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Consiglio di Stato, Sez. V, 16/1/2012 n. 143
La decisione di dichiarare lo stato di dissesto finanziario non è frutto di una scelta discrezionale dell'ente, rappresentando piuttosto una determinazione vincolata (ed ineludibile) in presenza dei presupposti di fatto fissati dalla legge.

La dichiarazione di dissesto finanziario costituisce un evento di carattere eccezionale e patologico della vita dell'ente locale, con la conseguenza che alla relativa dichiarazione può farsi luogo solo all'esito dell'accertamento (da parte degli stessi organi ordinari dell'ente o in via eccezionale, nell'ipotesi di cui all'art. 247 del d. lgs. 18 agosto 2000, n. 267, da parte del commissario ad acta) della specifica incapacità di assolvimento delle funzioni e dei servizi indispensabili ovvero dell'esistenza nei confronti dell'ente di crediti liquidi ed esigibili di terzi, cui non possa validamente farsi fronte con le modalità di cui all'art. 193 (e per i debiti fuori bilancio, con le modalità di cui all'art. 194). La decisione di dichiarare lo stato di dissesto finanziario non è, pertanto, frutto di una scelta discrezionale dell'ente, rappresentando piuttosto una determinazione vincolata (ed ineludibile) in presenza dei presupposti di fatto fissati dalla legge, la "valutazione", richiamata dall'art. 246, riguarda soltanto le cause che hanno determinato la situazione di deficit finanziario economico (e costituisce il presupposto logico - giuridico del procedimento di risanamento della riorganizzazione dell'ente e della corretta impostazione delle indispensabili analisi finanziarie ed organizzative per addivenire alla adeguata definizione del nuovo bilancio stabilizzato).

Il sindacato giurisdizionale sulla delibera di dichiarazione di dissesto dell'ente locale è necessariamente incentrato sulla verifica del corretto esercizio del potere (di azione) in ordine all'accertamento dei presupposti di fatto previsti dalla legge, non potendo consentirsi al giudice amministrativo alcun valutazione delle scelte operate (ovvero non operate) per eliminare o ridurre i servizi non essenziali per evitare o limitare lo stato di deficit finanziario.

Materia: enti locali / ordinamento

N. 00143/2012REG.PROV.COLL.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

 

SENTENZA

sul ricorso in appello iscritto al numero di registro generale 3632 del 2011, proposto da:

ANGELO RAPONI, RUGGIERO PICCOLO, GIULIA PUCCI, MARIA CRISTINA RAPONI, OTTAVIO FRANCUCCI, MARIA ANGLONA D'ONOFRIO, GIANLUIGI RAPONI, CLAUDIO FATELLI, MARIA MARTINI, ROSALBA RISPOLI, RINO CERUSO, GIANPIERO PEZZETTA, ARMANDINA ROIATI, LUCA PONZO, GIOVANNI PONZO, ANNA MOLLARI, FRANCESCA PONZO, MORENO ROIATI, CATIA BUCCI, MAFALDA TULLI, ALESSANDRO MORBIDELLI, ANNA ALFIERI, CLAUDIA TOSELLI, LUCA ANTONETTI, GIUSEPPE MARIANI, ROBERTO VINCI, ELIO ZOCCONALI, GINA PUCCI, MAURIZIO MINNA, MARIO ROSSI, GIANFRANCO BASCIANI, PIA BUCCI, ENZO ROIATI, DANIELE ROIATI, EUGENIO PUCCI, ENIA LIBERNINI, GIORGIA CERUSO, ALESSANDRA CERUSO, GIUSEPPA LIBERNINI, IGINO RAPONI, GUIDO GNATA, VINCENZO GRAZIOSI, GUSTAVO FERMEZ, tutti rappresentati e difesi dall’avv. Sandro Picciolini, con il quale sono elettivamente domiciliati in Roma, viale Parioli, n. 72;

