impugnazione principale è dichiarata inammissibile”.

Ad avviso del Collegio, quindi, la complessiva persuasività concettuale (anche in epoca anteriore all’entrata in vigore del ‘codice’) della tesi che ammetteva in via generale l’impugnazione incidentale tardiva (senza precluderla nel caso dell’appello incidentale c.d. ‘improprio’), nonché gli spunti sistematici rinvenibili dalla più recente evoluzione normativa inducono a propendere per la tempestività dell’appello incidentale proposto dalla soc. Rocksoil.

Del resto, se anche il Collegio avesse ritenuto di condividere l’orientamento fatto proprio dalla sentenza 28 gennaio 2011, n. 642, sarebbero risultati evidenti i presupposti per l’applicazione dell’istituto dell’errore scusabile (stante l’oscillazione giurisprudenziale sulla questione controversa), sicché anche sotto profilo comunque risulta tempestivo l’appello incidentale.

2.2. L’appello incidentale, che è da ritenersi tempestivo per le ragioni appena evidenziate, è tuttavia inammissibile.

2.2.1. Al riguardo si osserva che:

- in sede di ricorso in primo grado, la soc. Rocksoil aveva proposto domanda di risarcimento in forma specifica e, in subordine, per equivalente pecuniario;

- nel corso del giudizio (e, segnatamente, in sede di udienza di discussione), la società in questione aveva rinunziato in modo espresso alla domanda di risarcimento in forma specifica e aveva insistito per il ristoro per equivalente;

- dovendosi dare atto del fatto che il T.A.R. non abbia reso alcuna pronuncia sulla domanda risarcitoria, è nondimeno evidente che la scelta processuale della parte avesse limitato il thema decidendum sotto il versante risarcitorio alla sola richiesta di ristoro per equivalente, sicché nessun difetto di pronuncia si è nella specie verificato in relazione a una domanda che, in base al principio dispositivo, doveva intendersi ad ogni effetto rinunziata;

- in sede di memoria di costituzione in grado di appello, la soc. Rocksoil aveva in un primo momento richiamato in modo integrale le domande ed eccezioni già articolate in primo grado, per cui in questa fase, la domanda di risarcimento per equivalente doveva intendersi effettivamente riproposta sulla scorta del consolidato (e qui condiviso) orientamento secondo cui le parti possono limitarsi a riproporre con semplice memoria difensiva – e senza necessità di articolare appello incidentale - i motivi di ricorso dichiarati assorbiti o comunque non esaminati dal primo Giudice (sul punto, ex plurimis: Cons. Stato, V, 22 ottobre 2010, n. 7610; id., IV, 18 febbraio 2010, n. 954; id., VI, 3 dicembre 2009, n. 7577);

- tuttavia, in sede di proposizione del ricorso incidentale, la medesima società ha delimitato il thema decidendum in relazione alla riproposta domanda risarcitoria e ha testualmente affermato che “per quanto riguarda in particolare l’omessa decisione sulla domanda di risarcimento, la stessa viene qui impugnata ove interpretabile diversamente che nel senso dell’obbligo di G.T.T. di procedere alla riedizione di nuova procedura d’appalto” (in tal modo, l’appellante incidentale ha implicitamente rinunziato alla domanda di ristoro per equivalente, limitando la propria domanda di giustizia alla particolare forma di ristoro in forma specifica rappresentato dalla riedizione della procedura: cfr. Consiglio di Stato, V, 24 marzo 2011, n. 1796; id., V, 3 febbraio 2003, n. 505);

- una volta che la soc. Rocksoil aveva espressamente rinunziato alla domanda di risarcimento in forma specifica nel corso del primo grado (in tal modo limitando la pretesa risarcitoria ancora esperibile alla sola forma del ristoro per equivalente), la successiva scelta processuale di limitare il gravame al solo profilo della mancata pronuncia sulla richiesta di ristoro in forma specifica palesa l’inammissibilità della domanda in parola.

