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TAR Sicilia, sez. I, 9/1/2012 n. 15
I contribuenti, singoli o associati in comitato, non possono far valere un interesse (quello alla tutela della concorrenza nell'affidamento dei servizi pubblici locali) di cui non sono titolari.

I contribuenti, singoli o associati in comitato, non possono far valere un interesse (quello alla tutela della concorrenza nell'affidamento dei servizi pubblici locali) di cui non sono titolari (di cui sono, invece, titolari gli imprenditori concorrenti) per far valere un possibile vizio di legittimità.

Materia: servizi pubblici / disciplina

N. 00015/2012 REG.PROV.COLL.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia (Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

 

SENTENZA

ex art. 60 cod. proc. amm.;

sul ricorso numero di registro generale 2386 del 2011, proposto da:

Salvatore Martorana, in qualità di legale rappresentante pro tempore del “Comitato per la tutela dei diritti dei contribuenti casteldaccesi”, Antonino Martorana e Rosario Fricano, rappresentati e difesi dall'avv. Alessandro Dagnino, con domicilio eletto presso il predetto difensore in Palermo, piazza Virgilio n. 4;

 

contro

Comune di Casteldaccia in Persona del Sindaco pro tempore, non costituito in giudizio;

 

nei confronti di

Serit Sicilia Spa, in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituito in giudizio;

 

per l'annullamento

1) dell' «avviso di accertamento con contestuale irrogazione di sanzioni per infedele denuncia», n. 2011 749 del 27.6.2011, inviato al Sig. Antonino Martorana a mezzo racc. a/r del 23 luglio 2011, pervenuto il 25 luglio 2011 (doc. n. 2);

 

2) dell'«avviso di accertamento con contestuale irrogazione di sanzioni per infedele denuncia», n. 2011 498 del 27.6.2011, inviato al Sig. Rosario Fricano a mezzo racc. a/r del 23 luglio 2011, pervenuto il 25 luglio 2011 (doc. n. 3);

 

3) della deliberazione della Giunta comunale n. 134 del 28 dicembre 2010, presupposta agli atti impugnati sub 1) e 2), avente per oggetto «Approvazione progetto recupero fiscale denominato "Riscossione Attiva"», unitamente ai modelli di atti convenzionali alla stessa allegati (per la realizzazione del progetto di recupero fiscale "Riscossione coattiva", per la riscossione degli avvisi di accertamento e «proposta progetto tecnico "Riscossione coattiva"»/ doc. n. 4);

 

4) di ogni atto sottoscritto dal Comune per effetto dell'approvazione della delibera di Giunta comunale sub 3),

 

di ogni altro atto presupposto, conseguente, dipendente o comunque connesso agli atti come sopra espressamente impugnati.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 6 dicembre 2011 il dott. Giovanni Tulumello e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Sentite le stesse parti ai sensi dell'art. 60 cod. proc. amm.;

Con il ricorso in esame, notificato il 7 novembre 2011 e depositato il successivo 18 novembre, i ricorrenti – due contribuenti residenti nel Comune di Casteldaccia, ed un Comitato per la difesa dei diritti dei contribuenti cui i predetti hanno aderito - impugnano due avvisi di accertamento (emessi in relazione alla indicazione, nella dichiarazione resa a fini dell’applicazione della T.A.R.S.U., di una superficie immobiliare inferiore a quella reale).

Essi impugnano altresì la deliberazione comunale con cui il servizio di riscossione dei Tributi è stato affidato, senza procedura di evidenza pubblica, alla società controinteressata.

Il ricorso è stato trattenuto in decisione, sulla domanda di sospensione cautelare degli effetti dei provvedimenti impugnati, all’udienza camerale del 6 dicembre 2012, con gli avvertimenti di cui agli artt. 60 e 73, comma 3 (in relazione al profilo della giurisdizione del giudice amministrativo) cod. proc. amm.

 

Il ricorso è inammissibile.

 

Per quanto riguarda i due avvisi di accertamento, relativi al pagamento della T.A.R.S.U., è pacifica la giurisdizione delle Commissioni tributarie: in fattispecie pressoché identica, il giudice regolatore della giurisdizione ha infatti affermato che “spettano alla giurisdizione tributaria le controversie aventi ad oggetto la debenza della tariffa di igiene ambientale (Tia), in quanto, come evidenziato anche dall'ordinanza della Corte cost. n. 64 del 2010, tale tariffa non costituisce una entrata patrimoniale di diritto privato, ma una mera variante della Tarsu, disciplinata dal d.P.R. 15 novembre 1993 n. 507, di cui conserva la qualifica di tributo” (Corte di Cassazione, SS.UU. civili, sentenza 21 giugno 2010 , n. 14903).

