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Consiglio di Stato, Sez. V, 21/11/2011 n. 6127
Sull'illegittimità dell'operato di una commissione di gara che abbia optato per l'apertura delle buste contenenti l'offerta tecnica in seduta riservata.

Alla luce della recentissima decisione dell'adunanza plenaria n. 13/11, la verifica dell'integrità dei plichi non esaurisce la sua funzione nella constatazione che gli stessi non abbiano subìto manomissioni od alterazioni, ma è destinata a garantire che il materiale documentario trovi correttamente ingresso nella procedura di gara, giacché la pubblicità delle sedute risponde all'esigenza di tutela non solo della parità di trattamento di concorrenti, cui deve essere consentito di effettuare gli opportuni riscontri sulla regolarità formale degli atti e di avere la garanzia che non siano successivamente intervenute indebite alterazioni, ma anche nell'interesse pubblico alla trasparenza ed all'imparzialità dell'azione amministrativa, le cui conseguenze negative sono difficilmente apprezzabili ex post, una volta rotti i sigilli ed aperti i plichi, in mancanza di un riscontro immediato. Peraltro, tale regola costituisce corretta interpretazione dei principi comunitari e di diritto interno desumibili dall'art. 97 cost. e dalle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE, le quali impongono che le commissioni di gara agiscano con trasparenza: la norma, avendo portata di principio, deve quindi investire passaggi essenziali e determinanti degli esiti delle procedure di gara, quale è l'apertura della borsa dell'offerta tecnica, momento che ha identica rilevanza rispetto all'apertura della documentazione amministrativa e dell'offerta tecnica e che quindi merita le medesime garanzie, a tutela di tutti gli interessi coinvolti. Pertanto, nel caso di specie, è illegittima la scelta di una commissione giudicatrice di aprire le buste contenenti l'offerta tecnica in seduta riservata.

Materia: appalti / disciplina

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

 

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3217 del 2009, proposto da:

Melfi Srl, rappresentata e difesa dall'avv. Vincenzo Caputi Jambrenghi, con domicilio eletto presso Vincenzo Caputi Iambrenghi in Roma, via Vincenzo Picardi, 4/B;

 

contro

Italcogim Reti Spa, rappresentata e difesa dagli avv. Andrea Manzi, Stefano Ferla, con domicilio eletto presso Andrea Manzi in Roma, via Federico Confalonieri, 5;

 

nei confronti di

Comune di Spinete, rappresentato e difeso dall'avv. Vincenzo Colalillo, con domicilio eletto presso Vincenzo Colalillo in Roma, via Albalonga,7;

sul ricorso numero di registro generale 3686 del 2009, proposto da:

Comune di Spinete, rappresentato e difeso dall'avv. Vincenzo Colalillo, con domicilio eletto presso Studio Legale Colalillo Vincenzo ed altri in Roma, via Albalonga N. 7;

 

contro

Italcogim Reti Spa, rappresentata e difesa dagli avv. Andrea Manzi, Stefano Ferla, con domicilio eletto presso Andrea Manzi in Roma, via Federico Confalonieri, 5;

 

nei confronti di

Melfi Srl;

 

per la riforma

quanto al ricorso n. 3217 del 2009:

della sentenza del T.a.r. Molise - Campobasso n. 00081/2009, resa tra le parti, concernente AFFIDAMENTO SERVIZIO PUBBLICO DI DISTRIBUZIONE DEL GAS METANO;

quanto al ricorso n. 3686 del 2009:

 

della sentenza del T.a.r. Molise - Campobasso n. 00081/2009, resa tra le parti, concernente AFFIDAMENTO SERVIZIO PUBBLICO DISTRIBUZIONE GAS METANO;

Visti i ricorsi in appello e i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Visti gli artt. 74 e 120, co. 10, cod. proc. amm.;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 18 ottobre 2011 il Cons. Raffaele Prosperi e uditi per le parti gli avvocati Mastroviti, su delega dell' avv. Caputi Jambrenghi, Manzi e Colalillo;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO

In data 8 gennaio 2008 il Comune di Spinete bandiva una procedura aperta per l’affidamento della gestione del servizio pubblico di distribuzione del gas metano nel territorio comunale ai sensi del D. Lgs. 164/00 senza oneri per il Comune. Alla gara partecipavano tre ditte tra cui la Melfi s.r.l. e la Italcogim Reti s.p.a.e la prima di queste risultava infine affidataria della concessione. Sennonché, su ricorso della Italcogim proposto al TAR della Lombardia e trasmesso per competenza al TAR del Molise, l’aggiudicazione veniva annullata con la sentenza n. 81 del 12 marzo 2009, ora appellata da Melfi s.r.l. con le seguenti censure:

1.Error in iudicando, ingiustizia manifesta, difetto di motivazione, malgoverno dei principi in materia di pubblicità delle procedure di gara e di imparzialità e di trasparenza (anche con riferimento alla nomina della commissione giudicatrice), travisamento dei fatti, illogicità, contraddittorietà, extrapetizione.

