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Consiglio di Stato, Sez. IV, 22/11/2011 n. 6153
Spetta all'amministrazione e non all'impresa partecipante ad una gara di appalto il giudizio sull'eventuale gravità delle eventuali condanne riportate.

L'art. 38, c. 2, del d.lgs. n. 163/06, limitandosi a fare riferimento alla necessità di produrre un'attestazione che documenti il "possesso dei requisiti", ricollega il contenuto della dichiarazione relativa alle condanne subite, direttamente al precetto di cui all'art.1 lett. c della medesima disposizione. Secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale, spettando all'amministrazione il giudizio sull'eventuale gravità delle eventuali condanne riportate, è comunque obbligo del concorrente dichiarare tutti i pregiudizi penali subiti, non spettando a quest'ultimo effettuare valutazioni in ordine alla gravità del reato ascrittogli o del pregiudizio penale riportato, in quanto ciò si risolverebbe nella possibile privazione, in capo alla stazione appaltante, delle conoscenze indispensabili per potere delibare in ordine all'incidenza del precedente riportato sulla moralità professionale e sulla gravità del medesimo. Detto approccio interpretativo, pienamente conciliabile con il dato testuale contenuto nella disposizione di legge in parola, ha il pregio di non vanificarne la portata, demandando al concorrente una delibazione preventiva sulla "gravità" della condanna. Tale delibazione compete alla discrezionalità valutativa della stazione appaltante, previa comunicazione alla medesima della sussistenza del precedente penale da valutare.

Materia: appalti / disciplina

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

 

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1946 del 2011, proposto da:

Centro Auto Anpa srl, in persona del legale rappresentante in carica rappresentato e difeso dall'avv. Pietro Sirena, con domicilio eletto presso Bianca Cesare Massimo Studio Legale in Roma, via Po N.43;

 

contro

Ministero della Difesa, Marina Militare- Direzione di Commissariato M.M. Roma, in persona del legale rappresentante in carica, rappresentato e difeso dalla Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici in Roma, alla Via dei Portoghesi n. 12, è domiciliato per legge;

 

nei confronti di

Ati Aut Mec e Car.Di Paolo M./Aut.Mec.Dpc di Pietro C. non costituitasi in giudizio;

 

per la riforma

della sentenza breve del T.A.R. del LAZIO – Sede di ROMA- SEZIONE I BIS n. 35427/2010, resa tra le parti, concernente ESCLUSIONE DALLA GARA D'APPALTO-SERVIZIO DI MANUTENZIONE E RIPARAZIONE – RISARCIMENTO DANNI

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero della Difesa e della Marina Militare-Direzione di Commissariato M.M. Roma;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 4 novembre 2011 il Consigliere Fabio Taormina e uditi per le parti l’ Avvocato Ada Greco in sostituzione di Pietro Sirena e l’ Avvocato dello Stato Amedeo Elefante;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO

Con la sentenza in forma semplificata in epigrafe impugnata il Tribunale amministrativo regionale del Lazio– Sede di Roma – ha respinto il ricorso proposto dalla società odierna appellante s.r.l. “Centro Auto Anpa” volto ad ottenere l’annullamento del provvedimento con cui essa era stata esclusa dalla gara d’appalto indetta con bando pubblicato sulla G.U.C.E. n. 861 del 27 marzo 2010 e sulla G.U.R.I., 5^ s.s., n.86 del 29 marzo 2010.

Secondo il primo giudice era incontestabile che l’appellata aveva reso – nella sua domanda di partecipazione alla gara in oggetto – dichiarazioni (risultate) non veritiere riposanti nell’aver taciuto che l’Amministratore unico della “Centro Auto Anpa” era stato oggetto di ben tre condanne (sia pure “a pena patteggiata”) per plurime violazioni della vigente normativa in materia edilizia.