 

E’ evidente, pertanto, e secondo la stessa prospettazione dei ricorrenti, che la cognizione di questo Tribunale sugli impugnati avvisi di accertamento relativi alla T.A.R.S.U. potrebbe teoricamente configurarsi solo quale conseguenza dell’esito vittorioso della impugnazione della deliberazione comunale di affidamento del servizio.

 

In relazione a quest’ultima, mette conto rilevare che l’art. 2, comma 3, del D. Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, stabilisce che “Il giudice tributario risolve in via incidentale ogni questione da cui dipende la decisione delle controversie rientranti nella propria giurisdizione, fatta eccezione per le questioni in materia di querela di falso e sullo stato o la capacità delle persone, diversa dalla capacità di stare in giudizio”.

 

Di ciò mostrano consapevolezza i ricorrenti, i quali, a pag. 4 del ricorso, specificano che “Tali atti potrebbero essere impugnati innanzi al Giudice tributario, chiedendone l’annullamento previa disapplicazione della delibera di Giunta sulla base della quale sono stati emessi, ma possono anche essere impugnati innanzi al G.a. laddove si voglia ottenere, oltre alla caducazione degli stessi, non solo la disapplicazione, bensì l’annullamento del provvedimento amministrativo presupposto e fermo restando il divieto di entrare nel merito del rapporto giuridico d’imposta, la cui cognizione è riservata al G.T.”

 

Si precisa poi a pag. 11 del ricorso che “se la delibera giuntale venisse annullata, tutti i cittadini casteldaccesi, dei cui interessi il comitato è ente esponenziale, potrebbero chiedere la restituzione dei tributi versati in virtù di accertamento illegittimamente emessi dalla SERIT Sicilia s.p.a.”.

 

Osserva il collegio che, in disparte ogni considerazione sulla legittimazione del Comitato, e in disparte altresì ogni valutazione sulla tempestività di un ricorso proposto il 7 novembre 2011 contro una delibera di affidamento – di cui si lamenta, come si dirà, una portata lesiva autonoma, e non collegata all’adozione degli atti applicativi consequenziali - affisso all’albo pretorio del Comune di Casteldaccia (come dimostra la stessa produzione documentale allegata al ricorso) dal 31 dicembre 2010 al 15 gennaio 2011, ciò che appare dirimente nel senso del difetto di giurisdizione del giudice amministrativo è la circostanza che i ricorrenti non contestano né l’astratta possibilità di esternalizzazione del servizio di riscossione dei tributi, né la circostanza per cui l’affidamento alla SERIT Sicilia s.p.a. abbia avuto una qualsiasi – documentata - refluenza sulla (legittimità delle) modalità di determinazione del tributo dovuto, ma unicamente il fatto che tale affidamento sia stato disposto senza una procedura di evidenza pubblica.

 

Lo scopo – dichiarato – è quello di far valere un possibile vizio di legittimità, per giovarsene, a cascata, in relazione a tutti gli avvisi di accertamento emessi dal gestore del servizio.

 

Tale costruzione è inaccoglibile per almeno due assorbenti ragioni.

 

In primo luogo, come si ricava dalla ricognizione della causa petendi, i ricorrenti pretendono di far valere un interesse (quello alla tutela della concorrenza nell’affidamento dei servizi pubblici locali) di cui non sono titolari.

 

Essi non contestano infatti la legittimità della delibera di affidamento sul piano dell’interesse dei contribuenti ad una corretta determinazione del tributo (non avendo mai contestato, se non in maniera del tutto generica, la debenza del tributo in quanto tale, né la possibile refluenza dell’affidamento a SERIT Sicilia sulle modalità di calcolo del dovuto): tanto che la relativa censura deduce la violazione del d. lgs. 163/2006, e della normativa dell’U.E. di cui la richiamata disciplina italiana costituisce attuazione.

 

Il contribuente – singolo o associato in comitato – non è dunque titolare dell’interesse che in tal modo si intende tutelare (di cui sono invece titolari gli imprenditori concorrenti).

 

Inoltre, la seconda, insuperabile ragione per cui non può accedersi alla prospettazione della parte ricorrente, è che questa poggia sull’apodittica affermazione di un preteso effetto caducante che travolgerebbe tutti gli atti di accertamento emessi da SERIT Sicilia s.p.a, nell’ipotesi in cui fosse annullata la delibera di affidamento dell’incarico.