 

contro

COMUNE DI ROCCA PRIORA, in persona del sindaco in carica, rappresentato e difeso dall'avv. Eugenio Picozza, con domicilio eletto presso l’avv. Eugenio Picozza in Roma, via di S. Basilio, n. 61;

 

per la riforma

della sentenza del T.A.R. LAZIO – ROMA, Sez. II, n. 32825 del 14 ottobre 2010, resa tra le parti, concernente DICHIARAZIONE DISSESTO FINANZIARIO E DELIBERE AUMENTO TRIBUTI LOCALI (RIS. DANNI);

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Rocca Priora;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 18 ottobre 2011 il Cons. Carlo Saltelli e uditi per le parti gli avvocati Picciolini e Di Giovanni, su delega dell' avv. Picozza;

Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.

 

FATTO

1. Il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sez. II, con la sentenza n. 32825 del 14 ottobre 2010, nella resistenza dell’intimato Comune di Rocca Priora, definitivamente pronunciando sul ricorso proposto da Giuseppe Mariani ed altri 104 litisconsorti, consiglieri comunali e cittadini abitanti del Comune di Rocca Priora, per l’annullamento delle delibere del Commissario straordinario del predetto comune n. 14 del 24 dicembre 2008 (con cui era stato dichiarato il dissesto dell’ente), n. 1 e n. 2 del 9 gennaio 2009 (concernenti rispettivamente l’aumento delle aliquote dell’ICI e dell’addizionale IRPEF e delle tariffe TARSU per l’anno 2009) nonché n. 6, n. 9 e n. 10 del 21 gennaio 2009 (recanti rispettivamente l’aumento dei canoni per usi civici, delle tariffe del servizio di mensa scolastica e di quelle per il servizio di trasporto scolastico), lo ha respinto, ritenendo infondate le censure sollevate, incentrate sulla carenza istruttoria, contraddittorietà dell’azione amministrativa e difetto dei presupposti per la dichiarazione di dissesto finanziario.

 

2. Con atto di appello notificato il 13/14 aprile 2011, i signori Angelo Raponi, Ruggiero Piccolo, Giulia Pucci, Maria Cristina Raponi, Ottavio Francucci, Maria Anglona D’Onofrio, Gianluigi Raponi, Claudio Fatelli, Maria Martini, Rosalba Rispoli, Rino Ceruso, Gianpiero Pezzetta, Armandina Roiati, Luca Ponzo, Giovanni Ponzo, Anna Mollarico, Francesca Ponzo, Sabrina Roiati, Moreno Roiati, Catia Bucci, Mafalda Tulli, Alessandro Morbidelli, Anna Alfieri, Claudia Toselli, Luca Antonetti, Giuseppe Mariani, Roberto Vinci, Elio Zocconali, Gina Pucci, Maurizio Minna, Mario Rossi, Gianfranco Basciani, Pia Bucci, Enzo Roiati, Daniele Roiati, Eugenio Pucci, Enia Libernini, Giorgia Ceruso, Alessandra Ceruso, Giuseppa Libernini, Igino Raponi, Guido Gnata, Vincenzo Graziosi e Gustavo Fermez, già originari ricorrenti, hanno chiesto la riforma della predetta sentenza, riproponendo sostanzialmente le censure spiegate in primo grado, a loro avviso malamente apprezzate, superficialmente esaminate ed ingiustamente respinte, con motivazione lacunosa, contraddittoria, insufficiente e affatto condivisibile.

In via istruttoria gli appellanti hanno chiesto ordinarsi all’appellata amministrazione comunale la produzione del piano di rilevazione formato dall’organo straordinario di liquidazione ex art. 254 del D. Lgs. 18 agosto 2000, n. 267, al fine di verificare l’ammontare delle spese fuori bilancio non riconoscibili e non riconosciute.

Ha resistito al gravame il Comune di Rocca Priora, deducendone l’inammissibilità e l’infondatezza e chiedendone il rigetto.

 

3. All’udienza in camera di consiglio del 21 giugno 2011, fissata per la delibazione dell’istanza cautelare di sospensione dell’efficacia della sentenza impugnata, la causa è stata rinviata all’udienza pubblica del 18 ottobre 2011 per la discussione del merito.