Detto contegno omissivo mirava ad impedire all’amministrazione (in spregio dei principi generali in tema di buona fede precontrattuale) di pronunciarsi in ordine alla (eventuale) sussistenza, in determinate condanne penali, dei caratteri (ostativi alla partecipazione alle gare) previsti dall’art.38, lett.c, del d.Lgs. 12 aprile 2006 n.163: ne conseguiva che l’esclusione era pienamente giustificata ed immune dai denunciati vizi.

La società originaria ricorrente rimasta soccombente ha impugnato la detta decisione criticandola sotto numerosi angoli prospettici e chiedendone la riforma. Essa ha in particolare sostenuto che il legale rappresentante della società, Sig. Maurizio Pacitto non aveva reso alcuna falsa dichiarazione, ma, conformandosi alla richiesta contenuta nell’art. 38 del d.Lgs. 12 aprile 2006 n.163) aveva dichiarato di non avere riportato condanne “gravi”.

Né tale poteva considerarsi la condanna da questi riportata, ex art. 444 cpp alla modesta pena di giorni 24 di arresto ed euro 14.400 di ammenda per lavori edilizi (si trattava della realizzazione di un forno) eseguiti in assenza di permesso di costruire (tanto più che questi aveva ottenuto il beneficio di cui all’art. 163 c.p. e quello della non menzione della condanna nel casellario giudiziale ex artt. 175 e 178 c.p.).

In ogni caso lo stato di palese buona fede in cui versava il predetto legale rappresentante della società era evidente.

Né il bando aveva imposto di dichiarare tutte le condanne penali riportate, a prescindere dalla gravità delle medesime

Sotto altro profilo, la appellata decisione appariva viziata laddove essa non aveva preso in considerazione il secondo motivo di gravame, incentrato sulla assoluta assenza di valutazione, da parte della stazione appaltante in ordine alla gravità del reato in oggetto. Ne conseguiva il diritto dell’appellante ad ottenere il risarcimento del danno subito, quantificato in una somma pari all’importo del servizio posto in gara.

Con memoria ritualmente depositata l’appellante società ha puntualizzato e ribadito le proprie censure.

Con una articolata memoria la difesa erariale del Ministero della Difesa ha chiesto la reiezione dell’appello perché infondato: il legale rappresentante dell’appellante società aveva commesso tre reati in data 16 ottobre 2008 e gli era stata applicata la pena ai sensi dell’art. 444 c.p.p.; detto precedente penale non era stato dichiarato, e da tale circostanza discendeva la esattezza della statuizione espulsiva posto che non era giuridicamente sostenibile che il giudizio sulla gravità della condanna riportata venisse rimesso alla discrezionalità del dichiarante.

All’adunanza camerale del 12 aprile 2011 fissata per la delibazione sulla domanda di sospensione dell’esecutività dell’appellata decisione la Sezione, con ordinanza n. 01615/2011 ha accolto istanza di sospensione cautelare della sentenza ritenendo che “l’appello si presenta assistito da consistenti elementi di fumus boni juris, considerato che laddove le regole di gara non richiedano indicazioni ulteriori alla insussistenza delle cause di esclusione di cui all’art. 38 D.Lgs 163/2006 (pur potendo imporre indicazioni più precise, quale l’indicazione di tutte le condanne penali subite) appare, prima facie, giustificata una valutazione di gravità del reato compiuta, in prima battuta, dal concorrente, onde non sembra legittima una sua esclusione per il solo fatto formale della mancata menzione di ogni condanna riportata (non potendo la dichiarazione resa definirsi “falsa”) senza che la stazione appaltante abbia formulato il giudizio, che le compete, di gravità ed incidenza sulla moralità professionale della condanna in concreto subita e riscontrata in sede di controllo; valutazione, questa, che nella specie non è intervenuta;”.

Alla odierna pubblica udienza del 4 novembre 2011 la causa è stata posta in decisione.

 

DIRITTO

1.L’appello è infondato e va respinto.