Ciò in quanto in tal modo si pretende di censurare, in ultima analisi, la mancata pronuncia da parte del Giudice su una utilitas (il risarcimento in forma specifica, appunto) cui la stessa parte aveva già espressamente rinunziato, mentre la domanda di ristoro per equivalente pecuniario era stata implicitamente rinunziata dalla soc. Rocksoil, in quanto non riproposta in sede di appello incidentale.

2.2.2. L’appello incidentale è quindi inammissibile per ciò che attiene il capo risarcitorio.

2.2.3. Il medesimo appello è altresì inammissibile per carenza di interesse anche in relazione agli ulteriori profili.

A ben vedere, infatti, una volta esclusa la ristorabilità del danno asseritamente patito in ogni sua forma, l’eventuale accoglimento dell’appello incidentale potrebbe sortire l’unico residuo effetto di confermare l’annullamento degli atti impugnati in primo grado con una formula motivazionale più ampia, ovvero per ragioni ulteriori e diverse rispetto a quelle ritenute dal T.A.R. meritevoli di accoglimento.

Al riguardo, tuttavia, deve richiamarsi il condiviso orientamento secondo cui l'appello proposto dalla parte la cui domanda sia stata nel primo giudizio accolta, è inammissibile per difetto d'interesse, a nulla rilevando un interesse di mero fatto del vincitore in primo grado ad un diverso percorso motivazionale rispetto a quello svolto dalla pronunzia a lui favorevole, ove non idoneo ad incidere sull’ambito dei poteri dell’Amministrazione (in tal senso: Cons. Stato, IV, 21 maggio 2007, n. 2570; id., IV, 25 agosto 2006, n. 4990).

2.2.4. L’appello incidentale deve, altresì, essere respinto per la parte in cui censura il capo della sentenza di primo grado relativo alla compensazione delle spese di lite.

Al riguardo si ritiene di prestare puntuale adesione al consolidato orientamento secondo cui il giudice amministrativo dispone di amplissimi poteri discrezionali in ordine al riconoscimento sul piano equitativo dei giusti motivi per far luogo alla compensazione delle spese giudiziali, ovvero per escluderla, con il solo limite, in pratica, di non poter condannare alle spese la parte risultata vittoriosa in giudizio o disporre statuizioni abnormi (in tal senso, ex plurimis: Cons. Stato, V, 7 luglio 2011, n. 4052; id., III, 5 maggio 2011, n. 2695; id., VI, 9 febbraio 2011, n. 891).

Nella specie, la statuizione appellata non riveste alcun profilo di abnormità, atteso che il percorso motivazionale seguito dal Tribunale, pur muovendosi nell’ambito di princìpi piuttosto consolidati (quelli relativi al divieto di commistione fra requisiti di partecipazione e requisiti di valutazione delle offerte), giungeva all’esito di un processo di sussunzione e di qualificazione della situazione di fatto non del tutto pacifico e certamente non scevra da margini di opinabilità (ci si riferisce, in particolare, alla valutazione relativa al se il punto B1 del disciplinare di gara concretasse o meno uno spurio criterio soggettivo di partecipazione).

3. Passando all’esame dell’appello principale, ritiene la Sezione che esso sia infondato.

3.1. In primo luogo deve essere esaminato il motivo di appello con il quale si è affermata l’irricevibilità del ricorso di primo grado (con cui si era contestata, inter alia, la legittimità del bando e del disciplinare di gara), per essere stato avviato alla notifica in data 29 luglio 2008, laddove il contenuto della lex specialis di gara sarebbe stato noto alla ricorrente in primo grado almeno a far data dal 22 aprile 2008.