Le parti hanno illustrato con apposite memorie le proprie tesi difensive, insistendo nelle rispettive conclusioni, anche istruttorie.

 

4. All’udienza pubblica del 18 ottobre 2011, dopo la rituale discussione, la causa è stata trattenuta in decisione.

 

DIRITTO

5. L’appello è infondato.

5.1. Il D. Lgs. 18 agosto 2000, n. 267 (“Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali”), disciplina espressamente - nella parte II (“Ordinamento finanziario e contabile”) al titolo VIII (“Enti deficitari e dissestati”) – la fattispecie del dissesto finanziario, fornendone la definizione, precisandone le conseguenze e descrivendo minuziosamente l’intero procedimento di risanamento.

In particolare, l’articolo 244 (rubricato proprio “Dissesto finanziario”), al comma 1, stabilisce che “Si ha stato di dissesto finanziario se l’ente non può garantire l’assolvimento delle funzioni e dei servizi indispensabili ovvero esistono nei confronti dell’ente locale crediti liquidi ed esigibili di terzi cui non si possa fare validamente fronte con le modalità di cui all’art. 193, nonché con le modalità di cui all’art. 194 per le fattispecie ivi previste”.

Il successivo articolo 245 (“Soggetti della procedura di risanamento”) individua nell’organo straordinario di liquidazione e negli organi istituzionali dell’ente i soggetti della procedura di risanamento (comma 1), affidando al primo il compito di provvedere al ripiano dell’indebitamento pregresso con i mezzi consentiti dalla legge (comma 2) e imponendo ai secondi di assicurare condizioni stabili di equilibrio della gestione finanziaria, rimuovendo le cause strutturali che hanno determinato il dissesto (comma 3); l’articolo 246 (“Delibera di dissesto”), al primo comma, stabilisce poi che “La deliberazione recante la formale ed esplicita dichiarazione di dissesto finanziario è adottata dal consiglio dell’ente locale nelle ipotesi di cui all’art. 22 e valuta le cause che hanno determinato il dissesto”, aggiungendo al comma 3 che “l’obbligo di deliberazione dello stato di dissesto si estende, ove ne ricorrano le condizioni, al commissario nominato ai sensi dell’art. 141, comma 3”; l’articolo 247 (“Omissione della delibera di dissesto”) prevede anche l’ipotesi che la dichiarazione di dissesto consegua alla nomina di commissario ad acta, nominato dall’organo regionale di controllo, in caso di inerzia dell’ente susseguente ad una specifica iniziativa officiosa del predetto organo regionale di controllo (attivata per l’avvenuta conoscenza di condizioni di dissesto non ravvisate dagli organi dell’ente locale), con conseguente scioglimento dell’ente ai sensi dell’art. 141.

Le conseguenze della dichiarazione di dissesto sono indicate negli articoli 248 [secondo cui innanzitutto – comma 1 - “a seguito della dichiarazione di dissesto, e sino all’emanazione del decreto di cui all’art. 261, sono sospesi i termini per la deliberazione del bilancio”, con l’ulteriore precisazione che “dalla data di dichiarazione di dissesto e sino all’approvazione del rendiconto di cui all’articolo 256 non possono essere intraprese o proseguite azioni esecutive nei confronti dell’ente per debiti che rientrano nella competenza dell’organo straordinario di liquidazione” e che “le procedure esecutive pendenti alla data della dichiarazione del dissesto, nelle quali sono scaduti i termini per l’opposizione giudiziale da parte dell’ente, o la stessa benché proposta è stata rigettata, sono dichiarate estinte d’ufficio dal giudice con inserimento nella massa passiva dell’importo dovuto a titolo di capitale, accessori e spese” - comma 2; “i pignoramenti eventualmente eseguiti dopo la deliberazione dello stato di dissesto non vincolano l’ente ed il tesoriere, i quali possono disporre delle somme per i fini dell’ente e le finalità della legge” - comma 3; “dalla data della deliberazione di dissesto e fino all’approvazione del rendiconto di cui all’art. 256 i debiti insoluti a tale data e le somme dovute per anticipazioni di cassa già erogate non producono più interessi né sono soggetti a rivalutazione monetaria. Uguale disciplina si applica ai crediti nei confronti dell’ente che rientrano nella competenza dell’organo straordinario di liquidazione a decorrere dal momento della loro liquidità ed esigibilità” - comma 4], 249 [che pone limiti alla contrazione di nuovi mutui da parte dell’ente dissestato sino all’emanazione del decreto del bilancio di previsione stabilmente riequilibrato], 250 [che disciplina la gestione del bilancio durante la procedura di risanamento], 251 [che detta le procedure per l’attivazione delle entrate proprie dell’ente dissestato) e dell’articolo 259, comma cinque [relativo alla riorganizzazione della struttura burocratica e alla condizione in cui vengono a trovarsi i dipendenti eventualmente eccedenti il nuovo fabbisogno organico dell’ente.