2. Va premesso in punto di fatto che la lex specialis della procedura evidenziale per cui è causa non integrava la prescrizione di legge di cui all’art. 38 del d.Lgs. 12 aprile 2006 n. 163 (non prescrivendo espressamente che la dichiarazione dovesse contemplare tutte le condanne riportate). Ne consegue che l’unico riferimento normativo da prendere in esame al fine di valutare la legittimità della statuizione espulsiva impugnata in primo grado riposta nella richiamata norma di legge.

2.1. Stabilisce in proposito l’art. 38 comma 1 lett. c del d.Lgs. 12 aprile 2006 n. 163 (nella parte di interesse per l’odierno procedimento, e nella versione antecedente alle modifiche introdotte dal d.l. 13 maggio 2011 convertito in legge 12 luglio 2011 n. 106 ed applicabile ratione temporis alla controversia) che: “Sono esclusi dalla partecipazione alle procedure di affidamento delle concessioni e degli appalti di lavori, forniture e servizi, nè possono essere affidatari di subappalti, e non possono stipulare i relativi contratti i soggetti:

nei cui confronti è stata pronunciata sentenza di condanna passata in giudicato, o emesso decreto penale di condanna divenuto irrevocabile, oppure sentenza di applicazione della pena su richiesta, ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale, per reati gravi in danno dello Stato o della Comunità che incidono sulla moralità professionale; è comunque causa di esclusione la condanna, con sentenza passata in giudicato, per uno o più reati di partecipazione a un'organizzazione criminale, corruzione, frode, riciclaggio, quali definiti dagli atti comunitari citati all'articolo 45, paragrafo 1, direttiva Ce 2004/18; l'esclusione e il divieto operano se la sentenza o il decreto sono stati emessi nei confronti: del titolare o del direttore tecnico se si tratta di impresa individuale; del socio o del direttore tecnico, se si tratta di società in nome collettivo; dei soci accomandatari o del direttore tecnico se si tratta di società in accomandita semplice; degli amministratori muniti di potere di rappresentanza o del direttore tecnico se si tratta di altro tipo di società o consorzio. In ogni caso l'esclusione e il divieto operano anche nei confronti dei soggetti cessati dalla carica nel triennio antecedente la data di pubblicazione del bando di gara, qualora l'impresa non dimostri di aver adottato atti o misure di completa dissociazione della condotta penalmente sanzionata; resta salva in ogni caso l'applicazione dell'articolo 178 del codice penale e dell'articolo 445, comma 2, del codice di procedura penale;”.

Il successivo comma 2 del medesimo articolo precisa che “ il candidato o il concorrente attesta il possesso dei requisiti mediante dichiarazione sostitutiva in conformità alle disposizioni del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, in cui indica anche le eventuali condanne per le quali abbia beneficiato della non menzione ”.

Come è agevole riscontrare detto comma 2 limitandosi a fare riferimento alla necessità di produrre una attestazione che documenti il “possesso dei requisiti” ricollega il contenuto della dichiarazione relativa alle condanne subite direttamente al precetto di cui all’art.1 lett. c del medesimo articolo.

2.3. La giurisprudenza si è a più riprese interrogata in ordine alla condotta che deve serbare l’impresa partecipante allorchè essa procede a redigere e trasmettere l’attestazione di cui al richiamato comma 2 della citata disposizione.

In particolare si sono confrontate sul punto due opzioni ermeneutiche.

Secondo una prima tesi il collegamento tra il comma 2 del citato art. 38 ed il comma 1 lett. c legittimerebbe il concorrente ad omettere di dichiarare precedenti penali (che secondo il proprio giudizio non erano connotati dal requisito della gravità e comunque) di scarso rilievo. La dichiarazione in tal senso resa, non potrebbe considerarsi ex se falsa e determinare conseguenze espulsive automatiche: spetterebbe all’amministrazione previa valutazione in ordine alla eventuale gravità del precedente penale non dichiarato, adottare determinazioni espulsive fondate però non già sulla (inesistente e comunque innocua) falsità della dichiarazione, ma sulla consistenza del precedente penale non dichiarato.