A. Del primo motivo accolto dal TAR.

Sostiene in sintesi l’appellante che erroneamente il TAR ha ritenuto l’illegittimità della procedura di gara laddove ha affermato che la commissione giudicatrice non potesse procedere alla valutazione delle offerte tecniche, contenute nella busta B, in seduta segreta e ciò senza considerare il mancato riscontro di manomissioni dei plichi contenenti le domande o del contenuto delle domande stesse. Il principio di pubblicità delle pubbliche gare è inderogabile, secondo costante giurisprudenza, di fronte alla verifica dell’integrità dei plichi contenenti le offerte e alla copertura delle offerte economiche, ma si è invece affermata frequentemente, al contrario, l’opportunità che la valutazione delle offerte tecniche si svolga in seduta riservata al fine di evitare influenze esterne su giudizi dei membri della commissione giudicatrice. Lo stesso disciplinare di gara non offre spunti per una diversa interpretazione, poiché il richiamo a “precedente seduta pubblica” altro non è che il riferimento alla necessaria pubblicità della verifica dell’integrità delle buste.

B.Del secondo e terzo motivo di ricorso accolti parzialmente dal TAR.

La sentenza appellata afferma che le censure di cui al secondo e al terzo motivo del ricorso, qualora non fossero meritevoli di accoglimento, sarebbero comunque idonee a rinforzare le censure sollevate con il primo motivo. Tali espressioni non sono pertinenti e sono prive di base logico giuridica.

C. Del quarto motivo di ricorso accolto dal TAR.

Non è conforme alle norme che regolano le pubbliche gare affermare in sentenza, nell’accogliere il quarto motivo, che la commissione giudicatrice è stata nominata prima della chiusura dei termini per le offerte violando il principio di trasparenza e l’art. 84 D. Lgs. 163/06. In realtà prima della chiusura dei termini per le offerte è avvenuta esclusivamente l’individuazione dei componenti interni della commissione, individuazione da ritenersi del tutto vincolata, in quanto i primi funzionari nominati erano gli unici dipendenti comunali in possesso della qualifica C e quindi dotati della professionalità necessaria per comporre la commissione. Tanto è che due membri esterni sono stati situati successivamente e che la nomina formale della commissione è avvenuta dopo lo scadere predetto. In ogni caso, tenuto conto che la gara in questione investe una concessione di servizi, si deve tenere conto che l’art. 84 predetto non riguarda questa procedura, in quanto governata dal D. Lgs. 164/00 e non dal D. Lgs. 163/06, salva l’applicazione di quanto previsto dall’art. 30 D. Lgs. 163, oltre alla considerazione che la materia oggetto della gara riguardava il rifornimento di energia e perciò era in ogni caso sottratta dalle regole stringenti di dettaglio della generalità degli appalti pubblici.

D.Sul secondo motivo di ricorso di primo grado se ed in quanto sia stato accolto dal TAR.

Giusta i contenuti del D. Lgs. 164/00 ed in particolare dell’art. 14, le amministrazioni pubbliche hanno piena discrezionalità nel predeterminare il valore ponderale da attribuire agli elementi qualità e prezzo delle offerte. Se è stato riconosciuto legittimo che un Comune abbia ritenuto di attribuire prevalenza assoluta all’elemento economico, deve essere ritenuto legittimo anche il contrario, soprattutto ove tra gli obblighi dei contraenti fosse previsto a carico della concessionaria di versamento di un aggio pari a €. 66.000,00 e il potenziamento dell’impianto senza oneri per il Comune. Ancora, sempre a ragione dell’applicazione del D. Lgs. 164/00, non può farsi valere l’art. 83 d. Lgs. 163/06 relativamente alla modalità di attribuzione dei punteggi secondo tre sottocriteri, modalità che comunque appare chiaramente motivata.

E.Sul terzo motivo di ricorso di primo grado se ed in quanto sia stato accolto dal TAR.

Le considerazioni concernenti la valutazione comparativa delle offerte tecniche svolte nella terza censura del ricorso, qualora accolte dal TAR Molise, sono del tutto inconsistenti, sia perché la sospetta anomalia dell’offerta di Italcogim è del tutto evidente, sia perché il mancato uso del prezziario regionale si è effettivamente verificato, sia perché infine la stessa offerta della ricorrente in primo grado ha comunque ottenuto un’altissima valutazione per il piano di investimento.

L’appellante concludeva per l’accoglimento del ricorso con vittoria di spese, insistendo anche per l’annullamento della condanna al risarcimento dei danni emessa a carico del Comune di Spinete, visto che lo stesso ricorso di Italcogim nemmeno conteneva un’autentica domanda di condanna al risarcimento dei danni, ma solamente una clausola di stile posta in calce al ricorso.

Con atto notificato il 18 aprile 2009 anche il Comune di Spinete impugnava la sentenza n. 81/09 del TAR del Molise, censurandola con gli stessi mezzi già sollevati con il ricorso di Melfi s.r.l., ed insistendo sull’erroneità della condanna al risarcimento dei danni nei confronti di Italcogim Reti, data la mancanza di colpa in campo all’Amministrazione comunale.