 

5.2. Secondo il delineato quadro normativo la dichiarazione di dissesto finanziario costituisce un evento di carattere eccezionale e patologico della vita dell’ente locale, con la conseguenza che alla relativa dichiarazione può farsi luogo solo all’esito dell’accertamento (da parte degli stessi organi ordinari dell’ente o in via eccezionale, nell’ipotesi di cui all’art. 247, da parte del commissario ad acta) della specifica incapacità di assolvimento delle funzioni e dei servizi indispensabili ovvero dell’esistenza nei confronti dell’ente di crediti liquidi ed esigibili di terzi, cui non possa validamente farsi fronte con le modalità di cui all’art. 193 (e per i debiti fuori bilancio, con le modalità di cui all’art. 194).

 

La decisione di dichiarare lo stato di dissesto finanziario non è pertanto frutto di una scelta discrezionale dell’ente, rappresentando piuttosto una determinazione vincolata (ed ineludibile) in presenza dei presupposti di fatto fissati dalla legge, la “valutazione”, richiamata dall’articolo 246, riguarda soltanto le cause che hanno determinato la situazione di deficit finanziario economico (e costituisce il presupposto logico – giuridico del procedimento di risanamento della riorganizzazione dell’ente e della corretta impostazione delle indispensabili analisi finanziarie ed organizzative per addivenire alla adeguata definizione del nuovo bilancio stabilizzato).

 

Tali osservazioni trovano del resto conferma nelle peculiari e gravi conseguenze che il legislatore riconnette alla dichiarazione di dissesto: infatti i pregiudizievoli effetti economici negativi che si ripercuotono immediatamente sui terzi creditori dell’ente (quali, tra l’altro, l’impossibilità di intraprendere o proseguire azioni esecutive ed il blocco della produzione di interessi e rivalutazione monetaria dei debiti insoluti e delle somme già erogate per anticipazioni di cassa) e la stessa procedura di mobilità, che può interessare i dipendenti dell’ente eventualmente eccedenti il nuovo fabbisogno organico, escludono che la dichiarazione di dissesto possa essere il frutto di una valutazione discrezionale degli organi dell’ente, avendo il legislatore fissato direttamente, ed in modo vincolato, i presupposti di fatto che la giustificano, così che essa in realtà, sotto altro angolo visuale, rappresenta il giusto contemperamento degli opposti interessi in gioco, pubblici – dell’ente e della sua funzionalità - e privati – degli operatori economici e dei dipendenti.

 

Da ciò discende poi che il sindacato giurisdizionale sulla delibera di dichiarazione di dissesto dell’ente locale è necessariamente incentrato sulla verifica del corretto esercizio del potere (di azione) in ordine all’accertamento dei presupposti di fatto previsti dalla legge, non potendo consentirsi al giudice amministrativo alcun valutazione delle scelte operate (ovvero non operate) per eliminare o ridurre i servizi non essenziali per evitare o limitare lo stato di deficit finanziario (C.d.S., sez. V, 17 maggio 2006, n. 2837).