Con la importante precisazione, però, che laddove la lex specialis avesse imposto di dichiarare tutte le condanne riportate il concorrente non poteva omettere di dichiararne taluna in quanto asseritamente non grave: in tali ipotesi la sanzione espulsiva era diretta conseguenza della violazione della prescrizione del bando senza che la stazione appaltante dovesse interrogarsi in ordine alla gravità del precedente penale omesso (Consiglio Stato , sez. VI, 21 dicembre 2010 , n. 9324).

Secondo una opzione ermeneutica più rigorosa, spettando all’amministrazione il giudizio sulla eventuale gravità delle eventuali condanne riportate, è comunque obbligo del concorrente dichiarare tutti i pregiudizi penali subiti non pertenendo a quest’ultimo effettuare valutazioni in ordine alla gravità del reato ascrittogli o del pregiudizio penale riportato perché ciò si risolverebbe nella possibile privazione in capo alla stazione appaltante delle conoscenze indispensabili per potere delibare in ordine alla incidenza del precedente riportato sulla moralità professionale e sulla gravità del medesimo.

Si è affermato pertanto in passato che “alla stregua della portata dell'art. 38 d.lg. n. 163 del 2006, deve ritenersi che le valutazioni in ordine alla gravità delle condanne riportate dai concorrenti ed alla loro incidenza sulla moralità professionale spettano alla Stazione appaltante e non al concorrente medesimo, il quale è pertanto tenuto a indicare tutte le condanne riportate, non potendo operare a monte alcun « filtro », omettendo la dichiarazione di alcune di esse sulla base di una selezione compiuta secondo criteri personali.”(Consiglio Stato , sez. IV, 10 febbraio 2009 , n. 740).

Ne consegue che, in ipotesi di omessa dichiarazione di condanne riportate è legittimo il provvedimento d’esclusione non dovendosi configurare in capo alla stazione appaltante l’ulteriore obbligo di vagliare la gravità del precedente penale di cui è stata omessa la dichiarazione e conseguendo la statuizione espulsiva dalla omissione della prescritta dichiarazione.

2.4. La Sezione si è ormai stabilmente orientata verso quest’ultimo approccio interpretativo che, pienamente conciliabile con il dato testuale contenuto nella disposizione di legge in parola, ha il pregio di non vanificarne la portata demandando al concorrente (certamente interessato a dichiarare nella minor misura possibile circostanze a se potenzialmente sfavorevoli) una delibazione preventiva sulla “gravità” della condanna.

Tale delibazione invece, logicamente e per espressa prescrizione di legge, compete alla discrezionalità valutativa della stazione appaltante (Consiglio Stato , sez. VI, 04 giugno 2010 , n. 3560), previa comunicazione alla medesima della sussistenza del precedente penale da valutare.

2.4.1. In particolare, si è ancora di recente affermato (Consiglio di Stato, Sezione Quarta decisioni n. 2066/2010 e 2068/2010 delle quali si riporta di seguito un breve stralcio della motivazione) che “la dichiarazione sostitutiva – riferita a tutte le condanne penali eventualmente subite – è altresì necessaria, in relazione alla prima delle ipotesi contemplate dall’art. 38, poiché solo attraverso la loro conoscenza l’amministrazione può verificare se ricorrono quelle ipotesi di condanne per “reati gravi in danno dello Stato o della Comunità che incidono sulla moralità professionale”.

La valutazione della “gravità” del reato per cui si è ricevuta condanna non può che competere all’amministrazione, non potendosi ritenere che essa – come pure si è talora sostenuto (Cons. Stato, sez. V, 4 agosto 2009 n. 4907) - competa al soggetto dichiarante, di modo che, laddove questo non avesse dichiarato una condanna ricevuta, ciò sarebbe sintomo di una sua valutazione di “non gravità” del reato per cui essa è stata pronunciata, e la dichiarazione non potrebbe essere ritenuta “falsa”.