3.1.1. Il motivo non può trovare accoglimento, in quanto il più recente e consolidato orientamento rileva che l’onere di immediata impugnazione del bando (di concorso o di gara) è strettamente riconnesso alla contestazione di clausole riguardanti requisiti soggettivi di partecipazione, ostative all'ammissione dell'interessato, o al più impositive, ai fini della partecipazione, di oneri manifestamente incomprensibili o del tutto sproporzionati per eccesso rispetto ai contenuti della procedura concorsuale, laddove siano assimilabili, per struttura e modo di operare, a quelle concernenti i requisiti soggettivi; va invece escluso un siffatto onere nei riguardi di ogni altra clausola dotata solo di astratta e potenziale lesività, la cui idoneità a produrre una concreta ed attuale lesione può essere valutata unicamente all'esito, non scontato, della medesima procedura e solo in caso in cui tale esito sia negativo per l'interessato (Cons. Stato, VI, 21 settembre 2010, n. 7031; id, V, 10 agosto 2010, n. 5555; id., VI, 8 luglio 2010, n. 4437; id., V, 25 maggio 2010, n. 3308).

E’ evidente, tuttavia, che un siffatto onere non sussistesse nel caso della particolare previsione di cui alla lettera B1 del disciplinare di gara, la quale non sortiva valenza immediatamente escludente, né rendeva oltremodo difficoltosa la partecipazione alla procedura.

3.2. In secondo luogo, deve essere esaminato il motivo di appello con cui si lamenta l’erroneità della sentenza del Tribunale per la parte in cui ha ritenuto che la previsione di cui alla lettera B1 del disciplinare di gara si ponesse in contrasto con il richiamato divieto di commistione fra requisiti di partecipazione e requisiti di valutazione delle offerte.

3.2.1. Il motivo è infondato.

Al riguardo, la sentenza oggetto di gravame è meritevole di conferma per la parte in cui ha affermato che la richiamata previsione del disciplinare di gara, nell’enfatizzare il complessivo requisito della ‘professionalità’ del concorrente da desumersi in base alla pregressa attività di progettazione, attenesse piuttosto a un criterio soggettivo di prequalificazione e che erroneamente detta previsione fosse stata inclusa fra i criteri di selezione dei candidati.

Questo Consiglio, conformemente del resto alla pertinente giurisprudenza comunitaria, ha affermato che costituisce principio generale regolatore delle gare pubbliche quello che vieta la commistione fra i criteri soggettivi di prequalificazione e quelli oggettivi afferenti alla valutazione dell'offerta ai fini dell'aggiudicazione.

Detto canone operativo, che affonda le sue radici nell'esigenza di aprire il mercato premiando le offerte più competitive ove presentate da imprese comunque affidabili, unitamente al canone di par condicio che osta ad asimmetrie pregiudiziali di tipo meramente soggettivo, trova in definitiva il suo sostanziale supporto logico nel bisogno di tenere separati i requisiti richiesti per la partecipazione alla gara da quelli che invece attengono all'offerta e all'aggiudicazione (in tal senso, ex plurimis: Cons. Stato, VI, 20 ottobre 2010, n. 7587; id., V, 8 settembre 2010, n. 6490; id., V, 21 maggio 2010, n. 3208).

Ora, non può negarsi che la giurisprudenza degli anni più recenti ha applicato il richiamato principio in modo non meccanicistico, temperandone la portata applicativa quante volte il singolo requisito di partecipazione, pur se coinvolgente le caratteristiche soggettive dell’offerente, sia nondimeno idoneo ad essere apprezzato quale garanzia della prestazione del servizio secondo le modalità prospettate nell'offerta, come elemento, cioè, incidente sulle modalità esecutive dello specifico servizio e quindi come parametro afferente alle caratteristiche oggettive dell'offerta (in tal senso: Cons. Stato, VI, 15 dicembre 2010, n. 8933).

Tuttavia, non si ritiene che nel caso di specie la legittimità della richiamata prescrizione della lex specialis potesse essere affermata alla luce del richiamato orientamento. Al contrario, il complesso dei pertinenti elementi conferma che la clausola in questione concernesse le qualità soggettive dell’offerente e solo in modo mediato fosse idonea a fornire elementi utili in ordine alle modalità in cui il servizio di progettazione sarebbe stato svolto.