 

5.3. Ciò precisato, la Sezione è dell’avviso che non possa ragionevolmente dubitarsi della legittimità della delibera n. 14 del 24 dicembre 2008, con cui è stato dichiarato lo stato di dissesto finanziario dell’appellato Comune di Rocca Priora.

 

5.3.1. La contestata dichiarazione di dissesto è stata adottata sulla scorta della relazione in data in data 5 dicembre 2008 del Segretario generale dell’ente, da cui emergeva che: a) sussistevano debiti liquidi ed esigibili per spese correnti pari a €. 1.433.620,42, per spese regolarmente impegnate, e a €. 2.350.447,52, per debiti fuori bilancio, alle quali non poteva validamente farsi fronte per la mancanza di idonee risorse economiche e finanziarie; b) per le spese di investimento, gli impegni iscritti in bilancio (residui passivi) non trovavano la necessaria copertura per complessivi €. 2.214.345,76 utilizzati nel corso degli anni in termini di cassa e non più ripianati; c) all’esito della verifica straordinaria di cassa del 4 dicembre 2008 risultava una disponibilità di cassa libera di €. 21.262,76, del tutto inadeguata a far fronte alle esigenze di cassa per il mese di dicembre, giacchè per il solo pagamento dei compensi al personale (stipendio e tredicesima mensilità) e delle rate di mutuo erano necessari oltre 450.000 euro; di conseguenza l’ente versava nelle condizioni di dissesto finanziario per la contemporanea presenza: “- di debiti liquidi ed esigibili di terzi ai quali non può far validamente fronte; - di debiti fuori bilancio ai quali non può dare copertura per mancanza di adeguate risorse; - di squilibrio nella gestione dei residui attivi e passivi per il finanziamento delle spese di investimento; - (di una) insufficienza grave delle disponibilità di cassa; - (di una) grave difficoltà per l’assolvimento delle funzioni e servizi indispensabili”.

Tali elementi di fatto integravano (ed integrano) al di là di ogni ragionevole dubbio la fattispecie prevista dall’articolo 244, comma 1, del D. Lgs. 18 agosto 2000, n. 267, che impone, come si è visto senza alcun margine di discrezionalità, la dichiarazione di dissesto.

È pertanto del tutto irrilevante che né la Corte dei Conti (nelle deliberazioni n. 58/2007 del 28 marzo 2005 [relativa al rendiconto 2005 e alla verifica del rispetto per l’anno 2005 degli obiettivi stabiliti dal patto di stabilità interno] n. 75/8/2008 del 30 dicembre 2008 [concernente il rendiconto 2006, per il quale è stato formulato rilievo per la sua non corretta redazione a causa del mancato aggiornamento degli inventari e la corretta rappresentazione delle attività e delle passività patrimoniali] e n. 83/2009/PRSE del 31 dicembre 2009 [relativa al rendiconto 2007, per il quale è stato peraltro formulato rilievo ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 1, co. 168, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, per violazione degli art. 195 e 222 T.U.E.L.]), né la Ragioneria Generale dello Stato (nella relazione della verifica amministrativo-contabile eseguita dall’11 settembre al 2 ottobre 2007) avessero evidenziato una situazione di crisi finanziaria dell’ente, atteso che la dichiarazione di dissesto finanziario consegue necessariamente al solo verificarsi della situazione di fatto indicata nell’art. 244 del D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267, indipendentemente dalle cause che l’hanno prodotta e dall’accertamento delle relative responsabilità; ciò senza contare che, come rilevato dai primi giudici, i ricordati atti della Corte dei Conti e dell’Ispettorato Generale della Ragioneria Generale dello Stato, pur non contenendo formali rilievi in ordine alla gestione economica finanziaria, indicavano una serie di criticità (da correggere), che costituivano significativi sintomi di una situazione di squilibrio, il cui aggravarsi nel tempo è ragionevolmente sfociata nel dissesto finanziario.