Tale ultima tesi comporterebbe che, per un verso, l’amministrazione – nonostante una espressa previsione di legge – non conoscerebbe (in tutto o in parte) uno dei requisiti del soggetto concorrente (ed eventualmente aggiudicatario); che – non conoscendolo – non può né valutare la gravità del reato per cui si è ricevuta condanna, né se la valutazione di ciò, effettuata dal concorrente - ove si voglia aderire alla giurisprudenza sopra richiamata - risulta ragionevole; infine, che la verifica del possesso o meno del requisito non costituirebbe più un momento indefettibile del procedimento di affidamento, ma diverrebbe meramente eventuale, potendo essa ricorrere solo nel caso in cui altro concorrente prospetti la mancanza del requisito.”.

2.5. Non ravvisa il Collegio ragioni per rimettere in discussione tale approdo interpretativo.

Posto che risulta incontestato ed incontestabile che l’appellante società omise di dichiarare che il proprio legale rappresentante Maurizio Pacitto era stato condannato dal Tribunale di Tivoli (decisione divenuta irrevocabile il 25 gennaio 2009) ex art. 444 cpp alla a pena di giorni 24 di arresto ed euro 14.400 di ammenda per lavori edilizi eseguiti in assenza di permesso di costruire, e che non si era verificato l’effetto estintivo di cui all’art. 445 comma 2 del codice di procedura penale (espressamente contemplato quale causa esimente dal citato art. 38 del d.Lgs. 12 aprile 2006 n. 163) ne consegue la reiezione del primo motivo dell’appello.

3.Anche le ulteriori doglianze prospettate non meritano positiva delibazione.

Esse infatti, in quanto dirette a censurare l’omessa valutazione in ordine alla gravità del reato non dichiarato, collidono con quanto sinora affermato in punto di necessità di rendere una dichiarazione omnicomprensiva a prescindere dalla eventuale espressa prescrizione del bando in tal senso (e di conseguente legittimità della statuizione espulsiva laddove detto obbligo non sia osservato) e fanno riferimento ad una supposta causa di estinzione del reato commesso (pag. 15 del ricorso in appello) né sussistente avuto riguardo al tempo trascorso dal momento in cui venne resa la condanna (pronunciata il 16 ottobre 2008) né comunque documentata o dichiarata dal giudice competente (si rammenta in proposito che ai fini della estinzione del reato necessita immancabilmente l'adozione del provvedimento dichiarativo del giudice dell'esecuzione ex art. 676 c.p.c., senza del quale non può ex lege ed automaticamente operare l'invocata causa estintiva: Cassazione penale, sez. IV, 27/02/2002, n. 11560, ma anche Cassazione penale, sez. I, 24/11/2009, n. 49987).

In ultimo, neppure può invocarsi il supposto stato di buona fede dell’appellante.

Posto che egli – come sostenutosi nell’appello- era “certo che il detto precedente penale sarebbe stato conosciuto dalla stazione appaltante in sede di controllo sui requisiti, o di produzione del DURC” non si vede perché la società si sia risolta ad omettere di menzionare la detta condanna nella prescritta dichiarazione, tanto più che tale richiamo non avrebbe comportato alcun aggravio né temporale né di costi.

4.Conclusivamente la sentenza appare esatta laddove ha affermato la legittimità della statuizione espulsiva: l’appello deve essere pertanto respinto e di conseguenza deve essere respinta la connessa domanda risarcitoria.

5. Sussistono le condizioni di legge per compensare tra le parti le spese processuali sostenute.

 

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

definitivamente pronunciando sull'appello, numero di registro generale 1946 del 2011 come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese processuali compensate

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 4 novembre 2011 con l'intervento dei magistrati:

Gaetano Trotta, Presidente

Raffaele Greco, Consigliere

Fabio Taormina, Consigliere, Estensore

Diego Sabatino, Consigliere

Guido Romano, Consigliere   

   

L'ESTENSORE  IL PRESIDENTE

   

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 22/11/2011

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