Italcogim Reti s.p.a. – ora G6 Rete Gas s.p.a. - si è costituita in entrambi i giudizi, sostenendo l’infondatezza degli appelli e chiedendone il rigetto.

Alla odierna udienza pubblica la causa è passata in decisione.

 

DIRITTO

I due appelli possono essere riuniti per essere decisi con un’unica sentenza, vista l’identità di petitum e di censure.

Il primo motivo di ambedue i ricorsi, inerente l’erroneità della sentenza di primo grado che ha ritenuto l’illegittimità della scelta della commissione giudicatrice di apertura delle buste contenenti l’offerta tecnica in seduta riservata, è infondato alla luce della recentissima decisione dell’adunanza plenaria n. 13/11.

L’adunanza ha affermato che la “verifica dell’integrità dei plichi non esaurisce la sua funzione nella constatazione che gli stessi non hanno subito manomissioni o alterazioni, ma è destinata a garantire che il materiale documentario trovi correttamente ingresso della procedura di gara, giacché la pubblicità delle sedute risponde all’esigenza di tutela non solo della parità di trattamento di concorrenti, ai quali deve essere permesso di effettuare gli opportuni riscontri sulla regolarità formale degli atti e di avere così la garanzia che non siano successivamente intervenute indebite alterazioni, ma anche nell’interesse pubblico alla trasparenza ed all’imparzialità dell’azione amministrativa, le cui conseguenze negative sono difficilmente apprezzabili ex post una volta rotti i sigilli ed aperti i plichi, in mancanza di un riscontro immediato”.

L’adunanza ha altresì precisato che tale regola “costituisca corretta interpretazione dei principi comunitari e di diritto interno desumibili dall’art. 97 della Costituzione e dalle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE”, le quali impongono – rispettivamente all’art. 10 ed all’art. 2 - che le commissioni aggiudicatrici agiscano con trasparenza: la norma ha indubbia portata di principio e deve quindi investire passaggi essenziali e determinanti degli esiti delle procedure di gara quale è l’apertura della borsa dell’offerta tecnica, momento che ha identica rilevanza rispetto all’apertura della documentazione amministrativa e dell’offerta tecnica e che quindi merita le medesime garanzie, a tutela di tutti gli interessi coinvolti”.

La portata di principio rappresentata dall’adunanza plenaria implica che non possono trovare ingresso quelle considerazioni svolte in controversia inerenti il fatto che la questione in esame riguarda una concessione di servizi: l’art. 30 co. 3 D. Lgs. 163/06 impone che la scelta del concessionario avvenga comunque nel rispetto di quei principi, tra i quali la trasparenza trova il primo posto.

Ancora, per completezza, si deve rilevare che nel ricorso in primo grado Italcogim Reti aveva tra l’altro impugnato anche l’art. 14 del disciplinare di gara, dal quale era discesa l’apertura della busta cd. “B” in seduta riservata.

L’illegittimità dell’apertura delle buste in seduta riservata travolge quindi l’intera procedura di gara e rende irrilevante l’esame dei residui motivi di appello volti all’annullamento della medesima.

Quanto alle censure inerenti la condanna del Comune di Spinete al risarcimento dei danni nei confronti di Italcogim per perdita di chances, sono evidentemente inammissibili per difetto di legittimazione i rilievi sollevati nell’appello di Melfi s.r.l.

Le censure proposte dal Comune inerenti l’assenza di colpa in capo alla P.A. sono invece infondate.

Le recenti conclusioni della giurisprudenza comunitaria (Corte di Giustizia UE, III, 30 settembre 2010 n. C- 314/09) escludono la necessità di accertare la componente soggettiva dell’illecito sulla base della direttiva 21 dicembre 1989, 89/665/CEE, di coordinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative relative all’applicazione delle procedure di ricorso in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici, così come modificato dalla direttiva 18 giugno 1992, 92/50/CEE: l’interpretazione del combinato disposto delle direttive porta alla conclusione che osta alle singole normative nazionali subordinare il diritto all’ottenimento di risarcimento a motivo di una violazione della disciplina sugli appalti pubblici da parte dell’amministrazione aggiudicatrice al carattere colpevole di tale violazione e ciò anche nel caso in cui l’applicazione della normativa in questione sia incentrata sulla presunzione di colpevolezza in capo all’amministrazione medesima (da ultimo, Cons. Stato, V, 24 febbraio 2011 n. 1193).

Gli appelli devono quindi essere complessivamente respinti.

Le spese del presente grado di giudizio possono essere compensate, visto che la questione dell’apertura delle buste contenenti le offerte tecniche in seduta pubblica è stata risolta dall’adunanza plenaria con decisione intervenuta successivamente alla proposizione dei ricorsi.

 

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

definitivamente pronunciando sugli appelli, come in epigrafe proposti, li riunisce e li respinge.

Spese compensate.

 

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 18 ottobre 2011 con l'intervento dei magistrati:

Stefano Baccarini, Presidente

Carlo Saltelli, Consigliere

Roberto Chieppa, Consigliere

Francesca Quadri, Consigliere

Raffaele Prosperi, Consigliere, Estensore

   

L'ESTENSORE  IL PRESIDENTE

   

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 21/11/2011

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