Altrettanto irrilevante, in virtù delle considerazioni svolte, è anche il richiamo operato dagli appellanti alle certificazioni dei parametri obiettivi ai fini dell’accertamento delle condizioni di ente strutturalmente deficitario di cui all’art. 242 del D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267, di cui né l’impugnata deliberazione di dichiarazione di dissesto, né la sentenza di 1° grado, avrebbe tenuto conto: a riguardo anche a voler prescindere dalla pur decisiva considerazione che il verificarsi dei presupposti di fatto previsti dall’art. 244 del T.U.E.L. travolge l’eventuale diverso contenuto di tali certificazioni, si deve osservare che queste ultime si fondano tra l’altro sul rendiconto della gestione che per l’anno 2007 è stato oggetto di rilievo da parte della Corte dei Conti (delib. 83/2009/PRSE del 31 dicembre 2009).

 

5.3.2. Inammissibili, e comunque non fondate, sono le mere argomentazioni con cui gli appellanti hanno considerato l’ammontare dei debiti fuori bilancio e la loro stessa imputabilità al Comune, spettando eventualmente agli appellanti provare (secondo il generale principio di ripartizione dell’onere della prova ex. art. 2697 C.C.) quali di tali debiti fossero estranei alla gestione dell’ente, indicandone le ragioni; ciò rende del tutto irrilevante anche la considerazione invocata dagli appellanti, circa il fatto che la commissione di liquidazione non avrebbe ancora approvato il piano di rilevazione ex art. 254 T.U.E.L.

Quanto poi alla considerazione che i debiti liquidi ed esigibili stimati in € 1.433.620,42 in quanto regolarmente impegnati, non potrebbero costituire presupposto per il dissesto finanziario, non può che rinviarsi ancora una volta alla stessa definizione di dissesto finanziario ed ai presupposti che la determinano ai sensi dell’art. 244 T.U.E.L. da cui si ricava come essa costituisca una generale complessiva situazione di grave ed irrisolvibile impasse economico-finanziaria, dalla quale non è possibile (e non è corretto) isolare atomisticamente eventuali partite, ancorché per ipotesi amministrativamente e contabilmente corrette.

 

5.3.3. Ugualmente inammissibili ed ultronee le censure di eccesso di potere per contraddittorietà dell’azione amministrativa, con cui gli appellanti hanno stigmatizzato l’operato dell’ente che avrebbe dichiarato inaspettatamente il dissesto finanziario benché qualche mese prima fosse stato dato parere di regolarità tecnica e contabile sulla delibera di verifica ex. art. 193, co. 2, del T.U.E.L. (relativa alla ricognizione dello stato di attuazione dei programmi e della permanenza degli equilibri di bilancio).

 

È significativa al riguardo la serena lettura della relazione in data 05 dicembre 2008 del segretario generale del comune (posta a fondamento della dichiarazione di dissesto) da cui si evince, per un verso, che proprio a causa delle “... varie situazioni di sofferenza economica e finanziaria emerse in occasione delle operazioni di verifica degli equilibri di bilancio (solleciti di pagamento, difficoltà di cassa, pignoramenti presso la Tesoreria etc.)...” era stata avviata un’operazione generale di ricognizione della situazione finanziaria del comune e, per altro verso, che l’operazione di ricognizione “....è stata più laboriosa e difficoltosa del previsto per l’obiettiva difficoltà di raccogliere tutta la documentazione necessaria, la non chiara definizione e delimitazione delle competenze attribuite a ciascun ufficio e dei rispettivi responsabili, il vorticoso avvicendamento degli incarichi di Responsabile di vari uffici e settori, molto spesso conferiti a soggetti esterni e non più presenti nella struttura...”.