 

La questione è stata sistematizzata da un consolidato orientamento giurisprudenziale, che anche di recente ha chiarito come “in presenza di vizi accertati dell'atto presupposto, deve distinguersi fra invalidità ad effetto caducante ed invalidità ad effetto viziante, solo per la prima ammettendosi che l'annullamento dell'atto presupposto si estenda automaticamente a quello consequenziale, anche ove quest'ultimo non sia stato tempestivamente impugnato; quanto alla concreta individuazione della predetta tipologia di effetti, è pacifico che si debba valutare l'intensità del rapporto di consequenzialità, con riconoscimento dell'effetto caducante solo ove tale rapporto sia immediato, diretto e necessario, nel senso che l'atto successivo si ponga, nell'ambito della stessa sequenza procedimentale, come inevitabile conseguenza di quello anteriore, senza necessità di nuove ed ulteriori valutazioni di interessi, con particolare riguardo al coinvolgimento di soggetti terzi” (Consiglio di Stato, VI, sentenza17 gennaio 2011 , n. 244 ).

 

Nel caso di specie, tuttavia, la superiore elaborazione giurisprudenziale non è invocabile, giacché si è in presenza non di provvedimenti autoritativi, ma di atti di gestione del servizio pubblico, che come tali – in virtù del loro regime speciale - non possono essere ricondotti allo schema predetto: tanto che l’art. 121, comma 1, del codice del processo amministrativo, perfino nel caso in cui l’affidamento sia stato disposto in presenza delle più gravi violazioni delle regole dell’evidenza pubblica, rimette alla valutazione giudiziale, a tutela dell’interesse pubblico cui i predetti atti di gestione sono funzionali, la scelta di stabilire “se la declaratoria di inefficacia è limitata alle prestazioni ancora da eseguire alla data della pubblicazione del dispositivo o opera in via retroattiva” (il che è sufficiente per escludere nel sistema l’esistenza di un automatico effetto caducante della illegittimità di affidamento dell’incarico sugli atti di gestione del servizio medio tempore posti in essere).

 

Non si comprende del resto quale interesse meritevole di tutela possa vantare il contribuente di fronte all’accertamento di una maggiore superficie tassabile rispetto a quella dichiarata, che egli non contesti – se non in modo del tutto generico - nel quantum, ma solo perché eseguito da un soggetto a suo dire selezionato al di fuori del rispetto delle regole concorrenziali: il che è ammesso a pag. 5 del ricorso, laddove si specifica che gli avvisi di accertamento “vengono assoggettati a gravame in quanto viziati non per vizi propri, ma per effetto dell’illegittimità della delibera di Giunta che ha conferito alla SERIT Sicilia s.p.a. il potere di emetterli”.

 

Il che vale ad escludere non solo la possibilità di chiederne l’annullamento davanti al giudice amministrativo (sfornito di giurisdizione sul sindacato diretto di un atto amministrativo generale il cui ipotetico annullamento non porterebbe alcuna utilità al ricorrente): ma, all’evidenza, e per le stesse ragioni, anche la possibilità di chiederne la disapplicazione incidentale in sede di giurisdizione tributaria (a meno che, ovviamente, e contrariamente a quanto dedotto nel presente giudizio, non si dimostri che la ritenuta illegittimità della procedura di affidamento abbia avuto refluenza sul profilo della legittima debenza del tributo, per ragioni intimamente connesse alla corretta ricognizione dei presupposti dello stesso).

 

Né vale invocare, in contrario, l’art. 7, comma 4, della legge 27 luglio 2000, n. 212 (“La natura tributaria dell'atto non preclude il ricorso agli organi di giustizia amministrativa, quando ne ricorrano i presupposti”): per l’evidente ragione, sopra argomentata, della insussistenza dei presupposti del ricorso alla giustizia amministrativa.

 

Il ricorso è pertanto inammissibile.

 

Non essendosi costituite le parti intimate, nulla dev’essere statuito sulle spese.

 

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia (Sezione Prima)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo dichiara inammissibile.

Nulla per le spese.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Palermo nella camera di consiglio del giorno 6 dicembre 2011 con l'intervento dei magistrati:

Nicola Maisano, Presidente FF

Giovanni Tulumello, Consigliere, Estensore

Aurora Lento, Consigliere

 

L'ESTENSORE  IL PRESIDENTE

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 09/01/2012

 

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

 

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