Si osserva al riguardo che la lex specialis di gara stabiliva in modo espresso che l’indicazione di alcune attività selezionate come particolarmente significative attenesse alla valutazione in ordine alla ‘professionalità’ del singolo candidato. Quindi, già sotto il profilo sistematico e testuale, l’amministrazione aveva esplicitato expressis verbis l’intenzione di utilizzare i dati in tal modo acquisiti al fine di valutare una caratteristica soggettiva dell’offerente (la ‘professionalità’, appunto) e non una caratteristica oggettiva dell’offerta.

Si osserva, ancora, che la stessa lex specialis, pur richiedendo che l’allegazione di servizi pregressi concernesse “incarichi relativi ad interventi qualificabili affini a quello oggetto dell’incarico”, richiedeva nondimeno che tale allegazione fosse finalizzata a fornire elementi indicativi della complessiva ‘capacità’ dell’offerente (ossia, era ancora una volta finalizzata ad acquisire elementi che più correttamente avrebbero dovuto essere inclusi fra i criteri soggettivi di prequalificazione).

Pertanto, neppure la circostanza per cui la richiesta allegazione concernesse interventi affini a quello oggetto della singola procedura risulta idonea a spostare i termini della questione e a convincere che la richiamata prescrizione valesse ad acquisire elementi di valutazione dell’offerta riferibili alle peculiarità della singola gara.

Pertanto, la pronuncia oggetto di gravame deve in parte qua essere integralmente confermata.

3.2.2. Neppure è fondato il motivo di appello con cui il GTT contesta l’erroneità della pronuncia oggetto di gravame per la parte in cui ha affermato che il richiamato profilo di illegittimità assumesse “valore del tutto determinante ed essenziale sulla scelta del contraente” (pagina 8 della sentenza appellata).

La società appellante ha ritenuto di fondare il proprio argomento su una sorta di ‘prova di resistenza’ in base alla quale, quand’anche si eliminassero in toto dall’economia complessiva della gara gli effetti del requisito di cui al punto B1 del disciplinare, gli esiti della stessa non potrebbero comunque mutare (e, comunque, anche ad ammettere tale eliminazione, ciò non consentirebbe comunque alla società Rocksoil di conseguire l’aggiudicazione).

Il motivo in questione (il quale fa leva su una presunta carenza di interesse in capo alla soc. Rocksoil alla proposizione del ricorso in primo grado) non può essere condiviso, dovendosi piuttosto confermare l’esistenza in capo a tale società di un interesse puntuale all’integrale caducazione degli atti della gara ai fini della sua ripetizione.

Al riguardo, va osservato che la sussistenza di un interesse all’impugnativa attiene ai presupposti e alle condizioni originarie dell’azione e che sulla medesima non possono sortire effetti di sorta gli sviluppi successivi del processo (come, nel caso di specie, l’espressa rinunzia da parte della ricorrente in primo grado alla reintegrazione in forma specifica, anche sotto la specie dell’integrale ripetizione della gara).

Venendo al merito della questione, il Collegio condivide e intende riaffermare il principio secondo cui il bando di gara è un atto scindibile nelle sue diverse clausole, con la conseguenza che l'illegittimità di una di esse non si estende automaticamente alle altre non dipendenti e addirittura all'intero provvedimento, comportando il rinnovo dell'intera procedura (Cons. Stato, V, 23 settembre 2005, n. 5035).

Tuttavia, a conclusioni diverse deve giungersi quante volte la clausola illegittima oggetto di impugnativa rivestisse una tale importanza (sotto il profilo quali-quantitativo) nell’economia generale della gara, da doversi ritenere che essa rappresenti uno dei contenuti essenziali delle determinazioni manifestate attraverso l’indizione della procedura.

In siffatte ipotesi, non è possibile procedere al giudizio di frazionamento della complessiva disciplina di gara sollecitato dal GTT, attraverso la pura e semplice avulsione della clausola illegittima (e dei suoi effetti), né è possibile valutare la disciplina di gara nel suo complesso semplicemente come se la clausola in parola non esset.