L’atto posto a fondamento della dichiarazione di dissesto finanziario si presenta in effetti come un vero e proprio atto di autotutela, con cui, con motivazione adeguata e logica, sulla scorta di una puntuale attività istruttoria, si dà sostanzialmente atto della non affidabilità delle precedenti risultanze contabili, ancorché formalmente corrette, così togliendosi qualsiasi valore e qualsiasi rilievo alla precedente attività amministrativa-contabile, su cui si fondano le censure degli appellanti; né può dubitarsi dell’effettiva sussistenza del potere dell’ente di procedere alla predetta ricognizione e a far emergere la irregolarità della gestione e la situazione di deficit economico-finanziario dell’Ente, anche in ragione della ratio - già più volte indicata - della dichiarazione di dissesto.

 

5.3.4. Non possono essere favorevolmente considerate neppure le argomentazioni con cui gli appellanti sostengono, sempre sotto il profilo della contraddittorietà dell’azione amministrativa, che sarebbero state incluse tra le cause del dissesto le spese per servizi essenziali che tali non sarebbero stati: invero, anche a voler prescindere dalla considerazione che esse costituiscono delle mere inammissibili opinioni soggettive, dissenzienti rispetto all’operato dell’Ente, non può sottacersi che si compendiano in inammissibili censure che impingono nel merito delle scelte amministrative (che come tali sfuggono al sindacato del giudice amministrativo, non essendo state in alcun modo provate la loro illogicità, arbitrarietà o irragionevolezza).

Analoghe considerazioni possono essere fatte in ordine alla presunta sottostima della situazione immobiliare del Comune, al preteso credito derivante dalla gestione della farmacia comunale, alle asserite errate valutazioni in ordine all’ammontare di spese non impegnate con specifica determinazione, alla situazione di cassa, alle spese di investimenti: si tratta in vero di censure basate su mere opinioni personali e apodittiche asserzioni, prive di qualsivoglia obiettivo riscontro, che in ogni caso non tengono conto del fatto che la dichiarazione di dissesto, come si è avuto modo di rilevare, rappresenta una situazione generale ed obiettiva in cui si versa l’ente (indipendentemente dalle cause che l’hanno generata), cosicché non è possibile (né utile ed opportuno, secondo la ratio della norma) distinguere ed isolare poste contabili attive, la cui singola gestione peraltro non eliminerebbe o ridurrebbe la grave situazione di deficit, rendendo invece più difficoltosa la fase di risanamento.

 

6. In conclusione alla stregua delle osservazioni svolte l’appello deve essere respinto.

La peculiarità delle questioni trattate giustifica la compensazione tra le parti delle spese del presente grado di giudizio.

 

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, definitivamente pronunciando sull’appello proposto dai signori Angelo Raponi, Ruggiero Piccolo, Giulia Pucci, Maria Cristina Raponi, Ottavio Francucci, Maria Anglona D’Onofrio, Gianluigi Raponi, Claudio Fatelli, Maria Martini, Rosalba Rispoli, Rino Ceruso, Gianpiero Pezzetta, Armandina Roiati, Luca Ponzo, Giovanni Ponzo, Anna Mollarico, Francesca Ponzo, Sabrina Roiati, Moreno Roiati, Catia Bucci, Mafalda Tulli, Alessandro Morbidelli, Anna Alfieri, Claudia Toselli, Luca Antonetti, Giuseppe Mariani, Roberto Vinci, Elio Zocconali, Gina Pucci, Maurizio Minna, Mario Rossi, Gianfranco Basciani, Pia Bucci, Enzo Roiati, Daniele Roiati, Eugenio Pucci, Enia Libernini, Giorgia Ceruso, Alessandra Ceruso, Giuseppa Libernini, Igino Raponi, Guido Gnata, Vincenzo Graziosi e Gustavo Fermez avverso la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sez. II, n. 32825 del 14 ottobre 2010, lo respinge.

Dichiara compensate tra le parti le spese del presente grado di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 18 ottobre 2011 con l'intervento dei magistrati:

Stefano Baccarini, Presidente

Carlo Saltelli, Consigliere, Estensore

Roberto Chieppa, Consigliere

Francesca Quadri, Consigliere

Doris Durante, Consigliere

 

L'ESTENSORE  IL PRESIDENTE

   

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 16/01/2012

 

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

 

 

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