Al riguardo, ci si limita ad osservare che il proprium del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa consiste nell’individuare un ponderato bilanciamento fra le varie componenti dell’offerta e che, tradizionalmente, nel caso di attività caratterizzate da un rilevante apporto tecnico da parte dei candidati (come nel caso delle attività di progettazione), alle componenti qualitative dell’offerta deve essere riconosciuto un peso prevalente rispetto alla componente economica.

L’approccio in questione trova ora puntuale conferma nella previsione di cui al comma 1 dell’art. 120 del d.P.R. 5 ottobre 2010, n. 207 (regolamento di esecuzione ed attuazione al codice dei contratti), secondo cui nel caso delle procedure aventi ad oggetto attività di progettazione “i fattori ponderali da assegnare ai ‘pesi’ o ‘punteggi’ attribuiti agli elementi riferiti alla qualità, al pregio tecnico, alle caratteristiche estetiche e funzionali e alle caratteristiche ambientali non devono essere complessivamente inferiori a sessantacinque”.

Questo essendo il quadro concettuale entro il quale riguardare la vicenda di causa, si osserva che non può essere condiviso il richiamato approccio proposto dal GTT (e fondato su una ‘prova di resistenza’), dal momento che il criterio di cui si è accertata l’illegittimità assumeva una valenza del tutto determinante nell’ambito della disciplina di gara.

Al di là del puro dato quantitativo, infatti, non può ragionevolmente affermarsi che l’economia della procedura sarebbe rimasta invariata laddove il richiamato criterio fosse stato semplicemente eliminato.

Al riguardo ci si limita ad osservare che: a) al criterio in questione era stato attribuito un valore ponderale assolutamente rilevante, pari al 25 per cento del totale e pari alla metà del peso attribuito alla componente qualitativa dell’offerta; b) laddove si accedesse alla soluzione ipotizzata dal GTT, la conseguenza (invero, inaccettabile) sarebbe quella di attribuire un valore del tutto preponderante ai fini dell’aggiudicazione alla componente-prezzo (cui erano assegnati ben 40 punti), con effetti obiettivamente antisistemici in relazione alla particolare tipologia della procedura per cui è causa.

Conseguentemente, deve confermarsi la correttezza della decisione in esame per la parte in cui ha affermato che la previsione di cui al punto B1 del disciplinare di gara assumesse “[un valore] del tutto determinante ed essenziale” nell’economia della gara e che, conseguentemente, l’accertamento dell’illegittimità di tale clausola fosse idonea a determinare l’integrale caducazione della procedura, minando in radice uno degli elementi fondanti della sua complessiva architettura.

In via mediata, deve ritenersi che l’impugnativa proposta dalla soc. Rocksoil avverso gli atti di gara fosse correttamente fondata sull’interesse alla caducazione dell’intera procedura e alla sua ripetizione e che il carattere genetico di tale interesse non potesse in seguito essere inciso dalle scelte processuali della parte attrice, la quale aveva nel corso del giudizio deciso di escludere dalla propria istanza di giustizia la reintegrazione in forma specifica sotto la specie, appunto, dell’integrale ripetizione della gara.

4. Per le ragioni sin qui esposte, il ricorso incidentale deve essere dichiarato in parte inammissibile e in parte infondato, mentre l’appello deve essere respinto.

Il Collegio ritiene che sussistano giusti motivi per disporre l’integrale compensazione delle spese del secondo grado di lite fra le parti..

 

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe n. 3509 del 2009, dichiara in parte inammissibile e in parte infondato il ricorso incidentale e respinge il ricorso principale.

Spese compensate del secondo grado del giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 17 maggio 2011 con l'intervento dei magistrati:

Luigi Maruotti, Presidente

Rosanna De Nictolis, Consigliere

Roberto Garofoli, Consigliere

Bruno Rosario Polito, Consigliere

Claudio Contessa, Consigliere, Estensore

 

L'ESTENSORE  IL PRESIDENTE

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 04/10/2011

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